I consumatori bio clienti di negozi specializzati

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I consumatori bio clienti di negozi specializzati
a Università di Perugia, Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali
b Istituto Agronomico Mediterraneo
c Università di Udine, Facoltà di Agraria

Introduzione1

Le informazioni (spesso poco coerenti fra loro) relative alle dimensioni del mercato italiano di prodotti alimentari biologi rendono difficoltosa la descrizione del contesto di riferimento. Nel 2004 era stimato nelle pubblicazioni IFOAM intorno ai 1.500 milioni di euro, per salire nel 2008 a 1.970 (Callieris et al., 2011). Malgrado l’aumento del numero dei punti vendita e il crescente interesse dei consumatori, nel 2009 il mercato era stimato nuovamente a circa 1.500 milioni di euro (Shaak et al., 2011). In realtà, mancano dati certi, ad eccezione di quelli rilevati nella grande distribuzione organizzata (GDO), diffusi peraltro solo in variazioni percentuali e mai in quantità, per cui si hanno solo stime di esperti sulla spesa totale delle famiglie, in casa e fuori. Mancano poi le spese delle comunità (scuole, ospedali, etc.). Non a caso, l’Unione Europea ha appena finanziato, nell’ambito del VII Programma Quadro, un progetto di ricerca per migliorare le statistiche disponibili, sia sulla produzione che sulla commercializzazione e consumo di prodotti biologici. Sicuramente, a fronte di un consumo di prodotti biologici ancora limitato (1-2% della spesa totale), vi è un forte dinamismo. Nei primi quattro mesi del 2011, gli acquisti delle famiglie (senza però considerare i negozi specializzati) sono cresciuti in valore dell’11,5%, rispetto al primo quadrimestre del 2010 (ISMEA, 2011).
I prodotti bio arrivano ai consumatori attraverso una molteplicità di canali commerciali, (Santucci, 2009). Possono essere la vendita diretta in azienda, il ristorante nell’agriturismo biologico, la vendita diretta al mercato locale o molto distante, come quando l’agrumicoltore calabrese arriva con il suo camion sulle piazze toscane, la vendita diretta mediante un Gruppo d’Acquisto Solidale (GAS), il dettaglio biologico, fra cui quello con forme di franchising, le mense e i ristoranti, la GDO, farmacie, erboristerie, ecc.
La presenza dei vari canali non è omogenea sul territorio nazionale, dipendendo da numerose variabili socio-economiche, culturali, tradizionali, sia dalla parte dei consumatori che dalla parte dei produttori e della distribuzione.
I punti vendita specializzati in alimenti bio, fin dall’apertura dello storico “Il Girasole” a Milano nel 1974, rappresentano il punto di riferimento per tanti consumatori urbani, i quali vi acquistano merci locali e nazionali, ed anche straniere, sia alimentari che per la pulizia della casa, per l’igiene personale ed altro. Per gli agricoltori con prodotto destinato alla vendita o per gli artigiani della trasformazione, il negozio bio specializzato è il punto di collegamento con i consumatori urbani ed il cliente “ideale” per la collocazione dei propri prodotti. Il negozio bio è un punto di promozione della cultura del “sostenibile”, anche mediante eventi, quali corsi, conferenze, visite ad imprese fornitrici, ecc.. Talvolta, il negozio è gestito da associazioni culturali o cooperative di consumo ed è quindi un’impresa “no profit”, in alcuni casi gestita anche con personale volontario.
In Italia (Mingozzi e Bertino, 2010) esistevano al 31 Dicembre 2009 1.132 negozi bio, con una crescita del 37% rispetto al 1998, più accentuata nelle regioni del Sud (+122%) e più debole nel Centro (+16,4%). La distribuzione territoriale si è andata solo parzialmente riequilibrando: il 65,7% dei negozi (744 unità) si trova nel Nord ed il 20,7% (234 punti vendita) nelle quattro regioni del Centro, mentre nel Sud e nelle Isole si contano solo 154 unità. Di questi 1.132 punti vendita, solo 280 si assoggettano volontariamente al regime di controllo (Tabella 1), malgrado quanto disposto dal comma 2 dell’art. 28 del Reg. (CE) 834/2007, che esenterebbe dalla certificazione solo i negozi che vendono unicamente prodotti pre-confezionati.

Tabella 1 - Struttura del campione di negozi

I negozi di alimenti bio si trovano oggi a combattere con due competitori: da un lato la GDO, che da tempo ha inserito fra le sue referenze anche prodotti da agricoltura biologica, e dall’altro i GAS che, non avendo spese di personale né di locali ed arredamenti, riescono ad offrire molti prodotti a prezzi competitivi. D’altro canto, in molte realtà, il negozio bio è oramai divenuto il negozio di prossimità, al quale si rivolgono i residenti della zona, anche quelli non motivati verso il biologico.
In alcuni casi, il dettaglio biologico si organizza in associazioni e piattaforme, come ad esempio il progetto di cooperazione CuoreBio proposto da ECOR NaturaSì s.p.a. ai dettaglianti, con strumenti per migliorare i risultati e presentarsi sul mercato con una vasta gamma di prodotti e con offerte vantaggiose accompagnate da attività di promozione e di informazione/ formazione dei clienti, sul modello svizzero, francese, tedesco o americano. Al progetto aderiscono oltre 250 punti vendita indipendenti. Vi è poi il ramo NaturaSì della stessa azienda, fondato nel 1992 come catena in franchising che conta 83 affiliati in 14 Regioni, con 11 punti vendita a Roma e otto a Milano, per oltre 4.000 referenze tra cibo, prodotti per il corpo e per la casa. L’impresa pubblica un trimestrale per consumatori in decine di migliaia di copie e gestisce una fidelity card con circa 70.000 titolari.
Il profilo socio-economico, il comportamento d’acquisto e le motivazioni dei consumatori di prodotti biologici sono stati oggetto di numerosi studi, a valenza locale e nazionale, dei quali è presentata una rassegna in Callieris et al. (2011). Dal complesso di queste ricerche, condotte da economisti agrari, sociologi, psicologi e da esperti di marketing, emerge un profilo di consumatore in genere di livello socio-economico medio-alto, relativamente giovane, con buona educazione, cosciente ma critico del sovrapprezzo. Le motivazioni di questi consumatori sono di tipo salutistico, per difendere e migliorare la propria salute e quella dei familiari, mentre la difesa della natura, del paesaggio o la solidarietà con gli agricoltori sono scopi quasi assenti.

Materiali e metodi

Scopo della ricerca è quello di verificare il comportamento d’acquisto dei clienti di negozi specializzati biologici, con particolare riferimento alla catena dei negozi certificati Natura Si, verificando eventuali differenze tra i residenti nelle quattro aree Nielsen (Nord Est, Nord Ovest, Centro e Sardegna, Sud e Sicilia). Tale segmento di consumatori non è stato finora oggetto specifico di studio, contrariamente ai clienti della GDO, dei mercatini o dei soci di GAS.
L’indagine è stata realizzata nei mesi tra Giugno e Settembre 2010, su 46 dei 280 negozi biologici certificati in Italia, distribuiti come da tabella 1. In Molise e Campania non operano negozi bio certificati e nel campione mancano aziende operanti in Valle d’Aosta, Umbria, e Puglia, nelle quali sono attivi 14 punti vendita certificati.
L’obiettivo iniziale di 50 negozi e 1.000 questionari non è stato raggiunto, a causa della mancata collaborazione in corso d’opera di quattro negozi, i cui titolari avevano inizialmente dichiarato la loro disponibilità. I tempi dell’indagine non hanno consentito di sostituire tali casi mancanti con altri.
Durante il mese di Maggio 2010, ai negozianti è stato distribuito un kit di questionari, da somministrare in modo casuale a 20 clienti ciascuno, con la raccomandazione di far compilare dieci questionari nelle ore del mattino e dieci nel pomeriggio, per intercettare tipologie diverse di acquirenti. Dopo il pagamento, ai clienti era chiesto di compilare autonomamente il questionario, sollevando domande in caso di necessità di chiarimenti, fatto che si è verificato molto sporadicamente.
Dai 46 negozi sono rientrati 907 questionari, ma ne sono stati ritenuti validi solo 845, compilati in quasi tutti i campi. Gli 845 rispondenti sono distribuiti (Tabella 2), facendo riferimento alle quattro aree Nielsen, in maniera coerente con la distribuzione del mercato biologico, molto forte e ben articolato nel Nord Est, forte ma meno articolato nel Nord Ovest, in crescita ma ancora poco presente nel Centro (che include la Sardegna) e nel Sud (che comprende la Sicilia).

