La Dichiarazione di Gembloux: “Reinventare l’agricoltura, l’agro-alimentare e l’ambiente in Europa”

La Dichiarazione di Gembloux: “Reinventare l’agricoltura, l’agro-alimentare e l’ambiente in Europa”
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Traduzione di Valentina Cristiana Materia

Presentazione

Questo testo è stato scritto nell’occasione del dibattito avviato dal Commissario europeo per l’agricoltura al fine di coinvolgere e responsabilizzare la società civile europea nella costituzione di una politica agricola e alimentare comune.
Esso va letto anche alla luce del rafforzamento dei poteri legislativi del Parlamento europeo in materia agricola. Con l’estensione della procedura di codecisione, il Parlamento sta divenendo difatti un vero e proprio crogiuolo di espressione pubblica, in cui è in fase di definizione una cultura democratica per la quale le decisioni in materia di interessi comuni devono essere negoziate e condivise.
Il documento è stato condiviso e pubblicato da quattro gruppi interdisciplinari di esperti europei: il Groupe de Bruges1, il Groupe Saint-Germain2, la Magyar Agrarakadémia, e il gruppo Terra Nova.
Fluttuazioni, instabilità e volatilità dei prezzi e dei redditi, crescente malnutrizione, danni ambientali. L’agricoltura europea sta attualmente attraversando una serie di crisi senza precedenti. Nel contempo, è attraversata da crescenti dubbi sul suo futuro. È tuttavia noto che l’agricoltura abbia occupato e continui ad occupare un posto fondamentale nello sviluppo delle società umane, garantendo la stabilità del nostro continente.

Una politica agricola al servizio di una Comunità per la pace

L’odierna agricoltura europea è modellata sulla volontà dei paesi europei di riconciliarsi e di unirsi a perseguire pacificamente un destino comune. In altre parole, non è un’aberrazione burocratica, né solo un astratto ideale sognato dai politici di gran lunga lontani dalla realtà. Questa alleanza solidale dei popoli e delle nazioni è la strategica risposta storica alle crisi internazionali, ed è stata costruita da politici che avevano vividi ricordi del passato: il crollo dei prezzi dei prodotti agricoli nel 1929, la guerra, il razionamento e la scarsità.
Coloro che furono impegnati nella stesura dei Trattati prevedevano che la creazione di una politica agricola comune fosse un passo in una missione più generale per la comunità, promuovendo lo sviluppo economico equilibrato e armonioso, la solidarietà tra gli Stati membri e il miglioramento del tenore di vita per gli agricoltori. L’agricoltura non è stata dunque emarginata nel processo di integrazione comunitaria. Anzi, ne ha costituito la base.
Questa politica comune avrebbe dovuto soddisfare i nostri bisogni più vitali, alimentarci e farci divenire autosufficienti nell’alimentazione. Ciò è stato reso possibile grazie alla gestione comune degli aiuti pubblici che ha permesso all’agricoltura europea di svilupparsi rapidamente e di modernizzarsi in misura inimmaginabile.
Tali risultati sono stati raggiunti anche grazie ad una mobilitazione generale degli agricoltori europei, consapevoli che il loro futuro dipende in gran parte dal progetto europeo.

Una politica agricola e alimentare che risponda alle sfide del 21° secolo

Un contesto più aperto, meno stabile

Il mondo sta attraversando attualmente una fase connotata da numerose crisi che non sono prive di impatto sull’agricoltura.

  • Il fenomeno della globalizzazione, caratterizzato dalla liberalizzazione dei mercati delle materie prime agricole e dal dominio della finanza sull’economia, ha prodotto la crisi che attualmente si avverte in tutto il mondo. Ma anche il mondo è cambiato con l’emergere di nuove politiche e nuovi poteri economici, che sono al tempo stesso poteri agricoli.
  • La crisi ambientale, insieme con il tema del riscaldamento globale, il degrado della biodiversità e delle risorse naturali e la generazione di nuove fratture tra le regioni del mondo. La questione ambientale pone in discussione la sopravvivenza stessa dell’uomo sulla Terra. È quindi una sfida che deve essere affrontata ora, all’inizio del 21° secolo.
  • La crisi alimentare, il triste risultato dell’aumento delle disuguaglianze e della persistenza della povertà nel mondo. Il balzo dei prezzi delle materie prime agricole e le speculazioni hanno avuto conseguenze drammatiche, in particolare per le popolazioni più vulnerabili: sommosse dovute alla fame, e più di un miliardo di persone che soffrono di malnutrizione, di cui quasi l’80% è costituito da contadini.

