Introduzione
Il dibattito europeo e mondiale circa la complessità e l’efficacia dei “Sistemi nazionali della conoscenza” è attualmente molto vivace. La ripresa di attenzione verso la tematica della conoscenza e dell’innovazione in agricoltura, in particolare, è dovuta all’affermarsi di sempre più cogenti sfide che il settore si trova ad affrontare: il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare, un uso efficiente delle risorse, metodi di produzione e pianificazione territoriale ecologici, la salvaguardia dello spazio rurale, la biodiversità (OCSE, 2011; Commissione Europea, 2010c).
L’attuale contesto europeo che fa da sfondo alla “politica della conoscenza” è in fermento. La Strategia 2020 per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva in Europa, il progetto di costruzione di una conoscenza europea basata sulla bio-economia (European Knowledge Based Bio-Economy, KBBE1), il progetto di una Unione dell’Innovazione sono solo alcune delle pietre fondanti di un nuovo contesto che vede nella ricerca e nell’innovazione i principi cardine su cui basare l’evoluzione dei sistemi nazionali della conoscenza. Eppure, allo stato attuale, l’Europa non sembra ancora in grado di trasformare la conoscenza in prodotti da offrire sul mercato, di conseguenza i punti di forza su cui fa perno l’evoluzione dei sistemi della conoscenza rischiano di non tradursi in reale crescita economica (KBBE, 2010). Gli attuali sistemi agricoli e quelli della conoscenza che li supportano non sembrano peraltro adeguati a rispondere alle sfide poste al settore, e questo richiama la necessità di affrontare il tema della conoscenza in agricoltura con un approccio nuovo, che faccia dell’aumento sostenibile della produttività e al contempo dell’aumento della resilienza dei sistemi stessi l’obiettivo di azione, affinché siano garantiti la sicurezza degli alimenti, dei carburanti e delle fonti di energia, nonché diversi servizi ecosistemici pur in un contesto di risorse scarse e di cambiamenti climatici repentini (IAASTD 2009). Da qui, l’attenzione verso lo stato attuale dei sistemi della conoscenza e l’indirizzo che l’evoluzione degli stessi deve seguire.
Peraltro, la rilevanza e il riemergere della conoscenza quale motore di sviluppo raggiungono una dimensione globale nel momento in cui divengono principi guida dell’evoluzione dei sistemi di paesi finora follower nella ricerca e nell’innovazione. Cina, India e Brasile stanno guadagnando terreno rispetto ai leader e competitor mondiali facendo perno sulla tecnologia e sulle ICT quali strumenti che rendono possibile il fluire della conoscenza a beneficio degli agricoltori, i diretti finali utilizzatori.
Obiettivo dell’articolo è dunque offrire una panoramica delle più rilevanti proposte legislative in atto nel contesto europeo e mondiale che consenta di mappare il percorso che la policy sta indicando per la ricerca e l’innovazione in campo agricolo. Prendendo spunto dalle principali esperienze condotte nel panorama europeo e mondiale al fine di mettere in luce lo stato di attuazione degli Agricultural Knowledge and Innovation Systems - AKIS2 e dalle proposte riguardanti il nuovo scenario in cui i sistemi sono valorizzati e inquadrati, si definisce il punto in cui ci troviamo e le sfide richieste ai sistemi.
Perché l’attenzione ai sistemi della conoscenza e innovazione in agricoltura?
Le ragioni alla base della necessità di riprendere con maggior impeto la ricerca e l’innovazione in agricoltura al fine di affrontare con un’ottica di lungo periodo le sfide poste al settore sono ben diverse da quelle che furono all’origine della Green Revolution. Le sfide sono delineate dalla Strategia Europa 2020 che spinge ad una crescita intelligente, sostenibile ed inclusiva (Commissione Europea, 2010a), nonché dall’iniziativa faro dell’UE per una Unione dell’Innovazione (Commissione Europea, 2010b). Quest’ultima, in particolare, detta i principi guida alla base della creazione dell’Unione:
- investire costantemente nell’istruzione, nella ricerca, nell’innovazione e nelle ICT, anche e soprattutto in periodi di crisi;
- promuovere riforme volte ad ottenere maggiori risultati dagli investimenti compiuti;
- modernizzare i sistemi educativi a tutti i livelli, perché l’eccellenza diventi più marcatamente il loro principio ispiratore;
- agevolare la creazione di uno Spazio europeo della ricerca, favorendo e incentivando la mobilità dei ricercatori;
- rafforzare l’interesse del privato, stimolarne gli investimenti e la cooperazione con il mondo della scienza, agevolandone l’accesso ai programmi europei, ai finanziamenti relativi, nonché l’innovatività;
- appoggiare e sostenere partnership europee per l’innovazione al fine di affrontare anche le problematiche di rilievo sociale confrontando e scambiando conoscenze ed esperienze;
- infine, aprire i sistemi della conoscenza, ricerca e innovazione a partner internazionali (Commissione Europea, 2010b).
