La spesa della politica di sviluppo rurale per il capitale umano in Europa

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La spesa della politica di sviluppo rurale per il capitale umano in Europa

Introduzione

Contribuire ad un settore agroalimentare forte e dinamico è una delle priorità europee per la politica di sviluppo rurale (SR). Dinnanzi all’obiettivo di competitività, diventa fondamentale raggiungere un adeguato livello di formazione tecnica ed economica, facendo leva sulla modernizzazione e sul trasferimento delle conoscenze, ma anche definire e applicare strategie per accrescere il potenziale umano, il capitale fisico e la qualità della produzione agricola (Materia, 2009)1.
La politica di SR (secondo i dettami del Reg. 1698/2005) associa il rafforzamento del capitale umano ad interventi previsti nell’Asse 1 finalizzati al cambiamento generazionale, alla formazione e informazione, alle attività di consulenza e utilizzo dei servizi di divulgazione.
Il presente articolo si inserisce in questo contesto con un duplice obiettivo: dapprima, presentare un’analisi della distribuzione spaziale tra le regioni dell’Unione europea (UE) della spesa della politica di SR per le misure indirizzate a rafforzare il capitale umano. Una simile analisi è rilevante rispetto al ruolo che la letteratura riconosce al fattore capitale umano, tale da influenzare la sopravvivenza e la crescita delle aziende agricole (Weiss, 1999; Lauben et al., 2006), le loro decisioni di investimento (Huffman, 1980), la loro produttività (Maietta, 2004).
A seguire, si indaga su quali fattori possano spiegare la variazione di intensità della spesa tra le regioni stesse. Tenendo conto della dimensione territoriale (livello NUTS2) nell’analisi dell’attuazione delle politiche di SR e di specifici indicatori socio-economici forniti dal Quadro comune per il monitoraggio e la valutazione (QCMV), si tenta infine di valutare la relazione tra la politica per il capitale umano e le performance e strategie di sviluppo regionale2.

L’intervento della politica di sviluppo rurale per il capitale umano

Negli ultimi anni, con il riconoscimento del ruolo propulsivo svolto dalle attività “ad alta intensità di conoscenza”, il concetto di capitale umano è diventato sempre più rilevante: si tratta di un importante aspetto qualitativo dell’offerta di lavoro, svolge un ruolo fondamentale nel determinare i tassi di investimento interni, l’imprenditoria locale, nonché la capacità di generare o assorbire le innovazioni. Pertanto, ha un effetto a catena sull’attività economica e sull’occupazione (SERA, 2006) e quindi sulla crescita di un paese.
Nel contesto della politica di SR, il ricambio generazionale, la formazione e l’istruzione, infine i servizi di consulenza concorrono alla valorizzazione del capitale umano al fine di perseguire l’obiettivo della competitività (Asse 1): in questa visione si riconosce implicitamente che la capacità di cambiare e innovare l’agricoltura e le imprese è strettamente legata alla componente del dinamismo imprenditoriale, tipico della generazione più giovane (Giuliodori, 2009).
Cinque sono le misure relative al capitale umano del periodo di programmazione 2007-2013 analizzate in profondità nel presente contributo: la misura 111 a sostegno di azioni nel campo della formazione professionale e dell’informazione, inclusa la diffusione delle conoscenze; la misura 112 a sostegno dell’insediamento3 di giovani agricoltori (al di sotto dei 40 anni); la misura 113 volta a facilitare il ricambio generazionale favorendo il prepensionamento dei lavoratori agricoli4; la misura 114 relativa alla consulenza per imprenditori agricoli e detentori di aree forestali per il miglioramento della gestione sostenibile aziendale; infine la misura 115 a supporto di azioni volte all’avviamento di servizi di gestione delle aziende agricole, di sostituzione degli imprenditori agricoli e forestali nella gestione delle aziende stesse e di assistenza.

Una panoramica sul capitale umano nei programmi di sviluppo rurale

Per l’intero periodo di programmazione 2007-2013, il bilancio europeo della politica di SR (Tabella 1) si attesta su circa 96,1 miliardi di euro, di cui: il 44,5% assegnato all’Asse 2 (Agro-ambiente), il 33,6% all’Asse 1 (Competitività), il 13,3% all’Asse 3 (Diversificazione), infine il 5,9% all’Asse 4 (Leader). Solo il 2% spetta all’Assistenza tecnica. Come stabilito dal regolamento europeo, le misure relative all’Asse 1 possono essere aggregate in tre gruppi principali corrispondenti a tre sotto-obiettivi: capitale umano e trasferimento di conoscenze (di interesse per il presente contributo); capitale fisico ed innovazione; ammodernamento e trasformazione degli alimenti, innovazione e qualità:

Tabella 1 - Il peso del bilancio UE per il capitale umano nell’Asse 1

Fonte: Commissione europea, 2010

Le misure indirizzate a investimenti in “Capitale fisico e innovazione” rappresentano oltre i due terzi del totale della spesa dell’Asse 1.
Considerando il solo budget per l’obiettivo “Capitale umano e trasferimento delle conoscenze”, le misure relative ai giovani agricoltori e al prepensionamento raccolgono in Europa la quasi totalità delle risorse assegnate, mentre poche risorse sono lasciate alla formazione professionale e ai servizi di consulenza.
Rispetto a tutto il bilancio della politica di SR 2007-2013, il bilancio UE per il capitale umano rappresenta il 7,8%, come mostrato nella figura 1. La figura evidenzia un comportamento molto diversificato tra paesi in termini di budget assegnato alla politica del capitale umano. Solo sette Stati membri si posizionano al di sopra della media UE-27, in particolare Polonia e Francia. Gran parte dei paesi UE investe nelle misure per il capitale umano una quota inferiore alla media UE, e addirittura otto Stati membri si attestano su valori inferiori alla metà della media: Germania, Lussemburgo, Austria e Regno Unito per l’UE-15, e Slovacchia, Estonia, Lettonia e Repubblica Ceca per i nuovi stati membri.

Figura 1 - Importanza relativa del capitale umano sul bilancio totale della politica di SR (in %)

Fonte: Commissione europea, 2010

Per meglio comprendere le scelte di policy relative a questa politica, in figura 2 si riporta la ripartizione del bilancio tra le misure di ciascuno Stato membro ordinati per aggregato geografico: il 100% rappresenta il budget totale per ciascun paese. Oltre il 75% del bilancio UE per il capitale umano è coperto dalle misure indirizzate a stimolare il ricambio generazionale, quali il prepensionamento e l’insediamento di giovani agricoltori; il 16% è indirizzato alla formazione professionale e meno del 10% è destinato a sostenere il ricorso a servizi di consulenza, di sostituzione, e l’insediamento di impresa.
Analizzando congiuntamente le figure 1 e 2, emergono notevoli divergenze in termini di stanziamenti di bilancio tra le misure rispetto alla media UE5. Regno Unito, Svezia, Olanda e Danimarca, con il loro budget relativamente basso assegnato al capitale umano (Figura 1), si rivelano essere caratterizzate dalla stessa scelta politica e finanziaria in relazione alle misure: investono oltre l’80% del bilancio nella formazione. Al contrario, Francia e Polonia investono una parte significativa del loro budget nel ricambio generazionale. Peraltro, tali misure sono “misure a premio”, quindi la loro spesa è più basata su alcune caratteristiche dei beneficiari (età) piuttosto che legata a un comportamento o azioni specifiche reiterate6.

Figura 2 - Allocazione tra i diversi Stati membri del bilancio per le misure di capitale umano*

*Gli Stati Membri sono stati ordinati distinguendo tra vecchi e nuovi Stati membri. Questi ultimi sono ordinati per aggregato geografico di appartenenza: Nord-Centro-Sud.
Fonte: Commissione europea, 2010

Poche risorse vengono investite nelle misure 114 e 115 dalla maggior parte dei paesi; Malta, Germania e Slovacchia mostrano invece una scelta diversa: riconoscono una minore rilevanza in termini di peso sul bilancio totale della politica di SR sia in generale alle misure di capitale umano (Figura 1), sia nello specifico alle misure relative al ricambio generazionale (Figura 2).
Ad una attenta analisi della spesa per le misure relative al capitale umano, come dichiarato dagli organismi pagatori per gli anni 2007-2008, emergono dunque molte differenze tra gli Stati membri in termini di allocazione del bilancio tra misure. Queste divergenze possono essere ricondotte a difficoltà in termini di capacità di spesa, oppure possono essere una conseguenza da un lato, della gestione amministrativa delle misure che ha richiesto più tempo perché fossero implementate7, dall’altro, di una legittima scelta politica di attuare per prime altre misure di sviluppo rurale8. In sintesi, sembra che Stati membri con un basso profilo di budget destinato al capitale umano tendano a investire in misure più complesse e time-consuming (perlomeno da un punto di vista amministrativo), quali le misure destinate alla formazione, per le quali la strutturazione dei bandi, la selezione e l’implementazione richiedono tempi amministrativi relativamente più lunghi rispetto ad altre misure dello stesso aggregato. Invece, ad un profilo di budget più elevato corrisponde una predominanza di investimenti in misure di ricambio generazionale che hanno tempi di strutturazione amministrativa e implementazione “più veloci”.

Analisi regionale della spesa per capitale umano

La spesa per il capitale umano e l’intensità della spesa per unità di lavoro annue in agricoltura (ULA) e per numero di aziende (Eurostat, Farm Structure Suvey, 2007) sono riportate nella tabella 2. La scelta degli indicatori è giustificata dal fatto che la spesa per le misure analizzate dipende più dal numero dei potenziali beneficiari (ULA o numero di holding) che dalle caratteristiche del territorio o dalla dimensione fisica o economica delle aziende.

Tabella 2 - Spesa per capitale umano (HC – Human Capital) e intensità di spesa per Stato membro (per ULA e numero di imprese)

A livello UE-27, sono stati investiti in capitale umano 649 milioni di euro, di cui il 60% nella UE-15: l’aggregato degli Stati membri del Centro (Fr, Be, Nl, Lu, De, At) sembra mostrare la più alta capacità di spesa. Da un lato, questi Paesi sono anche i più attivi con riferimento alla spesa per numero di aziende agricole, dall’altro, gli Stati membri del Nord (Ie, Uk, Dk, Sw, Fi) spendono di più per ogni ULA rispetto alle altre (in particolare Irlanda, Finlandia e Svezia). Gli Stati membri meridionali (Pt, Es, It, Gr), invece, mostrano volumi di spesa ben distanti da questi valori. Tuttavia, vale la pena notare che Spagna e Italia (ma anche Svezia) sono gli unici paesi dei vecchi Stati membri che mostrano un’intensità di spesa per ULA maggiore rispetto a quella per numero di aziende. Questa è ovviamente una conseguenza della struttura del settore agricolo-forestale, caratterizzato da un elevato numero di piccole aziende. In ogni caso, i paesi del Mediterraneo presentano in media la più bassa intensità di spesa rispetto a tutti gli altri aggregati.
Guardando alla tabella 2, è inoltre interessante notare i valori di spesa mostrati da Francia e Polonia. I due paesi, in confronto con gli altri, presentano il più alto profilo di allocazione di bilancio.
I dati nazionali, ad ogni modo, molto spesso nascondono grandi disparità regionali. Se si mappa l’intensità della spesa per le 271 regioni NUTS2 per numero di aziende (Figura 3) e per unità di lavoro annuo (ULA) (Figura 4), il quadro generale si rende più manifesto.

