Introduzione
Il settore olivicolo italiano sta attraversando una fase di crisi strutturale riconducibile, soprattutto, alle difficoltà che incontra nell’adattarsi ai profondi cambiamenti in atto nel contesto economico e istituzionale. Alla crisi economico-finanziaria globale degli ultimi anni, si sono sommati gli effetti di alcuni mutamenti di scenario nella filiera olivicolo-olearia, la quale ha conosciuto una rapida crescita dei volumi di offerta e l’internazionalizzazione del mercato dell’olio di oliva. In particolare, è ampiamente cresciuto il potenziale produttivo della Spagna ed è cambiato il ruolo, sui mercati mondiali, di alcuni Paesi extra-UE del Bacino del Mediterraneo (Tunisia, Siria, Turchia e Marocco) e di alcuni Paesi “emergenti” (Cile, Australia, Argentina, ecc.). L’internazionalizzazione del mercato dell’olio di oliva ha rafforzato il ruolo dominante svolto dalle imprese di confezionamento attive su scala multinazionale e di quelle della moderna distribuzione (De Gennaro et al., 2009). Sul piano istituzionale, la riforma della Politica agricola comunitaria ha rafforzato la politica di sostegno al reddito disaccoppiato dalla produzione con l’istituzione del regime di pagamento unico, vincolato ad una gestione ambientale sostenibile dell’azienda (condizionalità).
Questi mutamenti si inseriscono in un quadro strutturale dell’olivicoltura italiana caratterizzato da una forte polverizzazione aziendale e dalla prevalenza di impianti tradizionali con meno di 200 piante per ettaro, che ne limitano sia la meccanizzazione che le rese produttive. Il miglioramento della competitività dell’olivicoltura italiana e la riduzione dei costi di produzione richiede, indubbiamente, la ristrutturazione degli oliveti e l'adozione di modelli olivicoli innovativi.
Diversi autori, sia in Spagna che in Italia, hanno raccomandato l’adozione di oliveti a più alta densità d’impianto, progettati per la raccolta meccanica e capaci di garantire rese più elevate e costi di produzione più bassi (Fontanazza, 2000; Tombesi et al., 2008), proponendo due modelli: intensivo (con oltre 200 piante/ha), già diffuso sia nei Paesi produttori tradizionali, che nei Paesi emergenti, e superintensivo (con oltre 1.500 piante/ha) (Tous et al., 2007) introdotto in alcune regioni della Spagna (Aragona, Andalusia, ecc) e in altri paesi produttori di olio di oliva (Tunisia, Marocco, California, Australia, Portogallo, Francia, Cile, Argentina, Italia, ecc.). Il modello superintensivo sembra essere capace di garantire sia rese elevate dopo pochi anni dall’impianto che la meccanizzazione completa della coltura, anche se alcune esperienze in Spagna segnalano problemi riguardanti l’efficiente gestione della chioma a partire dal 6°-7° anno dall’impianto che incidono negativamente sulle produzioni e rendono difficile prolungare la vita economica oltre il 15°-16° anno di età (Tous et al., 2007; Pastor et al., 2006). Gli studi finora condotti per verificare l’adattabilità del modello superintensivo al contesto italiano, riportano i risultati conseguiti finora, relativi ai primi anni del ciclo produttivo e focalizzati sugli aspetti agronomici (Camposeo e Godini, 2010) oppure sui vantaggi derivanti dalla riduzione dei costi di raccolta (Bellomo e D’Antonio, 2009). Una corretta valutazione economica in merito alla adozione di questo modello richiede, invece, la valutazione della redditività dell’investimento in termini comparativi con il modello intensivo. Poiché gli investimenti conseguenti alla adozione dei due modelli hanno diversa durata economica una corretta procedura valutativa richiede che si prenda in considerazione l’intero ciclo di vita dell’oliveto con maggiore durata.
L’obiettivo di questo lavoro è stato, pertanto, quello di confrontare economicamente i due modelli intensivo e superintensivo, basandosi sulla comparazione dei flussi dei costi e dei ricavi ad essi associati nel corso di un periodo di riferimento, pari all’intera vita economica dell’impianto di maggiore durata e dei relativi investimenti.
Ipotesi di base e principali caratteristiche dei due modelli olivicoli
Come accennato in questa analisi sono stati presi in esame i due modelli olivicoli considerati più promettenti per il rilancio della competitività dell’olivicoltura italiana: quello intensivo (OI) e quello superintensivo (OSI). Per entrambi i modelli, la selezione della cultivar da impiantare ha un’importanza fondamentale per ottenere uno sviluppo della chioma appropriato e garantire sia elevate rese, produttive e qualitative, che l'adattamento alla meccanizzazione della coltura in tutto il suo ciclo produttivo (Fontanazza, 2000). Mentre il modello intensivo, già sperimentato e diffuso nel contesto produttivo italiano, permette di utilizzare gran parte del ricco patrimonio genetico nazionale, il modello superintensivo, invece, si fonda, al momento, sulla applicazione di un pacchetto tecnologico che prevede necessariamente l’impiego di poche cultivar caratterizzate da bassa vigoria e da uno sviluppo vegetativo compatibile con la raccolta meccanizzata tramite macchine scavallatrici (Arbequina, Arbosana, Koroneiki) (Inglese e Famiani, 2008). Quest’ultimo modello è diffuso in Italia su poche centinaia di ettari, poiché praticabile in aree vocate alla coltivazione dell’olivo con terreni relativamente pianeggianti e disponibilità di acqua per l’irrigazione (Tous et al., 2007).
La comparazione dei due modelli ha preso in considerazione l’area produttiva olivicola settentrionale della provincia di Bari (De Gennaro et al., 2010), considerando un periodo di osservazione di 48 anni, pari alla presunta vita economica del modello intensivo e a tre volte quella ipotizzata per il modello olivicolo superintensivo. L’unità di analisi considerata è 1 ettaro di superficie coltivata ad oliveto.
I dati tecnici di base (Tabella 1) e le potenzialità produttive (Figura 1) dei due modelli analizzati sono stati ottenuti dalla letteratura disponibile (Tous et al., 2007; Pastor et al., 2006; Loreti, 2007; Camposeo e Godini, 2010) e, in assenza di riferimenti bibliografici, si è fatto affidamento sulle conoscenze di tecnici esperti in olivicoltura.
Tabella 1 - Caratteristiche principali dei due modelli olivicoli intensivo (OI) e superintensivo (OSI)
* Si intende il livello produttivo nella fase a produttività media costante
Figura 1 - Andamento della produzione olivicola ipotizzata per i due modelli
Dopo aver identificato le caratteristiche fondamentali delle due tipologie di impianto, sono state definite le tecniche standard di coltivazione dell’olivo per ogni fase del ciclo produttivo e per entrambi i modelli colturali, nell’areale di produzione prescelto.
L’elaborazione dei dati riguardanti l’impiego di mezzi tecnici e le principali produzioni ottenute (olive, residui di potatura, ecc.) nell’intero periodo di riferimento ha consentito una prima comparazione tra i due modelli colturali (Tabella 2).
Tabella 2 - Mezzi tecnici impiegati e produzioni ottenute nei due modelli di olivicoltura intensivo (OI) e superintensivo (OSI) nel corso del periodo di riferimento (totale 48 anni)
Dalla comparazione dei dati sopra esposti emerge che l’oliveto superintensivo richiede un maggiore impiego di mezzi tecnici e fornisce, nell’intero periodo considerato, una minore produzione di olive e di legna derivante dall’espianto della coltura. Il maggior impiego di fertilizzanti, pesticidi e input energetici è determinato dalla maggiore intensività della coltura e dal livello di meccanizzazione. L’elevato consumo complessivo di acqua irrigua del modello intensivo, invece, è dovuto alla più lunga durata della fase a regime di piena produzione (40 anni, dal 9° al 48° anno) rispetto al superintensivo (33 anni ripartiti su tre cicli di piena produzione dal 6° al 16° anno). Per la stessa ragione, oltre che per le rese più elevate nella fase a regime, il modello intensivo consegue una più elevata produzione olivicola totale.
Analisi finanziaria degli investimenti
La comparazione dei due modelli olivicoli è stata effettuata sviluppando l’analisi finanziaria dei flussi di cassa (Cash Flow Analysis) generati nell’intero periodo di riferimento (48 anni). I criteri utilizzati per confrontare la convenienza tra i due investimenti colturali olivicoli sono stati: il Valore Attuale Netto (VAN) e il Tasso di Rendimento Interno (TIR). Il primo criterio misura il valore attuale dei benefici netti (ricavi meno costi) generati da un investimento nel corso della sua durata economica, ad un saggio di sconto predeterminato. Il secondo criterio individua il tasso di sconto che rende il valore attuale dei ricavi esattamente uguale al valore attuale dei costi, ossia rende o il VAN. Un investimento è considerato conveniente se il VAN è positivo (VAN > 0) e se il TIR è maggiore o uguale al rendimento di investimenti alternativi caratterizzati dallo stesso livello di rischiosità.
Al fine di rendere più agevole la comparazione tra i due modelli si è deciso di trascurare gli effetti generati da strategie aziendali che riguardino la fase di trasformazione delle olive in olio, così come le differenze qualitative delle rispettive produzioni olearie riconducibili alle diverse cultivar utilizzate (Loreti, 2007).
L'analisi è stata sviluppata sulla base delle seguenti assunzioni:
- il tasso di interesse (r) pari al 2%;
- i costi, di impianto e di gestione dell’oliveto, sono stati valutati considerando il costo orario della manodopera dipendente per le operazioni manuali, comprensivo degli oneri contributivi, e le tariffe praticate dai contoterzisti (operazioni meccaniche);
- i ricavi totali annuali includono sia i proventi derivanti dalla vendita delle olive, sia i ricavi ottenuti dalla vendita della legna derivante dall’espianto dell’oliveto a fine ciclo produttivo, escludendo dal computo il Pagamento Unico Aziendale (PUA) e qualsiasi forma di sostegno pubblico agli investimenti (per esempio i contributi in conto capitale erogati dal PSR);
- i ricavi ottenuti dalla vendita delle olive sono stati calcolati ipotizzando uno stesso prezzo di mercato dovuto ad un identico livello qualitativo della produzione olivicola ottenuta nei modelli analizzati. Il prezzo delle olive considerato (350 €/t) è pari a quello medio rilevato sulla piazza di Bari nella campagna di raccolta 2009/2010 (ISMEA, 2010).
Nella prima fase dell'analisi è stato valutato l’ammontare del costo di investimento iniziale per l’impianto e l’entità dei flussi dei costi di gestione e dei ricavi associati ai due modelli nel periodo di riferimento.
Le valutazioni effettuate hanno mostrato che l'investimento iniziale è più alto nel modello olivicolo superintensivo (OSI), a causa dei maggiori costi per la messa a dimora delle piantine, per l’allestimento del sistema di sostegno delle stesse e per l’installazione dell’impianto d’irrigazione (Tabella 3). Va, inoltre, considerato che il costo d’impianto dell’oliveto, al netto di alcuni materiali che si è ipotizzato possano essere recuperati, viene sostenuto altre 2 volte nel corso del periodo di riferimento (al 17° e al 33° anno), mentre nel caso dell’intensivo è sostenuto una sola volta.
Tabella 3 - Confronto dei costi di impianto (€/ha) nel modello olivicolo intensivo (OI) e superintensivo (OSI)
I costi annuali di gestione della coltura sono influenzati dal grado di meccanizzazione dell’oliveto. A questo riguardo, nonostante il maggiore impiego di fattori produttivi (fertilizzanti e pesticidi), il modello OSI ha evidenziato costi di esercizio inferiori rispetto al modello OI in tutte le fasi di produzione, esclusa la fase di allevamento, per effetto dei minori costi di potatura e di raccolta (Tabelle 4 e 5).
Tabella 4 - Confronto dei costi operativi e ricavi annuali in ogni fase del ciclo di vita (€/ha) nei due modelli olivicoli analizzati
Tabella 5 - Confronto dei costi operativi nella fase a produttività media costante (€/ha) nei due modelli olivicoli intensivo (OI) e superintensivo (OSI)
Nella seconda fase dell’analisi sono stati valutati i flussi di cassa netti annui determinati come saldo tra ricavi e costi. Il calcolo dei flussi di cassa ha consentito la misurazione degli indici di redditività dell’investimento (VAN e TIR). Al prezzo delle olive sul mercato all’origine di 350 €/t entrambi i modelli mostrano un VAN negativo, pari a -32.249,48 euro per il modello olivicolo intensivo (OI) e -34.622,54 euro per quello superintensivo (OSI). Questo risultato indica che, al netto del sostegno comunitario (PUA), con gli attuali livelli dei prezzi delle olive, entrambi i modelli non sono in grado di garantire la convenienza economica dell’investimento.
Nell’ultima fase dell’analisi è stato calcolato l’andamento del VAN e del TIR in funzione del prezzo di vendita delle olive. Il modello olivicolo OI ha mostrato una performance migliore del VAN per ogni livello di prezzo (Figura 2). Il TIR, invece, è risultato migliore per il modello olivicolo intensivo OI fino ad un certo livello di prezzo, pari a 580 euro/t ma, al di sopra di questa quotazione, la performance dell'OSI supera quello dell'OI (Figura 3). Quest’ultimo effetto è da ricondurre alla maggiore rapidità di entrata in produzione del modello OSI. Le più alte rese produttive ottenute nei primi anni dopo l’impianto (3° - 5° anno), per livelli di prezzo elevati, conferiscono a questo modello la capacità di generare un TIR più alto rispetto al modello OI.
Figura 2 - Andamento del Valore Attuale Netto (VAN) al variare del prezzo delle olive
Figura 3 - Andamento del tasso di rendimento interno (TIR) al variare del prezzo delle olive
I risultati ottenuti indicano che il rinnovamento degli oliveti rappresenta un’opzione strategica praticabile a condizione di un miglioramento delle attuali quotazioni di mercato delle olive; in particolare sono necessari, se si conside a i solo criterio del VAN, prezzi uguali o superiori a 461 €/t per il modello intensivo e superiore a 493 €/t per quello superintensivo.
Considerazioni conclusive
Con questo studio abbiamo inteso confrontare sistemi colturali innovativi e proporre un approccio analitico che ne consideri le prestazioni globali, lungo un arco temporale pari all'intero ciclo di vita nel modello olivicolo di maggiore durata. Una scelta che nasce dalla considerazione che limitare le valutazioni ad una sola fase del ciclo produttivo o ad una specifica operazione colturale potrebbe portare a risultati fuorvianti.
Tuttavia, la mancanza di dati sperimentali sull’intero ciclo produttivo del modello olivicolo superintensivo applicato al contesto italiano ha richiesto l’adozione di alcune ipotesi fondate sull’attuale stato delle conoscenze e ricavate sia dall’esperienza spagnola che da quella, più breve, realizzata in Italia. Il modello superintensivo, nonostante gli indubbi vantaggi di costo, derivanti dal più elevato livello di meccanizzazione delle operazioni di potatura e di raccolta, rese produttive elevate, realizzabili entro pochi anni dall’impianto, ha mostrato delle performance economiche complessivamente inferiori. D’altro canto, questo modello può vantare, a parità di altre condizioni, una durata economica più ridotta e, quindi, una maggiore flessibilità temporale delle scelte aziendali.
Considerate le condizioni di mercato delle ultime campagne di produzione, ed escludendo qualsiasi forma di sostegno pubblico (contributi in conto capitale erogati dal PSR per gli investimenti e gli aiuti diretti disaccoppiati), l'adozione di modelli innovativi in olivicoltura risultata essere un’opzione strategica non conveniente per le aziende che si limitano alla sola commercializzazione delle olive.
Per rilanciare la nostra olivicoltura è necessario quindi un sostegno pubblico agli investimenti per il rinnovamento degli impianti, ma nello stesso tempo è indispensabile intervenire per migliorare l’organizzazione e il funzionamento della filiera, riequilibrando i rapporti di forza tra le diverse fasi della stessa e garantendo una più equa distribuzione del valore.
La necessità di un rinnovamento strutturale dell’olivicoltura italiana deve essere affiancata dalla promozione e valorizzazione della qualità attraverso un approccio di filiera. In questa prospettiva il modello di olivicoltura intensivo appare più appropriato al contesto produttivo italiano poiché si presta meglio nel valorizzare il ricco patrimonio varietale delle olivicolture nazionali.
Riferimenti bibliografici
- Camposeo S., Godini A. (2010), “Preliminary Observations about the Performance of 13 Varieties According to the Super High Density Oliveculture Training System in Apulia (Southern Italy)”, Advances in horticultural science, 24 (N. 1), pp. 16-20, Firenze University Press, Firenze
- Bellomo F., D’Antonio P. (2009), “Come meccanizzare l’oliveto per avere più reddito”, n. 28/2009, pp. 36-38, Edizioni L'Informatore Agrario S.r.l., Verona
- De Gennaro B., Casieri A., Cimino O., Roselli L. (2010), “Organizzazione e performance aziendali nella filiera olivicola – olearia pugliese”, in Atti del Convegno internazionale e finale del Progetto “Ricerca ed innovazione per l'Olivicoltura Meridionale” (RIOM), Rende (CS) 11 – 12 giugno 2009, F.lli Guido Arti Grafiche Edizioni, Rende (CS)
- De Gennaro B., Roselli L., Medicamento U. (2009), “Il commercio internazionale degli oli di oliva italiani e pugliesi: un'analisi comparata”, Economia Agro-alimentare, Anno XI: N.3, pp. 79-101, FrancoAngeli, Bologna
- Fontanazza G. (2000). Olivicoltura intensiva meccanizzata, Edagricole, Bologna, Italy.
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- Loreti F. (2007), “Alta densità: rivoluzione globale nelle tecniche di coltivazione dell’olivo”, Frutticoltura n. 7-8, pp. 56-69, Edagricole, Bologna
- Pastor Muñoz-Cobo M., Hidalgo Moya J.C., Vega Macias V., Fereres Castiel E. (2006), “Densidades de plantacion en olivar de regadio. El caso de las plantaciones superintensivas en Andalucia”, Fruticultura Profesional n. 160, pp. 27-42, Agro Latino - Universidad de La Rioja, La Rioja, España
- Tombesi A., Guarella P., Di Vaio C., Toscano P. (2008), “Innovazioni nella meccanizzazione della raccolta e della potatura e ristrutturazione degli impianti olivicoli”, in Atti del Convegno Internazionale: Ricerca ed innovazione per la filiera olivicolo - olearia dei Paesi del Mediterraneo - Progetto RIOM, AGRILEVANTE, Bari 18-20 ottobre 2007, Tomo 1, pp. 175-190, F.lli Guido Arti Grafiche Edizioni, Rende (CS)
- Tous J., Romero A., Hermoso J. F. (2007), The hedgerow system for olive growing, OLEA - FAO OLIVE NETWORK nº 26, Cordoba, Spain
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Thu, 01/01/1970 - 01:00
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APPREZZAMENTO ALL'ANALISI
ANALISI DEI DUE SISTEMI PUNTUALE
UN DOVEROSO RINGRAZIAMENTO AGLI AUTORI
Commento originariamente inviato da 'A.ANGELO' in data 29/05/2011.
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domanda
Buongiorno,
ho apprezzato molto il vostro articolo ma mi chiedevo se fosse giusto il valore dei resti di potatura in tonnellate per ettaro; mi sembra davvero eccessivo. Nel caso fosse giusto sarei veramente contenta!
Cordiali saluti.
Elena.
Commento originariamente inviato da 'Elena' in data 19/03/2013.