Tabella 2 - Campione di consumatori

Il questionario, predisposto dagli autori e testato nel mese di Aprile, con successive modifiche, contiene 23 domande, di cui 21 per variabili categoriche e due per variabili continue (età e numerosità del nucleo familiare). Le 23 domande sono raggruppate in cinque sezioni: a) Comportamento d’acquisto (11 domande), b) Motivazioni (2), c) Prodotti acquistati (una domanda, con 18 classi merceologiche), d) Opinioni (4), e) Variabili demografiche (5). Un’altra variabile, aggiunta in fase di elaborazione, è l’area Nielsen.
Le risposte sono state trasferite in un data base costruito in excel e quindi processati con SPSS 2008 e con R (Muenchen, Hilbe, 2010).
La prima fase dell’analisi, di tipo descrittivo, ha realizzato la lettura incrociata delle singole variabili rispetto all’area Nielsen, per verificare eventuali differenze tra i consumatori delle differenti aree del Paese. Un’altra lettura incrociata è stata realizzata per educazione ed età, rispetto al genere del rispondente. Si sono infine realizzate alcune analisi di tipo econometrico, finalizzate ad una migliore comprensione del fenomeno.
A tal fine, sono state selezionate le seguenti 10 variabili:

  • Autodefinizione di consumatore: occasionale o regolare
  • Variazione del consumo di prodotti bio nel 2009 rispetto al 2008: diminuito, restato lo stesso, aumentato
  • Frequenza di acquisto: una volta la settimana, altre frequenze
  • Quota parte bio del consumo familiare: poco e pochissimo, molto, quasi tutto
  • Opinione sul prezzo attuale dei prodotti bio: basso ed accettabile, caro e molto caro
  • Opinione sul prezzo attuale rispetto a qualche tempo fa: più economici, stesso prezzo, più cari
  • Conoscenza del sistema di certificazione: sì, oppure no, solo per alcuni prodotti e non lo so
  • Età del rispondente
  • Titolo di studio: elementare e media inferiore, media superiore, università
  • Area Nielsen.

In questo contributo si riportano alcune variabili descrittive ed i risultati ottenuti mediante un tipo particolare di modello , il cosiddetto “albero di classificazione” o classification tree (Breiman et al., 1984) il quale ha permesso di formare quattro gruppi di consumatori dalle caratteristiche simili.