In questo nuovo contesto, la ricerca agricola si trova ad indirizzare una serie di tematiche molto più ampie e problematiche che in passato: la necessità di mantenere o incrementare la produttività in agricoltura e, allo stesso tempo, di rispettare biodiversità e sostenibilità ambientale implica il supporto ad approcci scientifici “pluralistici” che riflettano la complessità (Commissione Europea, 2011a). Il percorso da seguire non è univoco: le innovazioni richieste non sono solo tecnologiche ma anche sociali, organizzative; peraltro, esse si trovano a dover rispondere simultaneamente a diversi obiettivi, quali la sicurezza alimentare, la produzione di biomasse, la preservazione dell’ambiente, mantenendo o incrementando, al contempo, la produttività.
La conoscenza in agricoltura abbraccia effettivamente una pluralità di approcci, e il percorso che sta perseguendo la sua evoluzione sembra ben delineato dalla letteratura prevalente: quello lineare (o top-down, tipico dell’AKS), orientato al trasferimento delle conoscenze e tecnologie dal ricercatore all’agricoltore per tramite di intermediari quali, ad esempio, i consulenti sembra oramai essere superato da un approccio che richiede maggiore collaborazione e interazione tra sistemi “a rete” (AKIS), che integrano, cioè, la produzione di conoscenza, l’adattamento, la consulenza e l’istruzione, le “anime” dei sistemi della conoscenza (OCSE, 2011; EU SCAR, 2012)3. Perché vi sia innovazione, quindi, non basta la sola ricerca: è l’insieme delle interazioni a far sì che essa diventi il risultato di reti di collaborazioni in cui l’informazione è scambiata ed ha luogo un processo di apprendimento. Hall (2007), ad esempio, ritiene che l’innovazione in agricoltura sia raramente innescata dalla ricerca: piuttosto, è spesso la risposta che gli imprenditori agricoli trovano alle opportunità offerte da mercati nuovi e in continuo cambiamento.
L’agenda strategica europea nell’ultimo biennio ha fatto perno proprio sull’obiettivo di rendere possibili questi sistemi dell’innovazione, creando le basi normative e un contesto operativo favorevoli all’emergere di interazioni tra gli attori dei sistemi stessi.
Il sostegno della policy ai sistemi della conoscenza in agricoltura: il caso della PAC
L’attuale PAC (2007-2013) non tratta direttamente di ricerca e innovazione in agricoltura, né prevede quindi finanziamenti ad essa dedicati. Ad ogni modo, contempla alcune misure di policy che hanno un impatto diretto sui sistemi della conoscenza e innovazione, mentre altre sulla capacità innovativa degli operatori. In particolare, si fa riferimento al FAS e alle misure di sviluppo rurale (SR) che riguardano la conoscenza e la disseminazione di informazioni, nonché la consulenza e la cooperazione per l’innovazione. Quanto all’Asse 1, nel dettaglio, figurano le misure 111 (formazione e informazione), 114 (supporto agli agricoltori perché riescano a sostenere il costo di servizi di assistenza per lo sviluppo e il miglioramento della performance della loro azienda), 115 (supporto per coprire i costi di creazione della nuova azienda), 124 (supporto alla cooperazione tra produttori primari agricoli e forestali, industria di trasformazione e/o terze parti per lo sviluppo di nuovi prodotti processi e tecnologie)4. Il programma Leader (Asse IV), avviatosi circa 20 anni fa ed integrato nella politica di sviluppo rurale nell’attuale periodo di programmazione 2007-2013, utilizza un approccio bottom-up e supporta strategie di sviluppo locale ed integrato, contribuendo all’emergere di innovazioni, in particolare sociali, a livello locale. La Rete europea per lo SR, infine, è stata istituita nel periodo attuale di programmazione con l’obiettivo di creare una rete tra gli attori dello SR europeo al fine di disseminare le informazioni e le buone pratiche su diversi aspetti dello sviluppo rurale. Prevede specifici gruppi di lavoro tematici (es. legami tra l’agricoltura e la più ampia economia rurale), e ha stabilito una sotto-commissione che guida e indirizza il Leader. La Rete realizza anche studi e analisi dei programmi di SR e organizza seminari ed eventi su tematiche specifiche rilevanti ai fini della implementazione della politica di SR.
