L’uso del Business plan nelle procedure di finanziamento del PSR 2007 – 2013 della Regione Lazio

L’uso del Business plan nelle procedure di finanziamento del PSR 2007 – 2013 della Regione Lazio
a Università della Tuscia
b Università della Tuscia, Dipartimento di Economia Agroforestale e dell'Ambiente Rurale

Introduzione

Le linee guida dell’UE sul sostegno allo sviluppo rurale (programmazione 2007 – 2013) indicano che gli aiuti delle misure di accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali e ammodernamento delle aziende agricole (1), vanno concessi solo agli investimenti che migliorano il rendimento globale dell’impresa [articoli 26 e 28 del Reg. (CE) 1698/2005]. In conseguenza di ciò, le Regioni italiane, nel definire i criteri di selezione delle aziende nell’accesso a questi aiuti del Piano di sviluppo rurale (Psr) hanno scelto di valutare gli investimenti con lo strumento del business plan (Bp). In particolare, nel Psr della Regione Lazio il Bp va presentato per accedere alle misure di ammodernamento delle aziende agricole, di insediamento dei giovani agricoltori, di accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali e di diversificazione verso attività non agricole [Bando pubblico Regione Lazio, Assessorato agricoltura, Programma attuativo Reg. (CE) N. 1698/05 misura 121, 112, 123 e 311].
L’impiego di questo strumento per selezionare i progetti d’investimento, è servito a rispondere anche alle esigenze poste dal sistema bancario in applicazione dell’Accordo di Basilea II. Quest’accordo ha la funzione di sviluppare un sistema di rapporti trasparenti tra gli Istituti di credito e, a tal proposito, mira a costruire un quadro di conoscenza sul grado di rischio degli affidamenti di credito concessi dalle banche ai loro clienti. La sua applicazione richiede quindi che gli Istituti bancari classifichino i loro clienti in base al grado di affidabilità rispetto alla possibilità di restituire il debito contratto (rating). A tale scopo le banche devono adottare un preciso quadro di indici che valutano in maniera quantitativa e qualitativa le condizioni di bilancio delle imprese e il modo in cui vi si innestano gli investimenti che si chiede di finanziare (Chiodo, 2007).
Applicare il Bp ha comportato cambiamenti di un certo rilievo rispetto alle procedure seguite nello scorso periodo di programmazione della spesa per il Psr. Sono nati vari problemi di applicazione di questo strumento alla realtà regionale agricola del Lazio. In particolare, da una parte ci si può chiedere se le procedure di concessione degli aiuti basate sul Bp, non finiscano per escludere alcune tipologie d’impresa che invece sarebbe opportuno raggiungere con le misure del Psr. Dall’altra ci si può chiedere se, a causa della portata dell’innovazione introdotta, non sia insufficiente attivare questo strumento senza accompagnarlo con un’opera mirata di assistenza ai suoi utilizzatori.