Risultati

I negozi del campione sono frequentati prevalentemente da donne, che rappresentano il 77% dei rispondenti. Tale incidenza sale all’80% nel Nord Ovest e scende al 63% nell’area Sud e Sicilia. La distribuzione per classi d’età mostra pochi fino ai 35 anni e pochi sopra i 65 anni. La classe più numerosa è quella tra i 36 ed i 45 anni, con il 36%, seguita dalla modalità 46 – 55 anni, con il 26,9%: Dall’incrocio delle variabili età e genere, emerge che non v’è significativa differenza nella composizione di genere per classi d’età.
I rispondenti (ma sarebbe più corretto dire le rispondenti) dichiarano un livello educativo alto: il 33% ha una laurea ed il 53% un diploma di scuola media superiore.
L’incidenza dei laureati è più alta nelle aree Sud e Sicilia e Centro e Sardegna, dove conseguentemente scende il numero dei diplomati. La frequenza di consumatori bio delle categorie a minor livello d’istruzione è maggiore nelle due aree del Nord. La distribuzione per classi d’ampiezza del nucleo familiare vede una lieve prevalenza (27%) delle famiglie con tre componenti, accompagnate dai nuclei con due (23%) e quattro (24%). I single rappresentano l’8% dei rispondenti, mentre i nuclei costituiti da più di quattro sono il 17,5%. In quest’indagine, i nuclei familiari più numerosi sono più frequenti nel Nord Est.
Quasi l’86% si autodefinisce come consumatore regolare e solo il 14% si considera consumatore occasionale di prodotti biologici. La distribuzione per aree Nielsen non si discosta molto dal dato nazionale.
L’acquisto e l’uso di prodotti biologici è una pratica consolidata per oltre la metà dei rispondenti; risale a prima del 2008 per quasi il 27% di essi, al 2008 per il 24,3%, e solo l’11,7% dichiara di consumare prodotti bio da circa un anno. V’è purtroppo un’abbondante percentuale, pari al 37,4% di non rispondenti che potrebbero includere sia chi ha cominciato il consumo solamente nel 2010, sia quanti, per eccesso di zelo, non ricordandosi esattamente quando, non hanno marcato alcuna delle tre caselle disponibili.
Malgrado la crisi economica, come rivelano le periodiche indagini ISMEA, la maggioranza assoluta dei rispondenti afferma che il consumo familiare di prodotti biologici è aumentato e per il 43,5% è rimasto invariato. Per il 31%, i prodotti biologici rappresentano oramai la quasi totalità dei consumi alimentari. Per circa la metà, i prodotti bio sono “molta parte” dell’alimentazione e solo per il 19% si tratta di un consumo ridotto o marginale. E’ nel Nord Est e Centro – Sardegna che si trovano i consumatori più convinti: in entrambi i casi appare un 33% che dichiara la quasi totalità di consumo biologico, mentre è nella circoscrizione Nielsen Sud e Sicilia che si hanno i consumi meno rilevanti, con un 26% di incidenza modesta sul totale. Le principali motivazioni all’acquisto e consumo di prodotti bio sono di tipo salutistico per l’83% dei rispondenti, con una punta del 90% nell’area Sud e Sicilia, seguite a distanza da quelle ambientali, con il 21%. Le motivazioni sociali, come ad esempio “sostenere gli agricoltori” sono citate solo dal 3,3% e quelle etico-religiose al 2,2%. Il consumatore italiano si conferma spinto da motivazioni ed obiettivi di tipo “egoistico”, preoccupato ed attento alla salute propria e dei propri familiare, ma meno conscio ed attento alle problematiche ambientali e sociali che coesistono con quelle salutistiche.
Permane un’evidente carenza di informazione dei consumatori, che in effetti solo per il 77% affermano di sapere dell’esistenza del sistema di certificazione, mentre gli altri riconoscono di non esserne a conoscenza, oppure danno le risposte sbagliate “non c’è certificazione” e “la certificazione esiste solo per alcuni prodotti”. Tale mancanza d’informazione sale al 32,2% nel Sud e Sicilia, mentre scende intorno al 21% nelle due aree Nelsen del Nord, a conferma che anche nelle zone dove maggiore è la penetrazione del bio e di più lunga data è la presenza di negozi, mercatini, attività culturali varie, ecc. v’è ancora necessità di proseguire con una massiccia attività di educazione dei consumatori, con contenuti che spazino dalla salute al sociale, dall’ambiente al sistema di certificazione.

Modalità d’acquisto

La rilevanza del consumo bio è confermata dalla frequenza di visita nel negozio specializzato, che per il 75% dei casi avviene settimanalmente, con incidenze addirittura maggiori nel Sud e Sicilia e Centro e Sardegna. L’ampia scelta di prodotti è la principale attrattiva, che spinge il 61% dei rispondenti a frequentare il punto vendita (spesso percorrendo distanze anche rilevanti, in termini di tempo e chilometri), seguita dalla presenza di personale competente, che può interagire con la clientela, guidandola nelle scelte d’acquisto. La vasta possibilità di scelta, l’abbondanza dell’offerta, la numerosità delle referenze all’interno della stessa categoria merceologica sono particolarmente importanti nel Nord Ovest, dove il 68,5% dei rispondenti indica questi motivi per il rifornirsi nel negozio specializzato bio, a discapito della vicinanza alla propria abitazione. A livello nazionale, é altresì rilevante (21,8%) l’incidenza di chi si rifornisce nel negozio bio perché “è vicino a casa”, segno che la prossimità all’abitazione certo migliora il rapporto cliente-negozio.
I rispondenti all’indagine non si limitano peraltro ad acquistare prodotti bio nel solo punto vendita specializzato, ma si riforniscono anche tramite gli altri canali commerciali disponibili sul territorio. Per sintetizzare, in tabella 3 si riportano i valori percentuali delle frequenze, per ogni canale commerciale, ed emerge chiaramente come, accanto all’acquisto nel negozio specializzato, tanti italiani frequentano anche altri luoghi per acquistare e consumare prodotti biologici.

