La valutazione della qualità della vita nelle aree rurali

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La valutazione della qualità della vita nelle aree rurali
  Istituto Nazionale di Economia Agraria

Qualità della vita: quadro teorico di riferimento

Nel corso degli ultimi venti anni, il tema della qualità della vita è stato al centro di un dibattito internazionale (OECD, 2010; Scrivens et al, 2010; Hall et al, 2010; Stiglitz et al 20081), europeo (Commissione Europea, 2009; EENRD, 2010) e nazionale (Cnel e Istat2), che sta portando a definire un quadro teorico di riferimento utile alla realizzazione di analisi sullo stato e sul miglioramento del progresso delle società, la cui natura multidimensionale della qualità della vita (Layard 2005, Nussbaum, Sen 1993, Alkire, 2003, Prescott-Allen 2001, Ura et al 2004, Stiglitz, et al 2008) rappresenta una sfida importante in termini di valutazione.
Il PIL, notoriamente, è un indicatore finalizzato alla misurazione delle fluttuazioni a corto e medio termine dell'attività economica. Tuttavia, data la sua natura e il suo scopo, non è in grado di fornire una chiave di lettura di parecchie questioni di interesse pubblico, come ad esempio la sostenibilità ambientale o l'inclusione sociale (Commissione Europea, 2009).
Alcuni autori (Stiglitz et al 2008; Frey, Stutzer 2002) sostengono che una misurazione convenzionale, basata su reddito, ricchezza e consumi, è inadeguata a valutare il benessere e necessita di essere integrata da indicatori di tipo non monetario, che riprendano, oltre agli aspetti economici, anche quelli sociali e/o ambientali, dai quali dipende fortemente il benessere e la qualità della vita dei cittadini.
La qualità della vita (QoL) è un concetto simile a quello di benessere ed è una funzione delle condizioni di vita delle persone. Oltre ad una dimensione economica, comprende anche le relazioni sociali, la salute e la sostenibilità dell'ambiente da cui esse dipendono3.
Tuttavia, la definizione della qualità della vita non gode di un’accezione universale.
Alcuni autori la considerano, appunto, in termini di benessere (Giovannini, Hall 2007; OECD, 2006; Boarini et al, 2006), altri sostengono che è espressione di una “capability to flourish”, basata sulla capacità delle persone di perseguire i propri obiettivi (Sen, 1994; Alkire, 2003). Un terzo punto di vista si focalizza, piuttosto, sulla ripartizione di beni e servizi non di mercato tra diversi gruppi. Altri contributi (Stiglitz et al, 2008; Jackson 2005) infine, mettono in evidenza l’influenza della componente ambientale sulla sostenibilità intergenerazionale delle società e la preservazione della qualità di vita. Rimangono dunque aperte, anche nei recenti studi, le questioni relative a quali dimensioni debbano essere prese in considerazione e quale metodo utilizzare al fine di sviluppare una misurazione più ampia e statisticamente rappresentativa della qualità della vita e del progresso delle società.
In generale, almeno tre dimensioni principali vengono fatte rientrare nel concetto di qualità della vita: una dimensione socio-culturale, una ambientale e una economica.
Il concetto rimane tuttavia ambiguo e difficilmente esprimibile in termini operativi, mancando una definizione universalmente accettata.
Il presente lavoro intende contribuire al dibattito che si va sviluppando sul tema, focalizzando l'attenzione sulla qualità della vita nelle aree rurali. In linea generale, le aree rurali rappresentano più del 91% del territorio dell'UE e il 56% dell'intera popolazione; queste non sono più caratterizzate da un sistema produttivo basato esclusivamente sull’agricoltura, né sono necessariamente affette da problemi di natura socio-economica. Tuttavia, molte zone rurali affrontano da tempo sfide significative: il reddito medio pro capite è generalmente più basso nelle regioni rurali se paragonato a quello delle città; la consistenza delle professionalità locali è sensibilmente più limitata e il settore terziario è meno sviluppato.
Nel quadro della Politica agricola comune (PAC), il miglioramento della qualità della vita nelle zone rurali è uno dei principali obiettivi strategici perseguito attraverso una serie di misure attivate nell'ambito dei Programmi di Sviluppo Rurale 2007-2013 (PSR). Tuttavia, regolamenti e documenti sullo sviluppo rurale non forniscono una definizione del concetto di qualità della vita, né tanto meno chiariscono quali siano le dimensioni da indagare nella determinazione degli impatti prodotti dai programmi.
Infatti,in questo contesto, le attività di valutazione del secondo pilastro della PAC sono tenute a valutare il miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali come effetto dell’attuazione dei programmi.
Chiaramente, anche nel contesto dello sviluppo rurale, la qualità della vita coniuga diversi aspetti specifici, quali ad esempio il benessere economico legato ad attività di diversificazione, la fornitura di condizioni basilari di esistenza, la presenza di una rete sociale di relazioni e di associazioni, così come di un ambiente culturale che renda la vita piacevole e soddisfacente.
In questo articolo viene riportata un’analisi degli approcci e delle esperienze valutative in corso per la programmazione per lo sviluppo rurale 2007-2013.

Valutare la qualità della vita nelle zone rurali: approcci metodologici e operativi

Nell’ambito della valutazione della qualità della vita nelle aree rurali, l’implementazione degli attuali PSR sembra offrire spunti interessanti sia per la costruzione del quadro teorico di riferimento che per la ricerca valutativa. Sul tema, l’analisi delle valutazioni intermedie dei PSR evidenzia, in particolare, l’implementazione di tre approcci valutativi. Il primo è quello di immediata derivazione del Quadro Comune di Monitoraggio e Valutazione (Commissione Europea, 2006) che prevede solo alcune indicazioni sull’approccio (di programma), ma non fornisce informazioni specifiche e di carattere operativo sul tema della qualità della vita nelle aree rurali. Le analisi proposte riguardano le performance degli interventi realizzati nell’ambito delle specifiche misure dei PSR, da svolgere attraverso la formulazione delle risposte a un set di quesiti valutativi articolati per misura e la quantificazione degli indicatori comuni. Un approccio generico, che risente, evidentemente, della stessa vaghezza con cui la politica di sviluppo rurale ha disegnato le misure tese al miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali, e che presenta peraltro alcune criticità riguardanti l’inadeguatezza di alcuni indicatori associati e la mancanza di attenzione alle popolazioni rurali. Le performance economiche di settore e delle imprese, oltre al miglioramento della copertura della banda larga e dei servizi sociali sui territori, sono pertanto le dimensioni proposte per l’analisi del miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali. Si tratta di un approccio seguito per la maggioranza delle valutazioni intermedie che ha dato risultati forse poco rilevanti per le stesse Autorità di Gestione (AdG), a causa sia della inadeguatezza dei tempi di realizzazione delle analisi richieste che per lo stato di attuazione delle misure dedicate.
Un approccio di tipo tematico, e rappresentativo del dibattito accademico e politico in corso sull’argomento, viene invece proposto dalla Rete europea della valutazione (EENRD, 2010). Partendo dalle dimensioni di sviluppo proposte dalla programmazione per lo sviluppo rurale, per l’esercizio valutativo viene dunque proposta l’analisi degli effetti economici, ambientali e socio-culturali attesi dall’implementazione dei programmi, da ricondurre, attraverso quesiti, criteri di giudizio e indicatori nuovi rispetto al quadro comune di monitoraggio e di valutazione . La valutazione risente dunque sempre di un approccio theory-based ma vengono ampliate le dimensioni dell’indagine valutativa e viene promosso l’utilizzo di tecniche partecipative considerate più adeguate all’ambito di osservazione. Di rilievo è inoltre l’introduzione dell’analisi della governance degli interventi di miglioramento della qualità della vita (meccanismi di delivery, empowerment della popolazione, partenariati locali, approccio LEADER, decentramento, coordinamento tra i diversi livelli).
L’ampliamento dell’oggetto dell’analisi valutativa comprende elementi qualitativi, comportamentali e relazionali influenti sulla percezione del benessere nelle aree rurali. In particolare, la dimensione economica implica la valorizzazione del capitale umano e delle prestazioni socio-economiche, l'adeguatezza e la sicurezza del reddito e l'assenza di disparità tra i redditi (Wilkinson, Pickett 2009); la vivibilità delle aree (servizi, qualità ambientale, reti sociali) e la capacità di garantire reddito attraverso la diversificazione delle attività (Van der Ploeg, Long1994). La dimensione ambientale include non solo i fattori biofisici e le loro interazioni, ma anche l'ambiente costruito e le influenze reciproche tra sistemi diversi, comprendendo il benessere umano derivante (e percepito) dalla tutela e dalla riqualificazione dell'ambiente e del patrimonio rurale, ma anche il coinvolgimento della popolazione rurale nella gestione ambientale. La dimensione socio-culturale e dei servizi comprende sia fattori di carattere “soft”, come la vitalità delle comunità, le tradizioni, le infrastrutture sociali, la coesione, sia fattori più materiali, come edifici o altre infrastrutture.
Un approccio di tipo tematico, in Italia, è stato implementato in pochi casi in cui si registra anche un approfondimento delle dimensioni valutative e l’utilizzo di tecniche di indagine innovative. La valutazione del PSR dell’Emilia Romagna, ad esempio, è contraddistinta da un percorso partecipato di osservazione e analisi delle priorità della policy e sui valori ad esse attribuite dalle diverse parti interessate dal PSR, a tutti i livelli della sua attuazione. Il lavoro di osservazione, finalizzato a definire un indice complesso sintetico della qualità della vita, è fondato sulla rilevazione delle percezioni espresse a livello locale da una serie di testimonianze privilegiate, rappresentative dei diversi livelli di governance territoriale, su una batteria di indicatori (25) riconducibili a sei dimensioni (vedi Schema 1) di analisi della qualità della vita4. Alla costruzione dell’indice si arriva attribuendo a ciascun indicatore un peso ex ante, che riflette la sua importanza relativa fra le priorità strategiche regionali e un "valore di valutazione/scala", che evidenzia il valore attribuito, in un determinato momento, dagli altri stakeholder del programma a livello territoriale.
L'indice della qualità della vita sarà quindi calcolato ex-ante per la definizione dei valori di baseline e ed ex post per l’analisi degli effetti degli interventi realizzati.
La mediazione tra valori qualitativi e dati quantitativi, disponibili nelle fonti statistiche e altri database, consente di ponderare le informazioni sulla percezione, attraverso il conforto di dati statistici e consolida la validità dell’approccio, per le sue potenzialità in termini di analisi della complessità del tema valutativo e di trasferibilità ad altri contesti regionali.

Schema 1 - Dimensioni della qualità della vita nell’approccio del PSR Emilia Romagna

L’indice di marginalità comunale, utilizzato nel contesto della valutazione intermedia del PSR Piemonte, rappresenta un terzo approccio valutativo, il cui merito è evidentemente quello di spostare l’ottica dell’analisi, dall’ambito delle dimensioni che intervengono sul miglioramento della qualità della vita, ampliandola con quelle che influiscono negativamente sulla qualità della vita. Inoltre utilizza dati statistici a livello di municipalità e dunque consente la realizzazione di analisi di performance con approccio spaziale e di confronto tra periodi diversi.
La marginalità è un concetto tipicamente utilizzato dagli studi regionali e, in particolare, dalle ricerche sul cosiddetto divario di sviluppo e identifica, infatti, una situazione di disagio territoriale5 che compromette la vitalità, la competitività e il potenziale di sviluppo di un territorio.
Il dibattito sulla marginalità socio-economica è focalizzato sull’assunto che le risorse disponibili per sviluppare sistemi locali non funzionino ovunque con la stessa intensità (Crescimanno et al., 2009). I presupposti dello sviluppo (come strutture, attività, risorse, conoscenze, ...) non sono presenti in tutte le aree nella stessa proporzione e sono geograficamente distribuiti in modo irregolare. Qualora uno o più aspetti dello sviluppo siano significativamente carenti è facile che si osservi il rischio di marginalità sociale ed economica, con un percorso di “"spirale verso il basso" (Buran et al, 1998), difficile da invertire senza una sufficiente dotazione di popolazione o, in assenza di fattori specifici e di risorse.

Figura 1 - La spirale della marginalità


Fonte: Buran et al., 1998

Il metodo proposto per la valutazione del PSR Piemonte prende le mosse dalla esigenza di giungere ad una classificazione dei piccoli comuni piemontesi, al fine di agevolare la distribuzione di contributi regionali (Legge Regionale 15/2007) ai contesti territoriali maggiormente bisognosi.
L’approccio metodologico è basato sull’aggregazione di un menù di indicatori su quattro dimensioni chiave di sviluppo, come riportato nello schema 1. Gli aspetti ambientali e morfologici sono considerati presenti a priori nella scelta di considerare nell’analisi tre insiemi distinti di comuni: montani, collinari e di pianura. La metodologia prevede, quindi, la stima di un indice sintetico a partire da variabili socio economiche attraverso diversi passaggi operativi. Focalizzandosi sugli step principali, le variabili selezionate sono sottoposte a una valutazione del segno poiché, per la metodologia proposta, significato e segno devono essere concordi: a valori crescenti corrispondono sempre condizione di vantaggio incrementale e viceversa; i valori osservati sono ponderati o espressi in percentuale (rispetto alla popolazione comunale) per garantire la confrontabilità tra comuni. Infine, si procede a un processo di standardizzazione, prima di calcolare quattro indici sintetici sulle dimensioni principali (demografia, reddito, servizi e attività) e quindi l’indice complessivo di marginalità.
In termini di applicazione alle attività valutative dello sviluppo rurale, l’indice di marginalità ha trovato parziale applicazione nella valutazione ex post del PSR 2000-06 dal punto di vista dei meccanismi di delivery, mentre per l’attuale programmazione si sta lavorando a un adeguamento del modello per una analisi di impatto.

