Le politiche per la gestione del rischio nelle proposte di riforma della PAC

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Le politiche per la gestione del rischio nelle proposte di riforma della PAC
a Università della Tuscia, Dipartimento di Economia Agroforestale e dell'Ambiente Rurale

Introduzione1

Da più parti è stato sostenuto che i rischi di mercato e produttivi che influenzano il settore agricolo stanno crescendo (INEA, 2011; Matthews, 2010). In questo contesto appare importante che i governi incentivino i produttori agricoli a gestire i propri rischi di impresa e facilitino l’accesso a strategie adeguate alla loro gestione (OECD, 2011). Non a caso, alcuni strumenti politici a sostegno della gestione del rischio sono stati introdotti nella PAC già con l’Health Check nel 2009.
Le proposte di regolamenti di riforma della PAC da poco presentate dalla Commissione contengono alcune modifiche al sistema di sostegno in questo ambito confermando alcune misure e introducendone di nuove.
Questo articolo si inserisce nel dibattito sulle prospettive delle politiche comunitarie a sostegno della gestione del rischio in agricoltura per il periodo post-riforma già avviato da alcuni mesi in Italia e in Europa (INEA, 2011; Matthews, 2010; Tangermann, 2011). In particolare, esso intende presentare i cambiamenti apportati e le principali novità introdotte nelle proposte di regolamento al fine di identificare alcuni elementi positivi e altri di criticità di queste proposte. Infatti, appare necessario analizzare la validità del nuovo approccio pensando a due obiettivi. Il primo è quello di valutare se e come svolgere una trattativa a livello UE identificando i margini di manovra che esistono per modificare le proposte di regolamento in funzione delle specifiche esigenze del nostro Paese. Il secondo obiettivo è quello di predisporre il quadro istituzionale e normativo nazionale che assicuri la migliore applicazione delle novità proposte nel contesto nazionale. Tutto ciò è finalizzato allo sviluppo di questi strumenti che rappresentano una opportunità positiva e concreta per assicurare la sostenibilità economica e la competitività delle imprese agricole.

L’attuale struttura del sostegno pubblico alla gestione del rischio

Attualmente, le misure a sostegno della gestione del rischio sono collocate all’interno delle politiche del 1° pilastro della PAC. Il Reg. (CE) n. 73/20092, tra i regimi di supporto specifici (Capitolo 5), include gli articoli 70 e 71 che sono specificamente dedicati a questo tema. L’articolo 70 prevede un meccanismo di sostegno alla copertura di parte dei premi pagati dai produttori alle compagnie assicurative per assicurarsi contro le perdite economiche causate da eventi climatici avversi e da malattie degli animali e delle piante. L’articolo 71 consente invece la concessione di contributi finanziari destinati ai fondi mutualistici.
Questi fondi costituiscono uno schema accreditato dalle autorità nazionali in cui gli agricoltori si auto-assicurano contro perdite economiche causate dalla diffusione di malattie degli animali e delle piante e da incidenti ambientali. Questi due tipi di intervento sono già stati analizzati in dettaglio da vari lavori tra cui alcuni pubblicati anche in questa rivista, per cui si rimanda ad essi una loro descrizione ed analisi (Capitanio e Cioffi, 2010; Pontrandolfi e Nizza, 2011).
E’ tuttavia utile qui richiamare le modalità di finanziamento pubblico previste dal reg. CE n.73/2009 per queste due misure. Il sostegno pubblico ai premi assicurativi non può superare il 65% dei premi complessivi ammessi a contributo (Art. 70, comma 3). Per quanto riguarda i fondi mutualistici, il contributo pubblico complessivo non può superare il 65% dei costi previsti (Art. 71, comma 7). In entrambi i casi, la spesa sostenuta dagli Stati membri per la concessione di contributi finanziari è cofinanziata dalla Comunità mediante le risorse di cui all'articolo 69, paragrafo 1, nella misura del 75 % (Art. 70, comma 7 e art. 71, comma 8).