Tabella 3 - Dove anche si comprano prodotti biologici (%)

Prezzi

I due terzi dei consumatori trovano i prodotti biologici “cari” o “molto cari”. La prima risposta riceve il 58,8% dei consensi e la seconda il 7,1%. Solamente il 33,6% considera i prezzi “accettabili”. Nell’area Sud e Sicilia i giudizi sono ancora più pesanti, come anche nel Centro e Sardegna. In effetti, il 22% dei rispondenti considera che i prezzi dei prodotti biologici siano cresciuti negli ultimi anni, controbilanciati dal 24,7% che è dell’opinione opposta, vale a dire che gli alimenti bio siano divenuti più economici. La costanza dei prezzi è invece indicata dal 52%.

Albero di classificazione

La formazione di gruppi mediante il metodo detto “classification tree” (Figura 1) è stata realizzata su un totale di 810 casi completi di tutte le variabili considerate, utilizzando come variabile d’interesse la frequenza di acquisto. La prima variabile discriminante è risultata essere consumo familiare bio, che ha distinto in due gruppi: quello con consumo familiare elevato, composto da 653 individui, pari quasi all’81% del totale e quello con basso consumo bio. Il primo gruppo non è ulteriormente scomponibile, ovverosia le variabili introdotte nel modello non sono in grado di evidenziare dei sottogruppi; qui figura un elevato 81% di clienti assidui, ma evidentemente vi sono anche individui che, pur non frequentando spesso il negozio specializzato, reputano che nelle proprie famiglie si mangi “molto” o “quasi tutto” biologico. Si ricordi a tal proposito che il negozio bio non è l’unica modalità d’acquisto e quindi vi possono essere forti consumatori di prodotti bio che solo in parte si riforniscono nel punto vendita specializzato.

Figura 1 - Gruppi omogenei di consumatori

Il gruppo dei rispondenti con scarso consumo bio è invece ulteriormente scomponibile, prima grazie alla variabile “opinione sul prezzo” e poi per effetto della variabile “variazione del consumo” tra il 2008 e il 2009. La prima variabile determina la formazione di un gruppo, non ulteriormente divisibile, composto da 48 individui (6% del totale), i quali hanno sì un basso consumo, ma reputano che i prezzi siano comunque accettabili. In questo gruppo si ha un 58% di assidui clienti del negozio bio, che evidentemente acquistano pochi prodotti, ma con alta frequenza. La seconda variabile provoca la scissione dei rispondenti che dichiarano un basso consumo e denunciano prezzi elevati in due gruppi finali: quanti stanno comunque aumentando il proprio consumo familiare (n = 44, pari al 5% del totale) e coloro che invece rivelano di avere consumi di prodotti bio stabili o in calo (n = 65, pari all’8% del totale). In entrambi i gruppi, si hanno dei consumatori assidui, la cui incidenza percentuale tende a calare.
Per riassumere, il metodo dell’albero di classificazione permette di confermare che la maggior frequenza d’acquisto nei negozi specializzati bio è in funzione dell’alto livello di consumo familiare e dell’opinione sul prezzo, e che v’è una frazione di clienti che, pur denunciando prezzi elevati e consumi ancora bassi, sta incrementando il proprio uso di prodotti bio. Le altre variabili esplicative introdotte nel modello, come l’auto definizione di consumatore occasionale o regolare, l’età, il titolo di studio, l’area Nielsen, la conoscenza del sistema di certificazione, e l’opinione sull’evoluzione del prezzo, non sono in grado di esercitare un effetto discriminante.

Conclusioni

I consumatori che hanno aderito all’indagine rivelano profili socio-economici, comportamenti, motivazioni e conoscenze sostanzialmente simili nelle quattro aree Nielsen e sulla linea delle indagini già svolte. Si può quindi affermare che non v’é un “consumatore bio del Sud” diverso da quello “del Nord”.
Alcune lievi differenze emergono in riferimento all’utilizzo maggiore o minore di alcuni canali commerciali, o relativamente alla percezione dei prezzi, ma nelle analisi econometriche la variabile Area Nielsen perde di significatività.
I consumatori si approvvigionano di prodotti bio mediante una pluralità di canali d’acquisto, comprandovi prodotti con caratteristiche e certificazioni molto diverse: dalla private label a prezzo basso ma certificata e con controlli di qualità, al prodotto acquistato sfuso a casa dell’agricoltore, dove solo la parola di quest’ultimo garantisce che la merce provenga dall’agricoltura biologica.
Fra i vari canali possono esservi sinergie o rivalità, ma certo possono crearsi delle tensioni: il supermercato con ampia scelta bio può sottrarre clienti, ma nella maggioranza dei casi non v’é la ricchezza e l’ampiezza dell’offerta del negozio bio specializzato e certificato, per cui i consumatori ritornano o scoprono il negozio bio 100%. Ugualmente, i GAS più organizzati, abbattendo alcuni costi di transazione, possono nuocere ad alcuni punti vendita specializzati, ma questo solo quando i GAS arrivano ad un’offerta merceologica molto ampia, il che ancora si verifica raramente.
La ricerca ha dimostrato che anche i clienti di negozi bio specializzati, dove “tutto parla di bio” e maggiori sono le possibilità di apprendimento, trovano i prezzi elevati, mancano di informazioni complete sul sistema della certificazione e soprattutto non sono pienamente coscienti dei legami tra agricoltura biologica e paesaggio, tipicità, cultura, territorio, difesa dell’occupazione, salvaguardia delle aziende familiari.
Il prevalere delle motivazioni salutistiche come driver degli acquisti è pericoloso, poiché potrebbe spingere i consumatori verso i prodotti bio a marca commerciale a basso prezzo proposti dalla GDO. E’ necessario diversificare i contenuti della comunicazione verso i clienti attuali e potenziali, dando maggior rilievo ai temi prima citati, anche per spiegare meglio e quindi giustificare il differenziale dei prezzi rispetto al convenzionale.
Se i negozi specializzati bio vogliono sopravvivere nello scontro con la GDO, dovrebbero dare maggiore enfasi al collegamento con il territorio (regionale e nazionale) ed ai temi prima citati, difendendo così, oltre a se stessi, anche le filiere agro-alimentari bio italiane che, in una probabile battaglia sul prezzo esercitata dalle private label della GDO ricorrendo spesso a derrate bio d’importazione, sarebbero molto probabilmente perdenti.

Riferimenti bibliografici

  • Breiman L., Friedman J.H., Olshen R.A., Stan C-J. (1984), Classification and regression trees, Wadsworth International Group, Belmont

  • Callieris R., Cardone G., Guarrera L., Pinton R., Santucci F.M. (2011), Produzioni biologiche italiane: dinamiche interne e prospettive commerciali sui mercati esteri, MIPAAF – IAMB, Roma e Bari

  • ISMEA (2011), Osservatorio dei prodotti biologici, 6, 22 Giugno, p. 7

  • Mingozzi A., Bertino R.M. (2010), Tutto Bio 2010 – L’annuario del biologico, Egaf Edizioni, Forlì

  • Muenchen R.A., Hilbe J.M. (2010), R for Stata users, Springer, New York

  • Santucci F.M. (2009), "I circuiti commerciali dei prodotti biologici", Agriregioneeuropa, 17

  • Shaak D., Willer H., Padel S. (2011), "The organic market in Europe", in Willer H., Kilcher W., a cura di, The world of organic agriculture, FiBL e IFOAM, Frick e Bonn, pp. 156- 159

  • 1. Studio realizzato nell’ambito del Progetto INTERBIO, coordinato dall’Istituto Agronomico Mediterraneo di Bari, con finanziamento del MIPAAF, nell’ambito del Piano d’Azione Nazionale per l’Agricoltura Biologica e i Prodotti Biologici.
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