Queste tre sfide richiedono che l’Europa serbi per la sua agricoltura una politica pubblica ambiziosa e che sia riconosciuta da tutti i cittadini.
Se la crisi generale incoraggia fenomeni di recesso e di egoismo di ogni tipo, appare più che mai necessario riaffermare l’aspetto comune di questa politica, respingendo tutti i tentativi che mirano a indebolirla, la sua ri-nazionalizzazione o addirittura il suo smantellamento.
Al contrario, questo momento storico deve portarci insieme a superare l’attuale situazione di incertezza e di pressione, che non riguarda peraltro solo l’agricoltura, ma il progetto stesso della Comunità. Per queste ragioni, la politica agricola comune deve essere reinventata, prendendo come punto di partenza il contributo che può portare alla strategia di rilancio dell’Unione Europea per il 2020, nonché il ruolo che può svolgere per gli equilibri alimentari del mondo.

L’Europa ha bisogno di reinventare la propria politica agricola

La politica agricola comune è stata più volte riformata a partire dal 1992, ma senza mai cambiare le tendenze dominanti nello sviluppo agricolo che ha avuto inizio nel 1960.
Il periodo di crisi che stiamo attraversando, al quale vanno aggiunte le crescenti inquietudini degli agricoltori sul proprio futuro e le preoccupazioni espresse dai cittadini, ci costringono ad un profondo ripensamento della più antica politica integrata dell’Unione Europea.
È venuto dunque il momento di spostarsi verso una politica agricola, alimentare e ambientale realmente condivisa. Non si può chiedere di sottoporre l’agricoltura alle sole forze di mercato, piuttosto di elaborare un piano globale che impegni l’agricoltura a progredire verso una nuova forma di sviluppo e di organizzazione umana.
È tempo di porre le basi per una nuova agricoltura, in grado di nutrire l’umanità e di fornire risposte concrete alle sfide ambientali che ciascuna regione si trova ad affrontare, di promuovere un’agricoltura ad alto valore economico, ambientale e sociale. L’ultima ondata di allargamento, nel 2004 e nel 2007, ha notevolmente ampliato la diversità delle agricolture europee e le disuguaglianze sia nelle strutture di produzione che nei livelli di sviluppo.
In futuro, la politica pubblica agricola, alimentare e ambientale avrà bisogno di un sostegno adeguato, distribuito più equamente, al fine di consentire la modernizzazione di tutti i diversi tipi di agricoltura.
Questo progetto agricolo non è finalizzato ai soli agricoltori. Lo vogliamo costruire con loro, ma anche con tutti i cittadini europei: riteniamo difatti che questo approccio debba essere condiviso con le altre regioni del mondo.
Il nostro obiettivo è di tradurlo nella forma di un contratto stipulato tra le società europee con tutte le professioni del settore agricolo e dell’industria alimentare che aspirano a diventare ancora una volta protagoniste negli equilibri europei e mondiali.
Questa politica agricola, alimentare e ambientale deve essere organizzata attorno ai seguenti approcci: (1) un’Europa agricola per la sicurezza alimentare; (2) un’Europa agricola in grado di creare benefici ambientali e beni pubblici; (3) un’Europa agricola che regoli i propri mercati; (4) un’Europa agricola per tutti i territori agricoli.

1) Un’Europa agricola per la sicurezza alimentare.
Le tensioni sui prezzi relativi e i rischi per la salute, in tandem con i livelli di stock molto bassi in tutto il mondo, costituiscono una seria minaccia per l’approvvigionamento alimentare dell’intero pianeta. Così come ogni altra regione del mondo, l’Europa ha bisogno di impegnarsi per la propria sicurezza in termini di approvvigionamento alimentare.
L’Unione Europea deve sfamare i suoi 500 milioni di consumatori. Ma deve anche considerare che, di questi, 80 milioni vivono ben al di sotto della soglia di povertà e 16 milioni patiscono la fame, che peraltro li costringe a rivolgersi ogni inverno alle associazioni di solidarietà per poter mangiare. Certo, con solo la metà della terra coltivabile degli Stati Uniti, l’Unione Europea riesce a sfamare 200 milioni di abitanti in più, ma non dobbiamo lasciare che questa immagine positiva nasconda le realtà umane sottostanti.
Per questo motivo, il cibo deve essere accessibile a tutti, con l’esigenza di un’alimentazione più salutare, maggiormente diversificata, sulla base di prodotti agricoli trasformati o meno da parte degli agricoltori o dell’industria alimentare europea.
Per il futuro dovremo insistere sul fatto che un particolare accento va posto sul rapporto tra alimentazione e salute, visto che questo è oggetto di una crescente preoccupazione nella società europea.
Un simile contributo della politica agricola comune concorrerà a ridurre il crescente peso sui bilanci per il benessere sociale e della salute.
Per l’Europa, garantire la nostra sicurezza alimentare significa: (a) preservare tutte le diversità della sua produzione agricola: nessuna area dell’agricoltura, animale o vegetale, può essere abbandonata; (b) rafforzare un’agricoltura volta alla qualità nutritiva nonché più centrata sulle esigenze di salute; (c) mantenere ed estendere i programmi di accesso alle persone che sono maggiormente in difficoltà; (d) non sacrificare negli accordi commerciali internazionali la propria agricoltura per gli interessi del settore industriale o dei servizi. Per provvedere al meglio alla sicurezza alimentare del pianeta, l’Unione Europea deve esigere che i negoziati commerciali bilaterali o multilaterali includano il rispetto delle clausole sociali, ambientali e di tutela, le misure volte a proteggere i prodotti di alta qualità, ecc.

2) Un’Europa agricola in grado di creare benefici ambientali e beni pubblici.
L’agricoltura ha un impatto sulle risorse naturali, la biodiversità e il benessere degli animali, sulle forme del paesaggio. È in prima linea per rispondere alle sfide ambientali, in particolare quelle che riguardano il cambiamento climatico. L’ambiente non deve più essere considerato come un vincolo, ma come una risorsa che permette non solo di inserire l’agricoltura europea nel quadro della Strategia 2020 dell’Unione, ma anche di giustificare meglio il sostegno che riceve dalla Comunità.
Con l’aiuto della politica agricola comune e della società, gli agricoltori devono affrontare sfide ambientali attraverso il ripensamento dei sistemi di produzione, economizzando l’uso delle risorse scarse naturali quali l’acqua, il suolo e l’energia, contribuendo allo sviluppo delle energie rinnovabili e delle materie agricole per la produzione di biomassa, tutelando la biodiversità.
In nome della creazione di tutta questa ricchezza collettiva insostituibile, l’agricoltura merita gli sforzi di bilancio che richiede alla società, perché il mercato in realtà non premia la produzione dei questi beni pubblici che l’attività agricola assicura.
L’ambiente non deve più essere percepito come un vincolo, ma come fattore di nuove forme di crescita “verde” strettamente connesse con un nuovo sviluppo economico e sociale.
Per l’Europa, produrre beni pubblici ambientali implica: (a) riconsiderare il regime di aiuti esistenti al fine di premiare meglio i beni pubblici ambientali; (b) intraprendere con maggiore fermezza e attraverso un approccio globale la lotta contro il cambiamento climatico, il degrado dei suoli e la perdita di biodiversità e di acqua, per una migliore gestione delle risorse idriche e naturali; (c) sviluppare incentivi al fine di promuovere metodi di produzione più sostenibili ed efficienti (aiuti differenziati, servizi, ricerca che coinvolga studiosi e agricoltori).

3) Un’Europa agricola che regoli i propri mercati.
Perché gli agricoltori siano in grado di pianificare il proprio futuro e di svolgere semplicemente il loro lavoro, di produrre di più e meglio e, quindi, perché possiamo garantirci la sicurezza degli approvvigionamenti, occorre essere al riparo dall’eccessiva volatilità dei prezzi.
La nuova politica agricola necessita di una regolamentazione volta a ridurre le fluttuazioni nei prezzi delle materie prime agricole e gli eccessi della speculazione che sta giocando un ruolo sempre più rilevante sui mercati internazionali. L’intervento pubblico, a dimostrazione di una volontà di un controllo collettivo dei mercati, è palesemente più che mai necessario al fine di sostenere i redditi agricoli, posto che peraltro una quota consistente dei ricavi deriva attualmente proprio da un aiuto diretto nell’ambito della politica agricola.
Per l’Europa, regolamentazione dei mercati significa: (a) creare un patto di stabilità per i mercati agricoli basato su nuovi strumenti di regolamentazione pubblica, che riunisca le reti di sicurezza più efficaci, gli strumenti di gestione delle crisi, una migliore organizzazione collettiva dei produttori e dei settori e un’armonizzazione fiscale e sociale; (b) portare i prodotti agricoli e alimentari fuori dal regno della speculazione, impedendo così la turbolenza sui mercati a termine; (c) intraprendere una riforma della finanza a livello internazionale.

4) Un’Europa per ogni tipo di agricoltura per portare la vita ad ogni area.
Nell’Unione a 27 paesi, quasi il 60% della popolazione vive nelle zone rurali che rappresentano il 90% del territorio. Per queste zone, l’agricoltura rappresenta spesso la principale attività economica e svolge un ruolo cruciale nel lavoro e nella società. È quindi importante, perché vi sia un’agricoltura condivisa, una politica agricola, alimentare e ambientale che riconosca tutte le forme, peraltro molto diverse, di agricoltura europea.
Una politica agricola comune deve quindi permettere la coesistenza di molteplici tipi di agricoltura che possono essere presentati come segue: (a) un’agricoltura ad alto valore aggiunto, i cui prodotti, di alta qualità e trasformati, le consentono di svolgere un ruolo rilevante nei mercati mondiali; (b) un’agricoltura che fornisce prodotti molto conosciuti ad alto valore economico, aperta ai mercati regionali; (c) un’agricoltura locale rivolta ai mercati locali; parte di quest’ultima agricoltura comprende piccoli coltivatori che percepiscono un eddito modesto dal loro lavoro e che, se dovessero lasciare l’azienda, per ragioni di età, qualifica o per scelte di vita, avrebbero grandi difficoltà a trovare lavoro altrove, soprattutto in un periodo di recessione e disoccupazione.
Questa diversità di tipi di agricoltura costituisce un enorme potenziale che, gestito in maniera sostenibile, deve contribuire alla costruzione collettiva di una nuova forma di sviluppo. Perseguire un simile obiettivo richiede una serie di misure e di aiuti specifici e adattati per ciascuno di questi tipi di agricoltura.
La futura politica agricola comune dovrà impegnarsi a fornire un maggiore sostegno per l’occupazione in attività quali la produzione di beni alimentari di alta qualità, l’organizzazione delle catene di approvvigionamento alimentare a dimensione regionale, la produzione di energia rinnovabile, i prodotti chimici verdi (agro-materiali, farmaci biologici, ecc.), l’ambiente, il turismo verde: nuovi posti di lavoro che hanno il vantaggio di essere difficili da de-localizzare.
Per l’Europa, rendere vitale e viva la terra significa: (a) sviluppare tutte le forme di agricoltura europea, contribuendo al loro rinnovamento e supportandone l’adozione di nuovi modelli di produzione più sostenibili che tengano conto delle diverse risorse in ciascuna zona; (b) sostenere la creazione di nuova occupazione, in particolare nel campo dell’innovazione ambientale; (c) garantire una maggiore solidarietà e una più equa distribuzione del sostegno tra gli agricoltori europei, tra le regioni e tra le nazioni e i loro territori.

