De-mercificazione del cibo locale: un caso studio in Sicilia

De-mercificazione del cibo locale: un caso studio in Sicilia
a Università della Calabria, Dipartimento di Scienze Politiche e Sociali

Introduzione 1

In questo articolo presentiamo parte dei risultati di una ricerca sulle strategie innovative adottate dai produttori agricoli che si collocano all’interno di filiere alimentari alternative - che vedono sul lato dei consumatori la presenza dei Gruppi di acquisto solidale (Gas) - con l’obiettivo dichiarato di individuare modelli di produzione e consumo alternativi a quelli dei sistemi agro-industriali dominanti. La nostra tesi è che questi produttori, che chiameremo “critici”, pongono in essere strategie analizzabili come pratiche di de-mercificazione. In particolare facciamo riferimento ad uno specifico studio di caso realizzato con tecniche diversificate (interviste in profondità, focus group, osservazione) e analisi della letteratura grigia (in formato elettronico e cartaceo).

Il processo di de-mercificazione

L’impianto analitico della ricerca fa riferimento a quello che Van der Ploeg (2009) tematizza come “modo di produrre contadino”, caratterizzato da uno specifico rapporto di interazione fra uomo e natura “vivente” (terra, acqua, piante, animali). Ciò determina una particolare organizzazione dell’attività agricola, tendenzialmente orientata a internalizzare la riproduzione degli input produttivi, diminuendo in tal modo la dipendenza dal sistema dominante.
Per dar conto del processo di de-mercificazione è necessario un ulteriore passaggio analitico. L’attività produttiva, infatti, non è indifferente al contesto delle relazioni sociali entro cui si realizza: l’emergenza del capitalismo ha segnato da una parte la separazione storica fra produzione e consumo e l’istituzione del mercato come luogo della loro ricomposizione; dall’altra, la trasformazione in merce dei fattori produttivi (lavoro, mezzi di produzione, materia prime) e, di conseguenza, del prodotto.
In questo senso, il processo di de-mercificazione non può essere concepito come mero tentativo di ridurre la dipendenza dal mercato, perché ciò non cambierebbe la natura delle relazioni che intervengono fra produzione e consumo. E’ definibile, invece, come una pratica sociale tendenzialmente orientata a rompere le condizioni di dipendenza lungo l’intero ciclo.

Lo studio di caso

Lo studio ha riguardato il Consorzio di operatori del biologico “Galline Felici” che, a sua volta, ha promosso la nascita dell’Associazione Culturale Siqillyàh (www.siqillyah.it). Il primo è costituito da 15 realtà che operano nell’area sud-orientale della Sicilia. Si tratta di 13 aziende agricole, prevalentemente agrumicole, una cooperativa di piccoli pescatori e una cooperativa sociale di produzione dolciaria che opera all’interno della casa circondariale di Siracusa. L’aggregazione tra i produttori è avvenuta sulla base di una prospettiva comune di azione, come si racconta sul loro sito internet: “le galline felici non è un intermediario commerciale, è una compagine sociale fatta da gente che ha storia, sentire ed obiettivi comuni, ben oltre la commercializzazione dei nostri prodotti e che la relazione, tra di noi e verso l’esterno, è l’aspetto principale, che la dedizione ad una causa comune è il collante” (www.legallinefelici.it ). Non è sufficiente garantire produzioni biologiche ma farne parte significa dunque condividere un sistema di valori. In questa logica il Consorzio non persegue una propria crescita illimitata ma lo sviluppo di altre esperienze di economia solidale (Mance 2010, Tavolo per la rete italiana di economia solidale 2010).
Nasce così l’Associazione Culturale Siqillyàh, che conta oltre 600 soci, di cui circa il 40% residente nel centro-nord Italia. Obiettivo dichiarato nello statuto è “Promuovere iniziative mirate a tessere una rete di connessione improntata sulla collaborazione e lo scambio solidale tra tutti coloro, individui o enti, che operano o intendono operare nella direzione di una possibile trasformazione sostenibile della Sicilia, favorendo la cultura del bene-essere in tutte le sue accezioni e per tutte le forme di vita. L’Associazione si propone di essere catalizzatore della nascita di attività e di microeconomie non convenzionali che pongano al centro del proprio agire l’individuo piuttosto che la merce”.
Tra i progetti avviati vi è la costituzione di Arcipelago Siqillyàh (www.siqillyah.com), che raggruppa realtà produttive del settore turistico e agricolo con l’intento di creare un circuito economico, oltre che sociale e culturale, che si rivolge espressamente ai consumatori critici (Leonini, Sassatelli 2008). Uno dei componenti dell’Arcipelago è lo stesso Consorzio “Galline Felici”.
L’azione posta in essere da queste realtà si caratterizza per la scelta esplicita di operare sui territori adottando modalità alternative a quelle del mercato capitalistico, nella consapevolezza degli inevitabili compromessi ancora determinati dal sistema dominante. In tal senso può essere interpretata come processo in atto di tendenziale de-mercificazione con riferimento a quattro dimensioni: il lavoro, i beni prodotti, le relazioni, lo scambio. Per la loro analisi utilizzeremo il ragionamento che Marx conduce nei suoi Appunti su James Mill (1963).

Il lavoro

“Ma supponiamo di aver noi invece prodotto proprio come uomini: ciascuno di noi, nella sua produzione, avrebbe doppiamente affermato se stesso e l’altro. Io avrei: 1) oggettivato nella mia produzione la mia individualità con le sue particolarità, e così, sia durante il lavoro che di fronte al prodotto di esso, avrei goduto dell’espressione vitale e della gioia individuale di sapere la mia personalità una potenza oggettiva, sensibilmente evidente, sopra ogni dubbio eminente” (Marx 1963, p. 26).
Dalla ricerca emerge che il lavoro non è concepito, né realizzato, come mero fattore di produzione da rendere omogeneo e quantificabile, o da utilizzare in vista del massimo profitto. Esso si caratterizza, invece, non solo come attività produttiva pratica, definita dalla sua specifica e concreta qualità, ma dalla scelta di esprimere se stessi attraverso il controllo dei tempi e delle modalità del lavoro. Come ci viene raccontato da un produttore: “lavorare senza vendersi la coscienza… non dovere avere un tempo di lavoro maledetto, venduto per avere quattro soldi ma poter tenere assieme vita e lavoro come parti della stessa cosa … quando vado a lavorare ci vado felice e posso manifestare il mio pensiero, posso metterlo a servizio di questa realtà, che posso volere di più?”

I beni prodotti

“2) nel tuo uso o nel tuo consumo del mio prodotto, io avrei goduto sia di aver soddisfatto con il mio lavoro un bisogno umano, sia di aver oggettivato in esso l’essenza stessa dell’uomo, per aver procurato il suo oggetto corrispondente al bisogno di una altro essere umano” (Marx 1963, p. 26).
Nella produzione e distribuzione convenzionale il pregio di un prodotto alimentare deriva in molta parte da attributi che potremmo definire “estetici”: colore brillante, grandezza uniforme, mancanza di imperfezioni. Una nostra intervistata, per esempio, parlando della vendita delle sue arance agli intermediari del biologico dice: “me le hanno contestate perché non erano abbastanza arancioni, il colore non gli è piaciuto. Gli ho detto “Ma le avete assaggiate?” non mi hanno neanche risposto”.
Nel caso che stiamo esaminando, il prodotto viene valutato per le sue qualità sostanziali di alimento utile, a prescindere da “difetti” nella forma o nell’aspetto. I consumatori critici, infatti, attribuiscono a questi beni un valore direttamente e intimamente connesso con il particolare contesto dell’attività produttiva, in termini di sostenibilità sociale ed ambientale. Qui accade che ciò che è considerato scarto dal mercato viene apprezzato in quanto cibo “buono, pulito e giusto” (Petrini 2005). Nelle parole di un produttore: “questo che commercialmente era considerato “scarto” perché era quello più difforme, quindi c’era l’arancia grossa .., quella piccolina ecc., [i Gas] sono stati felicissimi”.