Figura 3 - Intensità di spesa per capitale umano per numero di imprese (regioni NUTS2)

Figura 4 - Intensità di spesa per capitale umano per ULA

La figura 3 mostra una grande divergenza tra le regioni NUTS2, così come pure all’interno degli Stati membri. Molte regioni mostrano un’intensità di spesa sotto i 150 euro, ma nel caso di Francia, Spagna, Irlanda, Polonia e Danimarca emerge la più alta intensità per numero di aziende.
Nell’ambito della classe della spesa più alta, la maggior parte delle regioni che vi appartengono ha una intensità di spesa per impresa tra 1.000 e 5.000 euro, ma due outliers, la provincia di Anversa (Belgio) e la NUTS2 di Malopolskie (Polonia), mostrano rispettivamente 47.000 e 28.000 euro di spesa: si tratta delle regioni che in Europa, in termini assoluti per impresa, spendono di più.
Indagare quali fattori meglio spieghino la diversa attrazione dei fondi tra le regioni NUTS2 è cruciale. Per esempio, Francia, Irlanda e Danimarca presentano una configurazione più omogenea rispetto alla Spagna. Inoltre, escludendo Spagna, Polonia e Lituania, le regioni dei paesi mediterranei e dei nuovi Stati membri sembrano essere più in ritardo in termini di spesa e intensità di essa. Anche considerando l’intensità di spesa per ULA (Figura 4), il quadro conferma una divergenza tra le regioni. La maggior parte di esse mostra un’intensità di spesa sotto i 200 euro e conferma le NUTS2 appartenenti a Francia, Spagna, Irlanda e Polonia come le più attive.
Anche in questo caso, le regioni con la più alta intensità di spesa sono Anversa (Belgio) e Malopolskie (Polonia), con rispettivamente 19.000 e 17.000 euro per unità di lavoro annuo9.
Anche che se si considerano le differenze di intensità di spesa per ULA, Francia, Spagna e Polonia non mostrano significative omogeneità.
L’Italia, rispetto ad entrambi gli indicatori, si pone nelle fasce di valori spesa più basse. La ragione è da ricercarsi prevalentemente nel ritardo con cui le regioni hanno attivato i bandi sulle misure relative al capitale umano rispetto agli Stati membri del medesimo aggregato (centro-nord Europa).

L’analisi empirica

La letteratura prevalente offre poca evidenza per l’analisi dei determinanti delle decisioni di spesa per la politica del capitale umano nelle regioni UE. In questa ultima fase di analisi, quindi, si cerca di valutare quali fattori potrebbero determinare le differenze tra le regioni in termini di spesa e spiegare la distribuzione effettiva della stessa che emerge dall’analisi statistico-descrittiva. A questo scopo, una serie di rilevanti indicatori socio-economici relativi alle misure analizzate è selezionata dagli indicatori iniziali (baseline) come stabilito nel QCMV.
Una stima attraverso un modello di regressione lineare (stimatore OLS) è quindi presentata, al fine di verificare quale indicatore pesi di più nella determinazione della spesa 2007-2008 per il capitale umano per le regioni NUTS2 dell’UE-27.

Indicatori utilizzati nel QCMV e variabili adottate

Il QCMV fornisce un quadro unico per il monitoraggio e la valutazione di tutti gli interventi di SR 2007-2013. Gli indicatori10 proposti possono essere di cinque tipi: iniziali, finanziari, di prodotto, di risultato e di impatto11. Nel lavoro si concentra l’attenzione solo sugli indicatori baseline e di impatto relativi al capitale umano. In particolare, per la specifica politica in analisi, sono state selezionate (Tabella 3) le seguenti misure di sviluppo socio-economico: il PIL pro capite in potere d’acquisto (PPS) (EU-27 = 100); la produttività del lavoro in agricoltura12; la formazione e l’istruzione agricola; la struttura per età in agricoltura.
Più in dettaglio, le variabili utilizzate nelle stime relative allo sviluppo socio-economico delle regioni sono le seguenti:

  • PIL: ci si può ragionevolmente attendere una relazione negativa tra la spesa per il capitale umano e il PIL. La logica vorrebbe che una politica si concentri maggiormente sul capitale umano laddove il PIL è basso. Questo potrebbe essere giustificato con la necessità di qualificare il fattore lavoro, di far progredire le generazioni più giovani, di assicurare guadagni di produttività utilizzando la leva del capitale umano13;
  • GVA: valore aggiunto lordo nel settore primario14. L’impatto di questa variabile sulla decisione di spesa per il capitale umano non è univoco. Un basso GVA potrebbe portare ad un maggiore investimento in capitale umano; oppure, potrebbe mascherare una scarsa presenza del settore agricolo nelle regioni, di conseguenza una minore domanda di volumi finanziari dedicati all’agricoltura.