La nuova PAC
Il miglioramento della produttività dell’agricoltura attraverso la ricerca, il trasferimento di conoscenze e la promozione della cooperazione e dell’innovazione è al centro degli obiettivi strategici della nuova proposta della PAC, a valere per il periodo di programmazione 2014-2020 e in stretto coordinamento con la Strategia Europa 20205. Con una struttura di nuovo ancorata a due pilastri che fanno uso di strumenti complementari per perseguire gli stessi obiettivi, la futura PAC mira ad un’agricoltura più competitiva e sostenibile, condotta in aree rurali vivaci. È ancora al secondo pilastro che viene assegnato l’obiettivo di offrire strumenti attraverso cui indirizzare lo sviluppo di queste aree.
Tre le iniziative di rilievo, distinte ma connesse tra loro (Vagnozzi 2011):
- confermata la necessità che gli stati membri si dotino di un sistema di consulenza aziendale che consenta loro di adeguarsi ai nuovi indirizzi della politica agricola, ma se ne estendono contenuti e obiettivi: dalla condizionalità alle pratiche agricole necessarie per accedere ad una quota di dei pagamenti diretti (greening), alle nuove sfide previste nell’Health check fino allo sviluppo sostenibile delle piccole aziende agricole;
- destinati alla ricerca 4,5 miliardi di euro del bilancio comunitario che saranno gestiti secondo le regole dei Programmi Quadro della ricerca;
- individuata nel nuovo regolamento sullo sviluppo rurale la priorità del trasferimento della conoscenza, di cui si riconosce espressamente il ruolo trasversale a tutti gli obiettivi della politica e che consente una aggregazione sistemica delle Misure che riguardano la consulenza, i servizi e l’innovazione in modo che possano rispondere ad obiettivi comuni.
Rispetto alla attuale programmazione, il trasferimento delle conoscenze e l’innovazione sono poste pertanto come linee di priorità da perseguire nella promozione degli interventi della politica di SR. L’articolo 15 del nuovo regolamento di sviluppo rurale sostituisce la misura sulla formazione e ne delinea gli strumenti: non solo corsi di formazione professionale e di acquisizione di competenze, ma anche workshop, corsi pilota, dimostrazioni. L’articolo 16 disciplina, invece, i servizi di consulenza e prevede peraltro che la formazione sia rivolta anche ai soggetti che prestano consulenza.
Un’altra importante iniziativa che si aggiunge alle precedenti tre riguarda l’istituzione della Partnership Europea per l’Innovazione (European Innovation Partnership – EIP), finalizzata al miglioramento della sostenibilità del settore agricolo, allo sviluppo della bio-economia, alla preservazione dell’ambiente e adattamento/mitigazione del cambiamento climatico, nonché alla costruzione di legami tra la ricerca (e quindi conoscenza, tecnologia), gli agricoltori-imprenditori e i consulenti (articolo 62). Tra gli strumenti perché questi obiettivi siano realizzati: l’incoraggiamento verso una applicazione più diffusa delle misure di innovazione disponibili; la promozione di una messa in pratica delle innovazioni prodotte su più vasta scala e in tempi brevi; una più ampia informazione della comunità scientifica circa il fabbisogno di ricerca del settore agricolo6 (Commissione Europea, 2012). Nel realizzare gli obiettivi, la EIP si avvarrà di una Rete europea (che affiancherà la Rete europea per lo sviluppo rurale) e di gruppi operativi costituiti presso gli Stati membri con esponenti delle imprese, della consulenza e della ricerca.
Per la nuova programmazione cambiano, quindi, il ruolo degli interventi rispetto agli obiettivi della politica di sviluppo rurale e l’attuazione delle misure (Vagnozzi, 2011). Quanto al primo aspetto, le azioni di formazione e consulenza diventano trasversali, ovvero al servizio degli obiettivi “macro” della politica che sono la competitività, la sostenibilità, lo sviluppo locale. Inoltre l’istituzione della EIP è funzionale (e rende più efficace) alla necessità di trasferire innovazione e conoscenza rimuovendo gli ostacoli alla cooperazione e creazione di reti tra imprese, ricerca, divulgazione.
Quanto all’attuazione delle misure, invece, le novità riguardano principalmente:
- gli obiettivi generali: la formazione e l’informazione si estendono all’obiettivo del trasferimento della conoscenza; la ex misura 114 assume fra gli obiettivi oltre alla condizionalità e alla sicurezza del lavoro anche temi ambientali e le nuove sfide, nonché contempla il supporto alla formazione di tecnici e consulenti;
- il target: aumentano e si differenziano gli utenti. Oltre agli imprenditori agricoli e forestali, figurano le piccole e medie imprese, i gestori del territorio;
- i beneficiari: gli articoli 15 (formazione) e 16 (consulenza) si rivolgono agli erogatori del servizio e non agli imprenditori;
- gli strumenti: corsi di formazione, workshop, stage, prove dimostrative sulla gestione aziendale, consulenza anche a gruppi di imprese;
- soggetti erogatori: richiesta una adeguata qualificazione, risorse umane e strumentali idonee a garantire che il servizio venga effettivamente fornito.
L’attuale misura di cooperazione (124) viene inoltre sensibilmente rafforzata, estesa ad un’ampia gamma di forme di cooperazione (economica, ambientale e sociale) tra molteplici tipologie di beneficiari, nonché vengono fatti espressamente rientrare in essa i progetti pilota e la cooperazione transregionale e transnazionale.
Il sostegno della policy ai sistemi della conoscenza in agricoltura: il nuovo Programma Quadro Horizon 2020
Se la PAC non supporta direttamente attività di ricerca, per la ricerca scientifica in campo agricolo si ricorre agli strumenti comunitari, tra cui in particolare i Programmi Quadro. Il settimo Programma Quadro (7° PQ), a valere fino al 2013, prevede per l’agricoltura una specifica priorità tematica, “Food, agriculture and biotechnology”, dedicata alle sfide tecnologiche che il settore europeo deve affrontare, e che vanta circa 1,9 miliardi di euro di stanziamento per l’intera durata del programma7. Naturalmente, l’agricoltura e lo sviluppo rurale trovano corrispondenza anche con altre tematiche del 7° PQ, quali: “Ambiente (inclusi cambiamenti climatici)” per gli aspetti della sostenibilità agro ambientale; “Scienze socio-economiche e umanistiche” per più ampi aspetti dello sviluppo rurale; “Energia” per i temi biomasse e bio-fuel; “Tecnologie dell’informazione e della comunicazione” per lo sviluppo di ICT anche nel rurale; “Nanoscienze, nanotecnologie, tecnologie dei materiali e processi di produzione” per una applicazione anche in agricoltura. È di recente pubblicazione da parte della Commissione Europea la nuova proposta di regolamento della ricerca intitolata “Horizon 2020”, il Programma Quadro per la Ricerca e l’Innovazione a valere per il periodo 2014-2020 (Commissione Europea, 2011c). L’ottavo PQ intende definire le modalità con cui l’UE sosterrà le attività di ricerca, innovazione e sviluppo tecnologico per incentivare lo sviluppo del potenziale industriale europeo e contribuire alla costruzione di un’economia basata sulla conoscenza. Evidente lo stretto raccordo con la strategia di Europa 2020: il PQ intende contribuire direttamente ad affrontare le principali sfide della società individuate nel quadro della Strategia. La sfida che Horizon 2020 si pone consiste nel coinvolgere un’ampia gamma di settori tra loro collegati, al fine di permettere un’interazione tra ricercatori, aziende, produttori, coltivatori e consumatori finali e garantire un approccio trasversale coerente con le principali politiche europee.
Tre le priorità su cui il programma punta: eccellenza scientifica, leadership industriale, sfide della società. L’investimento globale previsto è di circa 84 miliardi di euro. La proposta sottolinea l’importanza del ruolo della ricerca e dell’innovazione in campo agricolo, il cui obiettivo specifico è duplice: garantire da un lato, la sicurezza alimentare; dall’altro, sviluppare sistemi di produzione competitivi ed efficienti che garantiscano l’approvvigionamento stesso, promuovendo al contempo servizi ecosistemici lungo filiere competitive e a bassa emissione di carbonio, accelerando per questa via il processo di transizione verso una bioeconomia europea sostenibile. Quattro le principali linee di ricerca e innovazione promosse:
- Gestione sostenibile dell’agricoltura e della silvicoltura: l’obiettivo è assicurare un livello sufficiente di scorte alimentari sicure e di alta qualità, mangimi, biomassa e altre materie prime salvaguardando le risorse naturali, riducendo gli effetti del cambiamento climatico, potenziando i servizi ecosistemici. Le attività dovranno in questo contesto, quindi, riguardare principalmente la creazione di sistemi di produzione agricoli efficienti nell’impiego delle risorse e lo sviluppo di servizi, idee e politiche che migliorino le condizioni di vita nelle zone rurali.