Le relazioni

“3) sarei stato per te l’intermediario fra te e il genere, e dunque sarei conosciuto e sentito da te stesso come un completamento del tuo proprio essere, come una parte necessaria di te stesso, e mi sarei confermato tanto nel tuo pensiero che nel tuo cuore” (Marx 1963, p.26).
Produttori e consumatori entrano in diretto contatto sociale, in relazioni personali mutue, prima di scambiare e le relazioni non sono mediate dalle cose dando un carattere sociale differente al lavoro dei produttori e alla rete di socialità. Come si legge in una delle loro lettere inviate ai Gas: “Quindi niente più mediatori, cooperative, commercianti e intermediari vari, ma solo rapporti diretti, personali anche, con un ritorno immediato di informazioni, giudizi, remunerazione, suggerimenti, ecc. … sono nate, attraverso questo strumento, delle relazioni e dei legami molto forti, tra le righe degli ordini abbiamo parlato di molto di più e di altro, tanta gente è venuta a trovarci e ha condiviso con noi qualche pasto e qualche scarpinata in questa luminosa terra … abbiamo potuto finalmente scambiare un abbraccio con persone a cui ci sentivamo, in qualche modo, molto legati” (Li Calzi, 2003, 2005).
Questa socialità trasforma il consumatore in co-produttore: “in questa logica si ribalta tutto, quindi il lavoro, la felicità, il benessere diventano valori e quindi tu consumatore hai uno sguardo più ampio e ritieni per esempio che in qualche modo il mio benessere di produttore ti sta a cuore”.

Scambio versus mercato

“4) nella manifestazione della mia vita individuale avrei espresso immediatamente la manifestazione della tua vita e dunque nella mia attività individuale avrei immediatamente realizzato e sanzionato il mio vero essere, la mia umanità, la mia comunità” (Marx 1963, p.26).
Le relazioni che caratterizzano questo sistema non sono riducibili a semplici rapporti economici di mercato, dove gli individui si incontrano solo per vendere e comprare e in cui la logica competitiva e dell’efficienza economica, tesa alla riduzione dei costi di produzione, sembrano essere le sole spinte in vista della massimizzazione del proprio guadagno personale.
Al contrario, le relazioni tra gli attori si sostanziano in cooperazione sociale, che dà luogo da un lato, ad uno spazio di socialità in cui la compravendita del prodotto è solo uno degli elementi del processo. Esemplificativo il caso del supporto attivato a sostegno di uno dei componenti del Consorzio per consentirgli di continuare la produzione, superando un momento di grave crisi, attraverso il coinvolgimento dei Gas: “Siete disposti a prefinanziare l’acquisto di questi prodotti? … I primi tremila euro sono arrivati un quarto d’ora dopo che ho mandato la mail…ho raccolto trentamila euro per l’Arcolaio. Questo mi dice un casino di cose: … di una relazione fortissima ..con queste persone …Mi dice quanto è diverso essere in questa realtà economica [dominante] come monadi in lotta con tutti gli altri, e quanto è diverso rispetto al fatto di esserci all’interno di un contesto in cui il problema dell’Arcolaio è diventato prima un problema di tutte le Galline e immediatamente … è diventato un problema di una fitta rete in tutta Italia”.
Dall’altro lato, la cooperazione consente di introdurre efficaci innovazioni organizzative che rendono efficiente e fluido il processo produttivo, non in termini di riduzione dei costi del lavoro ma di mobilitazione in comune delle risorse. Per esempio accade che i Gas partecipino alla ottimizzazione della logistica attraverso ordini coordinati a livello di “retine” territoriali (www.retegas.org) e allo scarico collettivo dei prodotti; che i produttori si scambino informazioni, prodotti, attrezzi, lavoro.
La logica cooperativa lavora per lo sviluppo ulteriore di questi processi. Il Consorzio piuttosto che aumentare la produzione vendibile ha preferito sostenere la nascita di esperienze analoghe, come Arcipelago Siqillyàh e Equosud, una realtà calabrese che raggruppa produttori prevalentemente agrumicoli, nonostante nella logica dominante sarebbero potenziali concorrenti in quanto il mercato di sbocco cercato è quello dei Gas ed il prodotto è lo stesso. In questa direzione va anche la costituzione della Rete di Economia Solidale del Sud (www.ressud.org) parte della rete nazionale (www.retecosol.org). Come sintetizza un produttore critico, “l‘idea è che se questa collaborazione si avvia, se diamo enfasi a tutti questi processi, cresciamo tutti assieme”.

