Il futuro della PAC. Quale modello per una maggiore sostenibilità  ambientale?

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Il futuro della PAC. Quale modello per una maggiore sostenibilità  ambientale?
a Universidad de Cordoba, Economia, Sociología y Politica Agraria

Impatti ambientali dell’agricoltura europea1

L’impiego di grandi quantitativi di fertilizzanti in agricoltura ha contribuito in molti paesi europei, tra cui l’Italia, all’accumulazione di livelli eccessivi di nutrienti nel suolo e nelle acque superficiali e sotterranee. La lisciviazione di nitrati provenienti dalla coltivazione e dall’allevamento di bestiame è ampliamente documentata in molte aree europee ad alta intensità agricola. Eccessive dosi di somministrazione, combinate spesso con una cattiva gestione delle pratiche di fertilizzazione (epoca di impiego, tipo di fertilizzante, lavorazioni del terreno ecc.) hanno generato livelli eccedenti di azoto nel suolo, stimati a livello europeo pari a 83 kg N/ha per anno (OECD, 2008)2.
L’intensificazione delle pratiche colturali, oltre all’incremento nell’uso dei fertilizzanti, ha comportato anche un aumento nell’impiego di prodotti fitosanitari. Tale incremento è testimoniato dagli indicatori di qualità delle risorse idriche, che denunciano la presenza di livelli eccessivi di principi attivi utilizzati per il controllo fitosanitario delle colture (Parris, 2011).
In Italia, i dati sono in linea con la tendenza generale europea, anche se nell’ultima decade la riduzione nei valori degli indicatori di uso totale di fertilizzanti e prodotti chimici, fanno intravedere un cambiamento di tendenza (OECD, 2008).
Questo trend potrebbe avere le sue radici sia nel generale incremento dei prezzi delle materie prime, compreso il petrolio, a livello mondiale che ha fatto registrare livelli dei prezzi degli input chimici fra i più alti degli ultimi anni, sia nel cambiamento radicale che la politica agricola comune (PAC) ha subito con la riforma del 2003, completata poi con l’Health-Check del 2009. Ciononostante le dinamiche complessive dell’uso di fertilizzanti e fitosanitari potrebbero aver risentito anche degli incrementi dei prezzi dei prodotti agricoli, i quali hanno registrato oscillazioni considerevoli negli ultimi anni.
L’evoluzione della PAC sin dalla più lontana riforma Mac Sharry del 1992 si è accompagnata al graduale aumento di importanza degli obiettivi ambientali sia in termini di budget, che di misure di intervento. Come è noto, il nuovo sistema di aiuti del primo pilastro si concentra in particolare nel pagamento unico aziendale (PUA), che è totalmente disaccoppiato dalla produzione, quantificato, in Italia, in base ai riferimenti storici e condizionato a un sistema di vincoli ambientali.
L’idea di fondo è che attraverso il disaccoppiamento del sussidio e la rimozione degli incentivi alla produzione, l’intensità della produzione e quindi l’uso degli input menzionati siano destinati a diminuire. Inoltre, l’obiettivo è che le aree di maggiore sensibilità e rischio ambientale possano ricevere una maggiore tutela mediante il rispetto di specifici vincoli ambientali imposti agli agricoltori (le cosiddette buone pratiche agricole e ambientali).
L’impatto della riforma è stato oggetto di indagine soprattutto in fase di implementazione ex-ante, e sicuramente meno in una successiva fase ex-post.
Per citare alcuni esempi per la realtà nazionale, Bonfiglio (2011) riporta uno studio riferito all’area marchigiana, nel quale si stimava, grazie alla riforma, una riduzione delle dosi per ettaro di fertilizzanti e pesticidi del 20%. Tuttavia, se da un lato la politica comunitaria ha cambiato negli anni gli obiettivi e gli strumenti, riportando in molti casi indiscutibili risultati, ci sono ancora poche evidenze che con il disaccoppiamento il comportamento dell’agricoltore sia anch’esso cambiato. Inoltre in questa fase di discussione sul modello futuro di PAC ci si dovrebbe chiedere quale influenza avrebbe l’attuale modello disaccoppiato e se le prospettive di estensificazione della produzione siano sempre giuste.
Questo è dovuto in gran parte alla carenza di studi di natura socio-economica sul comportamento degli agricoltori e sulle decisioni aziendali, in presenza di cambiamenti della PAC. ll comportamento e le attitudini dell’agricoltore possono essere influenzati dalla PAC in maniera molto differente, in funzione delle sue caratteristiche socio-economiche, delle peculiarità strutturali dell’azienda nonché dell’ambiente istituzionale e geografico di appartenenza.
Il presente contributo riporta brevemente i risultati di una ricerca europea (CAP-IRE Project 3), durante la quale più di 2 mila agricoltori sono stati intervistati circa le intenzioni di comportamento in condizioni differenti di PAC.
L’obiettivo generale del progetto è comprendere i meccanismi decisionali degli agricoltori riguardo alle scelte aziendali e definire il ruolo della politica comunitaria nel processo di scelta. Più specificatamente in questa sede si approfondiscono le relazioni tra la PAC e il processo di decisione degli agricoltori europei riguardo all’uso di fertilizzanti e fitosanitari.
Conoscere l’influenza che la PAC produce sulle scelte imprenditoriali può aiutare il decisore pubblico a stabilire il nuovo modello di PAC per centrare gli obiettivi di sostenibilità ambientale fissati.

Breve presentazione dei risultati della ricerca CAP-IRE

I risultati esposti in questa sezione fanno parte di un progetto di più ampio respiro che ha visto coinvolte diverse Università europee e istituti di ricerca, coordinate dall’Università di Bologna4.
Nell’ambito del progetto sono stati somministrati circa 2300 questionari, intervistando agricoltori e relative famiglie di 9 paesi europei in 11 diverse aree europee. In Italia il sondaggio è stato realizzato nella regione Emilia-Romagna durante la primavera del 2009. Nell’insieme il campione è stato selezionato a partire dall’universo delle aziende europee che hanno beneficiato nella campagna 2007-2008 degli aiuti PAC, conforme al regime vigente. Il campione è stato stratificato considerando l’ammontare del pagamento unico aziendale ricevuto nella campagna di riferimento, secondo la zona orografica di appartenenza (pianura, collina e montagna) e infine in funzione della specializzazione agricola (colture arboree, erbacee e allevamento) (Raggi et al., 2009).
Durante la rilevazione, oltre alle caratteristiche individuali dell’agricoltore e alle caratteristiche strutturali dell’azienda, è stato chiesto attraverso un sistema di domande chiuse di rispondere circa le intenzioni riguardo alcune scelte aziendali, nell’ipotesi che il modello di PAC nel periodo 2014-2020 fosse destinato a cambiare.
In concreto, sono stati identificati due scenari. Nel primo è stata ipotizzata una prosecuzione dell’attuale sistema di aiuti, con riferimento sia al primo pilastro che al secondo pilastro. Nello specifico, l’ammontare dell’aiuto ricevuto, il sistema del PUA vincolato alla condizionalità ambientale nonché le misure contemplate nei Piani di sviluppo rurale (PSR) sarebbero rimasti così come sono attualmente. Questo scenario è stato definito Baseline.
Ad esso se ne contrappone un secondo, definito con l’acronimo NO-CAP, che prevede la radicale e immediata eliminazione della politica comunitaria. Con lo scenario NO-CAP gli agricoltori non riceverebbero aiuti di nessun tipo, il sistema di quote latte previsto fino al 2015 verrebbe eliminato, ma chiaramente gli obblighi previsti dalla cross-compliance, dalla rete Natura 2000 e dalle altre restrizioni ambientali cesserebbero di esistere. La scelta di uno scenario di totale liberalizzazione, che non contempla alcun tipo di aiuto o supporto, così come nessun vincolo ambientale, è giustificata dall’obiettivo del progetto, indirizzato a far luce sui meccanismi di decisione degli imprenditori agricoli europei e sull’influenza che la PAC è destinata a esercitare nel prossimo settennio.
Infatti, attraverso l’analisi comparativa delle intenzioni di scelta degli agricoltori nelle due condizioni di scenario ipotizzate, è possibile determinare il peso e l’influenza del modello attuale di PAC sulla decisione di uso dei mezzi chimici nell’agricoltura europea. Attraverso un modello di regressione logit, l’analisi statistica ha evidenziato le determinanti significative che intervengono nel processo di scelta degli agricoltori europei. Con riferimento allo stato attuale di impiego nell’azienda degli input elencati, è stato chiesto agli agricoltori se il consumo di input sarebbe destinato a cambiare (in termini di incremento o decremento) oppure no, in entrambi gli scenari di PAC.
Nel grafico seguente (Figura 1) sono riportate le frequenze degli agricoltori secondo il tipo di comportamento dichiarato. In altri termini, lo scenario NO-CAP funge da elemento di contrasto, permettendo di evidenziare la capacità del modello di PAC di influenzare le decisioni: il comportamento ‘Invariato’ indica gli agricoltori che dichiarano che il cambiamento della PAC non esercita alcun tipo di influenza, mentre il comportamento denominato ‘Cambiamento’ indica il gruppo di agricoltori che cambierebbero decisione a causa della modifica della PAC. Il tipo di influenza è determinato dalla direzione del cambiamento (aumento o diminuzione nella quantità di input chimici impiegati).
La variazione è calcolata rispetto all’ipotesi di mantenere il modello attuale di PAC fino all’anno 2020. In maggioranza (74%), l’intenzione degli agricoltori è di mantenere invariata le quantità di input chimici impiegati. Solo una frazione del 26% degli agricoltori è intenzionata a cambiare l’utilizzo dei mezzi chimici. All’interno di questa categoria, il cambiamento andrebbe verso la riduzione delle quantità di fertilizzanti e prodotti fitosanitari per il 17% degli intervistati. Un esiguo 3% avrebbe invece l’intenzione di incrementare l’uso di questi input.
Infine il gruppo degli agricoltori che non sanno bene cosa farebbero o che non rispondono al quesito rappresenta circa il 6% degli intervistati. Il risutlato del confronto delle frequenze ottenute con le frequenze attese è significativo. In altri termini l’analisi statistica ci suggerisce che la variazione di comportamento degli agricoltori non è casuale e potrebbe essere determinato dallo scenario PAC.
Si può dedurre che per gli agricoltori che prevedono un incremento, in caso di eliminazione della PAC vigente, l’attuale PAC eserciti un’azione di restrizione dell’uso. Al contrario, si deduce che, per coloro che cambierebbero nella direzione di riduzione, il modello di PAC vigente ne incentivi l’uso. Un ultimo tipo di comportamento è rappresentato dagli agricoltori che dichiarano la loro intenzione di cambiare, ma non sanno dare una risposta certa ovvero non rispondono al quesito. Essi sono assegnati al gruppo ‘Non sa-Non risponde’.
La relativa importanza di questo gruppo potrebbe derivare dall’assenza di sufficienti elementi di scelta da parte dell’agricoltore rispetto a uno scenario futuro.

