Il carbonio del suolo

Il carbonio del suolo

Il Carbonio nel suolo: pool e flussi

Gli ecosistemi terrestri contengono una considerevole quantità di carbonio (C), ripartita tra i diversi compartimenti che li costituiscono (in gergo definiti pool): la biomassa viva, a sua volta ripartita in epigea e ipogea; la sostanza organica morta o necromassa, a sua volta ripartita in legno morto e lettiera; il suolo.
Di questi il suolo è di gran lunga il pool con maggiore massa di C. A scala globale è possibile rilevare un chiaro «gradiente longitudinale» della densità di C, espressa in termini di milioni di grammi di C a ettaro (MgC/ha): densità maggiori di C negli ecosistemi boreali, dove le dinamiche di decomposizione del C nel suolo sono attenuate dai fattori climatici; densità minori di C negli ecosistemi tropicali.
Le modalità di gestione territoriale, l’erosione e le interazioni complesse tra le stesse sono i fattori chiave nel determinare la densità di C nel suolo (Dixon 1994, Lal 2004, IPCC 2007).
Le stime a scala planetaria della quantità di C nel pool suolo sono caratterizzate da un considerevole livello d’incertezza, dovuto principalmente a un’ampia variabilità di dati e informazioni tra le diverse aree del globo.
Occorre aggiungere che il C nel suolo è in uno stato di continuo equilibrio dinamico, dove agiscono input e output di varia natura. L’accumulo o la diminuzione di sostanza organica nel suolo sono legati, oltre che alla quantità e qualità dei residui biologici che arrivano al suolo e dal tipo di microflora presente, anche dall’orientamento particolare e dalle velocità relative dei processi di mineralizzazione, umificazione e interazione con la frazione minerale cui i residui biologici vanno incontro, in rapporto alle condizioni climatiche e pedo-ambientali.
Il principale input di C nel suolo è rappresentato dalla decomposizione della lettiera, ossia della biomassa morta di sotto a un certo diametro (solitamente 10 cm), che giace - a diverso stadio di decomposizione - sul suolo, sia esso organico o minerale.
Mentre la valutazione dei flussi di C dalla lettiera verso il C pool suolo è abbastanza semplice e agevole, non si può dire la stessa cosa per i flussi di C dalla biomassa radicale verso il suolo, anche se proprio il flusso di C dalle radici in decomposizione è d’importanza prioritaria per la formazione del C nel suolo.
Viceversa, il principale output di C del suolo verso l’atmosfera è legato al flusso di CO2 causato dalla respirazione delle radici e dei micro-organismi del terreno. Un secondo tipo di output, che ha una sua rilevanza a scala continentale, è la diffusione del C nella fase acquosa, in forma di C organico dissolto (COD). A scala globale, sono attualmente rilasciati nell’atmosfera circa 90 petagrammi (Pg = 1015 g) di C l’anno (Bond-Lamberty et al., 2010; Battin et al., 2010).

Figura 1 - Pool di carbonio e flussi negli ecosistemi terrestri Gt1

Fonte: IPCC, 2007

Schils et al. (2008) hanno stimato che nell’UE-27 lo stock di C nel suolo sia pari a 75 miliardi di tonnellate (Gt = 109 t). La maggior parte di esso è localizzata nei Paesi nord-europei, specialmente laddove le torbiere rappresentano una frazione consistente del territorio. Da segnalare che attualmente sono in corso diversi progetti UE che coinvolgono il Joint Research Center della Commissione Europea, a Ispra (Va), il cui intento è d'aggiornare e migliorare le stime fin qui disponibili.

I suoli come C sink o C source.