Le altre variabili si riferiscono alla formazione e all’istruzione degli agricoltori e imprenditori agricoli, alla struttura per età, alla forza lavoro e alla produttività del lavoro in agricoltura:

  • manager_edu_agr: è la percentuale di imprenditori agricoli con formazione (agricola) di base o completa. L’impatto di questa variabile non può essere determinato univocamente a priori: da un lato, dove c’è un basso livello di formazione, ci si potrebbe aspettare un minor volume di spesa per il potenziale umano; dall’altro, imprenditori senza formazione e istruzione potrebbero domandare più servizi di consulenza, e così il volume di risorse destinate al capitale umano potrebbe essere maggiore;
  • età_35/55: rapporto tra il numero di agricoltori sotto i 35 anni e il numero di agricoltori con più di 55 anni. Anche in questo caso, la sua influenza non può essere determinata a priori: da un lato, ci si potrebbe aspettare che la spesa per il capitale umano sia maggiore dove i giovani sono relativamente pochi, allo scopo di stimolare la loro attività e attirarli, ma, d’altra parte, è proprio la presenza di giovani che indica una maggiore domanda di capitale umano e quindi una maggiore spesa per questa politica;
  • ULA: forza lavoro in agricoltura. Dove le unità di lavoro sono numerose, l’investimento per la politica del capitale umano dovrebbe essere maggiore;
  • lab_prod: produttività del lavoro agricolo espresso in GVA/ULA. L’aspettativa non è univoca: maggiore è la produttività, maggiore è la domanda di misure, quindi la spesa per il capitale umano. Ma una bassa produttività può spingere verso un maggiore investimento per potenziare il capitale umano, le capacità e condizioni di vita.

Tabella 3 - Variabili adottate nelle analisi empiriche

Risultati

Per valutare quali delle variabili adottate condizionino e in che misura la scelta delle regioni europee di finanziare la politica del capitale umano e per verificare come queste variabili possano spiegare la concentrazione e la distribuzione della spesa per capitale umano, sono state condotte diverse stime attraverso lo stimatore OLS15. I primi tentativi di stima hanno dimostrato che a livello regionale vi sono altre variabili, in qualche modo legate alle informazioni fornite dal QCMV, significative nella decisione di spesa: il PIL e la produttività del lavoro intesa come GVA/ULA (primo tentativo) così come il PIL, il GVA e le ULA (secondo tentativo) insieme non spiegano le decisioni di spesa. Mostrano piuttosto scarso impatto e debole significatività. Solo la variabile relativa alla struttura per età e la percentuale di imprenditori con una formazione agraria (di base o completa) in questi primi tentativi mostrano un effetto significativo.
Di conseguenza, un ulteriore tentativo di stima (Tabella 4) è stato condotto prendendo in considerazione oltre a PIL, GVA, ULA e struttura per età anche: la superficie agricola utilizzata (SAU), il numero delle aziende agricole per ogni regione (aziende), e le variabili dummy incluse al fine di tener conto le specificità territoriali: rurale (assume valore 1 se la regione è prevalentemente rurale o intermedia, 0 se urbana16) e converg (assume valore 1 se la regione è di convergenza o phasing out, 0 se competitiva o phasing in17).

