Modelli produttivi agricoli e insicurezza alimentare

Modelli produttivi agricoli e insicurezza alimentare

Introduzione

L’agro-ecosistema è un sistema di transizione da aree e cicli ad elevata naturalità ad aree e cicli fortemente antropizzati. Sul piano strettamente ecologico si può pensare all’agro-ecosistema come ad un ecosistema che l’uomo mantiene costantemente e forzatamente in condizioni di immaturità al fine di ottenere una resa più elevata rispetto ad un ecosistema naturale. Nella conversione di un habitat naturale a sistema agricolo si riducono gli elementi strutturali originari in modo da poter conferire allo spazio agricolo un ordine prestabilito, finalizzato alla produzione: poche specie usufruiscono dei nutrienti e dell’acqua, si elimina artificialmente la competizione intra-specifica e inter-specifica in modo che la conversione in biomassa sia massima per le specie coltivate o allevate. Tale transizione non è netta, e può assumere gradazioni estremamente diverse in funzione dei modelli produttivi, passando, ad esempio, dai tradizionali modelli agricoli di sussistenza ai moderni modelli di agricoltura intensiva che impiegano grandi quantità di input meccanici, chimici ed energetici. In funzione del grado di semplificazione più o meno spinta (abbattimento di siepi ed eliminazione di zone di discontinuità, spianamenti, adozione di monocolture, ecc.) l’agro-ecosistema può assumere di volta in volta il ruolo di elemento funzionale alla connettività ecologica del territorio dal quale originano servizi ecosistemici o, al contrario, può diventare elemento di perdita di funzioni ecologiche e fonte di esternalità negative.
La transizione dai modelli tradizionali a quelli intensivi si è diffusa in modo massiccio in tutto il mondo attraverso la cosiddetta “Rivoluzione verde” degli anni ’60, il cui risultato diretto è stato uno spettacolare aumento produttivo (fig. 1). Tuttavia, tale trasformazione ha comportato anche un crescente allarme ambientale, in termini di inquinamento e perdita di biodiversità. Inoltre, non è stata efficace per la soluzione dei problemi sociali legati alla povertà e alla malnutrizione; nelle aree più povere del pianeta la percentuale di persone sottonutrite rimane molto alta, mentre si registra un aumento allarmante di persone sovrappeso e obese, in modo paradossale proprio nei paesi a deficit alimentare e a basso reddito.

Figura 1 - Rappresentazione grafica a livello mondiale degli indicatori chiave utilizzati in questo studio

Fonte: nostra elaborazione sulla base dei dati forniti da FAO e OMS

Evoluzione dei modelli produttivi, agro-biodiversità e nutrizione: prime ipotesi di lavoro

