Affinché riprenda la riflessione strategica sul futuro della PAC

Affinché riprenda la riflessione strategica sul futuro della PAC
Analisi SWOT della riforma Fischler nella attesa di una nuova politica di sviluppo rurale

Introduzione*

La Riforma Fischler, definitivamente approvata nel mese di settembre 2003 (1), ha segnato indubbiamente una linea di discontinuità nel complicato processo di ridefinizione del ruolo della politica agricola nelle strategie dell'UE. Si è trattato ovviamente di un difficile compromesso. Una sintesi tra differenti interessi e diversi orientamenti. Il risultato quindi, nello stesso tempo in cui costituisce un punto di arrivo, dovrebbe essere considerato anche un punto di partenza nel percorso per l'individuazione di una valida strategia per le aree rurali e per il settore primario, nel quadro di un equilibrio socio-economico-territoriale a lungo termine dell'Europa allargata. D'altra parte, la riforma è stata definita prima che venissero a scadenza una notevole serie di cruciali appuntamenti europei. Mentre altre decisioni debbono ancora essere assunte.
Innanzitutto gli attori sulla scena sono in gran parte nuovi. Ci riferiamo in primo luogo ai 10 nuovi Stati membri, ma il processo dovrà continuare per inglobare nel 2007 Bulgaria e Romania, forse nel 2010 la Croazia e poi non solo probabilmente la Turchia (la cui sola prospettiva ancora remota, e neanche del tutto sicura, dell'ingresso già pesa comunque nel confronto) e forse anche i rimanenti paesi balcanici dell'ex Jugoslavia e l'Albania. Inoltre in giugno si è eletto il nuovo Parlamento Europeo, in novembre è stata nominata la nuova Commissione Barroso. All'agricoltura e agli affari rurali si è insediato il nuovo Commissario: la signora Mariann Fischer Boel. C'è ovviamente da aspettarsi che i nuovi attori giocheranno la propria parte, introducendo nuovi obiettivi e modificando le strategie del passato.
D'altra parte, è già avviato il confronto sul prossimo settennato 2007-2013 di programmazione delle politiche strutturali (2) e sulle nuove prospettive finanziarie (3). In quest'ambito va collocata la discussione anch'essa recentemente lanciata, a seguito della 2 a Conferenza sullo sviluppo rurale di Salisburgo (4), per la costituzione del nuovo Fondo Agricolo Europeo per lo Sviluppo Rurale (EAFRD) e la definizione della politica di sviluppo rurale dal 2007 al 2013 (5). Stanno ripartendo inoltre, sia pure lentamente, i negoziati WTO. Dopo il fallimento di Cancun, non è certamente interesse dell'UE rallentare il processo, né parteciparvi con un atteggiamento difensivo. Bisognerà anche rilanciare l'iniziativa in altre direzioni: si pensi ai negoziati Euromediterranei, nel quadro di tutta la politica europea di prossimità. Tutto questo nell'ambito di nuovi rapporti politici internazionali.
Naturalmente, a seguito della Riforma Fischler, molte energie sono state dedicate alla comprensione delle sue implicazioni immediate, alle decisioni conseguenti all'adozione delle envelope nazionali, all'assistenza alle imprese poste di fronte a valutazioni e scelte non semplici. Questo è ovviamente giusto e comprensibile. Meno giustificato è quel certo senso di appagamento che si percepisce diffusamente. Come se, riguardo al futuro della PAC, la strada fosse definitivamente tracciata, la riforma non corresse alcun rischio e non meritasse critiche, l'agricoltura potesse considerarsi estranea alla discussione sulle strategie dell'UE dopo Agenda 2000 e fino al 2013 e, quanto allo sviluppo rurale, si trattasse ancora di compiere adempimenti burocratici e di prendere decisioni su dettagli secondari.
La nostra tesi è diversa: il confronto deve continuare e l'agricoltura non deve tirarsi fuori dalla discussione corrente sul futuro dell'Europa. Un futuro che oggi ha come riferimento remoto il 2013, ma che ovviamente va disegnato con una strategia che guardi anche più avanti di quella scadenza. Per questo motivo proponiamo nelle pagine che seguono un tentativo di applicare l'analisi SWOT (6) alla riforma Fischler e alle nuove proposte per la politica di sviluppo rurale. L'utilizzo di tale tecnica nella valutazione delle politiche economico-sociali richiede una chiara esplicitazione del soggetto (o dei soggetti) in relazione ai cui interessi è svolta l'analisi. E' evidente infatti che quello che viene individuato come un punto di forza da una certa prospettiva e in relazione agli interessi di un soggetto o di una categoria sociale, può essere spostato tra i punti di debolezza se visto da un altro punto di osservazione o riferito ad altri soggetti ed interessi. Nell'esercizio qui proposto, al centro dell'analisi sono gli interessi di lungo periodo dell'agricoltura, in un quadro più generale di sviluppo rurale sostenibile. La lettura muove quindi da una prospettiva parziale sia in senso settoriale, che territoriale. Ma nella prospettiva di lungo periodo e in un quadro sostenibilità e di integrazione allo sviluppo rurale, gli interessi dell'agricoltura tendono a convergere verso gli interessi generali dell'intera società.
I prossimi 4 paragrafi saranno allora dedicati ciascuno ad esaminare, con lo schematismo che è proprio della tecnica dell'analisi SWOT, i punti di forza, di debolezza, le opportunità e le minacce che allo stato attuale si possono associare alla riforma in corso di attuazione. L'ultimo paragrafo è dedicato ad alcune considerazioni conclusive.

I punti di forza

1. Finalmente una riforma! La riforma Fischler rappresenta la più consistente riforma della politica agricola europea. Soltanto la riforma Mac Sharry del 1992 può essere forse considerata allo stesso livello. Questo è ovviamente un giudizio relativo. Esso deve tener conto delle enormi difficoltà incontrate dall'UE nel cammino verso la riforma della PAC fin dal tempo del riconoscimento, con il Libro verde del 1985 della necessità di orientarsi verso una politica di sviluppo rurale integrato. In altri termini, ci sono più contenuti riformatori in quella che avrebbe dovuto essere soltanto una “revisione di medio termine” di Agenda 2000, che in Agenda 2000 stessa e in tutti i tentativi precedenti di riformare la PAC.