Il business plan nella concessione dei finanziamenti per il Psr 2007-2013

Il Bp è un documento di pianificazione che presenta un’idea imprenditoriale da attuare e fornisce gli elementi per valutarne la fattibilità (Gorgitano e Torquati, 2003). Grazie agli elementi che lo compongono il Bp è molto utile per analizzare e controllare la gestione d’impresa. Infatti, esso consente di valutare nel tempo l’impatto degli investimenti compiuti o che s’intende compiere, sul complesso delle attività svolte dall’impresa. In tal modo il Bp è utile ai soggetti, pubblici e privati, che erogano finanziamenti di tipo ordinario e agevolato e che devono quindi valutare se il credito richiesto da un’impresa concorrerà realmente a produrre la ricchezza necessaria a estinguere il debito.
L’obbligo di presentare un Bp a chi richiede gli aiuti pubblici del Psr ha due motivazioni. Una dipende dalle indicazioni contenute nelle linee guida dell’UE per la nuova programmazione dello sviluppo rurale [artt. 26 e 28 del Reg. (CE) 1698/2005], che chiedono agli organismi regionali di verificare che gli investimenti realizzati con i contributi pubblici migliorino effettivamente il rendimento globale delle attività svolte dalle imprese. L’altra motivazione è dovuta alla relazione che si determina tra l’erogazione dei contributi pubblici e il rapporto delle imprese con il sistema bancario. Infatti, gli aiuti del Psr cofinanziano i progetti presentati dalle imprese sotto forma di un contributo in conto capitale. Per il resto del finanziamento, le imprese possono coprire gli oneri dell’investimento ricorrendo alle proprie dotazioni finanziarie o rivolgendosi a una banca. Il coinvolgimento degli istituti di credito collega l’erogazione dei fondi Psr ai principi dell’Accordo di Basilea II che, appunto, le banche devono rispettare. Quest’accordo è stato accolto nell’ordinamento giuridico italiano nel dicembre 2006 (2), e obbliga le banche a comunicare il grado di rischiosità associato ai vari rapporti di credito che hanno assunto e ad accantonare quote di capitale proporzionali a quel livello. L’obiettivo è di creare una condizione di trasparenza sullo stato in cui operano i vari istituti di credito, per agevolare lo sviluppo del mercato dei capitali. Ciò richiede che le banche classifichino i propri clienti in base al grado di rischiosità che presentano i progetti d’investimento finanziati. La classificazione (rating) è fatta tramite indicatori che non si limitano a definire le condizioni dello specifico investimento ma che riguardano lo stato del bilancio delle imprese e valutano la condizione più generale in cui queste operano. In particolare, il livello del rating dovrebbe riflettere il grado di probabilità che l’impresa riesca a estinguere il debito contratto, date le sue condizioni più generali e le caratteristiche economiche e finanziarie dei progetti presentati. Naturalmente, una banca può finanziare progetti che comportano rischi elevati per la natura dell’investimento o per le condizioni economiche e finanziarie in cui opera chi li propone. In quel caso deve però impegnarsi ad accantonare cifre di capitale più elevate, che per l’Istituto si traduce in maggiori costi. Questi indicatori e la procedura di valutazione che li impiega per ottenere il rating, sono riconosciuti dall’insieme degli istituti bancari. In tal modo si crea una condizione di trasparenza che permette a chi opera nel sistema creditizio di valutare il grado di rischiosità cui è esposta ogni banca, a causa dei rapporti di credito che ha intrapreso.
Il sistema bancario, attraverso l’Associazione bancaria italiana (Abi), ha chiesto alle Regioni italiane di assecondare questo processo quando il concedere i contributi del Psr comporta che le imprese beneficiarie attivino rapporti con gli istituti di credito. In altre parole, anche le imprese agricole che vogliono beneficiare di quei contributi devono produrre dei rapporti che permettano di valutare le loro condizioni di redditività, assetto patrimoniale e solvibilità, oltre che i risultati che dovrebbero scaturire dagli investimenti previsti.

