Il “tema” di questo numero di Agriregionieuropa è la crisi economico-finanziaria in corso e le sue relazioni con l’agricoltura e l’agro-alimentare. Rinviando alla lettura degli articoli, in questa nota due aspetti meritano di essere sottolineati.
Il primo, la crisi sarà lunga. Le espressioni di prudente soddisfazione alla lettura di alcuni dati congiunturali meno negativi, non debbono trarre in inganno. Anche perché, mentre rallenta il crollo del Pil e riprende la borsa, la crisi impatta, con alcuni trimestri di ritardo e per tempi più protratti, sull’occupazione e da qui sul reddito, sulla domanda, sugli investimenti.
D’altra parte, i bilanci dei governi che hanno fin qui sostenuto la domanda, sono ora in sofferenza. Essi sono già in difficoltà ad iniettare nuova spesa nell’economia; sarebbe ancor peggio se i tassi di interesse salissero. Le previsioni degli economisti divergono sulla forma che avrà la ripresa. Alcuni immaginano una forma ad U con un tratto inferiore allungato che potrebbe durare fino al 2012 o oltre. Altri pensano che potrebbe essere a W, interpretando i segnali di ripresa come effimeri rimbalzi seguiti da un lungo periodo di turbolenza. Pochi intravvedono un più ottimistico andamento a V che vorrebbe dire che il peggio è passato.
Il secondo aspetto riguarda l’economia dopo la crisi. Come sarà cambiata? Non è facile rispondere anche se alcuni indicatori aiutano a capire che sarà diversa da oggi. Non solo perché, mentre gli Usa, l’Europa e il Giappone presentano andamenti congiunturali pesantemente negativi, la Cina e altri paesi crescono nonostante tutto a ritmi fino al 7%. Questo significa che vivremo in un mondo diverso sia dal punto di vista economico, che delle relazioni politiche. La crisi inoltre, attraverso quella che Schumpeter chiama la “distruzione creatrice”, soffoca selettivamente i più inadatti e crea nuovi spazi competitivi per chi sappia innovare nelle giuste direzioni. E’ questo il maggiore problema per l’agricoltura (e per tutto l’agro-alimentare) in Italia.
La crisi generale, prima o poi passerà. A paragone degli altri settori, come sembrerebbero mostrare alcune analisi, l’agricoltura italiana non se la starebbe passando peggio. Ma poi, come ci ricordano gli eventi del ’29, gli effetti della recessione si manifestano pesantemente sui prezzi agricoli e, quando la crisi finisce, la ripresa non sarà per tutti, ma solo per chi saprà adeguarsi ai nuovi scenari competitivi.
L’agricoltura italiana, questo è il punto, sul piano della competitività era già in seria difficoltà prima che la crisi scoppiasse per difficoltà strutturali e organizzative che non si risolvono né con il pagamento unico, né con una politica di sviluppo rurale distribuita a pioggia. Questi interventi nell’occhio del ciclone recessivo possono avere funzioni stabilizzatrici, ma esauriscono le risorse che servono per mirare a obiettivi strategici. Occorre una politica per la competitività, una visione di lungo periodo, una politica conseguente, coerente e selettiva. In queste direzioni bisogna orientare la spesa. Altrimenti, quando per gli altri la crisi sarà finita, l’agricoltura italiana rischierà di non uscirne.
Editoriale n.18
Editoriale n.18
Franco Sotte a b
a Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali
b Associazione Alessandro Bartola (AAB)
b Associazione Alessandro Bartola (AAB)
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