Figura 1 - Variazione dell’uso di fertilizzanti e fitosanitari nel caso di eliminazione della PAC (% di risposta degli agricoltori)

Fonte: Giannoccaro e Berbel, 2010

I dati presentati indicano che la PAC, così come oggi è implementata, rappresenterebbe ancora (sebbene per una percentuale minoritaria di imprenditori) un elemento di influenza nel processo di decisione circa l’uso dei mezzi chimici. L’influenza che la PAC eserciterebbe è prevalentemente di incentivo. Tuttavia, una percentuale molto ridotta verrebbe disincentivata nell’uso degli stessi input dal modello attuale.
A questo punto, è interessante individuare gli elementi significativi che caratterizzano i gruppi di comportamento evidenziati precedentemente. A tale scopo, nella tabella 1 sono riportati i risultati dell’applicazione di un modello di regressione logit. Le variabili selezionate dal modello implicano una maggiore probabilità che venga modificato l’uso di input nel caso fosse abolita la PAC.

Tabella 1 - Variabili significative nel processo di decisione degli agricoltori

Fonte: Giannoccaro e Berbel, 2010

I risultati dell’analisi logistica evidenziano che le maggiori probabilità di incremento dell’uso di fertilizzanti e pesticidi nel caso di eliminazione della PAC, si hanno nelle zone di pianura e del Centro-Nord Europa. La maggioranza degli agricoltori che intenderebbero incrementare l’uso di input senza l’attuale PAC ricade attualmente in una zona di restrizione all’uso di fertilizzanti (Zone vulnerabili) o pesticidi (Zone sensibili) riconosciuta nelle norme di buone pratiche agricole e ambientali.
Per contro, una maggiore probabilità di diminuzione delle quantità di fertilizzanti e fitofarmaci è correlata positivamente alle dimensioni aziendali, sia in termini di SAU in proprietà, sia di terra presa in affitto. Le aziende specializzate in colture permanenti, localizzate in collina o montagna, e nelle regioni dei paesi orientali di recente ingresso nell’Unione, presentano una maggiore probabilità di ridurre le quantità utilizzate nel caso la PAC fosse eliminata. Infine, si può notare come il livello del PUA si rivela una variabile significativa. In caso di abolizione della PAC, risulta che le aziende che ricevono un maggiore ammontare di aiuto avrebbero una maggiore probabilità di diminuire l’uso degli input.