Le trasformazioni tecnologiche, economiche, ambientali e sociali, susseguenti la diffusione dei modelli agricoli intensivi, sono state molto profonde. In effetti, la Rivoluzione verde si poneva sia obiettivi sociali che ambientali. Per il primo aspetto, voleva rispondere in modo rapido e concreto ai problemi di “sicurezza” alimentare (food security) ed in particolare alla carenza alimentare che, in virtù della crescita della popolazione, affliggeva i paesi più poveri. Sotto il profilo ambientale l’aumento delle rese avrebbe consentito di limitare la conversione all’agricoltura di suoli naturali, con beneficio per l’ambiente e per la biodiversità. Se, tuttavia, la relazione tra le determinanti socioeconomiche, lo stato della biodiversità agricola e i conseguenti impatti ambientali sono tematiche che, nel corso del tempo, sono state oggetto di numerosi studi (Brooks 2003; Diakosavvas et al. 2005), l’attenzione dedicata alle ricadute sociali, soprattutto in termini di nutrizione e salute, è più recente.
Obiettivo del presente contributo è dare avvio ad una riflessione sulle conseguenze complessive di questo processo, ossia verificare le possibili relazioni tra l’evoluzione della produzione agroalimentare, lo stato di conservazione dell’ambiente e della biodiversità, di sicurezza alimentare (food security) e di qualità dell’alimentazione (food safety), e se, in tali relazioni, esistano differenze significative tra le varie regioni del mondo.
La FAO e l’OMS attualmente concordano su una nuova definizione di “malnutrizione”. Con questo termine non si intende più solo uno stato di indigenza e di sottonutrizione cronica per insufficiente assunzione di cibo, ma anche una condizione fisica di obesità, altrettanto pericolosa per la salute, originata da regimi alimentari scorretti in cui prevalgono grassi e zuccheri. Nel rispetto di tale impostazione, nel presente contributo il numero di malnutriti è la somma dei sottonutriti e degli obesi, entrambi individuati dall’OMS con il criterio del Body Mass Index (BMI); i dati relativi alla condizione di sovrappeso non vengono inclusi nell’analisi poiché tale condizione, sebbene sia sconsigliata dal punto di vista medico, non può essere considerata una patologia conclamata.
Per esplorare le tematiche esposte, è stato selezionato un set di indicatori relativamente a 236 paesi1; in particolare sono stati analizzati i dati relativi a: (a) prevalenza2 di malnutriti (tab. 1); (b) indice di concentrazione delle produzioni agricole, denominato ICPA e calcolato applicando l’indice di Gini alle superfici agricole per coltura di ciascun aggregato geo-economico3 (tab. 2); (c) superficie agricola (SA) impegnata dai cereali; (d) resa per ettaro dei cereali; (e) dipendenza dagli aiuti (tab. 3). Il periodo preso in considerazione va dal 1970 al 2006. L’ICPA è assunto come proxy del grado di semplificazione dell’agro-ecosistema ovvero del grado di intensificazione del processo produttivo.
Gli elevati valori dell’ICPA a scala globale, come anche relativamente agli aggregati geo-economici considerati, da un lato testimoniano una bassa diversificazione produttiva, dall’altro rafforzano l’ipotesi, sempre più accreditata, che sia in atto una omogeneizzazione dei consumi e degli stili alimentari, presumibilmente connessa alla globalizzazione (Millstone and Lang, 2008).
L’analisi dei dati relativi alla SA e alla resa dei cereali per ettaro consente di accertare l’effettivo aumento di produttività derivante dall’adozione del modello “verde”. La prevalenza della sottonutrizione viene poi analizzata al fine di verificare se e in quale misura la maggiore produttività abbia realmente contribuito a risolvere o almeno a mitigare il problema della sicurezza alimentare (food security); analogamente, è stata analizzata la prevalenza dell’obesità nell’intento di stabilire se e in che misura la concentrazione produttiva e la globalizzazione agricola abbiano cambiato gli stili alimentari e abbassato la qualità dell’alimentazione (food safety).

Tabella 1 - Numero e prevalenza di malnutriti per aggregati geo-economici4
 
Fonte: nostra elaborazione su dati FAO 2009, WHO 2009 (in corso di revisione)

Biodiversità e insicurezza alimentare

Dal punto di vista della sostenibilità ambientale, uno degli aspetti più rilevanti della Rivoluzione verde e della globalizzazione agricola è stata la semplificazione estrema dell’agro-ecosistema, sia spaziale, in seguito ad una forte meccanizzazione agricola, e sia funzionale, con l’adozione di monocolture e con la riduzione del tipo e del numero di specie coltivate e allevate. Questo ha comportato una pesante perdita di risorse genetiche e biologiche: cresce il numero di specie e razze estinte o in via di estinzione (IUCN 2009; FAO DAD-IS 2010) ma diminuisce anche la variabilità genetica in seno alle popolazioni, come risultato di processi di selezione estrema, finalizzati alla massima produttività (Pilling e Rischkowsky 2007), mentre aumenta negli anni la superficie mondiale coltivata con OGM, con 125 milioni di ettari nel 2007 (McKeown 2008; Clive 2008). Negli ultimi cinquant’anni, il settore agricolo ha concentrato le sue produzioni su un numero sempre più ristretto di colture (tab. 2).

