Politiche di sviluppo rurale nei Balcani

Politiche di sviluppo rurale nei Balcani
Riflessioni a margine della ricerca europea REAPBALK

Lo sviluppo rurale e l’approccio REAPBALK

In questo articolo si propone una sintesi dei risultati ottenuti nell’ambito del progetto REAPBALK (Rural Employment and Agricultural Perspective in the Balkan Applicant Countries), una ricerca della durata di tre anni (2001-2004), finanziata dal 5° programma quadro comunitario (Quality of Life and Management of Living Resources - Key Action 1.1.1.-5.5: “New tools and models for the integrated development of rural and other relevant areas"). Il progetto è stato coordinato dal Dipartimento di Economia di Ancona dell’Università Politecnica delle Marche e ha coinvolto 6 gruppi di ricerca provenienti dai seguenti paesi: Bulgaria, Croazia, Grecia, Romania, Slovenia e Regno Unito. L’originalità della ricerca risiede nel considerare l’intero territorio come unità di analisi e nel tentativo di valutare gli effetti complessivamente prodotti dall’insieme di politiche di sviluppo rurale (primo e secondo pilastro), strutturali e di coesione sull’intera economia attraverso la conoscenza dei legami intersettoriali. In particolare, lo studio era volto ad analizzare le prospettive di sviluppo nel medio termine di determinate regioni rurali all’interno di 5 paesi dell’area “balcanica”: Bulgaria, Croazia, Grecia, Romania e Slovenia.
La scelta di questa area di studio è dipesa anzitutto dalla caratteristica comune dei paesi considerati di localizzarsi geograficamente in un’area cruciale per la stabilità futura dell’Europa e dell’UE e in secondo luogo dal fatto che, oltre a rappresentare un importante laboratorio per lo sviluppo di ricerche di carattere economico e rurale, questi paesi possiedono specifiche condizioni di sviluppo nonché differenti rapporti nei confronti dell’UE (membri, candidati o altro).
Al momento dell’avvio della ricerca, ad esclusione della Grecia che era già stato membro e la cui inclusione è servita come benchmark per delineare il possibile sentiero di sviluppo successivo all’adesione all’UE, tre dei paesi in oggetto avevano chiesto di entrare a far parte dell’Unione Europea (Slovenia, Romania, Bulgaria). Nel frattempo, la situazione è cambiata. Nel 2004, la Slovenia è entrata nell’Unione Europea, mentre la Croazia ha ottenuto lo status di paese candidato e persegue l’obiettivo di entrare entro il 2010. Infine, la Romania e la Bulgaria, in virtù del trattato di adesione all’UE siglato nel 2005, entreranno nell’UE il 1° gennaio 2007.

Le fasi della ricerca REAPBALK

La ricerca si è articolata in 5 fasi e si è avvalsa del sostegno statistico fornito da un ampio database, appositamente costruito per le finalità del progetto. Il database contiene dati di natura descrittiva dal 1991 al 2001 a livello sia nazionale che regionale (Nuts 2 e 3). I dati si riferiscono a 57 variabili economiche, sociali e politiche raggruppate in 6 categorie: geografia, demografia, sviluppo economico, occupazione, agricoltura e politica. La banca dati costituisce una preziosa fonte integrativa al sistema statistico dei paesi coinvolti, che spesso, specie a livello regionale, si rivela frammentario ed eterogeneo.
(1) La prima fase della ricerca prevedeva la selezione delle regioni rurali. L’obiettivo era individuare un caso di studio regionale all’interno di ciascuno dei paesi considerati che, seguendo un approccio già adottato in precedenti studi (Esposti et al., 2000), fosse rappresentativo a livello nazionale del mondo rurale e mostrasse un certo dinamismo settoriale dal punto di vista economico. A tal fine, per l’individuazione delle regioni rurali sono stati applicati i seguenti criteri: (a) classificazione regionale di livello Nuts 2; (b) classificazione di regione prevalentemente rurale secondo la definizione Ocse; (c) crescita dell’occupazione nel settore industriale e dei servizi nel decennio 1991-2001.
Il processo di selezione ha portato all’identificazione delle seguenti regioni rurali su cui si è concentrata l’analisi: la regione Nord-Est (Bulgaria), la contea di Bjelovar-Bilogora (Croazia), la Tessalia (Grecia), la regione Nord-Ovest (Romania) e la parte periferica della Slovenia rappresentata dall’intera regione con l’esclusione della regione NUTS 3 “Osrednjeslovenska”, comprendente la città di Ljubljana (figura 1).