I contenuti della proposta di riforma

La prima importante novità è che il pacchetto di misure a sostegno della gestione del rischio è collocato all’interno del regolamento per lo sviluppo rurale (EC, 2011a) costituendo un pacchetto di misure esplicitamente mirato al sostegno della gestione del rischio. In particolare, la proposta di regolamento definisce nell’art. 37 i campi in cui è previsto un supporto finalizzato alla gestione del rischio. Nei punti a) e b) del comma 1, si indicano i campi del contributo alla copertura dei premi assicurativi e del sostegno ai fondi mutualistici. Questi due punti ricalcano abbastanza fedelmente quanto già definito negli articoli 70 e 71 del Reg. (CE) n. 73/2009 per cui non si presentano delle novità particolarmente rilevanti in termini di campi di applicazione e rischi considerati3. Essi sono definiti, rispettivamente, negli articoli 38 e 39 della proposta di regolamento. Al contrario, nel punto c) del comma 1, si introduce un nuovo strumento: l’Income stabilisation tool. Questo strumento assume la forma di un contributo finanziario ai fondi mutualistici al fine di fornire delle compensazioni agli agricoltori che subiscano delle rilevanti riduzioni dei loro redditi ed è descritto con un certo dettaglio nell’articolo 40 della proposta di regolamento.
Il primo aspetto da sottolineare è che questo strumento può essere gestito solo da fondi mutualistici. Pertanto la presenza di fondi mutualistici riconosciuti è la condizione necessaria per l’attivazione della misura. Il secondo aspetto è che il parametro di riferimento per il calcolo del danno è il reddito espresso dalla differenza tra i ricavi aziendali (inclusa qualsiasi forma di supporto pubblico come, in particolare, i pagamenti diretti) e i costi degli input produttivi. Si noti che gli schemi assicurativi attuali fanno invece riferimento ai rischi legati solo a variazioni delle produzioni e non coprono quelli legati all’andamento dei prezzi. Il terzo aspetto è che ci si riferisce al reddito complessivo aziendale e non al reddito di ciascuna attività produttiva realizzata in azienda. Infine, è opportuno sottolineare che questo strumento potrà essere attivato solo in presenza di una riduzione del reddito superiore al 30% rispetto al reddito medio calcolato sulle singole aziende e che, in tutti i casi, la compensazione non potrà superare il 70% del reddito perso.
Poiché tali condizioni ricalcano i vincoli contenuti nell’articolo 7 dell’Allegato 2 dell’Accordo sull’Agricoltura, ciò assicura la piena compatibilità di questo strumento con gli impegni assunti in sede WTO relativamente alle misure contenute nella così detta “scatola verde”.
Per quanto riguarda le modalità di finanziamento delle misure, l’Allegato I della proposta di regolamento specifica che il contributo pubblico massimo per tutte e tre le misure è pari al 65% dei premi assicurativi e dei costi ammissibili relativi alle altre due misure. Si noti tuttavia che, al contrario di quanto fatto nel Reg. (CE) n. 73/2009, non è esplicitamente indicata la ripartizione del co-finanziamento tra UE e governi nazionali. Questo aspetto appare di estrema rilevanza, per cui sarà ripreso più avanti.

Un’analisi critica dei principali elementi della proposta

Il fatto che le misure a sostegno della gestione del rischio assumano la veste di uno specifico pacchetto mostra come questo tema stia assumendo una sempre maggiore rilevanza e una sua specifica autonomia. Del resto, la gestione del rischio rientra all’interno di una delle sei priorità europee indicate nelle proposte di regolamento. Infatti, la terza priorità mira alla promozione dell’organizzazione della filiera alimentare e alla gestione del rischio in agricoltura.
Infine, il fatto che questo pacchetto di misure sia inserito tra le politiche per lo sviluppo rurale testimonia il positivo ruolo che la gestione del rischio può giocare nell’assicurare la sostenibilità economica e la competitività delle imprese agricole europee. Tuttavia questo inserimento pone non pochi interrogativi che è opportuno analizzare con attenzione.