- Settore agroalimentare sostenibile e competitivo per una dieta sana e sicura: l’obiettivo è di soddisfare le richieste dei cittadini per quanto riguarda una alimentazione sana, sicura, accessibile ed economica e rendere la produzione, trasformazione e la distribuzione di derrate alimentari e dei mangimi più sostenibile, nonché il settore alimentare più competitivo. Le attività saranno quindi finalizzate a garantire gli approvvigionamenti, informare i cittadini per incentivarne scelte consapevoli in campo alimentare, sviluppare metodi competitivi di produzione e trasformazione con ricorso all’uso sostenibile delle risorse.
- Far esprimere al meglio il potenziale delle risorse biologiche acquatiche: lo scopo è quello di utilizzare in maniera sostenibile le risorse acquatiche vive per massimizzare i benefici sociali ed economici che provengono da oceani e mari europei.
- Bio-industrie sostenibili e competitive: l’obiettivo è la promozione di bio-industrie europee a basso tenore di carbonio, efficienti nelle risorse, sostenibili e competitive.
Per rispondere alle sfide del futuro, la ricerca e l’innovazione in campo agricolo devono quindi tenere in conto anche gli aspetti socio-economici della modernizzazione e dello sviluppo di nuove tecniche applicate all’agricoltura.
Come si pongono gli attuali sistemi della conoscenza di fronte al contesto di policy?
Le esperienze in campo in Europa
Di fronte all’obiettivo di rivedere e ripensare i sistemi nazionali della conoscenza al fine di affrontare le sfide richieste, il Comitato permanente per la ricerca in agricoltura (SCAR) ha istituito nel 2009 un gruppo di lavoro avente lo scopo di analizzare i legami tra la conoscenza e l’innovazione al fine di dare supporto all’Unione Europea nella definizione delle nuove politiche comunitarie sulla conoscenza8. Le attività di indagine condotte negli ultimi due anni dal gruppo tramite incontri, focus group, discussioni e presentazioni di casi studio testimoniano la frammentazione di cui soffrono i sistemi della conoscenza europei, che non riescono attualmente a rispondere in tempo reale ai cambiamenti, alle sfide, alle nuove preoccupazioni e bisogni che la società vive. Benché sia riconosciuta l’esistenza di questi sistemi, essi sono molto differenti tra loro (per contesto istituzionale, per storia, per le caratteristiche del settore agricolo e la sua posizione competitiva), mancano di una unica politica che li regoli (inapplicabile il principio del “one size fits all”) e sono guidati da differenti incentivi che minacciano la cooperazione e la coerenza, a volte, tra le componenti di cui consistono. Il problema che spesso si riscontra è che la ricerca non è ben collegata con il livello di implementazione: ne deriva che risultati di ricerca utili e interessanti spesso non sono messi a servizio di potenziali utilizzatori e questi ultimi hanno difficoltà a prender consapevolezza delle nuove sfide affrontate dalla comunità di ricerca. L’interfaccia tra ricerca e utenti finali non è stata di fatto tenuta in debito conto negli ultimi anni: la ristrutturazione (e la privatizzazione) della componente dei servizi di sviluppo, avvenuta in molti Stati membri, ha comportato una frammentazione dei servizi stessi di cui non hanno certamente beneficiato le imprese, incluse le più piccole, nonché un affievolirsi sia della capacità di svolgere consulenza su beni pubblici (l’ambiente, ad esempio), sia del coinvolgimento dei servizi nelle attività di creazione della conoscenza (EU SCAR, 2012). Tutto ciò testimonia come in assenza di un approccio comprensivo circa il ruolo e gli obiettivi delle componenti del sistema della conoscenza c’è il rischio che il trade-off tra diversi obiettivi (es. incrementare la produttività e mantenere servizi ambientali) e l’orizzonte temporale (breve per obiettivi di reddito e lungo per obiettivi di sostenibilità) non siano debitamente presi in considerazione.