Se riferito al ciclo globale del C - che descrive il movimento del C, nelle sue varie forme, tra la biosfera, l’atmosfera, gli oceani e la geosfera - il budget tra i grandi flussi di C da e verso il suolo è relativamente modesto. Nondimeno, il budget di C nel suolo può essere significativo se rapportato al bilancio dei gas-serra di una singola nazione. L’intrinseca variabilità spaziale dei pool di C suolo (connessa alla geologia, all’uso del suolo e a una serie molteplice di altri fattori) e il fatto che a pool di C di così vaste dimensioni possano essere associate variazioni di C viceversa molto modeste, rende la valutazione dei bilanci tra consumo e accumulo di C nel suolo estremamente difficili (Rodeghiero et al., 2009).
In più, il C del suolo assume proprietà chimiche molto diverse: dalle proteine facilmente decomponibili a lignine e materiali e composti carboniosi formatisi nel corso dei tempi geologici e con turnover estremamente lunghi. Informazioni riguardanti le caratteristiche chimiche del C nel suolo sono spesso disponibili solo siti specifici dove insistono intensivi programmi di ricerca.

Riquadro 1
La sostanza organica del suolo può essere considerata come un miscuglio di composti risultanti dai processi di piante e microrganismi e dalla loro stessa degradazione. All’accumulo di sostanza organica contribuiscono sia i residui vegetali sia animali, i resti derivanti dalle fasi avanzate della decomposizione dei componenti delle cellule dei tessuti vegetali e animali, le sostanze secrete a livello della superficie delle foglie e lisciviate dalle piogge, le secrezioni delle radici, le aree di radici morte, la frazione di biomassa microbica e pedofauna morta, le escrezioni della stessa pedofauna, le molecole rilasciate dalle cellule microbiche in sede extracellulare.
Nella sostanza organica del suolo possiamo trovare:

 

  • sostanze semplici e facilmente degradabili, come amminoacidi, zuccheri, acidi organici mono- e bicarbossilici;
  • composti ad alto peso molecolare come polisaccaridi, proteine, acidi nucleici, lipidi e lignine;
  • sostanze umiche.

Il primo gruppo costituisce un insieme di composti a piccolo peso molecolare e ad alta solubilità nella soluzione del suolo, prontamente disponibili come fonte di energia e quindi facilmente degradabili dalla flora microbica per cui hanno un tempo di residenza nel suolo breve.
Il secondo gruppo è costituito da composti a più alto peso molecolare, poco o per niente solubili in acqua. I polisaccaridi, le proteine e gli acidi nucleici possono essere idrolizzati dai microrganismi a composti semplici e utilizzati come fonte di energia, mentre le cere, i grassi, le resine e le lignine sono difficilmente attaccabili dai microrganismi e persistono pertanto per lunghi periodi nel suolo.
Le sostanze umiche possono costituire tra il 33% e il 65% della sostanza organica del suolo e sono il prodotto di processi di umificazione dei prodotti della decomposizione e trasformazione chimica e biologica di molecole provenienti dalle spoglie e dalle emissioni di organismi vegetali e animali.