Il business plan della Regione Lazio

La Regione Lazio con il sostegno del Dipartimento di economia agroforestale e dell’ambiente rurale (Dear) dell’Università degli Studi della Tuscia, ha realizzato un programma informatico che permette di calcolare i principali indici di analisi economica, patrimoniale e finanziaria di un Bp. Il programma è destinato alle imprese che richiedono i finanziamenti previsti da varie misure del Psr e consente di compilare un elaborato che simula la ricostruzione del loro bilancio economico. Il programma si basa sulle metodologie di stesura del bilancio economico riclassificato che come ben noto è composto dal conto economico e dalla situazione patrimoniale (3). Il bilancio si definisce riclassificato perché, rispetto al bilancio civilistico, organizza diversamente alcune voci del conto economico e dello stato patrimoniale, consentendo di elaborare gli stessi indici utilizzati per esaminare la situazione economica delle imprese che operano negli altri settori.
Nel definire i sistemi di questo programma si è tentato di considerare alcuni problemi associati all’applicazione di un bilancio economico riclassificato all’agricoltura italiana. In primo luogo, si sono cercate delle soluzioni per tener conto che, come accade nel resto del nostro Paese, gran parte delle imprese agricole del Lazio non elabora bilanci economici delle sue attività e, spesso, non ha proprie adeguate registrazioni contabili. Così, si è deciso di ricostruire il bilancio evitando di richiedere una registrazione di dettaglio delle voci di spesa e d’introito realizzate nell’anno, ma organizzando una raccolta sintetica di queste, riferita alle colture e agli allevamenti e alle attività extra-caratteristiche. Si è compiuta questa semplificazione anche cercando di agevolare il lavoro dei professionisti e dei tecnici che operano nell’assistenza agricola e di renderlo sostenibile per le unità agricole più piccole. Un processo d’interazione tra gli uffici regionali, le organizzazioni degli agricoltori e dei tecnici e i ricercatori del Dear, ha permesso di verificare e di correggere vari punti del programma, anche se purtroppo spesso solo in maniera parziale. Nel formulare il programma si è anche tentato di non trascurare il fatto che gran parte dei tecnici che operano in agricoltura non ha potuto maturare una grande dimestichezza con i principi che guidano la compilazione del bilancio riclassificato. La formazione economica di molti di essi si basa, infatti, sulla conoscenza dei metodi tradizionali di redazione del bilancio dell’azienda agraria. Purtroppo non è stato possibile surrogare la funzione che avrebbe svolto un corso di formazione o almeno un manuale dettagliato, che non si è potuto produrre per la scarsità di tempo e di risorse economiche a disposizione. Questo rimane ancora un intervento cardine per rendere efficace la strategia di scelta delle imprese e, quindi, di orientamento dell’intervento, che la Regione Lazio sta seguendo.
Nonostante gli sforzi compiuti, molti problemi dovuti all’applicazione di quest’approccio sono stati risolti solo parzialmente. Infatti, il nuovo sistema comporta varie difficoltà che non erano presenti nella metodologia di redazione del piano aziendale con cui si valutavano i progetti delle imprese nel precedente Psr. Queste difficoltà riguardano in primo luogo il reperimento di varie informazioni essenziali alla redazione del bilancio. Più specificamente, i limiti delle registrazioni contabili, spesso comportano problemi di determinazione delle situazioni patrimoniali: in particolare, è difficile definire il valore di molti capitali investiti, soprattutto degli elementi di tipo finanziario e delle liquidità. Ciò perché, data la loro natura giuridica e fiscale, le imprese familiari agricole non hanno motivo di scindere la gestione finanziaria dei consumi familiari da quella delle attività produttive. Così elementi dell’assetto patrimoniale delle imprese come la liquidità dedicata esclusivamente alle loro attività, sono spesso difficilmente determinabili (4). In passato questo problema non si poneva perché questi elementi erano trascurati: infatti, il vecchio piano aziendale ricostruiva solo il reddito prodotto e si basava sui principi classici definiti dall’economia agraria per la stesura del bilancio aziendale. Il tentativo di far emergere anche il rendimento dei capitali investiti, ossia il rapporto tra i redditi generati nell’esercizio amministrativo e i capitali investiti nelle attività produttive, ha fatto emergere questi problemi di valutazione.

I risultati ottenuti dal primo stop and go

Nel Novembre del 2008 la Regione Lazio ha chiuso i termini di presentazione dei Bp richiesti per le domande di aiuto delle misure 112, 121, 123 e 311 nella prima tornata di richieste (stop and go) (5). Il numero di Bp pervenuti alla Direzione generale dell’Assessorato all’agricoltura della Regione Lazio in questa prima fase corrisponde a circa un migliaio. Di questi, però, solo 759 elaborati sono stati considerati idonei alla loro valutazione per completezza e correttezza di stesura.
La natura informatica del programma regionale Bp, ha permesso di svolgere una prima analisi di questi elaborati, che ha evidenziato le caratteristiche delle imprese che hanno presentato domanda in questa prima fase di presentazione. La dimensione media aziendale delle imprese di questo gruppo è più alta della media regionale, anche se mantiene una forte caratterizzazione familiare, come emerge analizzando l’origine del lavoro impiegato, in cui è evidente il contributo dell’imprenditore e dei suoi parenti. L’analisi dei Bp ha anche prodotto un quadro sulle liquidità, sulla condizione debitoria e su altri aspetti finanziari e patrimoniali, che non era possibile avere esaminando gli schemi del bilancio aziendale delle precedenti programmazioni. In particolare, l’analisi ha messo in luce che, in media, queste imprese hanno solide condizioni e di assetto patrimoniale e finanziario e buoni livelli di reddito e di redditività. In particolare, l’elevata solidità patrimoniale e la situazione debitoria relativamente contenuta, implicano che gran parte delle imprese che hanno partecipato a questa prima fase di presentazione delle domande Psr, mostra un alto livello di affidabilità quando sono valutate con sistemi conformi alle indicazioni di Basilea II. In altre parole queste imprese, dichiarano di aver investito cospicui capitali propri nelle loro attività (per valori che vanno ben oltre i limiti di eccellenti livelli di capitalizzazione) e di avere notevoli disponibilità di liquidità immediate. Questi elementi dovrebbero consentire loro di affrontare con tutta tranquillità gli oneri associati agli investimenti previsti.
Dall’analisi degli indici di bilancio, è stata analizzata l’affidabilità di quelle imprese simulando la valutazione di un’istituzione bancaria che volesse adottare criteri di giudizio conformi alle indicazioni dell’accordo di Basilea II. Da questa simulazione è emerso che la maggior parte delle imprese che hanno presentato il Bp nel primo stop and go, ricadono nella fascia a rischio più basso sia nella fase antecedente che in quella successiva alla realizzazione dell’investimento. Questa condizione dovrebbe consentire loro di non avere problemi nell’istruttoria di fido. È interessante notare che la rilevanza degli aspetti finanziari su quelli economici e patrimoniali, nei criteri di Basilea II, comporta qualche risultato che potrebbe apparire anche sorprendente. Accade, infatti, che alcune imprese ricadano nella fascia a rischio più basso nonostante una redditività negativa dei capitali e in alcuni casi, addirittura, l’incapacità di compensare a pieno il lavoro familiare impiegato. Questo risultato si deve alla situazione finanziaria e, in particolare, dipende dalla disponibilità di capitali circolanti che è notevolmente superiore all’insieme dei pagamenti dovuti nell’anno per debiti a breve e scadenze di rate a medio lungo periodo. Dai dati ottenuti si osserva un’evidente tendenza all’indebitamento di queste imprese che, ovviamente, ricorrono a fonti di terzi per realizzare i propri investimenti.

Conclusioni

Un primo elemento che emerge da questo quadro è che i risultati avuti indicano che le imprese che hanno presentato domanda nel primo stop and go, sono probabilmente tra le più competitive e quelle con l’assetto patrimoniale e finanziario migliore del territorio regionale. Emerge inoltre che un certo numero di queste imprese potrebbe anche non avere grandi difficoltà a realizzare gli investimenti senza aiuti pubblici, vista le disponibilità finanziarie denunciate. Tutto ciò suggerisce che l’inserimento del Bp nelle procedure di valutazione potrebbe aver indotto una sorta di autoselezione tra gli agricoltori e i loro consulenti, spingendo solo le imprese nelle migliori condizioni economiche, patrimoniali e finanziarie a investire nella procedura di richiesta dei contributi, che è certamente più articolata e complessa delle scorse fasi d’intervento. Il dibattito che si è aperto tra amministratori regionali, professionisti e associazioni degli agricoltori è andato, infatti, proprio in questo senso, indicando che le domande di finanziamento del Psr sarebbero state valutate sulla capacità di migliorare la redditività e di garantire un’alta affidabilità finanziaria ai creditori. Tutto ciò suggerisce che gli amministratori regionali devono valutare se la procedura così impostata non stia favorendo l’esclusione di alcune tipologie d’impresa agricola che invece si vorrebbe raggiungere.
Una seconda riflessione suggerita da questi risultati è che molte delle imprese che hanno presentato la richiesta nel primo stop and go sono in un’eccellente situazione finanziaria. Infatti, molte di queste imprese, pur ricorrendo al prestito bancario, presentano una condizione debitoria contenuta poiché mostrano un rapporto molto basso tra capitali di terzi e capitali propri ed un rapporto invece molto alto tra liquidità immediate e entità dei debiti contratti. Questa situazione dipende anche dal fatto che le imprese che hanno presentato domanda di finanziamento, sono in prevalenza a conduzione familiare, che quando valutano la liquidità disponibile non riescono a scindere dal novero le risorse finanziarie necessarie alle esigenze di consumo della famiglia. Questo, da una parte, riflette la realtà effettiva delle conduzioni agricole per quanto riguarda gli aspetti finanziari di quelle gestioni. Dall’altra, significa, però, che la liquidità effettiva, quella su cui queste imprese possono contare per le loro attività produttive, è probabilmente più bassa di quella indicata nel Bp, perché quest’ultima deve soddisfare anche le esigenze della famiglia. In definitiva, resta ancora irrisolto l’enorme problema di specificare per le imprese agricole familiari criteri di valutazione che, senza trascurarne le peculiarità, ne analizzino in maniera appropriata le condizioni produttive e i progetti come accade per qualsiasi altra forma d’impresa. Un ultimo elemento di riflessione è che col modello informatico usato per il Bp, la Regione Lazio ha iniziato a fornire alle imprese uno strumento che potrà aiutarle a valutare i risultati economici delle loro attività, anche dove non vi sono adeguate registrazioni contabili. Tuttavia, perché questo avvenga in maniera appropriata, è necessario migliorare e semplificare ulteriormente lo strumento, producendo un appropriato manuale di utilizzazione e, soprattutto, accompagnandolo con un’opera di assistenza ai suoi utilizzatori.

Note

(1) Questa misura si associa al contemporaneo finanziamento degli investimenti per l’ammodernamento delle aziende agricole.
(2) In Europa è stato recepito con le direttive comunitarie 2006/48/CE e 2006/49/CE a loro volta recepite nell'ordinamento italiano dal DL 267 del 27 dicembre 2006.
(3) Il conto economico confronta i costi e i ricavi realizzati nell’insieme delle attività d’impresa e permette di stabilirne il reddito prodotto nel corso di un esercizio amministrativo. Lo stato patrimoniale elenca le attività e le passività e permette di determinare il reddito netto o utile d’esercizio, come differenza tra i valori del capitale di proprietà dell’impresa all’inizio e alla fine dell’esercizio amministrativo (Torquati B., 2003; Bruni F., Franco S., 2003).
(4) Naturalmente gli ispettori regionali hanno la possibilità di verificare la veridicità della dichiarazione sulla liquidità esaminando l’estratto conto dell’imprenditore alla data del primo gennaio, ossia riferito alla situazione iniziale dello stato patrimoniale nell’esercizio dell’anno senza investimento. Tutto ciò non garantisce però che quella liquidità sia di esclusiva pertinenza delle attività d’impresa. Purtroppo al momento le procedure di attuazione del Psr regionale non sono ancora giunte alla verifica della veridicità delle informazioni raccolte in questo primo “stop and go”.
(5) La misura 112 dell’asse I riguarda l’insediamento giovani agricoltori, la misura 121 riguarda l’ammodernamento delle aziende agricole, la misura 123 riguarda l’accrescimento del valore aggiunto dei prodotti agricoli e forestali e la misura 311 dell’asse III riguarda la diversificazione verso attività non agricole.

Riferimenti bibliografici

  • Bruni F, Franco S. (2003), Appunti di economia dell’azienda agraria, FrancoAngeli, Milano.
  • Chiodo E. (2007), “Progettare e gestire il cambiamento. Il business plan in agricoltura tra obbligo e opportunità”, Agriregioneuropa, Anno 3, Numero 8. Gorgitano M. T., B. Torquati, (2003), Il business plan, in Torquati B., Economia e gestione dell’impresa agraria, Edagricole, Bologna, 2003. Regolamento. (CE) 1698/2005, articoli 26 e 28.
  • Torquati B., 2003, Economia e gestione dell’impresa agraria, Edagricole, Bologna
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