Tabella 2 - Indice di Concentrazione delle produzioni Agricole (ICPA).

Fonte: nostra elaborazione

Nei paesi in via di sviluppo l’agricoltura finalizzata all’esportazione coesiste con l’agricoltura di sussistenza. Ma, mentre la prima impiega la gran parte dei terreni più fertili e produttivi, la seconda è relegata ad ambienti marginali ed ecologicamente fragili, non adatti all’uso agricolo, con il risultato di una resa molto bassa e di un danno all’ambiente naturale e alla biodiversità. In questo contesto, risulta prioritario stabilire quali politiche di conservazione della biodiversità siano realmente utili, in considerazione del fatto che la quasi totalità dei malnutriti si trova nei paesi che accolgono la maggiore biodiversità del globo. L’accesso alle risorse naturali per queste popolazioni è fondamentale, ma occorre creare le condizioni affinché le comunità locali possano attuare uno sfruttamento sostenibile che da un lato protegga le specie a rischio e dall’altro incoraggi l’uso di specie locali per l’alimentazione (Mainka e Trivedi 2002).

Concentrazione delle produzioni agricole e food security

Una prima considerazione può essere fatta relativamente alla SA dei cereali e alla relativa resa ad ettaro (tab. 3). A scala mondiale l’adozione del modello “verde” ha effettivamente raddoppiato le rese, a fronte di un aumento molto modesto di SA.

Tabella 3 - Dati relativi alla produzione di cereali e agli aiuti

(٭) Nel Glossario dei Termini Statistici dell’OCSE, gli aiuti allo sviluppo (Official Development Assistance, ODA) sono definiti come finanziamenti ufficiali, per lo più in forma di prestiti, concessi ai paesi in via di sviluppo per promuovere il loro sviluppo socio-economico. Possono essere bilaterali (dal governo donatore al governo ricevente) o multilaterali (da un’agenzia internazionale, come la Banca Mondiale, ai governi riceventi). In particolari situazioni di emergenza assumono il carattere di aiuti umanitari.
(٭٭) Gli “altri aiuti” si riferiscono ad aiuti ai paesi in via di sviluppo provenienti da fonti non governative a carattere filantropico (donatori privati, associazioni ed enti di beneficienza, ONG, ecc.).
Fonte: nostra elaborazioni su dati Fao e World Bank

Tuttavia questo sembra non avere prodotto risultati apprezzabili rispetto all’emergenza alimentare. Nonostante gli indubbi successi produttivi, la curva della malnutrizione nel grafico in fig. 1 mostra infatti un andamento molto diverso rispetto a quello della produzione (SA e resa/ha), mentre è sostanzialmente speculare alla curva degli aiuti.
Questo sembra suggerire che il fenomeno della malnutrizione in tutto il mondo sia abbastanza indipendente dall’aumento della produzione e che sia invece strettamente connesso ad una serie di fattori che condizionano il mercato sia sul lato dell’offerta che sul lato della domanda (povertà, accesso fisico, disponibilità, utilizzo, stabilità dell’offerta). Non v’è dubbio, tuttavia, che, nei paesi più poveri, l’accesso alla risorsa alimentare è pesantemente condizionato da un potere d’acquisto pressoché o. Sibrian (2009) mostra come la relazione tra potere d’acquisto e sottonutrizione sia evidente a tutti i livelli d’indagine, sia pure con le dovute differenze tra scala regionale, nazionale e sub-nazionale, quest’ultima in riferimento alla distinzione tra popolazione rurale e urbana In fig. 2 è rappresentata tale relazione relativamente ad un gruppo di paesi.
In questo contesto, gli aiuti esterni possono essere un fattore fondamentale per i paesi dove non viene raggiunta la sicurezza alimentare, sebbene ad essi si affianchino fattori legati al mercato internazionale (stock e flussi commerciali) e fattori relativi al mercato interno (produzione agricola).

