Istituto Nazionale di Economia Agraria |
Una storia fatta di eccezioni
La riforma dell’Ocm vino decisa nel 2008 tramite il regolamento quadro (CE) 479/2008 – in una fase del tutto distinta dalle altre grandi riforme settoriali – nonostante avesse l’ambizione iniziale di ricondurre il comparto all’interno delle regole generali della Pac, confermava invece le forti particolarità ad esso tradizionalmente riconosciute. Infatti, di fronte a una politica del I pilastro con meccanismi tendenzialmente sempre più uniformi e con livelli di intervento a sostegno di specifici comparti molto ridotti, il vino ha continuato a godere di una normativa di settore costantemente differenziata e del tutto originale (Pomarici, Sardone, 2009; Pomarici, Sardone, 2001). Pur mantenendo in vigore una serie di peculiarità storicamente riconosciute al comparto vitivinicolo, la riforma del 2008 ha comunque rappresentato un momento di netta rottura con il passato, prevedendo una fase di transizione che, nell’arco di un periodo di tempo prestabilito, avrebbe determinato il definitivo abbandono dei meccanismi di controllo delle eccedenze produttive tramite gli storici due strumenti delle distillazioni, da un lato, e del controllo del potenziale di produzione (divieto di nuovi impianti), dall’altro.
La nuova politica comune a sostegno del vino si caratterizza per l’attivazione di una complessa e articolata forma di intervento, mirata al sostegno dei redditi dei produttori e, soprattutto, allo sviluppo e al consolidamento della competitività della produzione vitivinicola europea. Questo è stato possibile grazie alla costituzione di un plafond finanziario autonomo, il Programma di sostegno (PS), tramite il quale è possibile attivare un set di misure selezionabili a discrezione di ciascuno Stato membro, caratterizzato dalla coesistenza al suo interno di misure a cavallo tra il I e il II pilastro della Pac (Sardone, 2012). Ne è conseguita una struttura dell’intervento comunitario nel comparto tesa più alle azioni di tipo strutturale, che a quelle di mercato, approfondendo un percorso evolutivo già intrapreso con la precedente revisione del 1999, in cui l’Ocm, si era aperta a un primo e rilevante intervento di carattere strutturale (ristrutturazione e riconversione dei vigneti).
Nonostante questi evidenti elementi di specificità, appena pochi mesi dopo la riforma del 2008 il regolamento quadro sull’Ocm per il comparto vitivinicolo è confluito all’interno dell’Ocm unica, di cui oggi è parte integrate e, in conseguenza, oggetto di rivisitazione all’interno della generale riforma della Pac per il prossimo periodo 2014-2020.
La gestione del potenziale di produzione: il nuovo sistema autorizzativo
All’interno del processo di riforma, il dibattitto sul comparto vino è stato fortemente incentrato sul tema della liberalizzazione, prevista dalla riforma del 2008 entro la scadenza massima del dicembre 2018. La stessa decisione di pervenire a una piena liberalizzazione aveva costituito a suo tempo uno dei temi maggiormente dibattuti e contestati dal gruppo dei paesi principali produttori (Corsinovi, Gaeta, 2009), sebbene fin da quel momento vi fosse una sorta di convinzione generalizzata che l’abrogazione del blocco delle superfici, in progresso di tempo, avrebbe costituito oggetto di un ripensamento e di una nuova proroga1.
Così, con l’occasione del generale ripensamento sulla Pac e dell’avvicinarsi della scadenza prevista, le preoccupazioni dei paesi principali produttori – che si sono manifestate con forme e intensità diverse –, hanno ripreso vigore, facendo sì che il tema della liberalizzazione tornasse al centro del dibattito sulla Pac post 2013. Le regole del futuro meccanismo di gestione del potenziale sono quindi divenute oggetto di un vero e proprio braccio di ferro tra la Commissione, inizialmente ferma sulla posizione di stampo liberale, e il Parlamento europeo, favorevole invece al mantenimento dell’attuale regime. Gli sforzi di compromesso sono maturati all’interno dei lavori di un gruppo di alto livello voluto dalla Commissione, cui hanno partecipato rappresentati di tutti i paesi membri, portando la stessa Commissione a elaborare una nuova proposta, poi approvata alla fine di giugno dal “trilogo” (Commissione-Consiglio-Parlamento).