Tabella 4 - Stime OLS (variabile dipendente: spesa a livello NUTS2)

** denota significatività statistica al livello di confidenza del 5%

La struttura per età delle regioni resta evidentemente il principale fattore di influenza per questo tipo di politica: è la variabile con il maggiore impatto (in valore assoluto) sulla dipendente. La variabile mostra un segno positivo: maggiore è il rapporto, maggiore è il numero di giovani. D’altra parte, però, anche altri elementi contano: le regioni che spendono di più per il capitale umano sono quelle con più ULA e la cui superficie agricola utilizzata è maggiore18.
Il fatto che una regione sia rurale, al contrario, non sembra costituire una leva significativa: la dummy relativa, tuttavia, mostra anche segno negativo. Sembra, inoltre, che il fatto di essere una regione convergenza non influenzi la decisione di spesa. La dummy relativa non è significativa, tuttavia, è positiva. Il numero delle aziende agricole, al contrario, è significativo ma negativo, indicando così che un numero elevato di aziende, ceteris paribus, implica un minor volume di risorse destinate a questo tipo di politica.
Per quanto riguarda il PIL, la relazione positiva segnala che una regione con più alto PIL impegna apparentemente una spesa maggiore per la politica del capitale umano; il contrario vale per l’indicatore di GVA: presumibilmente, un livello inferiore di valore aggiunto agricolo maschera una minore rilevanza del settore primario nelle regioni considerate.

Considerazioni conclusive

L’articolo ha presentato un’analisi della distribuzione spaziale della spesa della politica di SR per le misure relative al capitale umano in tutte le regioni UE. In particolare, si è tentato di indagare, attraverso un semplice modello di regressione lineare, i fattori che possano meglio spiegare la spesa per capitale umano tra le regioni NUTS2. Nonostante la rilevanza del capitale umano per la qualificazione di un settore agroalimentare europeo forte e dinamico, il budget dedicato a questa politica è relativamente basso (7,8%) rispetto all’intero bilancio per la politica di SR 2007-2013. Oltre il 75% del bilancio comunitario per il capitale umano è coperto da misure rivolte a stimolare il ricambio generazionale (prepensionamento e creazione di giovani agricoltori) e solo il 16% è destinato alla formazione professionale, essendo la rimanente quota investita in servizi di consulenza. L’analisi della distribuzione territoriale della spesa per il capitale umano dimostra che manca omogeneità tra i paesi UE: gli Stati membri con un profilo di bilancio basso per il capitale umano tendono a investire in misure più complesse e che richiedono una implementazione in tempi più prolungati (come la formazione professionale), mentre i paesi che assegnano maggiori fondi per la politica in oggetto investono di più in misure di ricambio generazionale (riconosciute come “misure a premio”).
Le stime empiriche dimostrano che a livello regionale le variabili strettamente connesse al capitale umano, come suggerito dal QCMV, non sono rilevanti. Piuttosto, altre variabili, in ogni modo connesse all’agricoltura, si accompagnano alla decisione di spesa: la struttura per età e il numero di unità di lavoro sono ovviamente importanti, riflettendo il target dei beneficiari cui sono indirizzate le misure analizzate. Ma anche la superficie agricola utilizzata, quale indicatore dell’importanza dell’agricoltura nelle diverse regioni, e il numero di aziende hanno un notevole impatto.

Riferimenti bibliografici

  • Camaioni B., Sotte F. (2009). PSR in Italia. Stato di avanzamento e realizzazione. In Sotte, F. (ed.), La politica di sviluppo rurale 2007-2013. Un primo bilancio per l’Italia. Quaderni Gruppo 2013, 17-55

  • Commissione Europea (2010). Rural Development in the European Union - Statistical and Economic Information - Report 2010

  • Giuliodori A. (2009), Politica per il ricambio generazionale. In Sotte, F. (ed.), La politica di sviluppo rurale 2007-2013. Un primo bilancio per l’Italia. Quaderni Gruppo 2013, 81-102

  • Glauben T., Tietje H., Weiss C. (2006). Agriculture on the Move: Exploring Regional Differences in Farm Exit Rates in Western Germany, Jahrbuch für Regionalwissenschaft, Volume: 26, 1

  • Huffman W.E. (1980). Farm and off-farm work decisions: the role of human capital, The Review of Economics and Statistics, Volume: 62, 1

  • Maietta O.W. (2004). Crescita della produttività e capitale umano nell’agricoltura italiana, QA Rivista dell’Associazione Rossi-Doria, Fascicolo: 4

  • Materia, V.C. (2009). Politica per la formazione e l’assistenza tecnica. In Sotte, F. (ed.), La politica di sviluppo rurale 2007-2013. Un primo bilancio per l’Italia. Quaderni Gruppo 2013, 57-80

  • SERA (2006). Study on Employment in Rural Areas. Final Deliverable

  • Weiss C. R. (1999). Farm growth and survival: econometric evidence for individual farms in Upper Austria, American Journal of Agricultural Economics, Volume: 81

  • 1. Peraltro, la sfida lanciata dalla “Strategia Europa 2020” (COM(2010)2020) per una occupazione ed una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva è pienamente accolta dalla PAC che intende contribuire al raggiungimento di questi obiettivi.
  • 2. L’analisi proposta, ad ogni modo, non intende valutare criticamente la politica di SR con riferimento agli indicatori suggeriti dal QCMV: piuttosto, verifica la rilevanza di questi indicatori rispetto alla spesa per la politica del capitale umano realizzata fino al 2008.
  • 3. Intendendo con questo l’istituzione e l’adattamento strutturale della loro azienda.
  • 4. La misura è dedicata agli agricoltori di non meno di 55 anni che non hanno raggiunto la normale età pensionabile e che intendono trasferire la loro azienda.
  • 5. Vi è chiaramente molta variabilità quanto alle priorità selezionate da ogni Stato membro.
  • 6. Si potrebbe quindi supporre che le misure relative al ricambio generazionale siano considerate preferibili alle altre misure dalle autorità di gestione che si trovano sotto pressioni di spesa, dal momento che le “misure a premio” sono meno complesse da gestire e richiedono meno tempo da un punto di vista amministrativo: sono anche quelle le cui procedure di certificazione di spesa risultano essere più celeri (Camaioni, Sotte, 2009).
  • 7. Ad esempio, procedure di selezione, realizzazione del corso di formazione o creazione del servizio di consulenza.
  • 8. Ad ogni modo, queste argomentazioni esulano dallo scopo del presente lavoro.
  • 9. Di nuovo, potrebbero essere considerate come valori anomali (outliers) rispetto alla classe di spesa cui appartengono.
  • 10. Inclusi anche nell’allegato VIII del regolamento della Commissione n. 1974/2006, che stabilisce le modalità di applicazione del Reg. 1698/2005 del Consiglio sul sostegno allo SR da parte del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR).
  • 11. Gli indicatori iniziali si riferiscono al generale contesto socio-economico (indicatori iniziali di contesto) e allo stato della situazione economica, sociale o ambientale della zona in cui si applica il programma (o l’intervento), in relazione diretta con gli obiettivi più generali del programma stesso (indicatori iniziali correlati agli obiettivi). Gli indicatori finanziari si riferiscono al bilancio e alle altre risorse assegnate al programma. Gli indicatori di prodotto misurano le attività realizzate direttamente all’interno del programma. A seguire, gli indicatori di risultato misurano gli effetti diretti e immediati dell’intervento e forniscono informazioni su eventuali cambiamenti che hanno avuto luogo. Infine, gli indicatori di impatto si riferiscono ai benefici del programma sia a livello di intervento, ma anche, più in generale, nella zona di validità del programma. Essi sono legati agli obiettivi più generali del programma.
  • 12. Per quanto riguarda gli indicatori di impatto, si fa riferimento alla produttività del lavoro in agricoltura quale rapporto tra il valore aggiunto lordo nel settore primario e il numero di unità di lavoro agricolo.
  • 13. È anche vero che le regioni più ricche tendono ad essere più popolate, quindi attirano più fondi in considerazione del maggior numero di potenziali beneficiari delle misure di capitale umano cui sono mirati.
  • 14. Gross Value Added.
  • 15. Si presentano in questo articolo solo i risultati delle stime più significativi. Gli Autori sono certamente disponibili, qualora ve ne sia richiesta, a fornire i dati relativi alle altre stime condotte.
  • 16. A seconda della classificazione OCSE.
  • 17. Secondo la decisione 2006/596/CE.
  • 18. Queste variabili mostrano, infatti, un effetto positivo e significativo.
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