Figura 2 - Relazione tra potere d’acquisto e sottonutrizione

Fonte: adattato da Sibrian, 2009

Le due facce della malnutrizione: sottonutrizione e obesità

Per quanto riguarda la quantità e la qualità del cibo, nel 2003, a fronte delle circa 1800 kcal minime richieste per evitare condizioni di sottonutrizione (FAO 2008) la disponibilità giornaliera media di cibo in termini energetici per ciascun abitante del pianeta (Dietary Energy Consumption, DEC) risultava essere molto maggiore, con circa 2800 kcal pro capite così ripartite: 1293 (46%) dai cereali, 392 (14%) da carne, latte e derivati, 265 (9.5%) dallo zucchero, 249 (9%) da ortaggi e frutta, e le circa 600 kcal restanti da legumi, soia, tuberi, oli vegetali e pesce. In termini di gruppi funzionali, FAO e OMS raccomandano l’assunzione di carboidrati per il 65%, di grassi per il 22.5% e di proteine per il 12.5%. Mentre la composizione media mondiale della dieta non si discosta da questi valori, essa mostra invece notevoli differenze nelle varie regioni del mondo. La percentuale media per gruppi funzionali osservata per il triennio 2003-2005 è riportata in tab. 4.
I dati in tabella mostrano che nei paesi più poveri (Paesi a basso reddito e Paesi ultimi) l’alimentazione è costituita prevalentemente da amidacei (oltre il 70%), mentre solo meno del 30% è ripartito tra grassi e proteine, creando le condizioni per carenze nutrizionali in termini di vitamine, sali minerali e amminoacidi essenziali per la crescita e lo sviluppo psicomotorio. Europa e America del Nord (Canada e USA) mostrano una composizione della dieta molto diversa, ma ugualmente sbilanciata, con un’elevata percentuale di grassi e zuccheri (oltre il 30% della dieta). Secondo l’OMS (2008) cresce il numero di obesi, paradossalmente anche nei paesi in cui persiste la sottonutrizione, in particolare l’incidenza (numero di nuovi casi) del fenomeno è maggiore nei paesi a basso reddito.

Tabella 4 - Composizione media della dieta per gruppi funzionali nel triennio 2003-2005

Fonte: FAO 2010

L’aumento dell’obesità in queste regioni del mondo potrebbe dipendere da fenomeni di natura qualitativa oltre che dalla quantità di cibo disponibile, in particolare dall’assunzione di cibi molto calorici e di scarsa qualità nutrizionale. Nei paesi più poveri questo tipo di alimentazione sarebbe in relazione al basso potere di acquisto che non consente di mantenere un regime dietetico qualitativamente alto e che impone il consumo di cibi meno costosi e più facilmente reperibili (Drewnowski e Darmon, 2005). Il numero di calorie totali può risultare globalmente alto, ma la qualità nutrizionale è scadente. Il risultato ultimo è una nuova emergenza sanitaria nei paesi a basso reddito, e in particolare in Africa, per l’aumento dell’incidenza di patologie quali: diabete, ipertensione, malattie cardiovascolari, cancro. Si tratta di patologie strettamente connesse agli stili alimentari per le quali l’obesità è un importante fattore di rischio. Inoltre, trattandosi di patologie croniche, esse necessitano di trattamenti farmacologici costanti e prolungati che i sistemi sanitari dei paesi più poveri non sono in grado di fornire, così l’OMS prevede che in assenza di un intervento mirato ed incisivo, nei prossimi dieci anni, solo in Africa potrebbero morire 28 milioni di persone (OMS 2008) che si aggiungerebbero ai circa 2.5 milioni di decessi solo nel 2005 per malattie non trasmissibili, oltre ai morti per AIDS e per altre malattie infettive.

Relazione tra modelli produttivi agricoli e malnutrizione: un primo tentativo di analisi

Al fine di individuare le relazioni più significative tra il fenomeno della malnutrizione e l’evoluzione dei modelli produttivi agricoli, è stata applicata agli indicatori usati nel presente contributo un’analisi di correlazione i cui risultati sono riportati in tab. 5. In questa prima fase della ricerca tale analisi ha riguardato solo i dati a scala mondiale.

Tabella 5 - Valori di correlazione tra gli indicatori (a scala mondiale)

Fonte: nostra elaborazione

Il fenomeno della sottonutrizione mostra una correlazione negativa prossima all’unità con l’incremento della produzione e delle rese derivante dalla trasformazione dei modelli produttivi indotti dalla Rivoluzione verde. Tuttavia, altrettanto significativa è la correlazione con gli aiuti. Questo sembrerebbe suggerire che un aumento delle quantità prodotte è stato (ed è tuttora) condizione necessaria ma non sufficiente alla riduzione della fame e al raggiungimento della sicurezza alimentare. D’altra parte, in fig. 1 le curve della malnutrizione e degli aiuti sono sostanzialmente speculari. Ancora più interessante appare la correlazione positiva ed elevata (0.89) tra sottonutrizione e ICPA, che sembrerebbe confermare l’insostenibilità del modello “verde” per i paesi più poveri in cui, peraltro, la sottonutrizione è localizzata in modo prevalente.
Più problematica si mostra l’interpretazione dei risultati per quanto concerne il fenomeno dell’obesità. Occorre preliminarmente considerare che, mentre la sottonutrizione ha caratteristiche di localizzazione molto netta, l’obesità è un fenomeno in diffusione tanto nei paesi ricchi quanto in quelli poveri e pertanto individuarne le cause risulta molto più complesso, dovendo considerare i differenti contesti ambientali.
Il valore di correlazione positivo ed elevato tra obesità e incremento della produzione e delle rese è abbastanza ovvio, mentre il valore di correlazione tra ICPA e obesità, prossimo all’unità ma negativo, sembrerebbe precludere ogni possibilità di attribuire alla concentrazione delle produzioni la responsabilità del fenomeno. D’altra parte, è un dato di fatto che la gran parte delle calorie giornaliere assunte mediamente a livello mondiale da ogni abitante del pianeta è fornita da un ristretto numero di specie coltivate e allevate (con in testa frumento, mais, riso, zucchero, carne suina e soia; una quota minoritaria è fornita da ortaggi e frutta), come confermano i valori relativi all’ICPA sempre al di sopra di 0.8 per l’intero periodo considerato tanto a livello mondiale quanto a livello di aggregati geo-economici (tab. 2). Occorre però considerare che l’insorgenza dell’obesità è un fenomeno legato anche, da un lato, a complessi processi di globalizzazione e di omogeneizzazione degli stili alimentari, e, dall’altro, a situazioni socioeconomiche e culturali, queste ultime evidentemente diverse tra paesi ricchi e paesi poveri.

Conclusioni

La profonda trasformazione che il settore primario ha subito negli ultimi decenni non ha riguardato solo aspetti ambientali, produttivi e di mercato, ma ha comportato un cambiamento altrettanto profondo nelle abitudini alimentari in ogni parte del mondo, anche in virtù del suo stretto legame con l’industria agro-alimentare in un contesto di globalizzazione. Tali mutate abitudini sembrano convergere verso una omogeneizzazione di stili alimentari solo in parte interpretabili come il risultato di scelte operate responsabilmente e liberamente; se questa ipotesi, da assoggettare comunque ad una verifica seria, può considerarsi plausibile per i paesi più ricchi, in molte regioni meno fortunate del mondo il cambiamento dello stile alimentare è con ogni probabilità da attribuirsi ad un generale peggioramento delle condizioni di vita, dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Se, tuttavia, l’insostenibilità di modelli di produzione agricola che ledono la biodiversità e marginalizzano economicamente le popolazioni delle aree rurali è da tempo oggetto di analisi in letteratura, più recente è l’attenzione dedicata alle ricadute sociali, soprattutto in termini di nutrizione e salute. Nel presente contributo si è avviata una riflessione su questi temi e si sono avanzate delle prime ipotesi di lavoro. In particolare, attraverso l’utilizzo di alcuni indicatori chiave si è tentato di mostrare la stretta dipendenza tra alcune variabili agro-ambientali e fenomeni sociali come la sottonutrizione e l’obesità. Dall’analisi di correlazione effettuata, emerge una chiara correlazione tra modelli produttivi agricoli e malnutrizione. Tale correlazione è ben delineata già a scala globale per quanto attiene la sottonutrizione, mentre necessita di indagini più approfondite a scala di maggiore dettaglio per quanto riguarda il fenomeno dell’obesità. In ogni caso, emerge la necessità di affrontare il problema della malnutrizione in ogni suo aspetto non più solo attraverso i concetti di sviluppo agricolo e di offerta alimentare, ma anche come diritto dell’individuo ad una sana alimentazione.

Riferimenti Bibliografici

  • Brooks J. (2003). Agricultural Trade Reform, Adjustment and Poverty: Mapping the linkages, in Agricultural Trade and Poverty - Making Policy Analysis Count - OECD 2003
  • Clive J. (2008). Global Status of Commercialized Biotech/GM Crops - ISAAA Brief No.39 ISAAA: Ithaca, NY 2008
  • Diakosavvas D. et al. (2005) Agriculture, Trade and the Environment - The Arable Crop sector - OECD 2005
  • Drewnowski A. & Darmon N. (2005). The economics of obesity: dietary energy density and energy cost - The American Journal of Clinical Nutrition, 82(suppl):265S-73S
  • FAO Statistics Division (2008). FAO Methodology for the measurement of food deprivation - Updating the minimum dietary energy requirements
  • Mainka S.A. & Trivedi M. (eds.) (2002). Links between Biodiversity Conservation, Livelihoods and Food Security: The sustainable use of wild species for meat. IUCN, Gland, Switzerland and Cambridge, UK. vi + 135pp., 2002
  • McKeown A. (2008) Genetically Modified Crops Only a Fraction of Primary Global Crop Production - WorldWatch Institute, December 4, 2008
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  • Sibrian R. (2009). Indicators on undernourishment and critical food poverty at national and sub-national levels - wye city group on statistics on rural development and agriculture household income - Second Meeting Italy, Rome, 11-12 June 2009- FAO Head-Quarters
  • WHO (2008). African Health Monitor, Volume 8, num. 1.
  • 1. Questi sono stati raggruppati a loro volta in 5 aggregati geo-economici sulla base della classificazione della FAO: Paesi in via di sviluppo, Paesi a basso reddito, Europa, Paesi ultimi, Nord America (Canada e USA), Mondo.
  • 2. In campo epidemiologico, la “prevalenza” è la percentuale di individui di una popolazione che, in un dato momento, presentano la condizione patologica in esame. Tale indicatore viene calcolato come rapporto tra numero totale di casi di malattia e numero totale di persone a rischio (popolazione a rischio).
  • 3. Per ciascun paese del mondo la FAO fornisce l’elenco delle colture prodotte nonché i dati ad esse relativi in termini di ettari di SA impegnata da ciascuna coltura. Questi dati, disponibili come serie storiche dal 1960 ad oggi, sono stati usati per il calcolo dell’ICPA.
  • 4. I valori relativi all’obesità sono in alcuni casi parziali, a causa di mancanza di dati per alcuni paesi di ciascun aggregato, rispetto al quale si potrebbe, pertanto, sottostimare il fenomeno.
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