Tabella 2 - Indice di marginalità: variabili rappresentative per ciascuna dimensione di marginalità (versione 2009)


1 Uffici postali; farmacie; Case anziani; servizi sanitari; scuole superiori; sportelli bancari
2 BDDE: Banca Dati Demografica Evolutiva - Regione Piemonte, Settore Statistico; BDDM: Banca Dati Decisionale sulla Montagna - Regione Piemonte, Direzione Montagna, Foreste e Tutela del Paesaggio; CSI: Consorzio per il Sistema Informativo; OFL: Osservatorio Finanza Locale - IRES Piemonte; ORC: Osservatorio Regionale del Commercio; MEF: Ministero dell’Economia e delle Finanze
Fonte: Crescimanno et al., 2009

Alcune considerazioni sullo stato della valutazione della qualità della vita nelle aree rurali

Il dibattito internazionale in materia di qualità della vita e benessere delle società è più che mai acceso e sta producendo interessanti elementi di riflessione e analisi sia in termini teorici che valutativi. Tuttavia, pur riconoscendo che la complessità e l’innovatività del tema rappresentano una vera e propria sfida in termini cognitivi, tale dibattito sembra rimanere ancora ai livelli teorici ed è focalizzato principalmente sugli aspetti generali della qualità della vita. Manca in particolare, un’attenzione alla specificità dei domini delle singole politiche e dei contesti territoriali entro cui le percezioni delle popolazioni sul proprio benessere si formano. Questione, quest’ultima, considerata cruciale nell’ambito dello stesso dibattito internazionale e per la quale, l’eventuale definizione di un quadro teorico generale di riferimento del benessere delle società potrebbe risultare poco rappresentativo. Inoltre, l’identificazione di indicatori comuni ai diversi territori farebbe emergere le difficoltà legate alla probabile non significatività e disponibilità dei dati necessari alla loro quantificazione.
Un aspetto interessante di tale dibattito è l’eco prodotta negli ambienti politici, oltre che sui mezzi d’informazione. D'altronde, l’interesse dimostrato dalla classe politica nell’accenderlo e raccoglierne i risultati (Stigliz et al., 2008) è questione abbastanza scontata e sicuramente legata all’esigenza di dare legittimazione all’azione politica, in un momento di crisi e di caduta della fiducia nelle istituzioni pubbliche; ma che gioca anche a favore del proseguimento delle attività di ricerca e di definizione di parametri di riferimento utili a valutare la qualità della vita e lo stato del benessere delle società.
In questo articolo ci si è soffermati sull’analisi dello stato della valutazione della qualità della vita legata allo specifico dominio dello sviluppo delle aree rurali e, al riguardo, l’opportunità d’innovazione offerta alla ricerca valutativa sembra essere stata colta soltanto in parte. Almeno in ambito italiano tuttavia, i risultati delle analisi valutative lasciano comunque intravedere buone potenzialità di contribuzione alla definizione di un quadro concettuale e teorico di riferimento della politica di sviluppo rurale che, si è detto, non è ancora definito a livello comunitario né nazionale.
L’analisi delle valutazioni intermedie dei programmi di sviluppo rurale italiani evidenzia infatti una limitata attenzione alla valutazione specifica sul tema della qualità della vita e del benessere nelle aree rurali, ma il focus proposto dai modelli implementati per il Piemonte e l’Emilia-Romagna denota l’interesse di alcuni valutatori di andare oltre le indicazioni comunitarie, per sviluppare, indici complessi sintetici finalizzati ad ampliare la rappresentatività dei dati di analisi della qualità della vita.
Per la generalità delle valutazioni, emerge una reiterazione dell’approccio comunitario fondato sulla valutazione del programma, da cui discende un’analisi delle perfomance, di redditività, occupazione e attrattività delle aree rurali, delle misure d’intervento preposte al miglioramento della qualità della vita. Approccio teso a valutare gli effetti di queste ultime e che peraltro, consideratone lo stato di attuazione, ha prodotto ben poca informazione aggiuntiva sulla qualità della vita nelle aree rurali.
I modelli valutativi presentati in quest’articolo ci danno comunque l’opportunità di riflettere su alcuni aspetti già oggetto del dibattito in corso a livello internazionale. In entrambi i casi l’approccio amplia gli ambiti dell’analisi valutativa nel tentativo, evidentemente, di cogliere la multidimensionalità del concetto stesso di qualità della vita. Questione che invita a riflettere peraltro sull’opportunità di migliorare la definizione della domanda di valutazione specifica e che non può non considerarsi legata alle sensibilità delle amministrazioni di riferimento sul tema e del valutatore sull’opportunità di investire nella crescita delle proprie capacità valutative e nell’innovazione delle tecniche implementate.
Nello specifico, l’indice di marginalità delle aree rurali (Piemonte), nell’introdurre nuove dimensioni di indagine relative ai servizi, alle tendenze demografiche e alla settorialità delle attività economiche dell’area, riflette un approccio caro a buona parte degli attori del dibattito in atto sulla qualità della vita e legato alla misurazione del progresso delle società. Il set di informazioni necessario alla costruzione dei relativi indicatori viene dunque ampliato, in modo da rappresentarne la complessità, e non solo gli aspetti economici legati alla produttività e al consumo (PIL).
D’altra parte, l’implementazione di un percorso partecipato di definizione e valorizzazione di un set di indicatori fondati sulla raccolta delle informazioni relative alle priorità di policy regionali, alla percezione e ai valori specifici delle parti interessate dall’attuazione dei PSR (Emilia-Romagna), riflettono l’approccio più olistico di un’altra parte del dibattito internazionale, orientato a identificare il “cosa conta” (Layard, 2005; 2011) per la società civile. Un modello, quest’ultimo, che porterà a sviluppare un set di indicatori di baseline rilevanti e nuovi per la misurazione della qualità della vita nelle aree rurali; e per il quale dunque si auspica un’implementazione su larga scala.
Rimangono aperte tuttavia alcune opportunità di miglioramento delle diverse analisi valutative. Ad esempio, se è vero che il quadro teorico della qualità della vita deve riflettere gli attuali sistemi sociali dinamici e le specificità dei singoli contesti territoriali, sarà anche opportuno tenere in considerazione le dinamiche relazionali che intervengono sulla percezione del benessere (rapporto rurale-urbano; equità; sostenibilità) e l’evoluzione dei contesti di riferimento delle popolazioni.
Ugualmente, non andrebbe tralasciata l’analisi delle modalità di delivery prescelte per l’implementazione degli interventi relativi al miglioramento della qualità della vita nelle aree rurali, che hanno evidentemente un’influenza sulle loro performance.
Lo stato del dibattito sul quadro teorico di riferimento e delle esperienze valutative in corso porta infine ad una riflessione necessaria sull’opportunità di creare un sistema di raccolta dei dati che si riterranno rilevanti per le finalità di monitoraggio e valutazione dello stato del benessere e del suo progresso nelle aree rurali. In questo senso, considerata la complessità, e l’onerosità, delle operazioni di raccolta, l’implementazione di sistema di monitoraggio a livello nazionale, che sia caratterizzato, fra le altre cose, da punti di osservazione permanente e sufficientemente rappresentativi a livello territoriale, dall’adozione di tecniche d’indagine partecipative e dall’impiego di professionalità interdisciplinari, favorirebbe il benchmarking e la comparazione dei dati di tutte le regioni italiane.
Intanto, si rimane in attesa dei risultati dello studio avviato dalla commissione di lavoro ISTAT-CNEL, finalizzato a definire il “concetto di benessere quantificabile, dando una serie di strumenti di navigazione a coloro che poi si preoccuperanno di fornire benessere al Paese” (Maria Teresa Salvemini, coordinatrice Cnel del progetto). Lo studio, i cui risultati sono attesi per il prossimo anno, è indirizzato poi all’identificazione di una serie d’indicatori di benessere equo e sostenibile per la misurazione del progresso della società italiana, e che dovrebbero costruire una base conoscitiva importante sia in termini di politica che di valutazione.

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  • 5. Un “depotenziamento strutturale della capacità di reazione di un sistema locale, prodotto dal processo di spopolamento, attraverso un incrocio di effetti recessivi” (Buran et al., 1998).
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