Figura 1 - Area di studio, progetto REAPBALK


(2) La seconda fase era finalizzata all’analisi descrittiva delle regioni individuate e ad uno studio comparativo. L’analisi descrittiva prevedeva una valutazione del contesto generale (descrizione della situazione geografica, economica e sociale e delle politiche locali ed europee in corso di applicazione) e un esame delle più recenti dinamiche occupazionali ed agricole. Lo studio comparativo, invece, era volto a confrontare le principali caratteristiche delle regioni selezionate, mettendo in luce differenze e similarità.
Dall’analisi è emerso che le regioni selezionate presentano profonde differenze economiche, politiche e sociali. Tuttavia, vi sono alcuni elementi comuni che vale la pena menzionare.
Tutti i cinque casi regionali si caratterizzano per un basso grado di sviluppo economico rispetto alla media europea e per un elevato contributo del settore agricolo alla crescita economica (ad esclusione della periferia slovena la cui struttura economica si avvicina a quella dei paesi UE-15). Nonostante la notevole importanza che l’agricoltura riveste nelle economie dei casi analizzati, il settore primario esibisce i livelli di produttività più bassi rispetto alla media nazionale. Inoltre, contrariamente alle aspettative, conserva ancora un’elevata quota di occupazione dal momento che non è stato ancora interessato dall’esodo massiccio di lavoratori verso le altre attività produttive. Per quanto concerne gli altri settori, quello dei servizi sta gradualmente crescendo e questo dovrebbe permettere di assorbire gli eventuali eccessi nell’offerta di lavoro che l’esodo agricolo produrrà in futuro. Infine, tutte le regioni considerate mostrano un elevato tasso di disoccupazione giovanile e femminile, anche se si prevede una riduzione da qui ai prossimi anni.
(3) La terza fase consisteva nella definizione di un modello Input-Output (I-O) per l’analisi d’impatto in termini di produzione, reddito e occupazione derivante dall’applicazione di politiche locali ed europee e da prevedibili cambiamenti socio-economici. In questa fase, si è deciso di adottare un modello I-O aperto guidato dalla domanda (demand-driven) per l’analisi di impatto. Inoltre, per ciascuna regione, è stata costruita la corrispondente tavola I-O regionale, che descrive l’insieme delle relazioni produttive che hanno luogo all’interno dell’economia1.
(4) La quarta fase si poneva come obiettivo l’identificazione di alcuni possibili scenari evolutivi e la valutazione degli impatti generati dai diversi scenari su produzione, reddito e occupazione della regione esaminata, nonché della corrispondente nazione, attraverso l’utilizzo della metodologia I-O. Gli scenari indagati avrebbero dovuto riguardare sia aspetti generali, concernenti la crescita economica nazionale, che aspetti più specifici, riguardanti le politiche agricole e di adesione all’UE. In definitiva, per tenere conto delle specificità, ciascun paese ha definito gli scenari di politica sulla base delle proprie caratteristiche ed esigenze. Tuttavia, allo scopo di garantire una maggiore comparabilità dei risultati, sono stati individuati alcuni scenari comuni per i casi concernenti la Croazia, la Slovenia, la Bulgaria e la Romania2, di seguito elencati (Tabella 1):

(a) uno scenario di base (baseline) che descrive l’attuale situazione;
(b) pre-adesione;
(c) adesione;
(d) applicazione parziale delle politiche UE;
(e) piena applicazione delle politiche UE.

Tabella 1 - Scenari comuni di politica

Fonte: REAPBALK

In particolare, lo scenario (c) prevede la sola entrata dei paesi candidati nell’UE senza l’applicazione delle varie politiche comunitarie. Di conseguenza, gli effetti analizzati sono soltanto quelli dell’integrazione nell’UE. Lo scenario (d), il più realistico fra tutti, prevede l’applicazione dello schema di attribuzione graduale dei pagamenti diretti (phase-in scheme) nonché l’applicazione di tutte le altre politiche di pre-adesione (Sapard, Ispa, Cards, Phare) e adesione (sostegno al mercato, politica strutturale, di sviluppo rurale, di coesione). Lo scenario (e) ipotizza invece una piena attribuzione dei pagamenti diretti a partire dal primo anno di adesione ed è introdotto per valutare la perdita di benefici che i paesi considerati subiscono a seguito dell’accettazione del phase-in scheme. Sia lo scenario (d) che lo scenario (e) prevedono due ipotesi: pagamenti diretti integralmente accoppiati e pagamenti diretti totalmente disaccoppiati. L’introduzione delle due diverse ipotesi permette di stimare costi e benefici derivanti dall’uno e dall’altro regime. Ai fini della valutazione degli impatti, due differenti impostazioni metodologiche sono state applicate: una analisi I-O tradizionale (statica) e una analisi cosiddetta dinamica che tiene conto dei possibili cambiamenti tecnologici e degli effetti dell'integrazione. L’analisi è stata effettuata su di un orizzonte temporale va dal 2004 al 2013.
(5) Infine, la quinta ed ultima fase si è conclusa con un rapporto finale (Bonfiglio et al., 2004) che sintetizza i principali risultati ottenuti e fornisce utili raccomandazioni di politica economica. Nel prossimo paragrafo, si riportano alcune considerazioni conclusive tratte dal rapporto finale.

