Finestra sul WTO n. 16

Finestra sul WTO n. 16
a Confederazione Svizzera, Ufficio Federale dell’Agricoltura (UFAG)

*Quanto scritto è esclusivamente di responsabilità dell’autrice e non riflette in alcun modo la posizione dell’UFAG

Aspettando la settima riunione ministeriale “regolare” del Wto (che avrà luogo a Ginevra dal 30 novembre al 2 dicembre, presieduta da Andrés Velasco, attuale ministro del commercio del Cile; [link] [link]), del Doha Round si è discusso già durante il meeting del G-20 di Pittsburgh, che, dal 24 al 25 settembre, ha visto riuniti i capi di stato e di governo dei principali paesi industrializzati ed emergenti (1).
A Pittsburgh è stata ribadita la volontà di concludere i negoziati del Doha Round entro il prossimo anno, basandosi sul progresso ottenuto fino ad ora, e dunque sull’attuale bozza delle modalities. I ministri dei paesi membri del G-20 dovrebbero nuovamente incontrarsi all’inizio del 2010 proprio per valutare i nuovi sviluppi delle trattative [link]. Si tratta di un compromesso tra la posizione di quanti, come Australia, Brasile ed Unione Europea, avrebbero preferito concludere le modalities proprio all’inizio del 2010, per poi avere a disposizione tutto il resto dell’anno per l’elaborazione delle schedules, e degli Stati Uniti, pronti invece a riaprire il testo dell’attuale bozza delle modalities, e contrari a fissare esplicitamente una scadenza così a breve termine per il loro completamento. Il prossimo incontro del G-20 è previsto per giugno 2010, e si terrà in Canada.
Negli ultimi due mesi, le trattative in ambito Wto sono proseguite in un certo senso su due binari: quello dei negoziati a Ginevra, e quello dei numerosi incontri bilaterali che hanno avuto luogo nelle ultime settimane, come ad esempio quelli richiesti dagli Stati Uniti con India e Brasile, e le consultazioni dell’UE con il gruppo del G-14 (2). A tal proposito, non sono mancate le proteste degli altri paesi membri per la mancanza di trasparenza di questi incontri non a carattere multilaterale.
Tra i nuovi elementi emersi nei negoziati, Giappone, Canada, Norvegia, Unione Europea e Stati Uniti (questi ultimi veramente a sorpresa) hanno chiesto più flessibilità per quanto riguarda numero e trattamento dei prodotti sensibili.
Nel frattempo, sono proseguiti anche i lavori propriamente “tecnici” di preparazione dei templates per le schedules, ovvero del formato con cui verranno notificati gli impegni dei singoli paesi.
Ufficialmente, il Doha Round non è presente nell’agenda della riunione ministeriale di fine novembre, che invece si concentrerà sul lavoro “regolare” del Wto. Tuttavia, è ovvio pensare che la presenza dei ministri del commercio a Ginevra sarà un’occasione molto importante per discutere dello stato attuale delle trattative. In tal senso, un incontro del gruppo dei paesi in via di sviluppo del G-20, coordinato dal Brasile, è già previsto per il 28 e 29 novembre; inoltre, il 30 novembre dovrebbe aver luogo un incontro del G-110, l’ampia coalizione di paesi in via di sviluppo e paesi meno avanzati.
Per quanto riguarda la ministeriale di novembre, particolarmente interessante è stata la proposta Strengthening the WTO [pdf], sostenuta, tra gli altri, da Unione Europea, Stati Uniti, Brasile ed India, che propone l’inclusione nel testo definitivo della ministeriale dell’impegno del Consiglio Generale per un processo di revisione e miglioramento del funzionamento del Wto.
Secondo alcuni commentatori, si tratta di un segno positivo di “maturità” dell’organizzazione, che va al di là dei negoziati di Doha [link].
Pascal Lamy, in occasione del consiglio generale del Wto tenutosi ad ottobre, ha utilizzato un tono molto serio per ribadire la necessità di accelerare il ritmo delle trattative se veramente c’è l’intenzione di arrivare ad un accordo entro il 2010 [link].
Per di più, c’è già chi pensa al dopo-Doha. Robert Zoellick, attuale presidente della Banca Mondiale, ha in un recente intervento ribadito come sia necessario chiudere al più presto il Doha Round, che si basa su un’agenda stabilita dieci anni fa, per poi essere pronti a ripartire per evitare che il Wto resti indietro rispetto alle questioni più attuali dell’economia mondiale: la necessità di regole condivise per contrastare le misure di protezionismo finanziario, la riduzione delle barriere nel commercio Sud - Sud, la necessità di garantire che i paesi più poveri possano realmente godere dei benefici offerti dalla liberalizzazione commerciale [link].

Note

(1) Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cina, France, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Russia, Arabia Saudita, Sud Africa, Sud Corea, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti, più Unione Europea.

(2) Australia, Brasile, Canada, Cina, Egitto, India, Indonesia, Giappone, Malesia, Messico, Nuova Zelanda, Sud Africa, Stati Uniti

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Settore del cotone: disputa USA- Brasile, Doha Round

Il Panel del Wto, lo scorso 31 Agosto, ha infine autorizzato l’implementazione di misure ritorsive da parte del Brasile, come ultimo passo della disputa sui pagamenti statunitensi nel settore del cotone (WTO, [link]).
Il settore del cotone è stato anche oggetto di un incontro tra David Walker, l’ambasciatore neozelandese che presiede il gruppo negoziale per l’agricoltura, Stati Uniti, Unione Europea, Brasile, ed il cosiddetto gruppo dei quattro paesi africani dei “cotton four” (Benin, Burkina Faso, Ciad, Mali). Gli Stati Uniti si sono dichiarati pronti ad indicare l’ammontare delle riduzioni dei sussidi al settore del cotone solo quando saranno meglio definite le caratteristiche complessive dell’accordo di Doha. Ciò ha chiaramente scatenato le preoccupazioni dei quattro paesi africani, per i quali la soluzione della questione del cotone resta chiaramente prioritaria. Si ricorderà che la dichiarazione finale della Conferenza Ministeriale di Hong Kong prevede che la liberalizzazione delle politiche di sostegno in essere nei paesi sviluppati nel settore del cotone debba avvenire in modo più deciso e più rapido rispetto alle altre commodities agricole (Finestra sul WTO maggio 2006).

Giunge a scadenza il “Protocollo zucchero” tra UE e Paesi ACP

Il cosiddetto “Protocollo zucchero”, che, nell’ambito dell’accordo di Lomé, ha consentito dal 1975 l’esportazione di zucchero sul territorio comunitario a condizioni preferenziali a 20 Paesi di Africa, Caraibi e Pacifico (ACP), è scaduto il 30 settembre 2009. Il Protocollo zucchero è oggi sostituito dalla combinazione dell’iniziativa Everything but Arms (EBA), con la quale l’UE importa senza alcuna restrizione tutte le merci, tranne le armi, provenienti dai Paesi Meno Avanzati (PMA), e dagli Economic Partnership Agreements, gli accordi di partenariato economico che sostituiranno la convenzione di Lomé (Finestra sul WTO giugno 2009). L’ingresso nell’UE dello zucchero proveniente dai paesi ACP è da oggi in poi completamente libero, anche se l’UE mantiene un volume di salvaguardia per l’importazione di zucchero proveniente dai paesi ACP non PMA. La clausola di salvaguardia per lo zucchero sarà completamente rimossa a partire da ottobre 2015.
Per saperne di più: Commissione europea [link]

Nuova disputa USA – UE sulla carne avicola

Dopo il fallimento di consultazioni al Wto, gli Stati Uniti hanno annunciato di voler chiedere la costituzione di un panel per la soluzione delle dispute riguardo le restrizioni imposte dall’UE all’importazione di carne avicola. Si tratta di un bando all’importazione ed alla commercializzazione di carne trattata con i cosiddetti Pathogen Reduction Threatments (PTRs), cioè trattamenti per ridurre la presenza di patogeni nella carne. Il bando è in atto già dal 1997, e copre praticamente la totalità delle esportazioni degli USA. Secondo gli Stati Uniti non c’è evidenza scientifica sul fatto che l’uso dei PTRs ponga rischi per i consumatori. Da parte sua, l’UE afferma di non discriminare le importazioni statunitensi, in quanto il divieto all’attuazione di determinate pratiche rientra nel quadro dell’ampia legislazione avente come obiettivo la difesa della sanità dei prodotti alimentari.
Per saperne di più: ICTSD, [link]

Nuovo accordo di libero commercio tra UE e Corea

Dopo quasi due anni e mezzo di negoziati bilaterali, Katherine Ashton, Commissario dell’UE al Commercio Estero, e il Ministro del Commercio Jong-Hoon, hanno firmato un accordo di libero commercio che rimuove virtualmente tutte le barriere tariffarie esistenti. Si tratta del più grande accordo commerciale mai siglato dall’UE, e del primo ad essere concluso nell’ambito della “Global Europe Strategy”, lanciata nel 2006.
Per quanto riguarda il settore agricolo, le esportazioni europee avranno accesso libero ai circa 50 milioni di consumatori del mercato coreano; di particolare interesse è la liberalizzazione completa, da realizzarsi in cinque anni, delle esportazioni di carne suina, mentre sono state stabilite quote preferenziali a tariffa ridotta per una serie di prodotti lattiero caseari e cereali. La commissaria europea ha sottolineato come l’accordo offrirà anche un elevato livello di protezione per alcune importanti indicazioni geografiche dell’UE.
La Commissione europea presenterà il testo dell’accordo ai paesi membri all’inizio del 2010; in seguito all’approvazione da parte della presidenza europea e del parlamento, l’accordo potrebbe entrare in vigore già il prossimo anno.
Gli Stati Uniti hanno siglato un accordo analogo con il paese asiatico nell’aprile del 2007; questo accordo, però, soprattutto a causa delle opposizioni dei settori dell’industria della carne bovina e dell’industria automobilistica, manca ancora dell’approvazione del Congresso.
Per saperne di più: Commissione europea, [link]

Disputa UE – Canada sull’importazione della carne di foca

Il Canada ha formalmente richiesto le consultazioni con l’UE sul controverso bando all’importazione della carne di foca, appena approvato. Già nella scorsa primavera, il Parlamento europeo si era infatti espresso a favore del bando, motivando la sua decisione con il fatto che i metodi di caccia alla foca sono “inumani”. Se le consultazioni bilaterali non giungeranno ad una soluzione entro 60 giorni, il Canada avrà il diritto di richiedere al WTO di pronunciarsi in materia. Contro la decisione Europea, il Canada ribatte che la caccia alla foca è un’operazione legittima, che la decisone dell’UE non è basata sull’evidenza scientifica, e che continuerà a difendere i propri pescatori. Il Canada è il maggior produttore al mondo di prodotti derivati dalla foche, un terzo dei quali è diretto in Europa.
Per saperne di più:  ICTSD, [link]; Commissione europea, [link]
 

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