L’entità dei bilanci di C negli ecosistemi terrestri è almeno d’un ordine di grandezza inferiore all'entità delle emissioni globali dei gas-serra di natura antropica (Schils et al., 2008).
In Europa le principali fonti di emissioni di CO2 dai suoli sono quelle derivanti da interventi di drenaggio e bonifica dei suoli organici. Anche se da più parti e in varie circostanze è stato raccomandato d'incentivare politiche e misure di conservazione dei suoli, anche nella logica di ridurre le emissioni di gas clima-alteranti, molto spesso il tutto è nelle mani degli stessi imprenditori e proprietari agricoli e delle scelte gestionali che essi praticano.
I cambiamenti climatici avranno indubbiamente un effetto sulle dinamiche dell’umidità del terreno. Particolare preoccupazione desta la mobilizzazione d’ingenti quantità di C verso l’atmosfera dai suoli dei paesi nordici, al momento caratterizzati da climi freddi e umidi. In condizioni climatiche più calde, questi suoli organici potrebbero fungere da fonti di C (Schuur et al., 2008). Persino i suoli delle zone temperate potrebbero diventare emettitori netti di C, se la respirazione del suolo dovesse rispondere all’aumento della temperatura in maniera prevalente rispetto alla produttività degli ecosistemi.
(Cox et al., 2000).
I paesi industrializzati, nel periodo d’impegno 2008-2012, possono fare ricorso a una serie di attività territoriali, secondo quanto previsto agli articoli 3.3 e 3.4 del Protocollo di Kyoto e dei susseguenti Accordi di Marrakesh. I Paesi dovranno riportare, seguendo specifiche prescrizioni, le dinamiche del C nei compartimenti richiamati prima: (i) biomassa viva epigea, (ii) biomassa viva ipogea, (iii) legno morto, (iv) lettiera, e (v) suolo. Poiché questi compartimenti sono tra loro intimamente connessi, diversi autori hanno tentato di sviluppare sistemi di reporting basati su modelli di stima degli stock e delle variazioni di C nel suolo in grado d'integrare i flussi di C dei singoli compartimenti in uno schema congruente e logico (Smith et al, 1997, Easter et al., 2007, Peltonimi et al., 2007). In considerazione della complessità insita nei processi di stima del budget di C nel suolo, l’uso di tali modelli è stato a lungo al centro dell’indagine e dell’analisi scientifica e in alcuni casi sono stati prodotti anche risultati apprezzabili.

Uso del suolo e carbonio del suolo

Generalmente, i prati e le foreste hanno il più alto contenuto di C tra le diverse categorie di uso del territorio, mentre i suoli agricoli hanno visto ridurre a valori sempre minori la densità di C (Guo e Gifford, 2002; Lal, 2004).
La trasformazione d’uso del suolo può avere un impatto più o meno rilevante a seconda dell’area geografica. Nei paesi tropicali la principale preoccupazione per le perdite di C del suolo è la deforestazione, che secondo il Forest Resource Assessment della FAO, nel decennio 2000-2010 ha riguardato 13 milioni di ettari [link]. In molte aree dell’Europa, viceversa, si assiste da diversi decenni a un processo espansivo delle foreste, grazie alle attività di afforestazione e riforestazione. Attualmente gli ecosistemi vegetali europei agiscono come C sink, registrando un bilancio positivo tra emissioni e assorbimenti di gas-serra. In questo senso, il suolo gioca un ruolo meno significativo rispetto a quello della biomassa. In particolare, i suoli agricoli sono una fonte di gas-serra, compensato dal sink vigoroso delle foreste europee (Janssens et al., 2003).
Una generalizzazione sugli effetti dell’uso del suolo sugli stock di C del suolo è al momento abbastanza dubbia e controversa. Una serie numerosa di studi indica che, in generale, i suoli dei pascoli agiscano come C sink. Al contrario, i suoli delle colture agrarie si comportano il più delle volte come C source (bilancio netto negativo tra assorbimenti ed emissioni di gas-serra).
Massimizzare la produttività delle colture agrarie esistenti e adottare le più appropriate e convenienti pratiche agronomiche (riduzione delle lavorazioni al suolo, inerbimento, sovescio, eccetera) possono servire non solo ad attenuare le perdite di C del suolo, ma anche a farne aumentare il contenuto. Va segnalato, nondimeno, che esistono numerosi ostacoli, di natura tecnica ed economica, per lo sviluppo e la diffusione di tali pratiche (Smith, 2008).
I suoli europei, come tendenza generale, sono in fase di accumulo di C. Pur tuttavia, considerato l’elevato livello d’incertezza delle stime del C nelle aree agricole e pascolive, non esiste una chiara evidenza della capacità fissativa di C da parte dei suoli europei (Schils et al., 2008). Nell’immediato futuro, la tendenza dei suoli agricoli e pascolivi a essere sink o viceversa source di C dipenderà molto dal modo in cui saranno gestite le torbiere (Alm et al., 2007). Nell’EU-27 ne sono presenti al momento oltre 300.000 km2, localizzate prevalentemente nei paesi nordici (Norvegia, Finlandia, Svezia, Regno Unito, Irlanda, Polonia e Paesi baltici) . Approssimativamente, il 50% delle torbiere è stato drenato, per lasciare spazio a colture agricole (oltre 65.000 km2, pari al 20% del totale delle torbiere europee), o a piantagioni forestali (90.000 km2, 28%). Infine, l’estrazione della torba (prevalentemente per l’ottenimento di substrati per la coltivazione di piante in contenitore) ha riguardato 2.273 km2 (0,7%). La distruzione di un ettaro di torbiera causa emissioni di gas-serra per una quantità che varia da 20 a 40 t CO2.
L’importanza della variazione di C nel suolo in intervalli di tempi anche molto limitati è stata dimostrata per diverse regioni del Regno Unito da Bellamy et al. (2005). La consistenza di dati e informazioni è particolarmente alta per i suoli forestali, grazie ai numerosi e diversificati programmi d'inventario e monitoraggio che sono svolti sugli ecosistemi forestali, che in alcuni Paesi europei sono anche di lunga durata (De Vries et al., 2003). Al contrario, per le altre forme di uso del territorio le fonti di dati disponibili per il C nel suolo sono molto eterogenee.

Il potenziale di fissazione di carbonio nei suoli

Nonostante le molteplici possibilità finora individuate e proposte per gestire il C pool suolo in maniera da ridurne le (pur circoscritte) emissioni verso l’atmosfera o massimizzarne il C sink, occorre precisare che i suoli sono solo una parte della soluzione al problema dell’effetto serra e alle sfide poste dai cambiamenti climatici. Pur tuttavia, congiuntamente alle altre misure anti-CO2, le dinamiche del C nei suoli sono importanti.
In più, occorre sottolineare che l’ottimizzazione della gestione del territorio (e dei suoli) è qualcosa da implementare subito, con la tecnologia già disponibile, a costi bassi rispetto alle possibilità offerte da altri settori (energia, trasporti, eccetera). Pertanto, nelle strategie di contenimento dell’effetto serra e di contrasto ai cambiamenti climatici, i suoli offrono la prerogativa di «acquistare tempo» in attesa di altre soluzioni, come rilevato dal lavoro di Enkvist et al. (2007.
È altrettanto evidente che il riscaldamento globale avrà un impatto sul futuro del C stock del suolo e che questo si aggiungerà ad altri fattori d’impatto, segnatamente l’uso del suolo e la modalità di gestione. Ulteriori fattori da considerare sono la stessa stabilità degli ecosistemi, considerato che il disturbo agli ecosistemi porta normalmente a perdite di C, e all’erosione del suolo.
La Politica agricola comune (Pac) dell’Unione europea ha riconosciuto la dinamica del C nei suoli tra le principali questioni da affrontare. L’orientamento della Pac d’integrare la dimensione ambientale nei sistemi di gestione e di produzione di mercato e di sviluppo rurale e l’introduzione di un regime di sostegno agli agricoltori “condizionato” al rispetto di alcuni criteri di gestione obbligatori in materia di salvaguardia ambientale, rappresentano strumenti importanti per mantenere la sostanza organica nel terreno. La Direttiva quadro sul suolo della Commissione Europea dovrebbe servire a migliorare le dinamiche del C nei suoli e favorire le relative politiche di conservazione.
Diversamente, l’attivazione di politiche che incentivano la conversione di aree naturali (quali pascoli) in colture agrarie e, a livello secondario, la realizzazione di piantagioni forestali per la produzione di bio-energia, può presumibilmente portare a una riduzione complessiva del contenuto di C nei suoli d’Europa (Schils et al., 2008).

Riferimenti Bibliografici

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