Il passaggio dal 1° al 2° pilastro

Passando dalle enunciazioni generali alla pratica operativa, non può essere sottaciuto che lo spostamento delle misure relative alla gestione del rischio dal 1° al 2° pilastro della PAC suscita alcuni interrogativi di estrema rilevanza che riguardano il co-finanziamento delle misure e il loro inserimento nei programmi di sviluppo rurale. Per quanto riguarda le modalità di co-finanziamento del sostegno pubblico, appare infatti essenziale capire quali potranno essere i livelli di co-finanziamento mediante fondi europei. E’ infatti chiaro che, benché vi sia una certa flessibilità nell’applicazione delle politiche di sviluppo rurale a livello nazionale relativamente alle singole misure, la regola generale del cofinanziamento al 50% da parte degli Stati membri (75% per quelli obiettivo convergenza) potrebbe creare un problema. Si noti infatti che l’art. 65 (comma 4) della proposta di regolamento indica alcune deroghe al principio generale di co-finanziamento accordando ad alcune misure un livello massimo di contribuzione dal FEASR dell’80% e, ad un’altra, del 100%.
Tuttavia, le misure relative alla gestione del rischio non sono attualmente incluse in queste deroghe.
E’ importante sottolineare che oggi le misure per la gestione del rischio sono co-finanziate dal bilancio statale in misura ben inferiore al 50%. Pertanto, se il criterio indicato nell’attuale proposta di regolamento dovesse applicarsi in modo automatico, ciò significherebbe un forte aggravio sul bilancio delle risorse nazionali anche solo se si volesse mantenere l’entità delle risorse pubbliche complessivamente dedicate a queste misure. Questo problema potrebbe risultare rilevante per vari motivi. Il primo è che l’introduzione dell’Income stabilisation tool determina una espansione delle necessità finanziarie complessive. Il secondo è che con l’inserimento delle misure per la gestione del rischio nel 2° pilastro, esse dovranno “competere” con le altre misure previste in questo ambito per l’utilizzazione dei fondi disponibili. Infine, è evidente che quest’ultimo problema tenderà ad acuirsi alla luce della situazione di forte e crescente pressione esercitata a vari livelli in termini di ridimensionamento dell’intera spesa pubblica nazionale.
Il secondo interrogativo riguarda invece il nuovo contesto istituzionale ed amministrativo in cui queste misure dovranno essere inserite. Mentre fino ad oggi le misure contenute negli artt. 70 e 71 del Reg. (CE) n. 73/2009 hanno trovato applicazione a livello nazionale, configurandosi di fatto come un sottoinsieme di misure di mercato, ora la situazione cambia. Infatti, l’inserimento di queste misure nell’ambito delle politiche di sviluppo rurale spinge a discutere di quale possa essere la loro collocazione istituzionale e, in particolare, se esse debbano essere gestite a livello nazionale e/o regionale . A questo proposito è necessario rammentare che, per gli Stati membri che applicano programmi regionali, è prevista la possibilità di un “quadro nazionale di riferimento” (Art. 7 (comma 3) della proposta di Regolamento) che, qualora l’opzione di applicazione nazionale non sia scelta, potrebbe essere utilizzato per coordinare l’azione regionale in materia anche se ciò non permetterebbe una gestione nazionale delle risorse.
Rispetto a questo radicale mutamento delle modalità di attuazione delle misure, è opportuno riflettere con attenzione per gestire adeguatamente il cambiamento e scegliere le soluzioni operative migliori. Ciò al fine di identificare le opzioni con il più elevato livello di probabilità di successo e più adeguate alle esigenze degli operatori agricoli. Ad esempio, si ritiene importante assicurare che:

  • gli interventi previsti abbiano caratteristiche omogenee sul territorio nazionale al fine di non alterare la competizione tra produttori operanti in regioni diverse;
  • gli interventi siano caratterizzati da una adeguata flessibilità in termini di gestione delle risorse pubbliche così che esse possano essere impiegate dove esiste una concreta domanda di strumenti di gestione del rischio;
  • sia assicurata la certezza della disponibilità dei fondi poiché, dove ciò non avvenisse, ciò potrebbe avere conseguenze negative in termini di contrazione dell’utilizzazione di strumenti di gestione del rischio;
  • siano ridotti al minimo i tempi tecnici con cui queste risorse saranno effettivamente messe a disposizione degli operatori;
  • i rapporti tra operatori agricoli, assicurazioni e fondi mutualistici siano gestiti e sviluppati al livello geografico più adeguato. In particolare, appare essenziale evitare di generare un eccessivo frazionamento e la moltiplicazione delle sedi di confronto anche per non compromettere la posizione contrattuale della parte agricola.

