Le critiche al costo della PAC
Il dibattito sull’impostazione del bilancio dell’Unione Europea e sulla distribuzione della spesa comunitaria non è nuovo. Già nel 1987, Tommaso Padoa Schioppa scriveva: “Il bilancio della Comunità deve subire profonde riforme (…) Alcune importanti funzioni vanno rafforzate; tra queste il finanziamento della ricerca e dello sviluppo nel campo industriale e l’assistenza al processo di convergenza e riconversione delle regioni arretrate e in declino industriale. Inoltre, occorrerà pervenire a un più fermo controllo della spesa agricola e alla soluzione di problemi di equità” (1).
Recentemente, in occasione delle negoziazioni sulle prospettive finanziarie 2007-2013, le critiche si sono inasprite. Da un lato, nuove necessità di spesa sono sorte, specie in relazione all’allargamento dell’UE prima a 25 membri e poi a 27 e al maggiore coinvolgimento dell’UE in politiche transnazionali: si pensi alle infrastrutture. Dall’altro, la crisi dell’UE, emersa nel 2005 con i “no” francese e olandese al Trattato costituzionale europeo e le riserve degli Stati membri contribuenti netti al bilancio dell'UE (Austria, Francia, Germania, Olanda, Svezia e Regno Unito), che avevano proposto un massimale delle spese inferiore all’1% del reddito lordo dell’UE durante le negoziazioni sul nuovo quadro finanziario, hanno premuto per l’adozione di un regime di austerità finanziaria. L'effetto è stato il contenimento delle risorse a disposizione nelle Prospettive finanziarie 2007-2013.
All’interno di questa discussione, con un peso che sfiora quasi la metà del bilancio generale, la spesa agricola è stata inevitabilmente investita. Il più autorevole e consistente attacco è venuto dal cosiddetto Rapporto Sapir (1) (uno studio commissionato nel 2004 a un gruppo di economisti dal presidente della Commissione Prodi). Si legge in quel lavoro: “La struttura del bilancio (…) impone una riduzione molto consistente della spesa dedicata all’agricoltura. Si tratta di compiere un passo molto radicale per uscire dalla situazione attuale. Quattro motivi giustificano una riduzione. Primo, il peso attuale della PAC è talmente elevato che se non lo si pone sotto stretto controllo, non è possibile nessuna significativa riallocazione della spesa all’interno del budget corrente. Secondo, la PAC ha cessato di essere una politica allocativa volta a promuovere l’efficienza e la produzione, ed è diventata una politica redistributiva a beneficio di un particolare gruppo di cittadini. Terzo, l’ampia varietà di redditi, densità di popolazione e condizioni climatiche dell’Europa allargata implica un’altrettanto ampia eterogeneità di preferenze per cui è molto difficile condurre un’unica politica di sviluppo rurale da Bruxelles. Quarto, la PAC non appare coerente con gli obiettivi di Lisbona, nel senso che il suo contributo alla crescita e alla convergenza in Europa è minore di quanto è ottenuto con altre politiche”.
In seguito, è stata la stessa Commissaria europea al bilancio Dalia Grybauskaité a riprendere l’argomento. Nella sua prima audizione alla Commissione bilancio del Parlamento europeo nell’ottobre 2004, nell’occasione cioè in cui presentava il suo programma, dichiarava che: “La PAC è antiquata e obsoleta e fagocita una porzione delle risorse europee sproporzionata rispetto al peso reale dell’agricoltura (…) Le finanze vanno indirizzate verso la crescita economica e sociale (…) alcune priorità sono vecchie di decenni – inclusa la PAC nella sua forma attuale”.
Le faceva eco il 23 giugno 2005 il primo ministro britannico Tony Blair nella veste, all’epoca, di presidente semestrale in pectore del Consiglio europeo che avrebbe approvato, nel mese di dicembre del suo mandato, le preferenze finanziarie 2007-2013. Nel suo discorso al Parlamento europeo affermava: “…non sarebbe un bilancio moderno quello che da oggi a 10 anni spendesse ancora il 40% per finanziare la PAC”.
In questo contesto, è interessante ricostruire i bilanci consolidati dell’Unione Europea, dalla sua nascita a oggi. Questo esercizio permette di valutare la dinamica della spesa pubblica comunitaria nel corso del tempo e di quantificare l’evoluzione del contributo europeo al settore primario.
Il bilancio dell’UE
Il bilancio generale è l’atto che prevede e autorizza ogni anno le entrate e le uscite comunitarie; esso costituisce non solo il “contenitore” delle risorse finanziarie disponibili, ma anche l’indicatore delle scelte strategiche da perseguire. L’analisi delle uscite comunitarie costituisce quindi uno strumento, sebbene parziale (il compito dell’UE è anche di assicurare un equo ed efficace quadro normativo comune), per valutare le logiche sottostanti alle decisioni politiche e per verificare se agli obiettivi strategici dichiarati corrispondono, nei fatti, impieghi adeguati di risorse finanziarie.
La struttura e la dimensione attuali del bilancio sono l’eredità delle passate negoziazioni degli Stati membri e la loro evoluzione è legata alle esigenze di intervento emerse nel tempo (3): infatti, il bilancio comunitario è cresciuto di pari passo con il consolidamento del processo di integrazione europea dai primi 6 Stati membri agli attuali 27 e con il trasferimento di responsabilità dal livello nazionale a quello comunitario.
Negli anni Settanta e Ottanta, le risorse di cui disponeva la Comunità erano ancora modeste, ma il consolidamento dell’UE e l’aumento delle funzioni ad essa attribuite dagli Stati membri, insieme con la crescita economica intervenuta nel frattempo, hanno reso possibile dotare la Comunità di risorse finanziarie crescenti (4). Dopo una fase espansiva, la spesa comunitaria si è stabilizzata in tempi recenti quando, in condizioni di bassi livelli di crescita economica, sono prevalse le spinte per un suo contenimento. In Tabella 1 è riportata la spesa (esecuzioni pagamenti) a consuntivo dell’UE dal 1960 al 2005 a prezzi costanti 2005 (5).
Tabella 1 – Evoluzione della spesa consuntiva (esecuzioni pagamenti) dell’UE* rispetto ai bilanci degli Stati membri e al Pil della Comunità. Esecuzione in pagamenti, prezzi costanti anno 2005
* compresi CECA, CEEA e FES (6)
Fonte: elaborazioni su dati Commissione Europea, 2005
Come si può anche osservare in Figura 1, nonostante la notevole attenzione che gli è stata riservata negli anni e l’enorme grado di risentimenti politici che ha generato, il bilancio dell’UE ha in realtà un peso molto modesto in relazione sia al Pil degli Stati membri (circa 1%), che alla loro spesa pubblica totale (circa il 2%). La ragione per cui l’entità del bilancio UE è contenuta risiede ovviamente nel fatto che la maggior parte dei settori ai quali è destinata la parte prevalente della spesa pubblica (difesa, educazione, spesa sociale, ecc.) rimane responsabilità primaria dei Governi nazionali (7). Ciò nondimeno è sorprendente quanta attenzione sia ad esso riservata.
Figura 1 – Spesa consuntiva (esecuzioni pagamenti) rispetto ai bilanci degli Stati membri e al Pil dell’UE*. Esecuzione in pagamenti, prezzi costanti 2005
* compresi CECA, CEEA e FES
Fonte: elaborazioni su dati Commissione Europea, 2005
La spesa della PAC
Per quanto riguarda la destinazione delle risorse, tradizionalmente le politiche dell’UE si sono imperniate sul settore dell’agricoltura, sulla coesione economica e sociale, sulla creazione di un mercato interno aperto e sul raggiungimento della stabilità macroeconomica.
In particolare, la PAC ha rappresentato la “politica pilota”, che ha costituito l’elemento centrale del processo di integrazione europea. Non è qui il caso di approfondire le ragioni per cui nei Paesi fondatori della Comunità europea, la volontà unificatrice che ha dato origine alla PAC non si sia estesa alle altre possibili politiche comuni. Sta di fatto che la spesa agricola nell’esercizio 1970 rappresentava ben l’88,5% del bilancio comunitario. Come si può osservare nella Tabella 2, la spesa è poi scesa molto gradualmente e soltanto in termini relativi rappresentando ancora il 49,7% dei pagamenti a consuntivo nella media del quinquennio 2000-2005 (8).
Tabella 2 – Evoluzione della spesa consuntiva (esecuzioni pagamenti) dell’UE dagli anni Sessanta a oggi. Esecuzione in pagamenti, prezzi costanti anno 2005, medie del periodo
Fonte: elaborazioni su dati UE, 2005
Il giudizio critico sul peso finanziario della PAC appare qui nei suoi termini reali: in valori relativi, l’incidenza della spesa agricola è indubbiamente elevata, ma anche perché gli Stati membri hanno scelto di riservare pressoché tutte le altre politiche alla propria competenza (e quindi ai propri bilanci nazionali).
È solo con l’Atto Unico Europeo del 1985 e l’avvio del processo riformatore che condurrà al Trattato di Maastricht del 1992 che si avvia una lenta strategia di contenimento della spesa per la PAC. L’anno di svolta è il 1988, quando la riforma dei fondi strutturali accompagna l’avvio della politica di coesione e il problema della crescita del peso finanziario della PAC, conseguenza negativa del sistema dei prezzi garantiti, viene affrontato introducendo la cosiddetta disciplina di bilancio. In base a questo provvedimento, il ritmo annuale di incremento delle spese del FEOGA Garanzia non doveva superare il 74% del tasso di incremento annuo del prodotto nazionale lordo della Comunità (9).
Quella scelta è stata poi regolarmente riconfermata fino all’accordo Chirac-Schroeder, fatto proprio dal Consiglio europeo riunitosi a Bruxelles il 24 e 25 ottobre 2002, che fissava i massimali dal 2003 al 2013 (10). In particolare, si stabiliva che la dotazione complessiva, in termini nominali, per le spese connesse al mercato e ai pagamenti diretti, in ciascun esercizio dal 2007 al 2013, si sarebbe dovuta mantenere al di sotto della cifra fissata per il 2006 dal Consiglio di Berlino del 1999, maggiorata dell’1% annuo. Se si considera che le entrate complessive dell’UE aumentano annualmente di un valore stimabile intorno al 4-5% annuo, in relazione alla variazione del reddito nazionale lordo (Rnl) e all’inflazione monetaria, ciò equivale ad una contrazione reale del 3-4% all’anno.
Lo stesso accordo Chirac-Schroeder prevedeva inoltre che l’allargamento dell’UE a 10 nuovi Stati membri e poi a Bulgaria e Romania dovesse avvenire senza incrementi della spesa agricola di garanzia. Ciò equivale ad una ulteriore consistente contrazione, anche in relazione al rilevante peso agricolo di quelle economie. Il sostanza, l’accordo del 2002, salutato non senza ragioni come un atto di difesa fino al 2013 della spesa PAC nei confronti degli attacchi sia interni che internazionali, ha comunque equivalso ad una contrazione reale della spesa agricola stimabile intorno al 30-40% nel complesso dell’UE. Un risultato che non deve sorprendere se si considera che il peso della spesa agricola sul PIL dell’Unione Europea, che nel 1993 era pari allo 0.61%, è arrivato nel 2003 allo 0.43% e si stima che raggiungerà nel 2013 lo 0.33%.
Mentre il peso della spesa agricola si contrae, si rafforza il peso finanziario di nuove e altre politiche. A seguito dei successivi allargamenti dell’UE, l’obiettivo di colmare i divari regionali e promuovere la convergenza all’interno dell’Unione è divenuto centrale.
Nello stesso tempo, l’adozione nel 2000 dell’agenda di Lisbona ha indicato come obiettivo prioritario che l’UE diventi “l’economia basata sulla conoscenza, più competitiva e dinamica del mondo” attraverso la ricerca, il rafforzamento del mercato unico, la riqualificazione del capitale umano e dell’occupazione, e così via.
Sul fronte delle entrate, l’accordo interistituzionale, concluso nel maggio 2006, ha fissato gli stanziamenti per impegni nel settennato 2007-2013 all’1,048% del Rnl e quelli per pagamenti all’1,00% del Rnl. Si tratta di un compromesso molto distante dall’iniziale proposta della Commissione, che prevedeva un massimale di spesa pari all'1,24% del Rnl europeo in stanziamenti di impegni e all'1,14% in stanziamenti di pagamenti (11).
Senza contare che l’ampliamento dell’Unione ha riguardato Paesi il cui Pil per abitante è di gran lunga inferiore a quello medio comunitario, per cui l’apporto alle entrate del bilancio da parte dei nuovi Stati membri è molto modesto rispetto alle uscite.
La contrapposizione tra nuove esigenze di spesa e contrazione delle risorse proprie ha aumentato la competizione intorno agli stanziamenti del bilancio e ha comportato una progressiva erosione di risorse dalla politica agricola a favore della politica di coesione e delle azioni interne ed esterne. Di conseguenza, sebbene la spesa per l’agricoltura continui a crescere in valore assoluto e assorba ancora una fetta decisamente consistente del bilancio generale dell’UE, la sua incidenza è andata progressivamente contraendosi negli anni, fino a raggiungere complessivamente, a consuntivo (pagamenti), il 48,1% nel 2005. È di questi giorni la notizia che, alla luce dei dati della bozza di bilancio preventivo 2008, per la prima volta dal 2009 la spesa complessiva per la politica strutturale (44,2%) supererà quella della PAC (43,6%).
La tendenza decrescente del peso della spesa agricola è destinata a proseguire anche nei prossimi anni (Tabella 3). Secondo le Prospettive finanziarie 2007-2013, la rubrica 2 - Conservazione e gestione delle risorse naturali, nella quale è compresa tutta la politica agricola (I e II pilastro) è l’unica per cui non è previsto un incremento reale della dotazione finanziaria, a danno soprattutto dello sviluppo rurale, in quanto l’accordo di Berlino ha congelato fino al 2013 le risorse destinate al primo pilastro.
Tabella 3 – Prospettive finanziarie 2007-2013 UE 27 Milioni di euro, prezzi 2004
Fonte: Accordo interistituzionale del 17 maggio 2006
E’ così che, come visualizzato in Figura 2, le spese connesse al mercato e ai pagamenti diretti (primo pilastro) tra il 2007 e il 2013 scenderanno dal 35,7% al 32,0% della spesa complessiva. Così anche la spesa per il secondo pilastro diminuirà, passando dal 9,8% all’8,3%.
Figura 2 – Prospettive finanziarie 2007-2013 UE 27. Stanziamenti per impegni, valori percentuali
Fonte: Accordo interistituzionale del 17 maggio 2006
La spesa PAC in rapporto al peso dell’agricoltura
Fin qui l’analisi ha considerato la spesa agricola nei suoi volumi assoluti e in relazione all’intero bilancio dell’UE. Può essere interessante misurare il suo peso effettivo in rapporto alla dimensione del settore agricolo in termini di superficie agricola utilizzata (Sau), di unità di lavoro adulto (Ula) e di valore aggiunto agricolo (Vag). I risultati di questa analisi riferiti agli anni dal 1995 al 2006 sono raccolti in Tabella 4.
Tabella 4 – Evoluzione in pagamenti del FEOGA in rapporto alla SAU, alle ULA e al valore aggiunto agricolo dal 1995 a 2006. Prezzi 2005.
* Valore della produzione ai prezzi di base ** Stanziamenti di impegni
Fonte: elaborazioni su dati Eurostat e FAO
In media, nel corso dell’intero periodo considerato, la spesa agricola dell’UE è stata pari a 351 euro ad ettaro di Sau, 6.817 euro per Ula e al 31% del Vag. Si tratta evidentemente di un volume di risorse molto consistente, dal quale dipendono decisamente le scelte e le sorti di gran parte degli agricoltori europei. Una seconda osservazione riguarda la dinamica della spesa per unità di superficie e per unità di lavoro: la osservata contrazione delle risorse complessive della PAC nell’ambito del bilancio dell’UE non sembra essersi tradotta, almeno fino al 2004, in una analoga contrazione nei valori unitari. Si può affermare che, fino all’allargamento dell’UE ad Est, la spesa effettiva sia andata di pari passo con la dinamica sia della Sau che degli occupati. L’effetto dell’allargamento è stato invece sensibile anche sui valori unitari, producendo una riduzione media della spesa intorno al 10% per unità di superficie e del 15-20% per unità di lavoro. E’ prevedibile che questa dinamica negativa sia ulteriormente enfatizzata dall’allargamento, con la spesa PAC invariata, a Bulgaria e Romania.
Se invece si osservano i risultati in rapporto al valore aggiunto, si nota una, sia pur lieve ma significativa, crescita dell’incidenza della spesa unitaria. Ovviamente ciò dipende dalle dinamiche di mercato del settore e, specie negli anni più recenti, dalla vera e propria crisi che lo ha generalmente investito in tutta l’Europa. Ma evidentemente ci sono anche elementi strutturali che possono concorrere a spiegare il fenomeno, come la distorsione prodotta dalla stessa PAC, che ha spinto gli agricoltori a raccogliersi sotto il suo ombrello di garanzia, concentrandosi sulle colture (generalmente estensive e a basso impiego di manodopera) più protette, oppure la scarsa competitività sia tra i vecchi Stati membri (l’Italia è tra questi), che soprattutto tra quelli nuovi, connessa al mancato rinnovamento strutturale, all’invecchiamento, alle maggiori difficoltà ad operare in un mercato sempre più globalizzato.
Considerazioni conclusive
In materia di politica agricola nell’UE sono ormai prossime due fondamentali scadenze politiche. La prima, nel 2008, è l’health check, con lo scopo di fare il punto dopo la riforma del 2003 e la nuova politica di sviluppo rurale introdotta dal Regolamento 1698/2005. La seconda, tra il 2008 e il 2009, è il budget review, che ha per obiettivi di identificare le priorità chiave per il futuro dell’UE, individuare quali di queste debbano essere servite dalle politiche comuni e assicurare ad esse adeguata copertura finanziaria. Entrambi gli appuntamenti hanno anche obiettivi di breve termine, al fine di rendere più efficiente e fluida l’attività dell’Unione, fino alla scadenza del 2013. Ma al centro del confronto sarà il futuro, dopo il 2013, delle politiche comunitarie e, in particolare, per quanto qui trattato, della PAC.
Il primo appuntamento sarà ovviamente molto importante, trattando delle questioni aperte dalla riforma Fischler che, passato un primo periodo di aggiustamento e di estensione graduale dei suoi principi a tutte le OCM, vanno semplificate e adeguate in una prospettiva di lungo termine, nonché rese compatibili con i nuovi scenari tecnologici e di mercato, e con gli accordi internazionali.
Ma il secondo appuntamento sarà davvero cruciale, perché per la prima volta, dopo tanti anni, la spesa agricola sarà trattata nel quadro del bilancio complessivo dell’UE. La discussione, peraltro, non sarà più riservata ai vecchi Stati membri, come ai tempi della riforma Fischler, ma vedrà come protagonisti certamente attenti e attivi, anche i nuovi 12 partner. Questi hanno grandi aspettative nell’ambito settoriale della politica agricola ma, al tempo stesso, sono i maggiori beneficiari della politica strutturale. E’ sul loro territorio, infatti, che si raccolgono in particolare le regioni “convergenza” (quelle con il Pil/pro capite inferiore al 75% della media dell’UE) alle quali, nelle prospettive finanziarie 2007-2013, è riservato l’81,7% dell’intero budget per la politica strutturale.
Occorre allora prepararsi per tempo e aprire una riflessione approfondita, che non si fermi soltanto all’analisi delle modalità di utilizzo delle risorse comunitarie, ma che si estenda anche a comprendere come la spesa nazionale e regionale, così come la politica delle agevolazioni fiscali e contributive, possano contribuire a costruire un quadro organico di intervento efficiente, efficace ed equo.
Per individuare una politica agricola e di sviluppo rurale per il dopo 2013 non basta più rispondere come specialisti dell’agricoltura, ma occorre guardare agli obiettivi prioritari dell’UE: la coesione economico-sociale innanzitutto, e disegnare una politica agricola e di sviluppo rurale che si conformi e persegua quegli obiettivi prioritari, integrandosi con le altre politiche dell’Unione.
Dai risultati fin qui presentati è emerso che la spesa agricola europea rappresenta un volume di risorse di grande importanza per il futuro del settore. Tuttavia, il peso relativo della PAC sul bilancio è passato da quasi l’80% negli anni Settanta a meno della metà del bilancio odierno. Le prospettive finanziarie 2007-2013 prevedono un’ulteriore riduzione della dotazione finanziaria per la PAC a circa un terzo del bilancio complessivo. Ma in una situazione di contrazione delle risorse comunitarie e di aumento delle esigenze di intervento su altri fronti (l’innovazione e la ricerca) o in conseguenza dell’ingresso di Paesi con un Pil pro capite inferiore alla media comunitaria, anche quella spesa è a rischio di tagli pesanti allo scadere dell’attuale quadro finanziario nel 2013.
Il problema di quanta PAC è senza dubbio legato a quello di quale PAC.
Il Ministro De Castro ha scritto recentemente che: “La politica agricola è necessaria; non esiste al mondo un paese che non abbia una sua autonoma politica agricola. […] Se la politica agricola europea fosse cancellata dalla politiche di intervento comunitario, in pochi anni la Pac verrebbe sostituita da 25 politiche agricole nazionali … e non è affatto dimostrato che alla fine si spenderebbe meno di quanto oggi viene destinato dal bilancio UE” (12). Questa è una affermazione totalmente condivisibile. Ma la PAC, questo è il punto, si difende soltanto non arroccandosi in difesa dell’esistente e delle vecchie rendite che ancora produce e distribuisce.