2. Meno distorsioni di mercato e più efficienza. Il disaccoppiamento riduce le distorsioni di mercato e il sostegno all'agricoltura è più trasparente. Esso libera le energie imprenditoriali, orientando gli agricoltori ad organizzare le imprese in funzione degli stimoli di mercato. Il disaccoppiamento orienta le scelte delle imprese verso l'efficienza, come consentito dalla tecnologia disponibile e dalle condizioni di mercato. Il disaccoppiamento e la riduzione dei prezzi garantiti avvantaggia in linea di massima anche i consumatori e gli altri acquirenti a valle della produzione, che trovano i prodotti a condizioni più vantaggiose.

3. I fondi garantiti fino al 2013. Il sistema dei pagamenti diretti disaccoppiato è stato stabilito, in linea di principio, fino al 2013. La sicurezza dei finanziamenti giova agli imprenditori. Dopo la riforma essi possono operare in un quadro di relativamente maggiori certezze a medio-lungo termine. Non mancano serie minacce a questo quadro di certezza, che saranno esaminate più avanti. Il risultato comunque non deve essere sottovalutato. Era elevato il rischio per gli agricoltori di trovarsi, come dopo Agenda 2000, con una PAC non riformata e quindi ancor più inadeguata, in un quadro complessivo indefinito e in un clima di grave incertezza sul futuro anche prossimo.

4. La forte accettabilità. Attorno alla PAC è stato eretto con il tempo un potentissimo muro della conservazione. Lo hanno consolidato i tanti interessi che la PAC ha servito: interessi agricoli, certamente, ma anche del sistema agro-alimentare, della proprietà fondiaria, delle burocrazie pubbliche e delle tante lobby della rappresentanza, ecc.. Tanti tentativi precedenti di riformare la PAC, anche meno radicalmente, si sono sistematicamente infranti contro quel muro. La riforma Fischler ha dedicato particolare attenzione alla political feasibility . In questo senso è stata più accettabile. La soluzione individuata dedica infatti particolare cura alle parti del sistema sociale (specie agli agricoltori più dipendenti dai trasferimenti della PAC), che sarebbero state altrimenti maggiormente penalizzate. Questa particolarità ha consentito di vincere la loro resistenza al cambiamento. Nella peggiore delle ipotesi, la soluzione adottata (considerando le decisioni in materia di franchigia, regionalizzazione, modulazione, articolo 69, riserva nazionale obbligatoria del 3%) comporta per i vecchi beneficiari della PAC perdite di reddito comunque contenute. Anche nell'ipotesi che, pur di fronte alla nuova PAC e ai conseguenti aggiustamenti di mercato, scelgano di rinunciare ad ogni adeguamento degli ordinamenti produttivi.

5. Vantaggi possibili per chi innova. Gli agricoltori che, di fronte alla nuova PAC, scelgano di aggiustare le proprie strategie verso i prodotti, le tecniche e i mercati più promettenti potrebbero percepire degli incrementi di reddito anche molto consistenti mantenendo comunque la garanzia di reddito certa del pagamento unico aziendale.

6. La condizionalità obbligatoria. La cross-compliance diventa obbligatoria e il pagamento unico aziendale è mirato più esplicitamente alla produzione di beni e servizi di interesse collettivo. Il concetto di condizionalità viene esteso comprendendo non solo la salvaguardia dell'ambiente (anche attraverso il mantenimento della terra in buone condizioni agronomiche in linea con requisiti ambientali), ma anche la sicurezza degli alimenti e il benessere degli animali.

7. Meno tensioni nel WTO. La riforma attenua le tensioni nelle negoziazioni in ambito WTO. Il sostegno disaccoppiato ed eco-condizionato può più facilmente essere ricollocato dalla scatola blu a quella verde. La rilegittimazione della PAC può portare all'Europa qualche beneficio indiretto nelle trattative (ad esempio in materia di non trade concerns) (7).

8. Il sostegno è totalmente trattenuto dagli agricoltori. Prima della riforma, il sostegno accoppiato produceva l'effetto di aumentare sia l'offerta del prodotto sostenuto che la domanda dei rispettivi fattori di produzione. Ne conseguiva un effetto negativo sui prezzi dei prodotti e positivo su quelli dei fattori. Attraverso queste variazioni dei prezzi, si produceva, di fatto, la traslazione di parte del sostegno a valle e a monte della filiera produttiva. Il volume di questa traslazione era definito dall'elasticità delle funzioni di mercato: è noto, ad esempio, come il sostegno accoppiato, associato alla rigidità dell'offerta di terra, accresca i prezzi e gli affitti della terra, a beneficio della proprietà fondiaria. Il sostegno disaccoppiato dalla produzione riconduce l'offerta di prodotti e la domanda di fattori alle convenienze di mercato. A parità di altre condizioni, il disaccoppiamento riduce la traslazione del sostegno lungo le filiere, a vantaggio dei redditi dei percettori del sostegno.

9. Più fondi per lo sviluppo rurale. Tramite la modulazione, lo sviluppo rurale beneficerà di risorse aggiuntive (anche se molto più modeste di quanto ipotizzato all'avvio della riforma: 5% a regime, anziché 20%). Nello stesso tempo si è ampliato positivamente il menu delle scelte a disposizione nell'ambito del secondo pilastro. Sono comprese misure specifiche orientate al potenziamento degli interventi per la qualità e una più rapida applicazione nell'agricoltura dell'UE della normativa comunitaria in materia di ambiente, sanità pubblica, igiene e benessere degli animali e sicurezza sul lavoro.

10. Semplificazione. Le notevoli difficoltà attuative che si stanno incontrando nella fase di avvio della riforma (ma queste dipendono anche dalle scelte degli Stati membri relativamente alle opzioni nazionali) (8), saranno seguite da una significativa semplificazione delle procedure: una domanda sola per il pagamento unico, in luogo di tante domande, come in precedenza. E' un vantaggio questo, che dovrebbe palesarsi soprattutto una volta che la riforma sia arrivata a regime. Certamente, la scelta di usare l'opportunità delle trattenute previste dall'articolo 69, per destinare i fondi così raccolti a forme di sostegno alla qualità e all'ambiente poco selettive, può rivelarsi più una complicazione burocratica in direzione di una incentivazione relativamente modesta (una sorta di ri-accoppiamento parziale mascherato), che un reale stimolo a comportamenti esemplari.

11. Più autonomia per gli Stati membri. Altri vantaggi potranno inoltre derivare dalle decisioni degli Stati membri in merito alle opzioni nazionali (regionalizzazione, 10% opzionale riservato a qualità e ambiente, eco-condizionalità, decisioni sulle modalità di attuazione del disaccoppiamento parziale o totale, ecc.).

12. Tempestività. Un ultimo, ma non meno importante, merito della riforma Fischler consiste nella sua tempestività. La riforma è stata definitivamente approvata poco prima di tre scadenze cruciali: ripresa delle trattative WTO, avvio della discussione sulle nuove prospettive finanziarie e allargamento dell'UE a 25 membri. E' difficile immaginare come sarebbe stata riformata la PAC e quale sarebbe stato il suo futuro nell'ipotesi che l'UE si fosse presentata a Cancun senza ancora una soluzione alla politica agraria interna, oppure se la discussione sulle nuove prospettive finanziarie si fosse avviata senza il vincolo dell'impegno già assunto sui limiti e i volumi della spesa agricola. Né si può conoscere quello che sarebbe successo alla PAC nell'ipotesi che la sua riforma fosse stata argomento della trattativa a 25 Stati membri anziché a 15. Propendiamo però a ritenere che l'Europa avrebbe trovato complessivamente molte più difficoltà a procedere sia in ambito internazionale che interno, che la politica per agricoltura e lo sviluppo rurale sarebbe stata più condizionata dalle altre politiche e che le risorse complessive destinate alla PAC sarebbero generalmente diminuite.

I punti di debolezza

1. L'accoppiamento è trasferito dai prodotti alla terra. La riforma Fischler ha effettivamente sciolto (o indebolito) i legami che collegavano specifiche produzioni al sostegno (accoppiato). Ma una nuova forma di accoppiamento è stata mantenuta agganciando i pagamenti diretti all'uso agricolo della terra o comunque alla conservazione della sua vocazione agricola (9). Ciò si traduce in un sostegno alla rendita fondiaria che mantiene elevati prezzi e affitti delle terre, ostacolando il rinnovamento delle imprese e il turn-over in agricoltura.

2. Poche risorse per strategie innovative. Il disaccoppiamento, accompagnato dai pagamenti diretti, secondo le modalità definite nei regolamenti attuativi, ha esaurito gran parte delle risorse a disposizione fino al 2013. Occorre infatti tenere conto anche che l'accordo di Lussemburgo comprende anche la contrazione complessiva di fondi per il primo pilastro dal 2006, a seguito dell'accordo Chirac–Schroeder, fatto proprio dal Consiglio Europeo nell'ottobre 2002. Questo accordo prevede che all'UE-25 dal 2006 debba essere sufficiente la stessa disponibilità di fondi fin lì riservata all'UE-15. Peraltro dal 2006 al 2013 è ammesso un aumento annuale massimo dell'1% della spesa agricola a titolo del primo pilastro (10). Questo equivale a regime e in termini reali ad un taglio stimabile nel 25-30% delle risorse complessive per la PAC.

3. Manca bilanciamento tra 1° e 2° pilastro. La riforma Fischler ha cristallizzato lo squilibrio tra i due pilastri fino al 2013, negando consistenza alla politica di sviluppo rurale. Il secondo pilastro continua a ricevere risorse modeste, spesso insufficienti a correggere le distorsioni create dal primo, orientate a servire una lunga lista di misure tra loro solo parzialmente coordinate e, comunque, non coerenti né con la strategia complessiva riguardante le politiche strutturali e di coesione, né con le politiche nazionali e regionali di sviluppo locale. Ovviamente si può ricordare che il limite alla spesa non si estende al secondo pilastro, ma è ovvio che il finanziamento dello sviluppo rurale dipenda in modo cruciale dal contenimento della spesa per le politiche di mercato e per i pagamenti diretti.

4. Modesto sostegno alla multifunzionalità. L'incentivo all'agricoltura perché si orienti a svolgere gli attesi servizi multifunzionali (di tutela dell'ambiente, di cura del paesaggio, di difesa idro-geologica, ecc.) è ancora troppo modesto: il rischio per le imprese agricole è di rimanere sospese in un limbo in cui la contrazione dell'incentivo indifferenziato, associato alle condizioni di status del passato (accoppiato o disaccoppiato che sia), non viene adeguatamente compensata dal riconoscimento di sufficienti corrispettivi alle sue funzioni multifunzionali. Il pieno disaccoppiamento, unito alla contrazione del sostegno per effetto della modulazione e delle altre trattenute sui pagamenti diretti, può condurre all'abbandono di superfici non competitive, dove però l'esercizio dell'agricoltura generava esternalità ambientali positive.

5. Un nuovo privilegio allo status. Un nuovo privilegio di status viene riconosciuto con la riforma: quello di “beneficiario-della-PAC-nel-passato”. Il sostegno ricevuto (indipendentemente da qualsiasi giustificazione sulla sua opportunità in passato e oggi) diventa dunque un titolo riconosciuto per continuare a ricevere sostegno negli anni a venire. Premiando condizioni di status si impedisce alla PAC di premiare gli agricoltori virtuosi, che più si sono impegnati e che più si impegnano nella realizzazione di progetti e programmi innovativi e corrispondenti alle aspettative dei cittadini contribuenti e consumatori (11).

6. Pochi stimoli alla diversificazione. Il sostegno disaccoppiato, legato alle superfici eleggibili e calcolato sulla base dei pagamenti diretti percepiti nel biennio 2000-2002, di fatto costituisce un consolidamento e una conferma-accettazione, anche per il futuro, della distribuzione della spesa del passato (prima assicurata dal sostegno dei prezzi, poi dalle indennità compensative della riforma Mac Sharry e infine dai pagamenti diretti di Agenda 2000). I maggiori beneficiari della PAC sono così ancora gli stessi di venti anni fa. Ma questo contraddice uno dei principali obiettivi della riforma: quello di correggere la pessima distribuzione del sostegno. Fino al 2013, l'80% del sostegno va ancora (con modeste variazioni) allo stesso 20% di percettori. Si tratta in sostanza di aziende agricole generalmente più grandi, che producono produzioni più protette, prevalentemente commodities , ottenute con tecniche standardizzate, intensive di capitale e che offrono meno opportunità occupazionali. Esse sono anche poco compatibili con gli obiettivi di salvaguardia ambientale, poco diversificate e poco orientate a cogliere e servire le novità di mercato. Non sono certo queste le tipologie organizzative dell'agricoltura alle quali ci si riferiva evocando in Agenda 2000 il “modello europeo di agricoltura” o quando si è rievocata una agricoltura diversificata, multifunzionale e sostenibile.

7. Non si favorisce la convergenza. Mentre si ribadisce che obiettivo centrale dell'UE è attenuare il divario socio-economico tra le regioni in ritardo di sviluppo e la media comunitaria, i benefici della PAC continuano a concentrarsi nelle aree più ricche: le pianure, i territori meglio dotati in termini infrastrutturali e vicini ai grandi centri urbani (come il Basin Parisien in Francia e la Valpadana in Italia), quelli più vocati alle produzioni “continentali”. All'opposto, minori risorse vanno alle aree montane e di collina, a quelle più diversificate e spesso più adatte alle produzioni di qualità, alle regioni dell'Europa dell'Est e a quelle Mediterranee. Dopo la riforma, la PAC mantiene le sue caratteristiche di politica negativamente correlata con le regioni e i territori con più rilevanti problemi connessi ai bassi livelli di reddito pro-capite, alla presenza di elevati livelli di sotto-occupazione, alla marginalità geografica. Essa opera pertanto in senso geograficamente, economicamente e socialmente opposto a quello della convergenza e della coesione europea, che è obiettivo prioritario dell'UE (12). Si può obiettare che la PAC persegue altri obiettivi, ma, dato il suo peso sul bilancio dell'UE, ciò rischia di privarla ulteriormente di giustificazioni e di senso. In ogni caso, la PAC del primo pilastro ha una distribuzione della spesa non coerente con quella del secondo. A rischio è l'efficienza e l'efficacia di entrambi i pilastri.

8. Una barriera al ricambio generazionale. Il sostegno disaccoppiato legato agli ettari eligibili è una ulteriore barriera all'entrata. Per avviare l'attività agricola, i nuovi imprenditori non devono soltanto pagare costi di accesso alla terra correlati ai valori attualizzati dei redditi attesi dal mercato, ma anche l'enorme massa dei benefici e dei sostegni annessi allo status di titolare della terra (compreso ora il titolo di beneficiario-della-PAC-nel-passato). In alternativa, essi sono costretti a competere senza pagamento unico disaccoppiato, con imprese di vecchi agricoltori, che invece lo ricevono. D'altra parte, il contributo disaccoppiato contribuisce a conservare in attività imprese non efficienti e condannate altrimenti a chiudere, indebolendo l'offerta nel mercato fondiario e degli affitti di terre.

9. Si distorce la concorrenza nei mercati non protetti. Le imprese e le regioni più beneficiate dall'aiuto PAC, che prima, con il sostegno accoppiato, erano condizionate a produrre le specifiche produzioni più protette, possono adesso riorganizzare la propria offerta verso altri prodotti e mercati. Ma qui entrano in competizione (sovvenzionata) con le imprese market-oriented , quelle che hanno fin qui rinunciato al sostegno della PAC, per confrontarsi (senza pagamenti diretti di sorta e spesso senza nessun sostegno) con il libero mercato. L'effetto è una pressione dal lato dell'offerta in cui le prime imprese e regioni (che potremmo chiamare per contrasto: support-oriented ) sottopongono le seconde al rischio di perdite di reddito, rallentandone lo sviluppo. Ad evitare effetti distorsivi del genere, il Regolamento attuativo della riforma Fischler ha imposto il divieto di utilizzare gli ettari eligibili al pagamento unico per le colture permanenti e gli ortofrutticoli. Ma niente è previsto nei confronti di tutte le altre possibili attività agricole (come l'agriturismo ad esempio), ed anche il divieto per colture permanenti e ortofrutticoli è facilmente aggirabile, se l'impresa possiede, come di norma accade, più ettari di quelli eligibili.

10. Ostacoli all'integrazione dei nuovi Stati membri. Non essere stati in grado di riformare più consistentemente la PAC prima dell'allargamento ad Est implica ora che sia mantenuto un trattamento differenziato per tutto il periodo del phasing-in a vantaggio degli agricoltori più ricchi dell'UE-15 e a scapito di quelli più poveri dei nuovi 10 Stati membri. Da questo fatto possono derivare ulteriori ritardi e problemi nel processo di convergenza. Si possono comprendere le ragioni politiche che spiegano perché i più ricchi agricoltori occidentali riceveranno fino al 2013 un sostegno maggiore dei più poveri agricoltori centro-orientali. Ma si tratta pur sempre di una contraddizione che non opera in favore della convergenza.

11. L'UE ancora debole nel WTO. La posizione europea è rimasta comunque debole nel WTO, nonostante la riforma Fischler , con pesanti riflessi sia economici (in tutti gli altri settori oggetto di discussione), che politici: nei rapporti con i G-20, i paesi del bacino mediterraneo, gli USA, gli altri grandi esportatori, i PVS. D'altra parte, il sostegno complessivo all'agricoltura europea (calcolato dall'OCSE in termini di Producer Support Estimate - PSE) non è diminuito, e questo può ancora essere considerato fortemente distorsivo della concorrenza internazionale (13). Non sono più protette singole produzioni. L'effetto distorsivo è dunque decisamente minore. Ciò non toglie che l'agricoltura europea in complesso, intesa come settore produttivo, rimane protetta allo stesso modo di prima.

12. Si distorce la concorrenza tra Stati membri. Le differenti decisioni nazionali relativamente alle opzioni lasciate agli Stati membri (14) possono determinare consistenti differenze di trattamento tra produttori localizzati in differenti paesi dell'UE. Queste differenze possono anche essere giudicate il risultato del tentativo di adattare la PAC alle specifiche esigenze nazionali e regionali. Ma i singoli Stati membri (o le loro Regioni) possono anche utilizzarle strumentalmente al fine di creare artificiose condizioni di vantaggio sui mercati. In questo senso esse potrebbero rivelarsi distorsive della concorrenza tra agricoltori. Un analogo effetto distorsivo della concorrenza può determinarsi se paesi diversi assumono decisioni diverse in materia di eco-condizionalità o adottano comportamenti diversi nella gestione dei controlli e nella somministrazione delle sanzioni. Il rischio è che si determini una attenuazione generalizzata dell'impegno in direzione della multifunzionalità, oppure che qualcuno possa approfittarne favorendo, in forme palesi o nascoste, pratiche di dumping ambientale.

13. La settorializzazione delle politiche di sviluppo rurale. Invece che una sola politica europea di animazione dello sviluppo regionale e locale e di coesione e convergenza, sembrerebbe che tenda ad affermarsi una strategia di ulteriore separazione tra la politica strutturale e la PAC (secondo pilastro compreso) (15) . Tende così a prevalere una visione riduttiva dello sviluppo rurale e della ruralità, del tutto inadeguata a tenere il passo con le esigenze dell'Unione allargata e con i progressi delle politiche strutturali e di coesione. Si produce di conseguenza un pericoloso isolamento dello sviluppo rurale che vanifica i tentativi di integrarlo con lo sviluppo regionale, riducendolo ad appendice di secondaria importanza della politica settoriale agricola.

14. I costi imposti dall'eco-condizionalità. Gli impegni connessi alla eco-condizionalità obbligatoria (sia in termini di criteri di gestione obbligatoria relativi al rispetto delle 18 norme europee richiamate nell'allegato III del Regolamento 1782/03, che di obbligo alle buone condizioni agronomico-ambientali di cui all'allegato IV) possono costituire componenti aggiuntive di costo tali da neutralizzare gran parte dei margini di profitto delle imprese. Se, d'altra parte, i vincoli relativi all'eco-condizionalità dovessero essere troppo blandi o, in fase di attuazione della riforma fosse scarsa la capacità di law-enforcement (di imporre il rispetto dei vincoli, attraverso opportuni controlli e consistenti sanzioni) cadrebbe ogni velleità di trasformare in senso ecologico ( greening ) la spesa del primo pilastro. In questa eventualità, cadrebbe anche una delle principali giustificazioni dei pagamenti unici e del tentativo di spostarli nella scatola verde. La possibilità che la riforma possa resistere agli attacchi dei suoi critici sarebbe ancora più compromessa. La gestione dell'eco-condizionalità presenta inoltre complessi risvolti burocratici ed amministrativi, che potrebbero comportare ulteriori costi riflessi della riforma o ritardi tanto nella gestione delle misure, che nel controllo e nell'erogazione delle relative sanzioni per chi disattenda le norme.

15. Pagamenti non digressivi e a tempo indeterminato. Un'altra consistente giustificazione dei pagamenti unici aziendali disaccoppiati poteva essere quella di facilitare gli agricoltori a lasciare i vecchi ordinamenti produttivi e a riorganizzare le proprie attività in direzione dei nuovi stimoli di mercato e ai nuovi obiettivi multifunzionali della PAC. L'assunto di politica economica in questo caso è chiaro. L'UE non può abbandonare a se stesse le imprese che, avendo seguito gli orientamenti della PAC, si troverebbero in difficoltà quando la strategia del sostegno dei prezzi viene abbandonata. Le deve invece assistere. Alcuni studi in passato hanno suggerito di trasformare i pagamenti diretti in transitory adjustment assistance payments (16). Ma tre sarebbero state le condizioni necessarie perché i pagamenti unici disaccoppiati potessero essere considerati tali: digressività al passare del tempo, limite temporale, condizionamento del pagamento all'impegno al cambiamento. In realtà nessuna di queste condizioni è presente nella scelta della riforma. La modulazione è troppo modesta per essere considerata una forma di digressività, l'intervento è a tempo illimitato, nessun programma di aggiustamento (a parte evidentemente l'eco-condizionalità, della cui importanza si è appena detto) è imposto come contropartita.

Le opportunità

1. Il risultato più importante del disaccoppiamento è politico. Le recenti stime effettuate in più sedi circa l'impatto della riforma Fischler sull'agricoltura europea convergono nel valutare che i cambiamenti saranno in generale modesti. Questo almeno nel breve-medio periodo per il quale le previsioni sono più fondate. D'altra parte, le possibilità di aggiustamento sono spesso modeste o comportano onerosi investimenti non solo al livello della singola impresa, ma anche in termini di infrastrutture, di organizzazione dell'intera filiera e di servizi alle imprese. Alcune imprese marginali potranno forse approfittare del disaccoppiamento per uscire definitivamente dalla produzione. Nell'ambito settoriale agricolo, la reazione degli agricoltori e dei mercati sarà dunque modesta. D'altra parte, anche sul piano territoriale, il disaccoppiamento e la modulazione producono secondo le stime risultati altrettanto modesti (17). Le maggiori opportunità dischiuse con la riforma sono invece sul piano politico. Esse sono state colte dalla Commissario Fisher Boel in una delle sue prime dichiarazioni in cui, affermando di condividere la strategia della riforma Fischler e di voler operare in continuità con il suo predecessore, ha sostenuto l'esigenza per l'Europa di una Rural Strategy, conforme alla strategia di Lisbona, e di una politica a sostegno della diversificazione, dell'innovazione, del rinnovamento strutturale e miglioramento tecnologico. Il quadro è ancora incerto. La riforma Fischler ha rotto l'immobilismo precedente. Tuttavia il nuovo quadro è ancora indefinito.

2. In mercati liberalizzati, conviene aver disaccoppiato. Il disaccoppiamento slega il sostegno dall'obbligo a produrre specifiche colture o prodotti zootecnici. Questo consente agli imprenditori agricoli migliori e più dinamici di reimpostare le strategie d'impresa, in relazione all'evoluzione tecnologica e ai segnali e alle aspettative di mercato. In mercati progressivamente più liberalizzati, il disaccoppiamento decongestiona l'offerta dei prodotti precedentemente protetti, a vantaggio dei produttori più efficienti, traducendosi più elevati prezzi di mercato, minori costi specifici e quindi più alte remunerazioni nette. Il disaccoppiamento innesca così quel positivo processo che Schumpeter avrebbe chiamato di distruzione-creatrice, di selezione cioè dei migliori e di penalizzazione dei peggiori, con il risultato di accrescere progressivamente l'efficienza dell'agricoltura a vantaggio dei consumatori e del benessere collettivo.

3. Vantaggi se il mercato premia la diversificazione e le qualità. Il disaccoppiamento spinge tutte le imprese a valutare, sul piano delle opportunità tecniche e di mercato, se e come mirare alla produzione e valorizzazione degli aspetti qualitativi dei beni e servizi offerti. Le produzioni ottenute con tecniche produttive maggiormente standardizzate o orientate alla produzione di prodotti a basso contenuto qualitativo, perso l'incentivo accoppiato del passato, dovrebbero maggiormente confrontarsi con mercati liberalizzati. Qui si troverebbero a far fronte alla concorrenza internazionale e interna, dove conta in particolare l'obiettivo di contenere i costi unitari di produzione. Su questo terreno, alcune localizzazioni e alcune imprese in Europa potranno rimanere ancora competitive, ma in molti altri casi sarà necessario cambiare strategia o riorientando l'uso del territorio verso funzioni non agricole (forestali, residenziali, ricreative, ecc.) oppure puntando maggiormente verso soluzioni meno intensive o verso le qualità. Se così fosse, la riforma Fischler potrebbe favorire concretamente l'affermazione del modello agricolo europeo evocato da Agenda 2000 fondato su qualità, diversificazione e multifunzionalità.

4. Se l'impegno ambientalista cresce si rafforza la nuova PAC. Un ulteriore rafforzamento in futuro del peso attribuito dalla società alle questioni ambientali può rafforzare il sostegno alla azione di greening della PAC. In questa ipotesi l'eco-condizionalità della riforma Fischler non costituirebbe che un primo passo verso future nuove forme di sempre più esplicita contrattualizzazione dei servizi multifunzionali degli agricoltori. In sostanza, con la riforma Fischler non si è potuto fare di più che “rinverdire” il primo pilastro attraverso la cross-compliance, ma questo potrebbe essere solo un primo passo verso l'obiettivo futuro di trasferire il sostegno nell'ambito delle misure agro-ambientali del secondo pilastro. La ricollocazione non è soltanto un fatto formale. Nel primo pilastro, il diritto al pagamento diretto esiste a prescindere dall'eco-condizionamento, che ha solo la natura di vincolo. Tanto che, se cade la convenienza a produrre, il vincolo dell'eco-condizionalità cessa di produrre effetti: la tutela ambientale è subordinata alla convenienza a produrre. Nel secondo pilastro, al contrario, il diritto al pagamento nasce in ragione diretta dell'erogazione di un servizio in termini di salvaguardia ambientale. La tutela ambientale è l'obiettivo primario e diretto della politica.

5. La riforma delle politiche di sviluppo rurale può favorire l'integrazione della PAC con le politiche strutturali e di coesione. L'affermarsi di un modello di agricoltura europea fondato sullo sviluppo rurale integrato e su una agricoltura sostenibile e di qualità dipende decisamente dagli orientamenti che verranno assunti nell'ambito del processo di riforma della politica di sviluppo rurale per gli anni 2007-2013. Naturalmente ciò dipende dalla scelta di rafforzare il ruolo della politica di sviluppo rurale e di affermare contemporaneamente l'obiettivo di rendere tra loro integrate tutte le misure dei diversi assi dello SR in relazione al rafforzamento della multifunzionalità. Questo obiettivo potrebbe essere perseguito più efficacemente se nell'ambito delle future prospettive finanziarie si riuscisse a garantire allo sviluppo rurale un budget consistente. Come si ricorderà, a differenza che per il primo pilastro, nessun limite alla spesa per il secondo pilastro è stato imposto nell'ambito dell'accordo Chirac-Schroeder. Ma è evidente che ben difficilmente possono ottenersi risorse consistenti per lo sviluppo rurale, se non scende il costo delle politiche di mercato e dei pagamenti diretti. Queste considerazioni rimandano alla modulazione. Il livello attualmente previsto (5% a regime) è decisamente modesto. Occorre allora puntare appena possibile ad un deciso e consistente rafforzamento della modulazione (consentendo di operare in tal senso anche a livello nazionale e regionale, nell'ambito delle envelope attribuite agli Stati membri).

Le minacce

1. Il tempo gioca contro. Se la riforma procede troppo lentamente, c'è il rischio che si produca una erosione delle risorse complessive della PAC, come sta già infatti accadendo. La contrazione della spesa per la politica agricola in relazione al PIL dell'UE è già evidente: era pari allo 0,61% nel 1993, è scesa allo 0,43% nel 2003, scenderà ancora, sulla base delle decisioni già assunte, allo 0,33% nel 2013. Niente assicura che queste quote siano assicurate fino al 2013: è difficile immaginare che possa essere politicamente giustificabile un sostegno disaccoppiato, calcolato sui diritti maturati nel biennio 2000-2002, man mano che il tempo trascorre, specie se quei pagamenti non vengono progressivamente e saldamente associati (come corrispettivo di specifici obblighi contrattuali) alla fornitura di servizi degli agricoltori alla società corrispondenti alla “ willingness to pay ” dei cittadini in quanto contribuenti. Evidentemente la situazione diverrebbe insostenibile in prossi­mità del 2013, quando ogni impegno assunto con la riforma Fischler verrebbe a cadere e nuove strategie riguardo all'agricoltura e allo sviluppo rurale dovrebbero essere definite nell'ambito della politica di coesione e strutturale dell'UE, divenuta nel frattempo il principale riferimento strategico (18). L'accusa già avanzata in passato che con il disaccoppiamento si pagano gli agricoltori “per non fare niente” diventerebbe così consistente da minare l'intero edificio della PAC. D'altra parte, l'eventuale ammissione della Turchia all'UE rende la PAC attuale (anche quella riformata) del tutto insostenibile. Secondo recenti stime, con la PAC attuale, le risorse destinate alla Turchia (8,8 miliardi di euro a prezzi 2004) assorbirebbero un quinto dell'intero bilancio (19).

2. Rischio di ulteriore svuotamento dell'impegno per la PAC. Non è difficile immaginare che, se la prossima battaglia intorno alla riforma della PAC si dovesse svolgere ancora separata dalle altre grandi politiche europee, con gli stessi protagonisti e lo stesso canovaccio, si potrebbe assistere ad un ulteriore suo svuotamento, con la contrazione delle risorse ad essa dedicate e una perdita di rilievo del ruolo delle aree rurali nello sviluppo territoriale e del ruolo degli agricoltori nello sviluppo rurale in Europa. In queste condizioni è evidente che le soluzioni radicali, come quella espressa dal Rapporto Sapir, conquisterebbero consenso, non senza buone ragioni (20). Questa visione è stata rappresentata anche nel corso delle audizioni dei nuovi Commissari alle rispettive Commissioni del Parlamento Europeo. Ad esempio, il Commissario lituano alla Programmazione Finanziaria e al Bilancio Dalia Grybauskaite ha definito la PAC “desueta e démodée”. Non è difficile immaginare a cosa pensasse, quando successivamente ha aggiunto che il bilancio dell'UE “nel quale alcune priorità sono vecchie di decenni” dovrebbe essere rivisto “aumentandone la flessibilità”.

3. La disciplina finanziaria potrebbe costringere a tagliare i pagamenti diretti. Alcune proiezioni segnalano già ora che potrebbero insorgere serie difficoltà al mantenimento della spesa per i pagamenti diretti nell'ambito dei tetti imposti dall'accordo di Bruxelles del 2002. Il costo della PAC dipende, infatti, da molteplici fattori. Se, come è prevedibile, tutti gli Stati membri utilizzeranno pienamente i fondi ad essi riservati per i pagamenti diretti (€30,1 miliardi nel 2005, che saliranno a €38,7 nel 2013), nell'ambito dei tetti di spesa fissati per il primo pilastro, rimarrà disponibile per il sostegno di mercato una somma pari a €13,3 miliardi nel 2006, che si ridurrà gradualmente ad appena €3,6 miliardi nel 2013. Questi difficilmente potranno bastare. Si tratta infatti di assicurare la copertura a diverse necessità: a) i pagamenti (per acquisti) resi necessari da mercati agricoli deboli; b) il phasing-in degli attuali nuovi Stati membri e l'ingresso nel 2007 della Bulgaria e della Romania (e forse anche della Croazia prima del 2013); c) le eventuali maggiori spese conseguenti a un compromesso sulla riforma dell'OCM zucchero che si discosti dalle già contestate raccomandazioni della Commissione. Stime della Commissione, ma meno ottimistiche di quelle sue precedenti del marzo 2004, suggeriscono che dal 2007 in avanti la spesa necessaria dovrebbe eccedere le disponibilità del primo pilastro di un ammontare tra i 2 e 3 miliardi di euro. Il meccanismo della disciplina finanziaria introdotto dalla riforma Fischler consentirà dal 2007 di evitare queste maggiori spese attraverso un corrispondente taglio dei pagamenti diretti. L'ipotesi che il primo pilastro difficilmente possa comportare risparmi di spesa entro i limiti fissati dalla disciplina finanziaria si riflette indirettamente, come già osservato, sulle possibilità di finanziamento del secondo pilastro.

4. La caduta del dollaro può generare altri problemi finanziari. Nonostante l'impegno a ridurre il controllo dei prezzi, gli interventi di mercato e le restituzioni alle esportazioni sono comunque ancora previsti per cereali, lattiero-caseari, carne bovina, zucchero (almeno fintanto che nell'ambito del WTO non vengano banditi i sussidi alle esportazioni). L'abbassamento del cambio dollaro-euro farebbe aumentare automaticamente le restituzioni alle esportazioni, necessarie a coprire il maggiore divario tra prezzi indicativi in euro e prezzi mondiali in dollari. Questa eventualità potrebbe riflettersi nella necessità di ulteriori tagli nel budget riservato al primo o al secondo pilastro. Ma, poiché, dato l'accordo WTO in vigore, la crescita dell'ammontare complessivo delle restituzioni può avvenire soltanto nei limiti di margini molto modesti, l'effetto opposto sarebbe quello di una contrazione dei prezzi soglia.

5. La politica di sviluppo rurale sacrificata se ridotto il budget complessivo UE. Un gruppo di sei Stati membri (Francia, Germania, Svezia, Olanda, Austria e Regno Unito) che sono contribuenti netti al bilancio dell'UE, ha proposto che il bilancio comunitario 2007-2013 sia contenuto al di sotto del limite dell'1% del Reddito Lordo dell'UE (tale decisione comporterebbe un bilancio al 2013 non più di €143, ma di €124,5 miliardi con una contrazione di €18,5 miliardi). In tal caso, ovviamente i limiti di spesa accolti per l'agricoltura nel compromesso di Bruxelles del 2002 potrebbero essere rimessi completamente in discussione. I tagli di fondi investirebbero certamente anche l'ancora non definito budget a disposizione per il secondo pilastro, che sotto la pressione degli interessi settoriali agricoli potrebbe essere il primo ad essere sacrificato (21).

Considerazioni conclusive

L'analisi condotta in questo lavoro è ovviamente frutto di giudizi soggettivi. Altri potrebbero aggiungere (o togliere) nuovi elementi di valutazione, stabilire diverse gerarchie, considerare punti di forza o opportunità quelli che qui vengono rappresentati come punti di debolezza o minacce, e viceversa. Lo scopo di questo lavoro peraltro è proprio questo: fornire elementi di valutazione e giudizio per una ripresa della riflessione e del dibattito in materia di politica agricola e di sviluppo rurale in Europa.
Manca infatti oggi, a nostro avviso, una “riflessione alta” che in altri tempi non è mancata, anche quando la capacità di auto-conservazione della PAC poteva apparire un ostacolo insormontabile (22). Anche oggi si può ritenere che con la riforma Fischler si sia innescato un processo in cui gli automatismi siano prevalenti e le possibilità/opportunità di correzione e aggiustamento siano scarse o irrilevanti. Una “path dependency” così stringente da rendere inutile o velleitario ogni tentativo di discussione su eventuali ulteriori correzioni, specie se non solo di facciata.
La nostra tesi è che la situazione è molto più fluida di quanto non possa apparire e che il futuro, anche prossimo, riservi tali opportunità e minacce da rendere comunque necessarie, lo si voglia o no, significative correzioni.
Sono benvenute allora tutte le osservazioni e critiche che possano arricchire questo lavoro.

Note

* Una prima versione di questo testo è stata letta da un ristretto numero di colleghi e amici. Da diversi di loro ho ricevuto suggerimenti e consigli. Desidero ringraziare tutti e in particolare Giovanni Anania. Ovviamente, la responsabilità su quanto scritto è soltanto mia.
(1) Regolamento (CE) n. 1782/2003, del 29 settembre 2003, che stabilisce norme comuni relative ai regimi di sostegno diretto nell'ambito della politica agricola comune e istituisce taluni regimi di sostegno a favore degli agricoltori e che modifica i regolamenti (CEE) n. 2019/93, (CE) n. 1452/2001, (CE) n. 1453/2001, (CE) n. 1454/2001, (CE) n. 1868/94, (CE) n. 1251/1999, (CE) n. 1254/1999, (CE) n. 1673/2000, (CEE) n. 2358/71 e (CE) n. 2529/2001 (Gazzetta ufficiale delle Comunità europee L 270 del 21.10.2003).
(2) Commission des Communautés Européennes (2004).
(3) European Commission (2004-I).
(4) European Commission – Agriculture Directorate-General (2003).
(5) European Commission (2004-II).
(6) Come è noto, l'analisi SWOT (in italiano FDOM: Forza-Debolezza-Opportunità-Minacce) è un strumento di valutazione spesso utilizzato nella programmazione partecipata. Le due principali componenti dell'analisi sono:
Punti di forza / Punti di debolezza: indicatori della situazione interna all'oggetto della valutazione. un punto di forza (di debolezza) è costituito da un vantaggio (svantaggio) che può favorire (ostacolare) lo sfruttamento delle opportunità e evitare (aggravare) le minacce.
Opportunità / Minacce: indicatori della situazione esterna all'oggetto della valutazione che possono favorire (ostacolare) il raggiungimento dei risultati attesi e ostacolare (favorire) il raggiungimento di risultati opposti.
L'analisi SWOT è finalizzata a favorire la comprensione degli obiettivi e a migliorare la strategia anche attraverso l'individuazione delle azioni da considerare prioritarie nel perseguimento degli obiettivi di breve, medio e lungo termine.
Moseley, M.J. (1996). Weihrich, H. (1982).
(7) Alcune recenti prese di posizione contribuiscono a spegnere l'entusiasmo: notando che nella scatola verde sono collocati attualmente aiuti per circa 70 miliardi di dollari, il G- 20 ha recentemente espresso l'opinione che la dimensione sia tale da non consentire di giudicare irrilevante l'influenza sulla produzione. Il disaccoppiamento dei pagamenti unici sarebbe poi contestato anche per il fatto che alcune produzioni sono escluse dalle possibili scelte.
(8) Evidentemente è più semplice la gestione dei pagamenti unici aziendali nell'opzione della regionalizzazione.
(9) E' possibile conservare il pagamento unico anche in caso di abbandono della terra, ma comunque rimane il vincolo del suo mantenimento in buone condizioni agronomiche.
(10) Si può facilmente comprendere come questo limite sia particolarmente severo se si considera che le risorse complessive a disposizione dell'Unione crescono annualmente del 4-5% considerando sia l'aumento del prodotto lordo della Comunità, sia l'inflazione.
(11) Il pagamento unico è, infatti, minore per l'agricoltore che nel triennio di riferimento 2000-2002 abbia adottato una rotazione "sostenibile", rispetto al collega che ha optato per l'omosuccessione.
(12) “La Comunità ha il compito di promuovere, mediante l'instaurazione di un mercato comune e di un'unione economica e monetaria e mediante l'attuazione delle politiche e delle azioni comuni (…), uno sviluppo armonioso ed equilibrato delle attività economiche nell'insieme della Comunità, una crescita sostenibile, non inflazionistica che rispetti l'ambiente, un elevato grado di convergenza dei risultati economici, un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale e la solidarietà tra Stati membri”. Art. 2 Trattato Istitutivo della Comunità Europea.
(13) L'OECD stima i Producer Support Estimate dell'UE per il 2003 in 108.251 milioni di Euro, pari al 37% del prodotto lordo agricolo. Si tenga presente che questa percentuale, che era pari al 39% nella media del triennio 1986-88, era scesa a 34% nel 2001.
(14) Le principali decisioni nazionali riguardano, come è noto: a) art. 71: data di entrata in vigore del pagamento unico; b) articoli 66-67-68: forme di disaccoppiamento rispettivamente per cereali, carni ovi-caprine, carni bovine; c) articolo 69: premio per specifiche produzioni e qualità; d) art. 70: esclusione sementi da disaccoppiamento; e) articoli 58-63: regionalizzazione del pagamento unico; f) articolo 62: anticipo disaccoppiamento per lattiero-caseari; g) articolo 42: riserva nazionale diritti.
(15) Questa debolezza troverebbe già riscontro negli atti della Conferenza di Salisburgo. I termini “agriculture” e “farming” compaiono infatti ben dieci volte nel breve documento conclusivo di Salisburgo, contro due sole volte in quello di Cork.
(16) Buckwell, A. et al. (1998).
(17) REAPBALK Final Report (2004).
(18) Nelle proposte per le nuove prospettive finanziarie 2007-2013, è previsto che la spesa per la politica strutturale e regionale passi dall'attuale 39.4% al 48,7% del bilancio UE, sorpassando a fine periodo di ben 10 punti percentuali la quota oggi prevalente riservata alla PAC.
(19) A . Oskam et al. (2004).
(20) A . Sapir et al. (2003).
(21) Il bilancio per il secondo pilastro è evidentemente minacciato. “One big question remains: we do not know how much money we will have”. Questa la recente conclusione di Dirk Ahner incaricato della politica di sviluppo rurale alla DG-Agri alla recente Rural Development in Europe Conference organizzata a Londra il 17 ottobre 2004 da Agra Informa.
(22) Si possono qui ricordare, tra i tanti altri, i lavori del cosiddetto “Gruppo Buckwell”, in particolare il volume: Buckwell, A. et al. (1998). Diversi componenti del gruppo Buckwell hanno successivamente riproposto una riflessione aggiornata nel volume: ARL-DATAR (2003).
Analogamente si possono ricordare i documenti del Groupe de Bruges (l'associazione europea fondata da Edgard Pisani e Bertrand Hervieu): Groupe de Bruges (prima edizione 1996-I e seconda edizione aggiornata e riveduta 2002), Groupe de Bruges (1996-II). Per non dimenticare l'ultimo lavoro: Pisani E. (2004).

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