La decisione assunta prevede una profonda trasformazione dell’attuale regime dei diritti di impianto (European Parliament, 2012), sostituito da un nuovo meccanismo di controllo basato su un sistema autorizzativo. Il prossimo regime entrerà in vigore a partire dall’1 gennaio 2016 e resterà in funzione fino al termine del 2030 – salvo eventuali revisioni a seguito della prevista valutazione intermedia –, determinando numerosi cambiamenti, così sintetizzabili nelle loro linee essenziali:
- il mantenimento del principio per cui il vigneto europeo non può crescere in maniera incontrollata;
- il riconoscimento della possibilità di dare flessibilità al potenziale, al fine di favorire i necessari aggiustamenti dell’offerta ai mutevoli scenari di mercato. Pertanto, è data facoltà ai paesi membri principali produttori – precedentemente assoggettati al regime dei diritti di impianto – di rilasciare autorizzazioni per effettuare sul loro territorio nuovi impianti, fino ad una superficie massima corrispondente all’1% di quella impiantata nell’anno precedente. A discrezione dei paesi membri tale percentuale potrà essere ridotta a un livello inferiore, ma comunque maggiore di zero;
- l’eliminazione dei cosiddetti diritti di impianto, che costituiscono titoli personali trasferibili dietro corrispettivo, che vengono sostituiti da autorizzazioni amministrative personali, ma concesse a titolo gratuito, quindi non più cedibili sul mercato privato. Analogamente, onde evitare la perdita di potenziale, ai paesi membri è data facoltà di consentire, fino alla fine del 2020, la trasformazione dei diritti di impianto ancora validi al termine dell’attuale regime in un’autorizzazione di pari dimensione;
- il mantenimento del principio, già in vigore, per cui i titolari di un impianto regolare in caso di espianto conservano il diritto a reimpiantare un vigneto equivalente in termini di superficie, entro un lasso di tempo predefinito (4 anni);
- la necessità di proseguire nel monitoraggio del vigneto europeo, tramite il mantenimento dell’obbligo di trasmissione degli Inventari nazionali per quei paesi già in precedenza assoggettati a tale obbligo.
All’interno del nuovo sistema autorizzativo, l’aspetto maggiormente critico è certamente rappresentato dalla perdita della possibilità di trasferire fra operatori del settore le future autorizzazioni. Infatti, sebbene sia stata riconosciuta ai paesi membri la facoltà di procrastinare la validità delle autorizzazioni di transizione (fino al termine massimo del 2023), nel nostro paese esiste il rischio che una parte consistente degli attuali diritti, una volta trasformati, non venga poi utilizzata. Tale rischio è connesso al fatto che i diritti di impianto in possesso dei produttori – questi costituiscono oggi oltre l’8% del complessivo potenziale di produzione dell’UE, quota che si attesta al 7,6% nel caso dell’Italia – si trovano per lo più concentrati nella fascia di produzione dei vini comuni, per i quali appaiono meno certi e solidi i processi di consolidamento degli sbocchi di mercato. Inoltre, a differenza del precedente regime, non è prevista nessuna misura che consenta di rimettere nella disponibilità del paese membro le eventuali autorizzazioni rimaste inutilizzate, al fine di costituire una sorta di nuova riserva nazionale. Pertanto, soprattutto nel caso in cui le autorizzazioni si riferiscano a superfici collocate in aree produttive in crisi, si intravedono seri ostacoli per una loro integrale rimessa in produzione. In questo senso, sarebbero essenziali misure di carattere nazionale in grado di sostenere la ripresa della vitalità economica e produttiva delle aree di produzione in difficoltà.
Queste preoccupazioni finiscono con il legarsi a quelle derivanti dalla possibilità di fissare a un livello più basso dell’1% il tasso di incremento annuo della superficie vitata, tramite l’assegnazione di nuove autorizzazioni. A livello nazionale, un atteggiamento di carattere prudenziale potrebbe spingere verso la determinazione di una quota appena superiore allo 0%, che a stento potrebbe consentire il mantenimento di una superficie in produzione paragonabile a quella attuale, posto che negli ultimi anni il vigneto italiano ha mostrato tassi di decremento annui ben più elevati, che si sono manifestati anche a prescindere dall’operatività di misure tese alla riduzione permanente dell’attività produttiva (Oiv, 2013).
In altri termini, oltre ai rischi derivanti dalla struttura stessa delle autorizzazioni, per certi versi ben più rigide degli attuali diritti, esiste un paradossale pericolo di limitare il generale sviluppo del potenziale, contrariamento all’obiettivo perseguito di dare maggiore flessibilità e dinamicità al sistema vitivinicolo europeo.
Le modifiche al Programma di sostegno
Nonostante le attenzioni si siano fortemente concentrate sul tema delle nuove regole di gestione del potenziale – che hanno rappresentato l’elemento maggiormente sensibile delle proposte in discussione dal punto di vista del mondo produttivo –, molti altri, e forse di maggior rilievo, sono gli elementi novità, che si concretizzano soprattutto in modifiche anche sostanziali apportate alle misure previste all’interno del Programma di sostegno.
Giova ricordare che questo rappresenta uno strumento di sostegno al settore vino del tutto originale all’interno dell’Ocm unica, in quanto individua un plafond finanziario (Tabella 1) per un sostegno a carattere settoriale, che non ha equivalenti in altri comparti2.
Tabella 1 - Dotazioni di bilancio per i programmi nazionali di sostegno: 2013 e 2014-2020 (migliaia di euro)
Fonte: ns. elaborazioni su dati CE e documenti comunitari (PE-Cons 96/13 - 2011/0281(Cod))
Peraltro, con le recenti decisioni, vengono apportate alcune modifiche allo stesso PS, sia in relazione alla sua struttura, sia in relazione alle procedure di approvazione, che diventano maggiormente dipendenti dagli esiti di una valutazione da parte della Commissione. Ciò, unitamente al dettaglio di elementi che fanno parte integrante del PS – i quali spaziano dalla quantificazione degli obiettivi, alla valutazione dei previsti impatti tecnici, economici, ambientali e sociali, ai criteri e agli indicatori quantitativi di monitoraggio e valutazione, fino alla consultazione delle parti interessate e allo scadenziario di attuazione delle misure –, rendono questo strumento di programmazione e finanziamento degli interventi a sostegno al comparto sempre più simile ai documenti di programmazione dello sviluppo rurale (II pilastro), anziché agli strumenti tradizionalmente appartenenti alle misure di mercato della Pac (I pilastro).
Scendendo nel merito dei contenuti delle possibili misure attuabili nell’ambito del PS, va innanzitutto segnalato che, con la riforma del 2013, gli interventi finanziabili continuano ad essere in tutto otto3, come effetto però di una cancellazione (schema di pagamento unico) e di un nuovo ingresso (innovazione). Tra le molte novità, sono certamente degne di nota quelle relative all’eliminazione della possibilità di destinare una parte delle risorse del PS al riconoscimento di pagamenti diretti sulle superfici vitate e l’introduzione di una nuova misura destinata all’innovazione, ma meritano attenzione anche l’ampliamento (più formale che sostanziale) della misura della promozione e l’inserimento di ulteriori finalità per la misura di ristrutturazione e riconversione dei vigneti.
In merito alla cancellazione del finanziamento del pagamento unico in seno al PS, va ricordato che nella passata programmazione 2009-13 l’applicazione di questa misura non ha interessato il nostro paese, non avendo l’Italia utilizzato la facoltà di destinare in via permanente una parte del plafond nazionale per il vino a questo fine, contrariamente a quanto effettuato da altri paesi produttori (Spagna, Grecia, Regno Unito, Lussemburgo e Malta). Su questa modifica al menù dei possibili interventi ha giocato un ruolo decisivo il nuovo orientamento di carattere generale che considera i vigneti per uva da vino inclusi tra le superfici agricole eleggibili al pagamento della componente di base dei nuovi pagamenti diretti (Inea, 2013), salvo espressa scelta contraria demandata alla discrezionalità di ciascun paese membro. Così, di fatto, la previsione della possibilità di includere le superfici vitate all’interno di quelle aventi titolo a ottenere i pagamenti diretti ha determinato il venir meno della presenza di una misura ad hoc all’interno del PS, che altrimenti avrebbe costituito un’assurda e illegittima duplicazione.
La misura relativa all’innovazione nel settore vitivinicolo costituisce, invece, una novità; sebbene vada rimarcato che un intervento con finalità pressoché analoghe fosse già contemplato all’interno della precedente versione della misura investimenti. Nella nuova articolazione è previsto un sostegno per investimenti, sia a carattere materiale che immateriale, finalizzati allo sviluppo di nuovi prodotti, trattamenti e tecnologie. L’obiettivo è quello di aumentare le prospettive commerciali e la competitività dei prodotti comunitari; tant’è che uno degli elementi della misura consiste anche nel trasferimento di conoscenze. In merito a quest’ultimo punto, la formulazione della misura pone qualche ambiguità. Infatti, al pari delle altre misure che richiedono un comportamento proattivo da parte delle aziende, anche questo intervento sarà probabilmente basato su un meccanismo di cofinanziamento da parte del beneficiario. Così, mentre si comprende l’interesse privato a investire con capitali propri su iniziative a carattere innovativo che possano migliorare la capacità di penetrazione sui mercati, meno evidente appare l’interesse del titolare dell’innovazione a trasferire ad altri gli esiti dei progressi ottenuti. In tal senso, l’aspetto del trasferimento delle conoscenze rischia di tramutarsi in un freno all’applicazione di questo nuovo intervento.
L’ampliamento della misura di promozione dei prodotti vitivinicoli rappresenta, invece, il parziale accoglimento di una richiesta fortemente sostenuta da parte del mondo produttivo. Nella passata formulazione, infatti, le attività promozionali erano attuabili solo nei confronti dei mercati extra-UE, non potendo la stessa essere realizzata verso i partner commerciali comunitari, che pure rappresentano una quota di prioritaria importanza del mercato internazionale. La modifica apportata apre, invece, alla possibilità di realizzare alcuni interventi anche negli Stati membri, limitando però le iniziative attuabili a misure di informazione ai consumatori sul consumo responsabile di prodotti vitivinicoli - in coerenza con le linee di azione a tutela della salute dei cittadini europei e di lotta all’abuso di alcool - e sul sistema delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, adottato nell’UE. In sostanza, si attua una netta differenziazione della filosofia dell’intervento in relazione al mercato di riferimento, rimanendo ancorati all’idea che sia opportuno confinare le azioni di promozione vera e propria ai soli paesi terzi, rinunciando all’uso di uno strumento strategico per il consolidamento della posizione competitiva della produzione vitivinicola comunitaria all’interno di importanti mercati di riferimento. Quindi, gli esiti di questo ampliamento dipenderanno in misura rilevante dalla tipologia di azioni che, nelle pieghe della formulazione del futuro regolamento di attuazione, si riusciranno a realizzare all’interno dell’UE.
In merito alla misura di ristrutturazione e riconversione dei vigneti è prevista una significativa modifica delle finalità perseguite, che si traduce in un corrispondente ampliamento delle attività finanziabili. Infatti, lo scopo dell’intervento può consistere, tra gli altri, anche nell’introduzione di nuove tecniche di gestione del vigneto in grado di assicurare il miglioramento dei sistemi avanzati di produzione sostenibile e dell’impronta ambientale del settore vitivinicolo. A questa possibilità si aggiunge quella di consentire il reimpianto a seguito di estirpazioni effettuate per ragioni sanitarie e fitosanitarie disposte dallo Stato membro. Così, la misura che tradizionalmente ha assorbito la quota preponderante delle risorse a disposizione dei PS nazionali (40% circa nella media UE) e che ha consentito nei suoi molti anni di funzionamento di rinnovare ampie porzioni del potenziale, si sta preparando a un processo di innovazione che potrebbe consentire a molti vigneti, altrimenti esclusi, di beneficiare di un supporto strategico per l’aumento della competitività, focalizzando l’attenzione su quelli che stanno assumendo la veste di futuri motori delle scelte di acquisto dei consumatori, i quali, in questo comparto, sono particolarmente sensibili alle caratteristiche intrinseche del prodotto, ai processi produttivi adottati e alle loro indicazioni in etichetta (ad es. indicazione dell’impronta carbonica; Mueller Loose, Remaud, 2013).
Anche all’interno della misura investimenti va segnalata la comparsa di un riferimento del tutto nuovo alla possibilità che gli interventi realizzati siano tesi a migliorare i risparmi energetici, oltre che l’efficienza energetica globale e i trattamenti sostenibili. In tal modo vengono introdotte delle finalità che non sono mai state contemplate in altri interventi dell’Ocm e che presentano, invece, qualche analogia con alcune misure dello sviluppo rurale.
A fianco delle molte innovazioni nell’ambito dei PS, è opportuno segnalare però la permanenza di alcuni problemi già emersi nel passato e che, pur nella nuova formulazione, restano privi di efficaci soluzioni.
Innanzitutto, permane – o meglio si amplifica – il problema della demarcazione tra questa parte dell’Ocm unica e alcune misure dello sviluppo rurale che perseguono finalità sovrapponibili con quelle delle otto misure del PS. Ciò si manifesta in relazione a ben sei misure sulle complessive otto previste, e in particolare per quelle relative a: promozione, innovazione, ristrutturazione e riconversione vigneti, fondi di mutualizzazione, assicurazioni e investimenti. Queste ampie aree di sovrapposizione rendono certamente complicata l’attuazione operativa della maggior parte delle misure previste.
Restano, inoltre, da sottolineare le preoccupazioni in merito alla misura a sostegno della costituzione dei fondi di mutualizzazione che non ha trovato, nella passata programmazione, nessuna forma di attuazione all’interno dei diciotto paesi membri beneficiari degli interventi (oggi saliti a diciannove con l’ingresso della Croazia). La misura, peraltro, non è stata sottoposta a modifica, mantenendo la precedente formulazione, che appare però parzialmente diversa da quella adottata nell’ambito della proposta di regolamento per lo sviluppo rurale (2011/0282 (Cod)). Ciò rende difficile comprendere se le dotazioni previste dall’Ocm e dallo sviluppo rurale potranno combinarsi nella costituzione di fondi multiprodotto, o se il settore vino dovrà organizzarsi con dei fondi monoprodotto all’interno del solo PS. Inoltre, sarebbe stato auspicabile prevedere che questa misura avesse un’attuazione di carattere nazionale4, anche per quei paesi che utilizzano la facoltà di declinare il proprio PS (che è un documento di programmazione unico per ciascun paese) con un livello di dettaglio regionale. La maggiore ampiezza del fondo, infatti, sembra costituire un elemento essenziale per il suo funzionamento quale strumento di garanzia, che rischia invece di venire limitato dal restringimento della partecipazione a soli soggetti appartenenti a una medesima area di produzione.
Il futuro delle specificità settoriali
Gli elementi innovativi introdotti nel comparto vino in questa fase di riforma appaiono forse meno dirompenti di quelli della precedente revisione; purtuttavia, le modifiche si caratterizzano in maniera netta nel confronto con le altri componenti della Pac. Infatti, le molte novità, seppure non stravolgono l’impianto degli interventi, contemplano obiettivi e strumenti che non hanno equivalenti.
Le modifiche apportate, nel loro insieme, consentono di considerare ancora una volta la politica comune per il comparto vino un rilevante banco di sperimentazione e di prova di misure del tutto originali. Questo aspetto, oltre che caratterizzante, va valutato alla luce dei possibili vantaggi che assicura agli operatori del settore. Le particolarità del trattamento riservato al vino – mantenimento di un sistema di gestione e controllo del potenziale, possibilità di esclusione delle superfici dall’eleggibilità al regime degli aiuti diretti, misure in sovrapposizione con lo sviluppo rurale ecc. – possono essere giudicate, al tempo stesso, in senso sia negativo che positivo.
I maggiori elementi di criticità possono, certamente, essere ricondotti al persistere di specifiche rigidità e complessità del sistema, come ad esempio alcuni aspetti del nuovo sistema autorizzativo, o la necessità di produrre nuove e sempre più complesse demarcazioni per la quasi totalità delle misure previste nei PS. D’altro canto, sono proprio le molte specificità del settore che consentono il mantenimento e la giustificazione di una politica di stampo relativamente “autonomo” all’interno della Pac, peraltro fortemente demandata ai paesi membri per la definizione delle modalità di attuazione e dei meccanismi di gestione previsti. In sostanza, la netta separazione della politica per il vino dal resto della Pac, se costituisce il suo più evidente limite, rappresenta anche il suo principale punto di forza; o meglio l’unico vero motivo per cui questo comparto gode ancora di una disponibilità finanziaria a suo proprio esclusivo beneficio. Questa verrebbe molto probabilmente meno nel contesto di una politica più “uniforme” al resto della Pac, portando gli operatori del vino a doversi confrontare e a mettersi in competizione nell’uso delle risorse con le richieste e le necessità di tutti gli altri comparti agricoli.
Riferimenti bibliografici
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Corsinovi P., Gaeta D. (2009), “Evoluzione del processo di riforma tra mutamenti del mercato, gruppi di pressione e alleanze nazionali”, in E. Pomarici, R. Sardone (a cura) (2009), La nuova Ocm vino. La difficile transizione verso una strategia di comparto, Rapporto dell’Osservatorio sulle politiche agricole dell’UE, Inea, Roma
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European Parliament (2012), The liberalisation of planting rights in the EU wine sector, Study, [link]
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Inea (2013), “La vite e il vino”, in Annuario dell’agricoltura italiana, vol. LXVI, Inea, Roma
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Mueller Loose S., Remaud H. (2013), "Impact of corporate social responsibility claims on consumer food choice: A cross-cultural comparison", in British Food Journal, Vol. 115 Iss: 1
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Oiv (International Organisation of Vine and Wine), Statistical report on world vitiviniculture 2013, [link]
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Pomarici E., Sardone R. (a cura) (2009), La nuova OCM vino. La difficile transizione verso una strategia di comparto, Rapporto dell’Osservatorio sulle politiche agricole dell’UE, Inea, Roma
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Pomarici E., Sardone R. (a cura) (2001), Il settore vitivinicolo in Italia. Strutture produttive, mercati e competitività alla luce della nuova Organizzazione Comune di Mercato, Studi e Ricerche Inea, Roma
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Sardone R. (2012), La nuova Ocm vino tra politiche di mercato e politiche strutturali, in “Atti dei Georgofili 2010”, Firenze
- 1. In proposito, merita di essere ricordato il fatto che il regime di controllo delle superfici vitate, pur essendo ormai una misura trentennale, ha avuto fin dalla sua origine un carattere “transitorio”.
- 2. La dimensione della dotazione finanziaria complessiva subisce alcune variazioni rispetto all’ultimo anno (2013) del periodo di programmazione in corso. Tali variazioni sono nella maggioranza dei casi di modesta portata e legate, per lo più, al venire meno della possibilità di trasferire una parte delle risorse del PS a favore dello schema di pagamento unico, con una riduzione corrispondente delle dotazioni nazionali dei paesi interessati dall’attivazione di questa misura.
- 3. Le otte misure previste sono: 1. promozione; 2. innovazione nel settore vitivinicolo; 3. ristrutturazione e riconversione dei vigneti; 4. vendemmia verde; 5. fondi di mutualizzazione; 6. assicurazione del raccolto; 7. investimenti; 8. distillazione dei sottoprodotti.
- 4. Questa possibilità è prevista, ad esempio, per la misura promozione, che in parte è realizzata tramite programmi di stampo nazionale, in parte a carattere regionale.