La PAC insomma dovrà meritarsi le risorse di cui ha bisogno. E questo significa che dovrà essere grado di coagulare consenso intorno a sé, dimostrando di essere coerente con gli obiettivi strategici dell’Unione. Il suo futuro dipenderà quindi dalla capacità di riorientare effettivamente l’intervento agricolo verso un’agricoltura competitiva, diversificata, multifunzionale e sostenibile, che miri alla sicurezza alimentare e ambientale, e tale da integrarsi con le politiche strutturali e di coesione.
Lo sviluppo rurale costituisce il vero perno della riforma del settore agricolo, il mezzo per incoraggiare uno sviluppo territoriale e integrato, capace di promuovere l’innovazione nel settore agroalimentare, la diversificazione nelle aree rurali, la creazione di opportunità di lavoro, la tutela dell’ambiente e della biodiversità.
Note
(1) Cfr. T. Padoa Schioppa, 1987, p. 100.
(2) Cfr. A. Sapir et al., 2004.
(3) Cfr. L. Letizia, 2005.
(4) È di questi anni (1977) il rapporto MacDougall che spingeva nella direzione di un’espansione dei compiti europei e concludeva sulla necessità di un bilancio dell’ordine del 2,5% del Pil europeo.
(5) Per depurare i prezzi dalla componente inflazionistica, è stato utilizzato il deflatore del Pil a base 2005 pubblicato dall’Eurostat; inoltre, le serie storiche sono espresse in Ecu fino al 1998, mentre a partire dal 1999 l’Ecu è stato sostituito dall’euro.
(6) Benché sia riservato al Fondo Sociale Europeo (FSE) un titolo nel bilancio comunitario fin dal 1993, il FSE non rientra ancora nel bilancio generale della Comunità; esso è finanziato dagli Stati membri, dispone di regole finanziarie proprie ed è diretto da un comitato specifico.
(7) Cfr. N. Nugent, 2001, p. 422.
(8) Si tenga presente che nel testo viene utilizzata la distinzione tra le sezioni Orientamento e Garanzia del FEOGA in quanto viene analizzato l’andamento della spesa agricola fino al 2005. A partire dal 1° gennaio 2007 la classificazione della spesa è stata riformata; la politica agricola è compresa nella rubrica 2 - Conservazione e gestione delle risorse e sono operativi due nuovi fondi: il Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) finanzia esclusivamente le spese relative alla componente mercati della PAC (I pilastro), mentre il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) diviene l’unico strumento finanziario dello sviluppo rurale (II pilastro). Cfr. regolamento CE n. 1290/2005.
(9) Decisione del Consiglio del 24 giugno 1988 (88/377/CEE). Nelle prospettive 2007-2013 non è necessario mantenere la linea direttrice agricola, in quanto le spese sono già limitate dai massimali decisi dal Consiglio di Berlino fino al 2013. Cfr. COM(2006) 448 def.
(10)0 Cfr. COM(2006) 448 def. Le altre disposizioni relative alla disciplina di bilancio in materia agricola sono state riprese e rafforzate dal regolamento CE n. 1290/2005.
(11) Cfr. A. Pollazzi, S. Musti, 2006.
(12) P. De Castro, 2004.
Riferimenti bibliografici
-
Bignami F. (2007), La spesa agricola dell'Unione Europea, Associazione “Alessandro Bartola”, Collana Tesi on-line, Numero 18 - Luglio 2007 [link]
-
Commissione Europea – DG Bilancio: [link]
-
De Castro P. (2004), Verso una nuova agricoltura europea, Agra Editrice, Roma.
-
Letizia L., (2005), Il bilancio comunitario: ruolo e funzioni nella politica economico-finanziaria dell'Unione Europea. Napoli: Edizioni Scientifiche Italiane.
-
MacDougall D., (1977), Report of the study group on the role of public finance in European integration, voll. I e II. Bruxelles: Commissione Europea.
-
Nugent N., (2001), Governo e politiche dell’Unione europea. Terza edizione. Bologna: Il Mulino.
-
Padoa Schioppa T., (1987), Efficienza, stabilità ed equità. Bologna: Il Mulino.
-
Pollazzi A., Musti S., (2006) (a cura di), “Dossier sulle prospettive finanziarie 2007-2013”. In: Newsletter di informazione sull’Europa, n. 1 del 10 febbraio 2006. Bruxelles: Sede comune delle Regioni del Centro Italia, disponibile all’indirizzo [link]
-
Sapir A. et al., (2004) An Agenda for a Growing Europe - The Sapir Report. (Report of an Independent High-Level Study Group established on the initiative of the President of the European Commission, July 2003). Oxford University Press.