Una proposta: e se Scienze Agrarie e Scienze forestali divenissero Ingegneria Agraria ed Ingegneria Forestale?

Una proposta: e se Scienze Agrarie e Scienze forestali divenissero Ingegneria Agraria ed Ingegneria Forestale?

Questo intervento intende riflettere sull'opportunità di estendere ai percorsi formativi inerenti le scienze agrarie (Scienze e Tecnologie Agrarie, Scienze e Tecnologie Forestali ed Ambientali, ...) la caratteristica di una forte formazione quantitativa-matematica, tipica delle scienze ingegneristiche propriamente dette.
Essa nasce dall'osservazione di quanto poco spazio occupino oggi (in Italia) lo studio delle scienze matematiche nel curriculum di un dottore agronomo o forestale (e, probabilmente, dei laureati in numerose altre scienze applicate, non inserite nel contesto delle scienze ingegneristiche).
Per esempio a Torino, nei corsi di studio triennali del Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari, l'insegnamento della matematica occupa solo il 3,3% del percorso formativo (6 crediti formativi di matematica, pari a 45 ore di lezione “frontale”, su 180 crediti). Nei corsi magistrali, ma solo per Scienze Agrarie (escludendo quindi Scienze forestali ed ambientali), vengono poi proposti altri 8 crediti di statistica su 120 totali. All'Università Politecnica delle Marche, nei corsi triennnali di agraria vengono offerti 6 crediti formativi di matematica e 3 di statistica (con esclusione di Scienze e tecnologie alimentari), ma non vengono poi offerti insegnamenti matematici nelle lauree magistrali.
Stanti questi piani formativi, il programma di matematica e statistica si traduce per lo più in un veloce ripasso dei concetti approfonditi durante la scuola secondaria.
La debolezza dell'offerta di materie matematiche “di base” si riflette poi nella didattica delle materie tematiche che vengono successivamente trattate ad un livello quantitativo tale da evitare concetti matematici avanzati (quali, ad esempio, le derivate!).
Personalmente, l'assenza di una robusta formazione matematica influisce sull'attività di tutti i giorni. Le materie di base sono infatti le più ardue da apprendere poi da soli.
Ritengo però il problema più generale del mio caso specifico relativo all'economia agraria, ed è per questo che propongo questa riflessione.
L'ho visto nei miei compagni di studio che hanno seguito percorsi professionali completamente differenti (e forse questo è il bello delle scienze agrarie). Senza un'adeguata “copertura” matematica si può forse studiare la fluidodinamica allo stato stazionario, ma non di certo il moto turbolento.
Si possono “progettare” ponticelli e strutture leggere in legno, ma i calcoli del cemento armato sono fuori portata. Si potrà prendere in considerazione un piano anti-incendio, ma difficilmente effettuare uno studio di simulazione della propagazione del fronte di fiamma. Studiando il coefficiente di variazione e l'Anova sarà forse possibile fare qualche semplice statistica, ma difficilmente si potrà utilizzare il metodo dei momenti generalizzati per capire l'effetto dei cambiamenti climatici sulle piante.
Questi esempi fanno tutti riferimento a settori di competenza dell'agronomo/forestale. Certo, non si pone la pretesa che gli studenti si specializzino in ciascuno di questi settori. Ma una forte formazione matematica è elemento comune a ciascuno di essi.
Insomma, nelle scienze agrarie si producono dei professionisti che, quale che sia il loro settore, rimangono limitati nella possibilità di effettivamente operare nel proprio dominio di competenza.
La situazione è ancora più tragica quando ci si apre al confronto internazionale. In Francia, per esempio, le materie agronomico-forestali fanno effettivamente parte del dominio ingegneristico, le cosiddette “Grandes écoles”, e la formazione matematica di un (ingegnere) agronomo o forestale è esattamente la stessa di un ingegnere civile o aerospaziale. Questo non significa che un ingegnere agrario non conosca la botanica o un forestale la selvicoltura. Al contrario, gli agronomi e i forestali d'oltralpe possono esprimere le loro conoscenze settoriali in modalità che ai nostri agronomi o forestali è preclusa.
Dal punto di vista dei laureati nelle scienze agrarie, è verosimilmente anche a causa della carenza di competenze quantitative che si riscontra un significativo gap nella loro occupabilità e reddittività rispetto ai colleghi ingegneri. Almalaurea misura questi differenziali rispettivamente in 11 punti percentuali e 402 €/mese1.
Dal punto di vista macroeconomico, non giova sicuramente alla dinamica del settore agricolo e rurale doversi affidare a dei professionisti la cui formazione non favorisce una cultura quantitativo-matematica ed obbliga loro ad operare in forme limitate.
“Soluzioni” in cui si proponga semplicemente un aumento delle ore di matematica e statistica agli attuali corsi rischierebbero di continuare a mantenere l'attuale differenza tra studenti di ingegneria da un lato e quelli delle altre scienze applicate dall'altro, senza risolvere i problemi relativi alla qualità della formazione matematica.
Una soluzione più efficace consisterebbe invece nell'introduzione delle materie agronomiche e forestali nel comparto di quelle ingegneristiche, garantendone una formazione di base comune, così da avere anche da noi quelle figure professionali quali l'ingegnere agronomo e l'ingegnere forestale che potrebbero veramente favorire la dinamica e l'innovazione di quel settore “rurale” rimasto troppo a lungo chiuso in se stesso.

  • 1. Differenze dei tassi di occupazione e dei guadagni mensili netti a 5 anni dalla laurea tra i laureati magistrali del compartimento “Ingegneria” vs. “Agraria e veterinaria” (Fonte: Almalaurea, Rapporto 2015).
Tematiche: 
Rubrica: