L’evoluzione delle aziende agricole italiane attraverso cinquant’anni di censimenti (1961-2010)

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L’evoluzione delle aziende agricole italiane attraverso cinquant’anni di censimenti (1961-2010)
a Regione Emilia Romagna, Analisi statistica ed elaborazione dei dati del VI Censimento generale dell’Agricoltura.
b Università di Bologna, Dipartimento di Scienze Statistiche «Paolo Fortunati»

Introduzione

L’analisi dei Censimenti dell'Agricoltura, dal 1961 al 2010, fornisce un quadro complessivo del profondo processo di trasformazione delle aziende agricole italiane e del lento e non lineare percorso verso il loro ammodernamento, tra vecchi e nuovi nodi strutturali. L'evoluzione strutturale delle aziende agricole si intreccia con il rapido cambiamento dell’intero sistema socio-economico italiano, che ha visto il rapido passaggio da una società prevalentemente rurale ad una industriale, fino a divenire matura o post-industriale in tempi più recenti.
A partire dalla fine della seconda guerra mondiale le forme di conduzione più antiche ed arretrate si sono definitivamente sgretolate, a cominciare dai residui del latifondo nel Mezzogiorno e, successivamente, a partire dai primi anni sessanta, in poco meno di venti anni, è praticamente scomparsa la mezzadria, che caratterizzava vaste aree dell'Italia centrale e Nord orientale. Nell’immediato dopoguerra importanti elementi conoscitivi sono stati forniti dall’Inea, con i lavori di Medici (1947 e 1950) sulla proprietà fondiaria e tipi di imprese, e in particolare da Serpieri (1947), con la sua importate opera sulla struttura sociale dell’agricoltura Italiana. La ripresa dell’emigrazione e il rapido ed incontrollato esodo agricolo, accompagnato dal forte sviluppo della meccanizzazione, hanno caratterizzato il periodo del così detto “miracolo economico” (1950-1973). In quel periodo si è progressivamente ridotta la forte pressione sulla terra che aveva caratterizzato l’agricoltura italiana e condizionato l’ammodernamento delle sue strutture aziendali.
L’affermazione delle aziende a conduzione familiare, per gli effetti diretti e indiretti della riforma agraria e l’applicazione della legge per lo sviluppo della piccola proprietà contadina, si accompagna ad un incremento anche delle aziende con salariati. Anche se nel corso degli anni sessanta l’interesse per le strutture aziendali dell’agricoltura italiana si è affievolito, importanti contributi sono stati forniti fra gli altri da Campus (1967), Barbero (1967) e in particolare da Rossi-Doria (1969) che ha messo in evidenza la profonda articolazione territoriale dell’agricoltura Italiana. L’analisi delle tipologie aziendali riprende con maggiore interesse negli anni settanta, con le analisi sul ruolo delle aziende di tipo contadino e capitalistico iniziate da Fabiani, e Gorgoni (1973), sia per le discussioni relative all’inizio della rapida scomparsa della mezzadria. Inoltre, prende avvio il processo di “industrializzazione diffusa”, che porterà l’attenzione sulle aziende a tempo parziale (part-time), come sottolineato, fra gli altri, da Calza Bini (1976), Brusco (1979) e Cavazzani (1980). Successivamente, agli inizi degli anni ottanta si rende evidente fin dal censimento del 1982 il crescente e diffuso ricorso al “contoterzismo” (Fanfani 1989). La specializzazione diventa predominante anche fra le aziende agricole e la superficie agricola si concentra in un numero sempre minore di aziende, e in poche aree del paese, prevalentemente in pianura (Iacoponi 1985), mentre le diverse tipologie si differenziano al loro interno (Fanfani 1990).
Nel 1990 i risultati del censimento rendono evidenti i segni di un ampliamento del dualismo fra Nord e Sud del paese, a cui si aggiunge, però, quello fra zone di pianura e quelle di collina e montagna. L’analisi delle tipologie aziendali dell’agricoltura, inoltre, si approfondisce di numerosi studi che prendendo in considerazione oltre all’impego di manodopera (familiare o extra-familiare), la presenza del part-time (mono-attive e pluri-attive), e delle dimensioni, anche economiche, delle aziende (piccole, medie e grandi), che diventeranno sempre più evidenti nei decenni più recenti. Importanti contributi sono forniti fra gli altri da Fabiani, Scarano (1995), Marinelli, Sabbatini, e Turri (1998) e da Fanfani e Montresor (2000). Ci si sofferma sulle molteplici funzioni (multifunzionalità) che le aziende agricole possono svolgere nella determinazione dei redditi e sui cambiamenti strutturali, come messo in evidenza da De Benedictis (1992) e Mantino (1995)1.
Le trasformazioni avviate negli anni novanta si accelerano nel primo decennio del nuovo millennio con un processo di ammodernamento delle aziende che non ha riscontro nei decenni precedenti La differenziazione delle aziende prosegue e diventa sempre più importante guardare i livelli di imprenditorialità nella classificazione delle aziende agricole, come sottolineato da Russo e Sabbatini (2005, 2008). Il Censimento del 2010, come vedremo, certifica l’accelerazione dei cambiamenti a cominciare dalla concentrazione della Sau nelle aziende di dimensioni maggiori, e dall’affermazione dell’affitto, che affiancando la terra in proprietà, consente un ampliamento e un rinnovamento delle imprese agricole, impensabile nei decenni precedenti.
Nel presente lavoro, per fornire un quadro delle dinamiche di lungo periodo della struttura delle aziende agricole italiane, si sono utilizzati i risultati dei Censimenti generali dell'agricoltura dal 1961 fino a quello più recente del 20102 che presenta vere e proprie rotture rispetto ai decenni precedenti. Ciò non va assolutamente trascurato sia per comprendere le trasformazioni in atto e quelle dei prossimi anni, ma anche perchè possono fornire utili indicazioni sullo sviluppo dell’imprenditorialità, sulle opportunità di occupazione, sulle utilizzazioni alternative delle risorse, in particolare di suolo e acqua, e sui problemi di carattere ambientale collegati alla gestione del territorio e alla salvaguardia del paesaggio.

Crolla il numero delle aziende e diminuisce il suolo agricolo

Il numero delle aziende agricole censite è passato da oltre 4,2 milioni nel 1961 (Tabella 1 e Figura 1) a circa 2,4 milioni nel 2000 (con riferimento all’Universo Italia), per poi ridursi a poco più di 1,6 milioni nel 2010 (con riferimento all’Universo Europa). La prima grande riduzione del numero delle aziende (-16%) è stata registrata tra i censimenti del 1961 e del 1970, quando ancora l’esodo agricolo era in pieno svolgimento, successivamente questa riduzione si attenua e poi quasi si arresta negli anni ’80. Negli anni novanta il numero delle aziende agricole si è fortemente ridimensionato (-21%) per poi crollare nel nuovo millennio (-32%). Si tratta di una riduzione che non ha precedenti in tutti i decenni passati e che ha visto il dimezzarsi delle micro aziende, in concomitanza con un vero e proprio processo di formazione di medie e grandi imprese.

Tabella 1 - Numero delle aziende agricole e superfici agricole totale (Sat) e utilizzata (Sau) in Italia valori assoluti (migliaia) e variazioni % (1961-2010)


Fonte: Istat, Censimenti generali dell’agricoltura e Censimento Agricoltura 2010

La riduzione del suolo in termini di Sau è stata consistente anche se molto minore rispetto a quella delle aziende. Infatti, la Sau si è ridotta di quasi il 10% dal 1970 al 1982 per poi attenuarsi negli anni ottanta, e subire invece una forte accentuazione proprio nel corso degli anni novanta (-12%). Nel decennio 2000-2010 invece la riduzione della superficie ha riguardato le zone di montagna e collinari, mentre nelle aree di pianura è rimasta sostanzialmente invariata. L’interesse recente riservato al consumo del suolo agricolo avviene, quindi, con grave ritardo, ma occorre considerare che gli effetti sono cumulativi e rendono il fenomeno sempre più grave.

Figura 1 - Variazione % della Sat e della Sau in Italia 1961-2010


* Universo Italia.
Fonte: Istat, Censimenti generali dell’agricoltura e Censimento Agricoltura 2010

Il progressivo aumento delle dimensioni medie delle aziende, prima molto lento nel passare dai 6 ha nel 1961 (Universo Italia) ai quasi 8 ha del 2000 (Universo UE) ma successivamente più rapido, per superare a 10 ha per azienda nel 2010 (Figura 2). Le differenze a livello territoriale fra Nord e Sud del paese sono rimaste sostanziali con quasi 15 ha di Sau nel Nord Ovest, contro poco più di 5 ha nel Mezzogiorno continentale, sempre secondo il Censimento del 2010. Infatti, negli anni novanta la forte riduzione delle aziende ha interessato quasi esclusivamente le regioni del Nord, mentre nel Mezzogiorno è invece diminuita in modo molto rilevante anche la Sau, suscitando delle perplessità dal punto di vista statistico. Nel Mezzogiorno le dimensioni medie, nel 2000, erano ancora inferiori a quelle rilevate addirittura nel 1930, segno evidente delle notevoli difficoltà nell’ammodernamento strutturale dell’agricoltura meridionale. Nel nuovo millennio la grande riduzione delle aziende ha riguardato tutte le circoscrizioni, compreso il Mezzogiorno, determinando così, per la prima volta dopo cinquanta anni, un aumento apprezzabile delle dimensioni medie delle aziende agricole.
Le differenziazioni territoriali dell’agricoltura sono diventate sempre più marcate e preoccupanti fra le zone altimetriche, con un’accelerazione proprio negli ultimi due decenni. Infatti, come già sottolineato, negli anni sessanta, in pieno esodo agricolo, la forte riduzione del numero delle aziende agricole ha riguardato tutte le zone altimetriche, anche se in misura maggiore la montagna rispetto alla pianura. Nei decenni successivi, dal 1970 al 1990, mentre si attenua la riduzione delle aziende, questa diventa sistematicamente più rilevante in montagna, quasi il doppio rispetto alla pianura. Negli ultimi vent’anni il processo subisce una vera e propria accelerazione e si concentra ancora in montagna (-25%), rispetto alla collina e pianura (-13/14%). Anche la forte riduzione della superficie, in termini di Sau, che ha caratterizzato quel decennio, è doppia nelle zone montane e collinari rispetto a quelle di pianura.

Figura 2 - Dimensione media delle aziende agricole in Italia, - Sat in ha -1961/2010


* Universo Italia.
Fonte: Istat, Censimenti generali dell’agricoltura e Censimento Agricoltura 2010

Il Censimento del 2010 mostra un vero e proprio tracollo delle aziende in montagna, che ha sfiorato il 40% del totale rispetto al 2000, contro un terzo nelle zone di collina e un quarto in quelle di pianura. Le differenze sono ancora più accentuate in termini di superficie con la montagna che perde quasi il 20% della Sat, mentre nelle zone di pianura, sia la Sat sia la Sau sono rimaste più o meno invariate. Il progressivo accumularsi della riduzione delle aziende e della superfice ha provocato un vero e proprio abbandono di molte aree montane e collinari del paese, mostrando gravi problemi ambientali nella gestione del territorio e nella salvaguardia del paesaggio rurale.

Tabella 2 - Numero delle aziende agricole (000) per zona altimetrica in Italia, variazioni % -1961-2010


* Universo Italia.
Fonte: Istat, Censimenti generali dell’agricoltura e Censimento Agricoltura 2010

La polarizzazione delle aziende per classe di ampiezza

Il persistere di numerose "micro aziende" nel corso degli ultimi cinquant’anni ha reso particolarmente frammentata la struttura produttiva dell'agricoltura italiana. Queste aziende, ben oltre un milione, sono rimaste quasi costanti fino al 1970, per poi ridursi lentamente fino al 2000, vedi tabella 3. Nel nuovo millennio, però, la loro presenza si è dimezzata per scendere a meno di 500 mila unità nel 2010, con la perdita di quasi 230 mila ha in un solo decennio.
Il ridimensionamento del numero di micro aziende con meno di un ettaro di Sau (-60% circa dal 1982 al 2010), ha visto anche una riduzione particolarmente consistente, sia delle aziende sia della superficie (-45%) per quelle fra 1-10 ha di Sau e di oltre un quarto per quelle fra 10-20 Ha di Sau. Al contrario, l’aumento delle aziende si è concentrato in quelle con oltre 50 ha, che sono arrivate ad occupare 5,4 milioni di ha nel 2010. La riduzione del suolo in termini di Sau è stata impressionante ed ha raggiunto complessivamente, dal 1982 al 2010 (Universo UE), oltre 3 milioni di ha mentre quella della Sat ha superato i 5 milioni di ha3.

Tabella 3 - Numero aziende agricole e Sau per classe di Sau in migliaia, e variazioni % (1982-2010) 


Fonte: Istat, Censimento generale dell’Agricoltura 2010

La distribuzione delle aziende agricole per classi di ampiezza ha quindi subito una forte ed evidente concentrazione. Mentre nel 1982 la Sau complessiva italiana era divisa sostanzialmente a metà fra le aziende maggiori e minori di 20 ha, nel 2010 le aziende con meno di 20 ha occupavano solo poco più di un terzo della Sau. Il cambiamento è stato ancora più marcato ai lati estremi della distribuzione, con le aziende inferiori a 10 ha che sono scese da oltre un terzo a meno di un quarto della Sau, ma rappresentano ancora l’84% del numero totale di aziende, mentre all’altro estremo quelle con più di 50 ha sono arrivate a occupare circa il 42% della Sau italiana, pur essendo meno di 45 mila (circa il 3% delle aziende), vedi figura 3. Questa fortissima polarizzazione delle aziende e la concentrazione della superficie in quelle di dimensione maggiore caratterizzano sempre più l’agricoltura italiana e determinano una differenziazione netta fra il ruolo produttivo e occupazionale, da un lato, e il ruolo sociale e politico, dall’altro, delle diverse tipologie aziendali.

Figura 3 – Distribuzione percentuale della Sau per classe di Sau delle aziende(1982-2010) 


Fonte: Istat, Censimento generale dell’Agricoltura 2010

La conduzione delle aziende fra forma giuridica e titolo di possesso dei terreni

La diversità dei rapporti fra proprietà, impresa e manodopera ha determinato un’ampia varietà di forme di conduzione delle aziende agricole italiane, che come vedremo, sono state interessate in modo diverso dai rilevanti cambiamenti negli ultimi cinquant’anni. Lo sgretolamento dei residui del latifondo, soprattutto nel Mezzogiorno dopo la seconda guerra mondiale, e la rapida scomparsa della mezzadria e colonia negli anni settanta, hanno portato in primo piano le forme di conduzione diretta del coltivatore, con prevalente manodopera familiare. La forma di conduzione con salariati interrompe invece la sua crescita dopo il 1970 per ridursi progressivamente nei decenni successivi (Tabella 4). Inizia, negli anni settanta la profonda articolazione interna delle aziende a conduzione diretta, in cui all’utilizzazione in modo prevalente della manodopera familiare, si affianca quella extra-familiare. Si sviluppano, inoltre, diverse forme di agricoltura a tempo parziale (part-time), e il ricorso sempre più ampio a servizi esterni. La forma di conduzione diretta del coltivatore ha visto aumentare progressivamente la sua superficie e importanza per raggiungere un massimo di 15,6 milioni di ettari Sat e 12,3 milioni di Sau nel 1990 (Universo UE). Nei decenni successivi si verifica, per la prima volta, una riduzione della loro superfice (-1,5 milioni di Sau nel decennio 1990-2000), collegata alla forte riduzione del suolo agricolo di quel periodo.

Tabella 4 - Numero di aziende , Sat e Sau per forma di conduzione (000) e variazioni % (1961-2010)


* Universo UE.
Fonte: Istat, Censimenti generali dell’agricoltura e Censimento Agricoltura 2010

Il censimento del 2010, con riferimento all’universo UE, mostra come il numero delle aziende a conduzione diretta si sia ridotto a meno di 1,5 milioni, ma la loro superficie resta largamente predominante, con poco meno di 13 milioni di ha di Sat e 10,6 milioni di Sau. L’utilizzo di sola manodopera familiare interessa 1,3 milioni di aziende e oltre 9,8 milioni di ha di Sat, invece le aziende che impiegano anche manodopera extra-familiare (in modo prevalente e non) sono poco più di 185 mila, ma occupano oltre 3 milioni di ettari di Sat. L’importanza di queste aziende è però sottostimata poichè non viene considerato il lavoro fornito dal contoterzismo. Il ricorso a lavoratori extra comunitari, che interessa anche le aziende a conduzione diretta, è ancora sottovalutato dalle recenti rilevazioni censuarie. L’aumento dell’utilizzazione della manodopera extra-familiare e quello progressivo delle dimensioni aziendali, assieme all’espansione della terra in proprietà e affitto, e alla possibilità di gestione di superfici sempre maggiori offerte meccanizzazione e dalle innovazioni tecnologiche, avvicina sempre più le diverse forme di conduzione dell’agricoltura italiana, dando maggiore risalto alle differenze fra piccole, medie e grandi aziende.
L'importanza delle aziende condotte con salariati, come già accennato, si è invece ridotta considerevolmente nel tempo. Infatti, dopo un aumento negli anni cinquanta e sessanta, nei decenni successivi sono passate dal 34% della superficie agricola totale nel 1961 al 24% nel 2010, mentre il loro numero è sceso a poco più di 66 mila unità nel 2010, con una superficie totale interessata di 2,3 milioni di ha, che sale a più di 4 milioni considerando le altre forme di conduzione, dove sono comprese le aziende appartenenti agli Enti pubblici e privati costituite da terreni poco produttivi, boschi e prati in particolare4.
L’espansione delle terre in affitto, nelle diverse forme, rappresenta una delle importanti trasformazioni strutturali degli ultimi decenni, anche se le aziende con solo terreno in affitto restano poche e occupano una superficie di poco superiore al milione di ettari di Sau, le aziende con terreni in proprietà e affitto sono invece diventate progressivamente più rilevanti: poco più di 158 mila aziende occupano una superficie di quasi 4 milioni di ettari (un quarto di quella totale) e loro dimensione media supera il doppio di quella nazionale. Se aggiungiamo alle terre in affitto anche quelle con proprietà, affitto e uso gratuito, si vede che le terre che sono interessate direttamente o indirettamente all’affitto e uso gratuito arrivano a interessare circa il 45% della superficie italiana (Figura 4). L’utilizzazione congiunta di diverse forme di possesso e uso dei terreni possono dare un ulteriore e importante contributo al processo di ammodernamento delle strutture aziendali, soprattutto nella fase di ricambio generazionale. La gestione della terra solo in proprietà rimane però ancora prevalente, con oltre il 55% della superficie totale. La forma giuridica delle aziende agricole italiane (Tabella 6) vede anch’essa un’accelerazione dei cambiamenti nell’ultimo decennio, che aggiunti a quelli descritti in precedenza, fa intravedere un cambiamento più profondo dell’intera struttura produttiva dell’agricoltura italiana. Il ridimensionamento maggiore si verifica per le aziende individuali, ma restano comunque quelle largamente prevalenti con oltre 1,5 milioni di aziende e quasi 9,8 milioni di Sau nel 2010, pari a oltre i tre quarti del totale nazionale. Aumentano invece in modo consistente le società semplici (oltre il 40% in numero e 50% in termini di Sau) che superano gli 1,6 milioni di ettari Sau nel 2010.

Figura 4 - Aziende per titolo di possesso dei terreni, % sul totale (1970-2010)


* Universo Italia.
Fonte: Istat, Censimenti generali dell’agricoltura e Censimento Agricoltura 2010

Tabella 5 - Numero di aziende, Sau e Sat per forma giuridica in Italia (2010)


Fonte: Istat, Censimento Agricoltura 2010

Le società di capitale raddoppiano come numero e superficie, ma si fermano a poco più di 7.700 aziende, con quasi 350 mila ettari di Sau, sempre nel 2010. Anche le società cooperative si espandono per superare le 3.000 unità e quasi i 130 mila ettari di Sau. Diminuiscono in modo sostanziale le “altre forme” giuridiche, che sono costituite in prevalenza da proprietà di Enti pubblici (Stato, Regioni, Comuni) il cui processo di ristrutturazione s’incrocia recentemente con i progetti di privatizzazione legati alle politiche di riduzione del debito pubblico nazionale.

Alcune considerazioni conclusive

I grandi cambiamenti della struttura delle aziende agricole italiane nel corso degli ultimi cinquant’anni, come abbiamo visto, non sono stati né lineari né tanto meno uniformi. Sono cambiate l’importanza relativa e alcune caratteristiche interne delle principali tipologie aziendali, a cominciare dalla loro dimensione e dalla progressiva concentrazione in un minor numero di aziende sempre più grandi.
Le forme di conduzione diretta sono diventate prevalenti e l’aumento delle loro dimensioni è avvenuto con un maggior utilizzo della manodopera extra-familiare, con un maggior ricorso alla gestione della terra sia in proprietà sia in affitto, e all’utilizzazione dei servizi esterni all’azienda. La formazione di aziende di maggiori dimensioni (superiori a 50 ettari di Sau), ha interessato sia le aziende con salariati sia quelle a esclusiva conduzione familiare, contribuendo alla formazione di vere e proprie imprese, con caratteristiche sempre più simili, anche se differenziate in base alle dimensioni.
La concentrazione delle aziende nelle zone di pianura ha ampliato le dicotomie territoriali esistenti nell’agricoltura italiana, poiché questi processi sono risultati più rapidi al Nord rispetto al Sud, mentre la frattura è diventata più netta fra le zone di pianura, dove prevale la funzione produttiva, e quelle di collina e montagna, soprattutto appenniniche, dove il grande abbandono ha aggravato i problemi socio economici e quelli ambientali con il verificarsi di vere e proprie emergenze e disastri di carattere ambientale.
La struttura stessa del lavoro familiare, e con essa della famiglia contadina, è cambiata profondamente, con il maggiore impegno dei familiari all’esterno dell’azienda e con l’aumento del ricorso alla manodopera non familiare e di quella straniera. L’invecchiamento dei conduttori, però, permane rilevante e restano le difficoltà nel ricambio generazionale.
Nonostante questi processi che l’analisi, anche se parziale, dei Censimenti ha mostrato chiaramente, occorre domandarsi se queste trasformazioni sono in grado di mettere le imprese agricole italiane in condizione di affrontare i cambiamenti strutturali che contemporaneamente hanno riguardato nei decenni passati sia il sistema agroalimentare nel suo complesso, sia, e soprattutto, se sono sufficienti per affrontare le sfide e le opportunità che accompagnano i processi di internazionalizzazione che hanno visto un’accelerazione proprio nel nuovo millennio.
Nonostante l’aumento delle dimensioni aziendali, che comunque restano inferiori a quelle dei grandi paesi dell’Unione europea, e la formazione di imprese agricole di medie e grandi dimensioni, come ha messo in evidenza in particolare il Censimento del 2010, restano ancora rilevanti i problemi dell’aggregazione dell’offerta e la formazione di un potere contrattuale in grado di sostenere i redditi e l’occupazione in agricoltura all’interno delle numerose filiere produttive e distretti che caratterizzano il sistema agroalimentare italiano. L’affermazione di una “economia contrattuale” deve vedere fra i protagonisti dell’intera catena alimentare anche le imprese agricole e le sue rappresentanze, al fine di valorizzare la qualità delle produzioni agricole in accordo con le esigenze dei consumatori italiani e dei mercati internazionali.
L’ampliamento delle numerose possibilità offerte dalla pluriattività, a cui si sono aggiunte negli ultimi anni le alternative connesse alle energie da fonti rinnovabili, assieme all’utilizzazione delle nuove tecnologie informatiche, ancora poco presenti dalle aziende agricole italiane, possono inoltre, fornire gli elementi necessari per delineare una strategia più complessiva per riallacciare i rapporti fra le zone urbane, quelle periurbane e quelle rurali, che potrebbe portare ad un ampliamento del ruolo multifunzionale dell’agricoltura e contribuire alla realizzazione dei progetti specifici per le cosi dette Smart Cities, che stanno avendo una forte accelerazione negli ultimi anni sulla spinta delle strategie di Europa 2020.
Restano ancora sul tappeto diversi nodi strutturali che riguardano in particolare l’accentuarsi delle forti dicotomie fra le caratteristiche produttive dell’agricoltura e i grandi temi ambientali, che soprattutto nelle aree collinari e montane, che sono soggette a forti pressioni di abbandono, si ricollegano strettamente con le tematiche della gestione del territorio, l’uso delle risorse (suolo e acqua in particolare) e la salvaguardia del paesaggio. Il ricondurre a unitarietà lo svolgimento di queste diverse funzioni (produttiva, sociale ed ambientale) rappresenta uno dei principali problemi che l’agricoltura italiana e le stesse aziende agricole devono affrontare per rispondere alle esigenze della società del futuro.

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  • 1. La multifunzionalità ha visto la diffusione dell’agriturismo e del turismo rurale (strade del vino e percorsi enogastronomici), dell’agricoltura biologica e dei servizi forniti alle altre aziende e, più in generale, si è allargata ad attività per il resto del comunità, con la gestione del verde pubblico, le aziende sociali, le fattorie didattiche, e più recentemente anche con i farmer markets, e le nuove prospettive dello sviluppo dell’energia da fonti rinnovabili.
  • 2. Naturalmente, i grandi cambiamenti strutturali riportati in questo lavoro sono per molti aspetti indicativi in quanto da un Censimento all’altro sono cambiate, ad esempio, le definizioni stesse delle aziende (Universo Italia e Universo UE ad esempio) e quelle delle superfici, con l’introduzione della Sau dopo il 1970.
  • 3. Il consumo del suolo, oltre all’espansione delle utilizzazioni per uso abitativo, produttivo e infrastrutturale, è quindi legato anche al possibile non completo trasferimento della Sau dalle quelle più piccole a quelle al di sopra i 20 Ha. Per una analisi del consumo di suolo in Italia si veda il Rapporto sulla situazione del paese dell’Istat (2012).
  • 4. L’importanza delle aziende con salariati può comunque ritenersi maggiore soprattutto se si considerano le sottovalutazioni nell’utilizzazione della manodopera extra-familiare nelle aziende a conduzione diretta ricordate in precedenza.
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