Il ruolo dei fondi mutualistici

Un discorso specifico merita il tema dei fondi mutualistici. Come osservato (Pontrandolfi e Nizza, 2011), questi fondi appaiono di estrema importanza poter intervenire sulla copertura di rischi non considerati dagli attuali schemi assicurativi, per rendere i produttori attori attivi nelle loro strategie di gestione del rischio e, anche, per aumentare la competizione nel comparto. A questo proposito, si noti che le tipologie di rischio che possono essere coperte mediante i fondi mutualistici non includono quelle relative a eventi climatici avversi, considerati dalle assicurazioni agricole. Pertanto è stato scelto di non mettere in diretta competizione fondi mutualistici e assicurazioni, assegnando ai fondi la copertura solo di alcuni rischi tradizionalmente non coperti da queste ultime. In questo senso i fondi potrebbero svolgere un utile ruolo integrativo rispetto alle assicurazioni.
Inoltre, la proposta di riforma rende i fondi mutualistici anche un attore principale nell’applicazione dell’Income stabilisation tool. Infatti, la presenza di un fondo mutualistico appare condizione necessaria, ma purtroppo non sufficiente, per l’attivazione di questo strumento. Si noti, a questo proposito, che ad oggi risultano attivi soltanto pochi fondi (Pontrandolfi e Nizza, 2011) e che essi operano quasi esclusivamente nel nord Italia. Appare quindi essenziale che sui fondi si concentri maggiore attenzione se si crede nella loro utilità e se si intende utilizzare l’Income stabilisation tool. Una strategia volta allo sviluppo dei fondi mutualistici in tempi sufficientemente corti per permettere il raggiungimento di questi ambiziosi obiettivi non può che basarsi che su competenze tecniche e su realtà operative già costituite e radicate sul territorio. Le competenze tecniche sono infatti essenziali per permettere di disegnare un meccanismo di funzionamento dei fondi che li renda adati alle esigenze degli operatori e che ne assicuri la sostenibilità economica nel lungo periodo.
Inoltre, sempre al fine di assicurare la loro sostenibilità economica, è opportuno puntare su fondi caratterizzati dalla presenza di diverse tipologie di produttori (es. più prodotti), dalla presenza di produttori di aree territoriali ampie e diversificate, da dimensioni economiche sufficientemente grandi. In questo modo sarà possibile superare i problemi connessi alla sistematicità di alcuni rischi che potrebbe essere particolarmente pericolosa soprattutto nei primi anni di avvio dei fondi quando, cioè, l’entità delle risorse finanziarie a disposizione è ancora esigua. In questo senso, appare anche fondamentale che si agevoli la possibilità che i fondi possano accedere a forme di copertura assicurativa in grado di trasferire ad altri operatori economici una adeguata parte dei rischi che essi stessi intendono coprire. A questo proposito è utile verificare se eventuali contratti assicurativi collettivi sottoscritti dai fondi possano poi essere incentivati mediante contributi pubblici.

Opportunità e limiti dell’Income stabilisation tool

Questo nuovo strumento appare un’opportunità importante per ampliare le tipologie di rischio che possono essere gestite. Come osservato, l’Income stabilisation tool potrebbe fornire compensazioni a seguito di consistenti riduzioni del reddito a prescindere dalle cause che le hanno generate. In particolare, questo strumento estende la copertura anche al rischio relativo alle oscillazioni dei prezzi che attualmente non può essere coperto mediante contratti assicurativi ma che influenza profondamente i risultati economici aziendali. Si noti che l’Income stabilisation tool incide sulla copertura dei rischi connessi all’oscillazione dei prezzi dei prodotti, ma anche a quella dei prezzi degli input, poiché questi ultimi influenzano i costi di produzione e, quindi, i redditi.
Tuttavia, è importante osservare che i meccanismi di attivazione delle compensazioni (in particolare la soglia di danno del 30%) sono tali da rendere possibile un intervento di compensazione solo in condizioni abbastanza critiche. Da una parte, il riferimento al reddito complessivo aziendale, e non a specifiche attività produttive, rende meno probabili fluttuazioni rilevanti dei redditi, salvo che nel caso di aziende specializzate. D’altra parte, è anche vero che il valore dei redditi, essendo dato dalla differenza tra ricavi e costi, risulta spesso molto esiguo e quindi soggetto ad una forte variabilità relativa di anno in anno.
Inoltre, la probabilità di attivazione delle compensazioni sarà profondamente influenzata da quali modalità di calcolo del reddito saranno scelte (Dell’Aquila e Pontrandolfi, 2011). Questo tema assume una notevole rilevanza pratica poiché è connesso sia al problema dell’azzardo morale, sia a quello dei costi di gestione di questo strumento.
In particolare, per buona parte delle aziende agricole italiane, esiste un problema di carenza di informazioni contabili che potrebbe rendere impossibile stabilire in forma diretta i livelli di reddito attuale e degli anni precedenti da prendere a riferimento. Inoltre, ciò potrebbe incentivare comportamenti scorretti da parte di alcuni operatori al fine di rientrare tra i soggetti beneficiari delle compensazioni, pur non avendone diritto. Per questi motivi, i costi di amministrazione di questo strumento potrebbero risultare molto elevati e, quindi, in grado di erodere una rilevante quota dei benefici che esso può generare.
Al fine di ridurre questo tipo di problemi, è importante definire con estrema precisione ed ex-ante le regole per la concessione delle compensazioni e per i dovuti controlli amministrativi. A questo proposito, appare anche importante considerare se possa essere utile ricorrere ad un meccanismo di valutazione dell’andamento dei redditi unitari a livello di specifiche aree (es. per provincia e area altimetrica).
Queste informazioni possono essere utili per verificare le dichiarazioni dei singoli produttori o, addirittura, per calcolare l’entità dei danni subiti e delle compensazioni dovute.
Si noti, infine, che la definizione dei criteri con cui gestire le compensazioni è fondamentale per garantire la sostenibilità economica e finanziaria dei fondi mutualistici. Infatti ciò assicura che il flusso degli indennizzi sia compatibile con l’entità dei contributi indicati in fase di programmazione.

Considerazioni conclusive

Quanto detto finora mostra come le proposte di riforma delle politiche a sostegno della gestione del rischio offrano numerose opportunità.
Tuttavia, per consentire a tali opportunità di realizzarsi, nei prossimi mesi sarà necessario lavorare molto al fine di fugare alcuni dubbi e di gestire con oculatezza e lungimiranza sia la transizione delle misure dal 1° al 2° pilastro, sia l’attivazione dell’Income stabilisation tool.
Il primo aspetto da verificare in sede comunitaria è senza dubbio quello delle modalità di cofinanziamento dei contributi pubblici. Un eventuale aumento della quota nazionale potrebbe comportare il rischio di una contrazione delle risorse disponibili per questo comparto che, dopo un periodo di rodaggio, ha mostrato segnali di dinamismo negli ultimi anni (Capitanio e Cioffi, 2010; Pontrandolfi e Nizza, 2011). A questo proposito, è opportuno evidenziare due problemi che potrebbero rendere la trattativa comunitaria difficile. Il primo è che da più parti è stato espresso un parere fortemente negativo rispetto ad una intensificazione del sostegno a strumenti di gestione del rischio (Si veda, ad esempio, Tangermann, 2010). D’altra parte, è evidente che l’interesse per gli strumenti di gestione del rischio è estremamente limitato in molti Stati membri per cui è stata preferita una applicazione a livello di 2° pilastro. Infatti essa lascia una piena libertà agli Stati membri di applicare o meno le misure e, attraverso il meccanismo del co-finanziamento nazionale, li rende meno propensi ad espanderne l’uso.
Particolarmente utile su questo fronte sarebbe la possibilità di esercitare una forte pressione politica a livello Comunitario, concordata con altri Stati membri interessati al tema della gestione del rischio, affinché le misure di gestione del rischio siano inserite tra le deroghe previste dall’art. 65 comma 6 (EC, 2011a) portando la contribuzione del FEASR almeno all’80%.
L’inserimento delle misure all’interno del 2° pilastro appare possibile, ma questo deve essere gestito mirando a evitare soluzioni gestionali locali e frammentate. Appare utile valutare se esistono le possibilità tecniche e la volontà politica per una gestione nazionale delle misure che assicurerebbe un sistema omogeneo in termini di contenuti, gestione amministrativa e gestione finanziaria. A proposito di queste ultime, è evidente che una gestione rigida che porti ad una distribuzione delle risorse a livello regionale non corrispondente alla effettiva capacità di spesa avrebbe come conseguenza quella di penalizzare le realtà che più utilizzano questi strumenti e, inoltre, quella di non permettere un buon impiego delle risorse comunitarie a livello nazionale. D’altra parte, una cattiva gestione delle risorse assegnate, sia in termini di taratura sulle reali esigenze, sia i termini di sicurezza e tempestività dei pagamenti, potrebbe determinare una forte involuzione dell’intero sistema.
Qualora i problemi della “competizione” tra misure di sviluppo rurale fossero considerati tali da minacciare la sostenibilità delle politiche per la gestione del rischio, potrebbe essere necessario pensare ad una soluzione nazionale più radicale e coraggiosa. Ad esempio, in queste circostanze, si potrebbe verificare se esiste la possibilità tecnica e la volontà politica di utilizzare l’opzione di mantenere una flessibilità nella gestione dei fondi comunitari tra il 1° e il 2° pilastro. Infatti, l’articolo 14 della proposta di Regolamento sui pagamenti diretti (EC, 2011b) prevede che una parte delle risorse destinate ai pagamenti diretti (fino al 10%) possa essere spostata come sostegno addizionale ai programmi di sviluppo rurale. Tuttavia una strategia di questo tipo potrebbe risultare premiante qualora essa consenta di raggiungere due obiettivi. Il primo è quello di assicurare un ammontare di risorse esclusivamente destinato al sostegno della gestione del rischio. Il secondo obiettivo è quello di gestire il sistema a livello nazionale con meccanismi che privilegiano una strategia di continuità con l’attuale sistema e che riconoscono la specifica natura di questi strumenti che appaiono più in sintonia con gli obiettivi del 1° pilastro della PAC.
Per quanto riguarda i fondi mutualistici, uno sforzo a sostegno del loro sviluppo appare sicuramente utile sotto vari punti di vista (Pontrandolfi e Nizza, 2011) tra cui anche quello di per poter attivare l’Income stabilisation tool. Tuttavia la probabilità di ottenere uno sviluppo dei fondi mutualistici sarà fortemente condizionata dalla capacità di mobilitare le competenze operative e aggregative già presenti sui territori e a livello nazionale. E’ infatti chiaro come, per molte realtà dell’Italia centrale e meridionale, le prospettive di uno sviluppo endogeno “dal basso” potrebbero non risultare adeguate alle necessità e ai tempi imposti dalla riforma. In questo senso, la strategia basata sulla scala nazionale (scelta, tra l’altro da altri Stati membri) potrebbe offrire migliori garanzie di successo rispetto a strategie basate su fondi piccoli, specializzati e operanti su realtà geografiche molto limitate ed omogenee.
Il processo di adeguamento del sistema del sostegno alla gestione del rischio innescato dalla riforma potrà portare a risultati positivi solo in presenza di un accordo sostanziale tra le Istituzioni regionali e nazionali. Tuttavia è anche necessario un forte coinvolgimento dei soggetti che sono più direttamente interessati a giungere ad un sistema adeguato alle crescenti esigenze di copertura del rischio espresse dal mondo agricolo. Tra di essi è doveroso citare, in primo luogo, gli agricoltori organizzati nei Consorzi di difesa che sono espressione dei diretti interessati e che rappresentano un patrimonio organizzativo da valorizzare in questa cruciale fase di cambiamento.
Tutte le parti in gioco devono essere coscienti del fatto che nel mondo produttivo sta crescendo e crescerà ancora di più nel prossimo futuro l’interesse per strumenti finalizzati alla gestione del rischio. Questa previsione è sostenuta anche dall’analisi delle prospettive relative al nuovo contesto di politica agraria che si sta delineando per l’Italia. Infatti, l’atteso consistente ridimensionamento in termini reali del flusso di pagamenti diretti (De Filippis, 2011) tenderà a ridurre il ruolo che essi hanno giocato nella stabilizzazione delle entrate e dei redditi delle imprese agricole italiane (Cafiero et al., 2007). Questo, in prospettiva, rappresenterà per esse un ulteriore fattore di spinta ad espandere il ricorso a metodi di gestione del rischio anche attraverso gli strumenti qui considerati.

Riferimenti bibliografici

  • Cafiero C., Capitanio F., Cioffi A., Coppola A. (2007), Risk and crisis management in the Reformed European Agricultural Policy. Canedian Journal of Agricultural Economics 55 (2007): 419-441

  • Capitanio F., Cioffi A. (2010), Evluzione, sostenibilità e prospettive del sistema italiano di intervento pubblico nelle assicurazioni agricole. AgriRegioniEuropa Anno 6, N. 23. Dicembre

  • De Filippis F. (2011), La nuova Pac dopo il 2013. Presentazione al Forum internazionale sull’agricoltura e l’alimentazione. Cernobbio (CO), Ottobre

  • Dell’Aquila C., Pontrandolfi A. (2011), Instabilità dei mercati e sostegno ai redditi nella nuova PAC. Presentazione nel seminario: “Gestire i rischi e stabilizzare i redditi”. INEA. Roma, 21 e 22 settembre 2011

  • European Commission (2011a), Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council on support for rural development by the European Agricultural Fund for Rural Development (EAFRD). COM(2011) 627 final/2. 2011/0282 (COD). Brussels, 19.10.2011

  • European Commission (2011b), Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council establishing rules for direct payments to farmers under support schemes within the framework of the common agricultural policy. COM(2011) 625 final/2. 2011/0280 (COD). Brussels, 19.10.2011

  • INEA (2011) Prospettive della gestione del rischio in agricoltura. Riflessioni per un sistema integrato per la PAC post 2013. ISBN 9788881452217. Stesura curata da: Pontrandolfi A. e Nizza G. www.inea.it

  • Matthews A. (2010), Perspectives on Addressing Market Instability and Income Risk for Farmers. IIIS Discussion Paper No. 342. Dublin, April

  • OECD (2011), How can policy underpin farmers’ risk management strategies? [link]

  • Pontrandolfi A., Nizza G. (2011), I fondi mutualistici per la gestione del rischio in agricoltura: quali potenzialità di sviluppo in Italia? AgriRegioniEuropa Anno 7, N. 26. Settembre

  • Tangermann S. (2011), Risk Management in Agriculture and the Future of the EU’s Common Agricultural Policy. ICTSD Paper No. 34. Geneva, June

  • 1. Lavoro svolto nell’ambito del progetto “Agroscenari” finanziato dal Mipaaf.
  • 2. G. U. dell’UE, n. L 30 del 31.1.2009.
  • 3. Per i fondi di mutualizzazione, l’art. 71 (comma 6, punto b) del Reg. CE 73/2009 prevedeva contributi per il rimborso sia del capitale, sia degli interessi dei prestiti commerciali assunti ai fini del versamento di compensazioni finanziarie agli agricoltori. Al contrario, l’attuale proposta di regolamento appare più restrittiva, limitandosi a citare che i contributi finanziari possono essere usati per coprire gli interessi su tali prestiti.
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