Cosa succede nelle aziende agricole dopo il disaccoppiamento?

Cosa succede nelle aziende agricole dopo il disaccoppiamento?
a Università di Perugia, Dipartimento di Scienze Economiche-Estimative e degli Alimenti
b Centro per lo Sviluppo Agricolo e Rurale (CeSAR)

La riforma Fischler della PAC, dopo aver alimentato tre anni di dibattiti e innumerevoli confronti sui testi normativi, è entrata nelle aziende agricole e già si evidenziano chiaramente gli effetti.
Molti analisti avevano già predetto l'impatto del disaccoppiamento ed oggi si cominciano a raccogliere i primi dati effettivi. L'Unione Seminativi ed Ismea hanno recentemente diffuso un'indagine conoscitiva sull'andamento delle semine cereali autunno-vernini (frumento duro, tenero e orzo); da questa indagine emerge che la superficie coltivata a frumento duro in Italia si dovrebbe attestare a 1.276.000 ettari con una riduzione del 28% rispetto alla campagna precedente, mentre sono stati rilevati incrementi dell'8% per il frumento tenero e del 10% per l'orzo. La variazione non è trascurabile se si pensa che, nel caso del grano duro, si tratta di una riduzione di 500.000 ettari in una sola campagna. Nei prossimi mesi si avranno i dati relativi alle colture primaverili-estive, ma l'orientamento è già bene evidente: forti riduzioni nelle colture che erano più premiate dalla vecchia PAC (grano duro e mais) a favore delle colture che non usufruivano di pagamenti diretti o ne usufruivano in modo limitato (foraggere, barbabietola, proteiche, grano tenero, orzo, maggese).

Disaccoppiamento e condizionalità influenzano le scelte aziendali

Gli elementi della riforma, che influenzeranno maggiormente le scelte delle imprese agricole, sono due: il disaccoppiamento e la condizionalità.
Il disaccoppiamento slega totalmente l'aiuto dalla produzione e conferisce all'imprenditore una maggiore libertà di azione: l'agricoltore è libero di compiere le scelte produttive più opportune per la competitività aziendale, evitando che l'ordinamento colturale sia condizionato dalle produzioni con il premio più alto.
La condizionalità è un vincolo che obbliga l'agricoltore al rispetto di una serie di requisiti ambientali che condizionano, totalmente o parzialmente, l'ottenimento degli aiuti.

Le future scelte produttive

Dopo la riforma della PAC, gli agricoltori sono stati posti di fronte alla necessità di definire l'ordinamento produttivo più adeguato al nuovo scenario. Se prima della riforma la scelta era fortemente influenzata dai pagamenti diretti (particolarmente importanti per alcune colture, in particolare grano duro, mais e girasole), nella nuova situazione non esistono soluzioni uniche ed ideali, ma la scelta sarà diversificata in funzione dei diversi territori e della struttura aziendale.
Il disaccopiamento ha modificato i rapporti di redditività tra le varie attività produttive interne all'azienda; dal punto di vista dell'economia aziendale, la riforma ha comportato la trasformazione del sostegno da un ricavo variabile (associato ad ogni singola attività produttiva) ad un ricavo fisso dell'azienda e, come tutti i fattori fissi, non condizionano le scelte nel breve periodo.
A questo punto, venuta meno l'azione di indirizzo della politica comunitaria, per l'imprenditore divengono fondamentali tre fattori:

  • l'andamento del mercato;
  • la vocazionalità territoriale;
  • l'efficienza tecnica ed economica.

L'orientamento al mercato

I prezzi di mercato divengono decisivi nella determinazione delle scelte, non che non lo siano stati anche prima, ma con il disaccoppiamento divengono gli unici elementi che contribuiscono alla formazione dei ricavi.
La conoscenza dei mercati e la previsione dei prezzi diverrà quindi un elemento fondamentale per l'agricoltore. La dinamicità dei prezzi, anche per effetto della liberalizzazione dei mercati, rende difficile ogni previsione; per questo l'agricoltore sarà incentivato a rafforzare l'integrazione orizzontale (cooperazione), l'integrazione verticale di filiera (contratti di coltivazione con l'industria di trasformazione) e la corrispondenza della qualità del prodotto alle richieste dell'utilizzatore (consumatore o industria).

Scelte secondo le vocazioni territoriali

Dopo la riforma della PAC, l'agricoltore tornerà a prestare maggiore attenzione alla vocazionalità territoriale, vale a dire alle condizioni climatiche, pedologiche, la presenza/assenza dell'irrigazione, elementi che nel complesso contribuiscono alla maggiore o minore produttività delle colture ed all'efficienza dei processi agricoli aziendali. Gli aiuti accoppiati avevano costretto gli agricoltori ad optare per le colture maggiormente premiate dalla PAC anche in situazioni territoriali non idonee; basti pensare al grano duro e al mais coltivato negli ultimi anni nelle terre marginali del Centro-Sud con frequenti monosuccessioni.
Dopo il disaccoppiamento, in queste zone si abbandoneranno le colture speculative e si ritornerà a scegliere le colture che meglio si adattano ai climi e ai terreni. I primi dati sulle semine autunno-vernine confermano che gli agricoltori hanno già intrapreso questo orientamento.

L'efficienza tecnico-economica

Dopo il disaccoppiamento assume maggiore importanza l'efficienza tecnica (pratiche colturali, uso dei mezzi di produzione, massimizzazione delle rese, ecc.) e l'efficienza economica (riduzione dei costi). Molti operatori agricoli sostengono che il disaccoppiamento porterà ad una riduzione delle rese e alla disattivazione della produzione. A mio avviso questa opinione è generalmente errata: alcune aziende potrebbero essere disattivate in zone molto marginali, dove fino ad oggi si praticavano colture speculative, ma in generale la riforma della PAC induce ad una maggiore attenzione alla produttività ovvero all'ottenimento di alte rese, compatibilmente con i costi. Infatti con il disaccoppiamento, i ricavi di mercato saranno l'unica voce attiva del bilancio colturale; quindi per l'agricoltore diviene un imperativo il miglioramento della tecnica colturale per raggiungere rese migliori.
E' vero che tra le alternative produttive, ammesse dalla nuova PAC, vi è anche la “non coltivazione” ovvero il semplice mantenimento della terra in buone condizioni agronomiche ed ambientali (art. 2a, Reg. Ce 1782/2003), nel rispetto dei vincoli della condizionalità. Questa scelta di questa va valutata al pari delle altre opportunità produttive, ma i conti economici dimostrano che la coltivazione è generalmente più conveniente della “non coltivazione”.

L'unica ricetta: il conto economico

Quali scelte produttive? Non esistono ricette; le soluzioni possono essere profondamente diverse a seconda dei territori, della struttura aziendale e dell'andamento di mercato.
L'unica ricetta è un'attenta valutazione economica, che parta dall'analisi dei prezzi dei prodotti agricoli, all'individuazione della coltura che più si adatta alle condizioni pedo-climatiche del territorio, puntando all'ottimizzazione dell'efficienza tecnico-economica delle risorse e delle strutture aziendali, ed in funzione della possibilità di poter valorizzare il prodotto.

Scelte di breve e di lungo periodo

La definizione dell'ordinamento produttivo rappresenta nel breve periodo il problema che attanaglia maggiormente gli agricoltori: fare mais o frumento duro? Coltivare girasole o erba medica? Continuare a coltivare o lasciare il terreno incolto ma nelle buone condizioni, agronomiche ed ambientali? Continuare l'attività zootecnica o cessarla?
Queste sono oggi le scelte più urgenti per l'imprenditore, ma sono scelte di breve periodo e forse non sono quelle più importanti da prendere.
Molto spesso si parte dall'assunto (sbagliato!) che i cambiamenti della PAC condizionano le imprese agricole, come se tutto il resto (prezzi dei prodotti e dei mezzi produttivi, relazioni commerciali interne ed internazionali, disponibilità di manodopera, ecc.) non subisse alcuna variazione. In realtà, così non sarà, perché gli eventi che condizionano il settore sono in costante ed accelerato mutamento, soprattutto le tendenze del mercato.
Di conseguenza, l'atteggiamento attuale degli imprenditori agricoli, preoccupati, innanzitutto, di individuare le combinazioni produttive da realizzare come risposta all'avvio della riforma, è un atteggiamento legittimo nel brevissimo periodo, ma del tutto insufficiente per la vitalità delle imprese nel medio/lungo periodo. L'importanza, per ogni imprenditore, di conoscere se è più conveniente aumentare o diminuire il frumento tenero, oppure se può avere vantaggio a mantenere o meno una data attività zootecnica, è sicuramente legittima. Ma, oggi ancor più di ieri, il nuovo scenario obbliga gli imprenditori a prendere importanti decisioni in una visione di lungo periodo, nel quale saranno chiamati ad individuare una strategia di sviluppo aziendale , per rendere competitiva e vitale la propria impresa. In questa valutazione strategica occorre verificare la competitività globale dell'impresa agricola ed anche la necessità di intraprendere nuove strade: introduzione di nuove tecnologie, ampliamento delle dimensioni aziendali, trasformazione e commercializzazione dei prodotti agricoli (quale passaggio fondamentale per conferire valore aggiunto al prodotto), qualificazione delle produzioni, integrazione di filiera, passaggio dalla produzione agricola ai servizi.
Non è solo la PAC che cambia, tutto è in continuo mutamento, e le strategie aziendali vanno riadattate continuamente.

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