Le esperienze in campo nel mondo
Valutare in che modo (e quanto) la ricerca e l’innovazione siano in grado di rispondere alle principali sfide poste oggi all’agricoltura e all’agro-alimentare è stato anche l’obiettivo della terza conferenza mondiale sui sistemi della conoscenza in agricoltura, tenutasi i giorni 15-17 giugno 2011 a Parigi, presso la sede OCSE9. L’evento ha visto il coinvolgimento, il contributo e la partecipazione di numerosi esperti provenienti dal mondo accademico, istituzionale (presente anche l’UE), civile depositari di importanti testimonianze sul funzionamento, gli obiettivi e l’evoluzione dei rispettivi AKIS. Il quadro mondiale che ne è emerso conferma nonché supporta quanto sul piano strategico l’Europa è chiamata a compiere in direzione di una visione innovativa della conoscenza: sebbene innumerevoli studi condotti nel passato abbiano dimostrato alti rendimenti negli investimenti in ricerca, la crescita della produttività agricola sembra tutt’ora mostrare un rallentamento; gli investimenti in ricerca e sviluppo non sono ancora adeguati e coerenti con le necessità; i sistemi della conoscenza, pur se in fase di evoluzione, rischiano di rimanere ancorati a paradigmi non più al passo coi tempi e mancano tuttora di un efficace coordinamento; scarso (o non del tutto efficace) il coinvolgimento degli agricoltori, così come la loro consapevolezza dei benefici derivanti dalle innovazioni, perché ancora scarsa sembra la capacità dei sistemi di comunicare e informare. L’unica eccezione è costituita da paesi quali Cina e Brasile nei quali si registrano un incremento nella crescita della spesa pubblica per ricerca agricola (alti gli investimenti nell’ultima decade) parallelamente ad un aumento della partecipazione del privato, e conseguenti miglioramenti nella produttività. I paesi, peraltro, costituiscono insieme con l’India un importante esempio di come sia possibile utilizzare la tecnologia a supporto della comunicazione e della presa di consapevolezza da parte degli agricoltori di quanto sia fondamentale l’innovazione per il progresso.
Riflessioni conclusive e questioni aperte
Ai sistemi della conoscenza in agricoltura è oggi richiesto un nuovo ruolo e una nuova missione. Diviene prioritario allinearsi con i nuovi bisogni emergenti e affrontare le sfide poste al settore trasformando la conoscenza in innovazione: nuovi e più numerosi i soggetti che si interessano ed approcciano ad essa (ad esempio, cresce la partecipazione del privato), nuova l’agenda dei lavori10, maggiore è l’interesse di chi finanzia a vedere risultati concreti dei propri investimenti. Questo importante cambiamento può essere ottenuto solo se si è in grado da un lato, di assicurare un intervento pubblico a supporto dei sistemi dell’innovazione costante ed efficace (occorrono impegni di lungo termine), consapevole dei benefici derivanti dall’investimento in ricerca e innovazione (compresa la sua diffusione), e tale da supportare anche le aree meno sviluppate; dall’altro, occorre stimolare il privato a partecipare di più e più consapevolmente11; garantire che gli agricoltori abbiano un’informazione più ampia circa i loro reali bisogni e che a questi l’innovazione risponda in maniera efficiente; occorre che ci sia maggiore presa di coscienza da parte del pubblico circa i reali benefici derivanti dall’investire nell’innovazione e che quindi siano allentati i vincoli che tuttora permangono in particolare in alcune aree del mondo. Le esperienze condotte nel panorama europeo e mondiale e le indicazioni di policy derivanti dal nuovo contesto in cui si approccia al tema della conoscenza in agricoltura mostrano come siano già segnate le vie da seguire per raggiungere questi risultati ed alcuni paesi hanno già posto in essere attività che vanno in queste direzioni:
- aumentare l’efficacia di interventi e attività poste già in essere dal settore pubblico: l’Australia, per esempio, sta sperimentando la razionalizzazione delle proprie strutture di ricerca (i centri di eccellenza) e una sorta di tentativo di “matching” tra le risorse pubbliche e quelle private (in supporto delle prime); Brasile, Cina e India stanno sviluppando nuove ed avanzate tecnologie a supporto dell’agricoltura (ad esempio, agronomiche o informatiche, finalizzate a raggiungere anche gli agricoltori delle aree rurali più remote); tuttavia, numerosi paesi dell’Africa debbono ancora affrontare problemi connessi alla scarsità e poca qualifica del capitale umano e finanziario;
- cambiare il design istituzionale ed operativo dei sistemi della conoscenza: è necessario potenziare il livello di sviluppo tecnologico delle imprese agricole e del settore industriale in generale (ad esempio, stimolare processi di risparmio energetico); incentivare attività di apprendimento e innovazione tramite la rete (e-learning); sviluppare partnership e collaborazioni pubblico-private nonché consorzi anche internazionali; migliorare le performance di sistema (quindi incentivare attività di monitoraggio e valutazione) e rafforzare il legame tra la ricerca e la sua applicazione; in fondo, sono questi i principi attorno ai quali ruotano le indicazioni di policy offerte dal nuovo contesto normativo;
- accrescere il ruolo del privato: occorre incentivarlo affinché generi, sviluppi e diffonda nuove tecnologie anche utilizzando la leva della profittabilità di tali attività; garantire un adeguato sistema di protezione dei diritti di proprietà (ma occorre valutare quanto proteggere); regolamentare i rapporti tra pubblico e privato, posto che il pubblico potrebbe non comprendere appieno i vantaggi derivanti da un intervento del privato.
Tutte queste necessità che portano al cambiamento si scontrano però con evidenti vincoli che i sistemi della conoscenza sono attualmente chiamati a superare: l’“inerzia istituzionale” di alcuni AKIS, che rischia di impedire il progresso e l’evoluzione degli stessi; potenziali (ma ancora in sperimentazione) benefici derivanti dall’introduzione della figura degli “innovation brokers”12 ; difficoltà nel garantire una attiva e consapevole partecipazione degli agricoltori e dell’intero settore; dubbi sul ruolo delle reti quali “promotori” o “barriera” al cambiamento; difficoltà nel trovare alternative al sistema attuale che non comportino alti costi, ma che possano adattarsi ai diversi contesti. Riuscire nel cambiamento implica necessariamente l’insorgere di difficoltà nell’indirizzare importanti questioni quali il capitale umano e le strutture/infrastrutture (OCSE, 2011). In quest’ottica, perché il cambiamento avvenga e sia tempestivo, è necessario un processo continuo di adattamento e ri-orientamento delle attività e delle politiche a supporto del cambiamento. Le politiche attualmente stanno dirigendosi verso questa direzione, sebbene sia loro richiesto non solo di indicare il percorso da seguire, bensì anche garantire una coerenza di policy oltre che sistemica per salvaguardare la stessa sostenibilità economica e sociale degli AKIS. In questo, diviene fondamentale utilizzare un approccio di policy più ampio: non solo ricerca e innovazione, ma attenzione al complesso delle politiche che regolano l’agricoltura al fine di conciliare la richiesta di supporto finanziario ai sistemi della conoscenza e alla loro evoluzione con la domanda crescente di risorse pubbliche per altre finalità.
Riferimenti bibliografici
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- 1. Il termine “bio-economia” include tutte le industrie e i settori economici che producono, gestiscono e diversamente sfruttano le risorse biologiche (dunque l’agricoltura, il settore alimentare, la selvicoltura, l’itticoltura e tutte le industrie che utilizzano bio-risorse), i relativi servizi, i fornitori e i consumatori [link].
- 2. Sebbene sia un concetto relativamente moderno, l’AKIS affonda le sue radici già negli anni ’60, quando la politica agricola dell’epoca, interventista, riteneva fosse necessario istituire un sistema di attori, l’AKS (Agricultural Knowledge System), che coordinasse il processo di creazione e trasferimento della conoscenza al fine di accelerare il processo di modernizzazione del settore. In molti paesi questo significò una forte integrazione tra ricerca pubblica, istruzione e servizi di sviluppo e divulgazione, spesso sotto il controllo dei Ministeri nazionali dell’Agricoltura. Negli anni ’70 il concetto si estese a comprendere l’informazione (da AKS a AKIS, Agricultural Knowledge and Information System), ad omaggiare la fiorente introduzione di nuove tecnologie (si pensi al computer). L’AKIS così definito intendeva superare la visione prettamente istituzionale degli AKS, per rappresentarne piuttosto l’insieme di reti di interazione tra gli attori (compresi quelli esterni ai tipici circuiti della ricerca, istruzione divulgazione agricole) coinvolti nella creazione, trasformazione, divulgazione, utilizzazione della conoscenza e dell’informazione a supporto dei decisori politici e dell’innovazione in agricoltura (EU SCAR, 2012; Röling, Engel, 1991). Più di recente (Klerkx, Leeuwis, 2009), l’AKIS si è evoluto acquisendo il concetto di “innovazione” (Agricultural Knowledge and Innovation System).
- 3. Alla base dell’emergere di questo nuovo approccio vi è il processo di decentramento nonché privatizzazione che ha subito nel tempo la componente del sistema della conoscenza legata ai servizi di sviluppo e divulgazione, processo che ha portato allo sviluppo di nuovi servizi di consulenza attraverso il coinvolgimento di NGO, organizzazioni di produttori, imprese private, con l’emergere e la progressiva differenziazione di ruoli e soggetti operanti.
- 4. Se la 111 già esisteva, la 114 è stata introdotta con la riforma PAC del 2003 (Riforma Fischler), e le 115 e 124 a partire dal 2007.
- 5. Nella promozione di un uso efficiente delle risorse per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva dell’agricoltura e delle zone rurali dell’UE.
- 6. Priorità, queste, evocate anche in occasione della conferenza tenutasi il 7 marzo presso la Commissione Europea “Enhancing innovation and the delivery in European research agriculture”[link].
- 7. La tematica concerne le politiche di gestione delle aziende agricole, la sicurezza alimentare e lo sviluppo rurale attraverso le seguenti tre attività: a) produzione sostenibile e gestione delle risorse biologiche provenienti dalla terra, dalle foreste, e dagli ambienti acquatici; b) cibo, salute e benessere; c) scienza della vita, biotecnologia e biochimica per prodotti e processi non alimentari.
- 8. Si tratta dell’Agricultural Knowledge and Innovation Systems Collaborative Working Group (AKIS CWG), sorto nel 2010 per iniziativa dello SCAR e con mandato fino al Marzo 2012. Nato con l’obiettivo di costituire il primo strumento di monitoraggio in Europa delle strutture degli AKIS e della loro evoluzione, il gruppo vede la partecipazione di esponenti della società civile provenienti da tutti i paesi membri, compresa l’Italia, e di alcuni esponenti delle istituzioni europee (Commissione Europea in primis). Tra i temi analizzati: la policy dei sistemi della conoscenza in Europa, i principi chiave attorno ai quali essa si incardina, l’innovazione sociale, casi studi nazionali. A conclusione del mandato, in occasione della conferenza finale tenutasi a Bruxelles il 5 marzo 2012 e intitolata “The future of Agricultural Knowledge and Innovation Systems in Europe”, il gruppo ha presentato i risultati ottenuti dall’indagine sui sistemi della conoscenza europei e raccolti nel volume “Agricultural Knowledge and Innovation Systems in transition” (EU SCAR, 2012).
- 9. In preparazione alla conferenza, nel mese di marzo-aprile 2011, l’OCSE ha inviato a tutti i paesi membri un complesso questionario preparato ad hoc con l’obiettivo di delineare il quadro mondiale dei sistemi della conoscenza in agricoltura: rispondendo in maniera compiuta alle stesse domande circa il funzionamento, le componenti e le risorse (umane e finanziarie) di cui constano, l’evoluzione delle stesse nel tempo ed il quadro istituzionale in cui sono sorte ed operano tuttora, ogni paese ha fornito materiale da cui hanno preso avvio la discussione e gli interventi previsti in sede di conferenza. L’Italia, sebbene non fosse previsto un intervento in occasione della conferenza, ha dato il suo contributo inviando un documento realizzato dall’INEA in collaborazione con il MIPAAF (pubblicato sul sito della conferenza) che rappresenta il quadro più aggiornato, completo ed esaustivo del sistema nazionale della conoscenza in agricoltura [pdf].
- 10. Combattere la fame, ridurre la povertà, affrontare una nuova domanda da parte dei consumatori sono solo alcuni dei punti.
- 11. Importanti testimonianze hanno dimostrato come le partnership tra pubblico e privato siano strumento utile e valido non solo nell’ottica di un obiettivo di “coordinamento” degli attori coinvolti (che operano in complementarietà nelle loro differenti funzioni), ma anche nell’ottica di condivisione del peso finanziario della ricerca, di accesso alle tecnologie nuove o esistenti per soddisfare anche i bisogni locali, e di promozione di un uso consapevole e responsabile della tecnologia.
- 12. Si tratta di una figura nuova (spesso soggetti privati o esponenti della società civile supportati anche dal pubblico), il cui ruolo non è tanto legato al coinvolgimento nella creazione di conoscenza, né al suo utilizzo nell’innovazione, quanto piuttosto alla creazione di un legame stabile tra i vari elementi che compongono un sistema innovativo, all’assicurare che vi sia un incontro tra domanda e offerta, che i partner ed i soggetti coinvolti siano messi in collegamento tra loro, e che i flussi di informazione e apprendimento si realizzino in maniera efficace (Klerkx et al. 2010; Klerkx, 2012). Tra le principali funzioni: sviluppare reti di soggetti, garantire accesso alle tecnologie, offrire supporto tecnico e pratico finalizzato all’apprendimento e alla formazione, promuovere il cambiamento anche in un’ottica lungimirante.
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Utente non regi... (not verified)
Thu, 01/01/1970 - 01:00
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ARTICOLO PARTICOLARMENTE INTERESSANTE E COMPLETO PER CONTENUTI E RIFERRIMENTI. GRAZIE
Dr alfredo cocchiarella - agronomo
Commento originariamente inviato da 'alfredo cocchiarella' in data 17/06/2012.