Un’Europa partner nell’equilibrio tra offerta alimentare e ambiente nel mondo

L’Europa deve dichiarare che intende svolgere un ruolo attivo nei grandi equilibri globali in materia di alimentazione e ambiente, al fine di consentire uno sviluppo condiviso più equo e una maggiore stabilità internazionale. Molte delle sue politiche possono contribuire a questo obiettivo di governance mondiale. La politica agricola e alimentare europea è la prima ad essere citata accanto alle politiche di cooperazione allo sviluppo, commercio, ambiente, ricerca, ecc. Per ragioni di efficienza, sembra importante cercare coerenza tra queste politiche. L’Europa deve assumere un ruolo guida in questo grande progetto. Possiede la cultura, le competenze e le conoscenze necessarie. Ne ha, soprattutto, il dovere, in virtù sia della sua geografia, sia della sua storia.
La sfida non è certamente facile. Oggi, più di un miliardo di uomini e donne soffre di malnutrizione; del resto, nel corso degli ultimi quarant’anni si è posto l’accento su una generalizzata concorrenza che ha portato a ritenere che l’unica soluzione possibile fosse quella di mettere i popoli e le loro risorse naturali in competizione tra loro.
Questo dimostra che una politica globale commerciale deve essere necessariamente accompagnata da una politica globale di redistribuzione.
Nell’arco di trent’anni dovremo nutrire quasi tre miliardi di persone in più. A meno che non si sia disposti ad accettare una triplicazione della sofferenza e della fame, occorre affrontare da subito la sfida della lotta contro la povertà. Solo mediante l’attuazione di reali politiche di sviluppo basate in primo luogo sull’agricoltura e sul cibo possiamo garantire che tutte le persone saranno in grado di nutrirsi e di eliminare la minaccia della carestia diffusa.
Per l’Europa, svolgere un ruolo nell’equilibrio globale in termini di alimentazione significa: (a) proporre agli altri attori internazionali di definire e stabilire le risorse necessarie per garantire la sicurezza e per affrontare le emergenze; un simile sistema potrebbe essere gestito da un Consiglio internazionale per la sicurezza alimentare e lo sviluppo che, pur includendo l’attuale Commissione per la sicurezza alimentare, opererebbe sotto l’egida delle Nazioni Unite e lavorerebbe in tandem con la FAO, la Banca mondiale e il Fondo monetario internazionale; (b) ripristinare la priorità nella definizione di politiche agricole all’interno delle politiche di cooperazione e sviluppo, favorendo e supportando in tal modo l’aumento della capacità di produzione locale; (c) creare le condizioni perché i paesi in via di sviluppo possano proteggere la propria agricoltura contro la concorrenza esterna che ne ostacola e impedisce lo sviluppo; (d) esigere una revisione delle norme del commercio internazionale per integrare standard sociali e ambientali; (e) adoperarsi per la cooperazione sulla base di interessi reciproci, in particolare con alcune regioni del mondo: da un lato, una partnership privilegiata nel Mediterraneo, dall’altra il rafforzamento della cooperazione con l’Africa.

Conclusioni

Stiamo attualmente vivendo un’epoca esigente. Una prima importante fase storica è oramai giunta al termine. Un’altra deve ancora essere scritta intorno alla condivisione di un quadro realmente comune per la politica europea agricola, alimentare e ambientale. Per questo motivo, l’agricoltura merita il sostegno convinto di tutta la società; un sostegno adeguato e sostenibile nel tempo.
In un simile contesto, il nostro dovere diviene quindi quello di affrontare le nuove sfide nell’ottica di cittadini europei e del mondo, condividendo dunque lo spirito di appartenenza ad un unico obiettivo: ridare uno scopo all’Europa e alla sua unione.

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