Quali lezioni dall’esperienza REAPBALK

Date le marcate diversità che contraddistinguono i casi di studio analizzati, i risultati ottenuti dall’analisi d’impatto (statica) differiscono a seconda del paese e della regione considerati. Ciononostante, è comunque possibile fornire alcuni elementi di sintesi che esponiamo qui di seguito.
La ricerca ha dimostrato anzitutto che l’applicazione degli strumenti di pre-adesione e adesione all’UE produrrà effetti significativi sullo sviluppo delle regioni rurali.
E’ incerto tuttavia se le politiche permettano concretamente di attenuare le disparità territoriali avvicinando i tassi di crescita delle regioni rurali a quelli medi nazionali. Se è vero che questo processo di convergenza è stato infatti rilevato nel caso della regione rurale slovena, è vero anche che negli altri casi diverse sono le perplessità sollevate. Questo risultato, anche se certamente legato alle ipotesi avanzate per la regionalizzazione e settorializzazione dei fondi stanziati a livello nazionale, deve essere inteso come un monito ai policy maker, dal momento che la riduzione o meno dei divari regionali dipenderà dal modo in cui i piani di sviluppo locali saranno definiti e implementati sul territorio.
Un dato comune è invece che, qualunque sia la politica di sviluppo considerata, persino nel caso di strumenti espressamente rivolti al solo settore agricolo, gli effetti prodotti non rimangono settorialmente circoscritti bensì tendono a distribuirsi in tutta l’economia per mezzo delle relazioni produttive fra i vari settori. Ciononostante, gli impatti maggiori tendono a concentrarsi nei settori infrastrutturali dal momento che le risorse complessivamente stanziate dalle diverse politiche analizzate vengono in gran parte indirizzate alla creazione e al miglioramento delle infrastrutture.
Il risultato più interessante concerne tuttavia il confronto fra l’applicazione di una politica di sviluppo rurale e l’applicazione di una politica agricola settoriale nel favorire lo sviluppo economico. Dall’analisi delle interdipendenze settoriali, è emerso che l’agricoltura, nelle aree considerate, riveste ancora un’elevata importanza nel generare occupazione (alti moltiplicatori di occupazione) a fronte però di una scarsa capacità di produrre reddito (bassi moltiplicatori di reddito). I settori manifatturieri e dei servizi, al contrario, esibiscono moltiplicatori di reddito e una produttività del lavoro maggiori. Ne deriva che una politica agricola settoriale avrebbe il vantaggio di generare almeno nel breve periodo una crescita dell’occupazione in virtù dell’elevata capacità di assorbimento del settore agricolo. Tuttavia, non consentirebbe di stimolare una crescita propulsiva dei redditi e quindi dei consumi tale da favorire lo sviluppo economico nel medio-lungo periodo. Diversamente, una politica di sviluppo rurale fondata sulla diversificazione, anche se con minori possibilità di generare benefici in termini occupazionali nel breve periodo, permetterebbe di sfruttare le maggiori potenzialità reddituali offerte dai settori non-agricoli, favorendo in tal modo uno sviluppo economico autoalimentantesi e, di conseguenza, una crescita più stabile e duratura dell’occupazione.
Altre indicazioni utili provengono dall’applicazione dell’analisi dinamica ai casi della Bulgaria e Romania, a livello sia regionale che nazionale.
Un importante risultato è che, con l’esclusione del caso nazionale della Bulgaria, la sola adesione all’UE e la mancata applicazione delle politiche comunitarie produrrebbero un impatto negativo sull’economia, giacché l’entrata nell’UE darebbe luogo ad una crescita delle importazioni di prodotti provenienti dal mercato UE, cui non corrisponderebbe un’uscita almeno equivalente di prodotti verso l’estero, con conseguente aumento del deficit della bilancia dei pagamenti. Ne consegue che l’applicazione delle politiche di sviluppo dell’UE nei prossimi paesi membri non solo porterà benefici allo sviluppo economico (sebbene decrescenti per la tendenza dei moltiplicatori a diminuire), ma consentirà anche di proteggere le stesse economie interne dai possibili squilibri commerciali che seguirebbero all’apertura delle frontiere.
Un ulteriore risultato degno di nota concerne il confronto fra l’ipotesi del disaccoppiamento totale dei pagamenti diretti e il mantenimento del vecchio regime.
Dall’analisi è emerso che il disaccoppiamento totale produce effetti positivi e maggiori in termini di reddito, mentre la scelta di accoppiare i pagamenti diretti alla produzione ha l’effetto di stimolare significativamente l’occupazione. Questo dipende dal fatto che nel caso del disaccoppiamento, i redditi provenienti dai pagamenti diretti, non essendo più legati alla produzioe agricola, non avrebbero più l’effetto di stimolare in modo più o meno diretto gli investimenti in agricoltura, ma verrebbero probabilmente destinati ad altre finalità produttive o di consumo. Per i motivi accennati in precedenza (alti moltiplicatori di reddito nei settori non-agricoli e alto moltiplicatore di occupazione nel settore primario), la conseguenza è che ulteriori investimenti in agricoltura porterebbero soprattutto ad un incremento dell’occupazione, mentre investire in altri settori ovvero destinare il reddito associato ai pagamenti diretti al consumo di beni e servizi darebbe luogo ad un crescita del reddito complessivo.
Il sistema del disaccoppiamento totale verrà esteso anche ai prossimi paesi membri. Tuttavia, alla luce dei risultati ottenuti, disaccoppiare completamente i pagamenti diretti potrebbe non essere la soluzione migliore per le economie dei paesi in questione. Una politica più equilibrata che persegua gli obiettivi della crescita sia dell’occupazione che del reddito e costruita sulle caratteristiche ed esigenze degli ormai prossimi paesi membri e non solo su quelle dei paesi già membri (cui effettivamente si rende necessario imporre politiche, quali il disaccoppiamento, che frenino la creazione di eccedenze produttive e contengano le spese comunitarie), dovrebbe probabilmente basarsi su un sistema di disaccoppiamento parziale dei pagamenti diretti, almeno nelle fasi iniziali, per poi passare gradualmente ad un regime disaccoppiamento totale. In tal modo, la parte accoppiata alla produzione sfrutterebbe le potenzialità occupazionali offerte dall’agricoltura, mentre la parte disaccoppiata costituirebbe uno stimolo alla crescita dei consumi e dei redditi.
Ovviamente le considerazioni fin qui esposte vanno prese con la dovuta cautela. Questo in quanto i risultati potrebbero essere influenzati dalle ipotesi restrittive alla base della metodologia adottata (sebbene alcune siano state rimosse nell’analisi dinamica) nonché dalla qualità non sempre affidabile dei dati utilizzati per le analisi. Nondimeno, la ricerca ha dimostrato l’importanza che le relazioni intersettoriali rivestono nella misurazione e la valutazione degli effetti e delle finalità delle politiche comunitarie. Trascurare l’esistenza dei legami produttivi fra i settori non consentirebbe infatti di cogliere appieno gli effetti complessivi generati da una politica anche espressamente circoscritta ad un dato settore. Ciò è particolarmente vero per le politiche di sviluppo rurale che, a differenza di quelle orientate esclusivamente ad un settore, contemplano misure indirizzate ad una pluralità di attività produttive. Infine, ma non da ultimo, la ricerca ha messo in evidenza come una politica di sviluppo rurale possa, diversamente da una politica agricola settoriale, favorire concretamente lo sviluppo economico nelle aree meno avvantaggiate3.

Riferimenti bibliografici

  • Bonfiglio A., Esposti R., Sotte F. (2004), Rural Employment and Agricultural Perspective in the Balkan Applicant Countries – REAPBALK Final Report. Rapporto finale del progetto di ricerca REAPBALK.
  • Esposti, R., Godeshalk, F.E., Kuhmonen, T., Post, J.H., Sotte, F., Terluin, I.J. (2000) Statistical Analysis of Employment Growth in Rural Regions of the EU, 1980-1995, in Terluin I.J.; Post, J.H. (a cura) Employment Dynamics in Rural Europe, CAB International, New York, pp. 39-58.
  • Jensen R. C., Mandeville T. D. and Karunarante N. D. (1979) Regional Economic Planning: Generation of Regional Input-Output Analysis. Croom Helm, London.
  • 1. Le tavole, non essendo disponibili in nessuno dei casi analizzati, sono state derivate attraverso l’impiego della metodologia GRIT (Generating Regional Input-Output Tables) (Jensen et al., 1979) che combina i metodi di costruzione meccanica con l’inserimento di dati esogeni volti ad accrescerne l’affidabilità. La costruzione delle tavole I-O regionali costituisce senz’altro un importante traguardo della ricerca, in considerazione della scarsa disponibilità di dati a livello regionale.
  • 2. Riguardo alla Grecia, si è deciso di stimare gli effetti generati dall’applicazione delle politiche strutturali per i periodi 2004-06 e 2007-13.
  • 3. Per ulteriori informazioni sul progetto di ricerca si invita il lettore a visitare il sito www.reapbalk.unian.it/index1.php. E’ inoltre in corso di pubblicazione il libro che raccoglie i principali risultati della ricerca dal titolo “Rural Balkans and EU integration – An Input-Output approach”, curato da Andrea Bonfiglio, Roberto Esposti e Franco Sotte ed edito dalla Franco Angeli.
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