Il futuro della PAC per una maggiore sostenibilità ambientale dell’agricoltura europea

Alla luce dei risultati esaminati emergono alcune implicazioni utili per la definizione di un nuovo modello di PAC capace di migliorare la sostenibilità ambientale dell’agricoltura europea nei prossimi anni.
Sostenibilità che non deve essere interpretata solo come la più semplice riduzione delle quantità di mezzi chimici, se non come un più complesso miglioramento dell’equilibrio tra gli elementi dell’ambiente naturale e l’attività agricola.
Il modello di PUA svincolato dalla produzione potrebbe aver contribuito a ridurre l’influenza nell’uso dei fertilizzanti e prodotti fitosanitari, tuttavia i risultati di questa ricerca mettono in evidenza il ruolo incentivante nell’uso dei mezzi chimici che nel prossimo futuro è destiato a svolgere in alcune realtà agricole europee. Infatti l’analisi statistica applicata nella ricerca rivela che l’influenza della PAC è significativa in termini di ammontare di aiuti ricevuti attraverso il PUA, ma non attraverso le misure del secondo pilastro. In questo senso, nella proposta di PAC per il post-2013 che la Commissione Europea ha trasmesso al Parlamento (CE, 2010) è possibile richiamare un elemento importante che va nella direzione indicata dai risultati della ricerca: l’introduzione di un tetto massimo di pagamento unico per azienda, definito “capping”. Al contempo, i risultati mettono in luce un ruolo determinante nel controllo dell’impiego degli input nelle aree di maggiore tutela ambientale. Questo dato confermerebbe l’efficacia dell’azione correttiva delle aree designate vulnerabili ai nitrati o sensibili ai pesticidi, ma non è questa sicuramente un’azione preventiva.
D’altro canto, dai risultati emerge che un taglio del primo pilastro spingerebbe all’intensificazione nelle aree maggiormente favorevoli all’attività agricola (pianura, aree con disponibilità di risorse idriche, ecc.) con un possibile abbandono della produzione nelle aree marginali (zone collinari e montagnose, aree con condizioni sfavorevoli, ecc). Il rischio è di una polarizzazione delle aree e regioni europee fra piccole e grandi aziende, pianura e collina, zone senza limitazioni naturali e zone svantaggiate. La vera sfida anche per la ricerca scientifica in questo campo è individuare le modalità e gli strumenti più efficienti da un punto di vista economico considerati i costi della politica rispetto ai suoi benefici.

Riferimenti bibliografici

  • Bonfiglio A. (2011), “A neural network for evaluating environmental impact of decoupling in rural systems”, Computers, Environment and Urban Systems, n.35, pp.65–76

  • Commissione Europea (CE), (2010), The CAP towards 2020: Meeting the food, natural resources and territorial challenges of the future, 18 Novembre 2010 COM(2010) 672 final, Bruxelles, [link]

  • Giannoccaro G., Berbel J. (2010), Spatial dimension and environmental sustainability of the CAP: Models and in depth analysis results, CAP-IRE poject-Deliverable n.6.2, [link]

  • OECD (2008), Environmental Performance of Agriculture in OECD Countries since 1990, OECD edizioni, Parigi

  • Parris K. (2011), “Impact of Agriculture on Water Pollution in OECD Countries: Recent Trends and Future Prospects”, International Journal of Water Resources Development, n. 27(1), pp. 33–52

  • Raggi M., Viaggi D., Bartolini F., (2009). CAP-IRE Surveys: organisational note and rationale. Disponibile in CAP-IRE web site: [link]

  • 1. Questo contributo non esprime la posizione della Commissione Europea. Le opinioni discusse nel contributo appartengono all’autore.
  • 2. L’indicatore esprime l’accumulo di azoto eccedente i fabbisogni delle colture. E’ il risultato del bilancio tra gli apporti di azoto attraverso le pratiche agricole e le asportazioni delle colture in un anno. Per un bilancio sostenibile i valori dovrebbero essere prossimi allo zero.
  • 3. L’indicatore esprime l’accumulo di azoto eccedente i fabbisogni delle colture. E’ il risultato del bilancio tra gli apporti di azoto attraverso le pratiche agricole e le asportazioni delle colture in un anno. Per un bilancio sostenibile i valori dovrebbero essere prossimi allo zero.
  • 4. Il progetto CAP-IRE (Assessing the multiple Impacts of the Common Agricultural Policies (CAP) on Rural Economies) è stato finanziato dalla Commissione Europea attraverso il 7º Programma Quadro di Ricerca e Sviluppo Tecnologico. Coordinatore del progetto è Davide Viaggi della Facoltà di Agraria dell’Università di Bologna.
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