Conclusioni

Il processo descritto, tutt’altro che concluso e dato, non procede in modo uni-lineare. Le aziende sono partite cercando una modalità che permettesse loro di continuare ad operare. Nelle parole di un produttore: “La differenza è, appunto, tra il chiudere l’azienda, abbandonare e riuscire a dire: Va be’, faccio l’agricoltore e campo di agricoltura”. Il rapporto con i Gas ha permesso l’apertura di questo spazio che è ancora in via di consolidamento. Al momento, per diversi di loro, la pluriattività si rende ancora necessaria.
Il tipo di offerta non trova una domanda nei mercati di prossimità e dunque, l’organizzazione della logistica rappresenta una delle principali difficoltà da fronteggiare. Tuttavia, in prospettiva, le pratiche in esame non si esauriscono nella semplice produzione e vendita di un prodotto, ma aprono un nuovo orizzonte, in cui il lavoro non è sfruttamento ma condivisione di un agire collettivo capace di porre un limite a ciò che può essere trasformato in merce. In questo senso, esse attivano processi di de-mercificazione, pur nella consapevolezza che le difficoltà non mancano, come afferma un produttore: “è un continuo percorso, un continuo travaglio”.
Il caso non rappresenta un’esperienza isolata ma piuttosto l’esemplificazione di un processo più ampio che si sta realizzando a livello nazionale (Paciola, Giannotta 2009) alla ricerca di un altro modello di sviluppo. Al momento, le politiche non sembrano cogliere l’innovatività di queste pratiche.

Riferimenti Bibliografici

  • Leonini L., Sassatelli R. (2008), Il consumo critico, Laterza, Bari

  • Li Calzi R. (2003), Lettera ai Gas, ottobre

  • Li Calzi R. (2005), Lettera ai Gas, novembre

  • Mance A.E. (2010), Organizzare reti solidali, Edizioni Edup, Roma

  • Marx K. (1963), Appunti su James Mill In: Marx K., Scritti inediti di economia politica, Editori Riuniti, Roma, pp. 5-27

  • Paciola G., Giannotta P. (2009) (a cura), L’altra agricoltura…verso un’economia rurale sostenibile e solidale, Inea, Roma

  • Petrini C. (2005), Buono, pulito e giusto, Einaudi, Torino

  • Tavolo per la rete italiana di economia solidale (2010), Il capitale delle relazioni, Altra Economia, Milano

  • Van der Ploeg J.D. (2009), I nuovi contadini, Donzelli, Roma

  • 1. Quest’articolo riporta alcuni risultati di un progetto finanziato dal Miur, nell’ambito dei Prin 2008, dal titolo Strategie innovative dei produttori agricoli tra sicurezza e sovranità alimentare, coordinatore scientifico Annamaria Vitale, Università della Calabria, protocollo 2008LY7BJJ_001. L’articolo riprende alcuni contenuti del lavoro presentato dagli autori al XIII World Congress of Rural Sociology, tenutosi a Lisbona nell’Agosto 2012, all’interno del WG 42 Unsettling the local: changes in food and in rural development.
Tematiche: 
Rubrica: