Un modello per la valutazione della riforma del 1° pilastro della PAC a livello territoriale

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Un modello per la valutazione della riforma del 1° pilastro della PAC a livello territoriale
a University of Sussex
b Università di Verona
c Università di Verona, Dipartimento di Economie, Società e Istituzioni
d Università di Verona, Dipartimento di Scienze Economiche

Introduzione1

Le condizioni ambientali, morfologiche e climatiche variano notevolmente all’interno del territorio italiano con conseguenti effetti sulla distribuzione delle culture e dell’allevamento. Di conseguenza, le politiche d’intervento in agricoltura producono effetti eterogenei nelle diverse regioni Italiane che devono essere tenuti in considerazione per assicurare una corretta valutazione di come i costi e i benefici sono distribuiti nel paese. E’ quindi necessaria una valutazione disaggregata a livello territoriale per integrare gli obiettivi regionali e nazionali. In questo lavoro analizziamo gli effetti del disaccoppiamento totale previsti dalla riforma Fischler della politica agricola comunitaria (PAC) introdotta nel 2003. La scelta di questa particolare riforma, sebbene datata, ci permette di confrontare i nostri risultati con quelli ottenuti utilizzando un modello nazionale non disaggregato, proposto in Finizia et al. (2004), e quindi di evidenziare i vantaggi di un’analisi disaggregata a livello territoriale. Dato questo interesse di natura metodologica, la simulazione si riferisce al regolamento del 2003 e non alle successive evoluzioni della PAC quale l'Health Check.
Il nostro modello di equilibrio generale multiregionale (MEG-R) intende confrontare gli effetti della riforma nelle tre macro-regioni: nord, centro e sud. Il modello propone, inoltre, alcuni miglioramenti rispetto a quello proposto in Finizia et al. (2004) nella modellizzazione dell’impresa famigliare e delle scelte produttive e introduce il commercio interregionale.

Il contesto regionale e la riforma della PAC 2003

Negli ultimi due decenni, il settore agricolo Italiano ha vissuto una contrazione e una riduzione del numero di imprese familiari che rappresentavano il 95% delle imprese in agricoltura (Istat, 2011). Nelle regioni del nord questa tendenza negativa non è stata accompagnata da una corrispondente riduzione della terra per uso agricolo. Una serie di fusioni e acquisizioni ha portato al ridimensionamento del settore agricolo caratterizzato ora da imprese più grandi. Nel centro e nel sud, invece, il declino del settore primario ha portato alla riduzione sia in numero che in dimensioni delle imprese agricole aumentando le disparita nelle 3 macro-aree (Inea, 2003). Per quanto riguarda le produzioni agricole, le coltivazioni sono distribuite nel territorio in base alle condizioni climatiche e ambientali e alla generosità dei contributi. Il 60% delle produzioni cerealicole è prodotto nelle regioni del nord nonostante solo il 39% della terra sia destinata a tali coltivazioni. Anche l’allevamento è maggiormente concentrato al nord ad eccezione di quello ovino e caprino. Al contrario la produzione orticola, di olive, agrumi è maggiormente concentrata al sud.
La riforma Fischler del giugno 2003 ha introdotto due pilastri principali: il disaccoppiamento contributi ai produttori a partire dal 2005 e l'introduzione del regime di pagamento unico. Parte della originalità di questa riforma sta nella possibilità offerta agli Stati membri di scegliere tra disaccoppiamento totale o diverse opzioni di disaccoppiamento parziale. Questa scelta è limitata ai settori dei cereali, carni bovine, ovine e caprine. Tutti gli agricoltori possono presentare domanda per il pagamento unico che si basa sulle rese storiche del periodo 2000-02. Tutti i pagamenti diretti agli agricoltori saranno poi ridotti nel periodo 2005-2012 nella percentuale del 3% nel 2005, 4% nel 2006, e del 5% dal 2007 al 2012. I premi di importo inferiore a 5000 euro saranno esentati. Regimi particolari sono stati tuttavia introdotti per alcuni tipi di prodotti come il frumento duro, colture proteiche, riso, ecc. Pertanto, l'obiettivo principale del disaccoppiamento è garantire una maggiore stabilità di reddito per gli agricoltori, consentendo, al contempo, una produzione più orientata al mercato nel rispetto delle condizioni di eco-compatibilità.

Il modello di equilibrio generale multiregionale – MEG-R

Il modello di equilibrio generale multi-regionale (MEG-R) comprende 45 settori produttivi. L'agricoltura è suddivisa in 22 settori disaggregati a livello macro-regionale (nord, centro sud). I settori agricoli utilizzano 5 fattori di produzione: terra (tre tipologie), capitale agricolo, lavoro (autonomo e dipendente), e animali (quattro categorie). Gli altri settori, utilizzano due fattori di produzione: capitale non agricolo e lavoro. Il MEG-R distingue due settori istituzionali, le famiglie (del nord, centro e sud) e il governo. Il commercio internazionale considera due aree commerciali: l’Unione Europea (UE) e il resto del mondo (RdM) e incorpora le caratteristiche principali della riforma della PAC (OCSE, 1988; Weyerbrock, 1998; De Muro et al., 2001).

A. Scelte produttive

Nel MEG R utilizziamo un approccio, definito Mixed Complementary Program (MCP), che ci consente di simulare la decisione di interrompere la produzione di una particolare coltura in una o più regioni agricole modellate come se fossero delle imprese-familiari tipo (Löfgren et al., 1999) come avviene normalmente nella soluzione di un problem di programmazione lineare anche nell'ambito in un modello di equilibrio generale. Questo ci permette di tener conto della distribuzione delle colture nelle varie regioni, poiché alcuni beni agricoli non sono prodotti in tutto il territorio come per esemptio il mais al sud e il grano duro al nord. Le scelte di produzione si basano sul presupposto che, in equilibrio, i prezzi di mercato corrispondono ai costi marginali di produzione in ogni settore e regione. Quando quest’assunzione è violata e i costi marginali superano i ricavi unitari, la produzione viene sostituita da un'altra più redditizia. Questa specificazione ci permette di analizzare come la riforma, influenzando il prezzo di vendita del prodotto e il costo marginale di produzione, influenza le decisioni di produrre un particolare tipo di coltura data la tecnologia e i fattori di produzione disponibili nelle tre macro-regioni.

B. L’impresa familiare agricola

La teoria economica dimostra che, quando i mercati non funzionano perfettamente, le decisioni di produzione e consumo nelle imprese familiari sono determinate congiuntamente. Nel contesto italiano, il lavoro famigliare non può essere perfettamente sostituito da quello salariato, e quindi questa distorsione del mercato porta alla non-separabilità tra le decisioni di produzione e consumo. Per questo motivo le famiglie agricole sono modellate come delle economie in miniatura in cui produzione e consumo interagiscono e il prezzo della manodopera familiare (salario ombra) è determinato dall'incontro tra domanda e offerta di lavoro familiare. Il salario ombra differisce nelle varie regioni consentendoci di modellare il comportamento eterogeneo delle famiglie nelle tre macro-aree.

C. La politica agricola comune

La revisione di medio termine della PAC permette agli agricoltori di utilizzare gli ettari dichiarati ai fini del pagamento unico disaccoppiato in qualsiasi attività agricola, con l'eccezione degli ortaggi e delle colture permanenti. Questo impedisce la mobilità della terra tra questi due gruppi di colture. Le imprese agricole che producono grano tenero, grano duro, mais, ortaggi, soia e altre colture industriali devono mettere a riposo una percentuale minima del 10% della superficie dedicata a queste colture. Per quanto riguarda le quote latte, considerato che il settore lattiero italiano non sta attuando il contingentamento secondo le modalità concordate a livello comunitario, gli allevatori sono costretti a pagare le sanzioni sulle quantità in eccesso...Gli agricoltori sono quindi costretti a pagare le sanzioni sulla quantità in eccesso. Il “trade-off” tra i proventi dell’eccessiva produzione e il pagamento di una multa è incorporato nella funzione di profitto. Infine abbiamo considerato anche la presenza dei prezzi d’intervento utilizzando un approccio MCP simile a quello descritto al punto A in cui, quando il prezzo scende al di sotto del prezzo d’intervento, la produzione in eccesso viene venduta al governo.

D. Commercio interregionale

Poiché le regioni sono economie più aperte rispetto alle nazioni, i flussi interregionali sono di fondamentale importanza nei modelli multi-regionali. Nel MEG-R i flussi interregionali sono determinati dal modello. Il commercio interregionale è determinato dal saldo commerciale di ciascuna regione e dai costi di trasporto. I prezzi dei beni scambiati tra le regioni sono influenzati dai costi di trasporto che dipendono dalla distanza tra le regioni. Il saldo regionale viene determinato come differenza tra l'offerta e la domanda regionale di prodotti agricoli. Ciascuna regione partecipa allo scambio con le altre regioni in modo da colmare il proprio deficit commerciale o allocare la produzione in eccesso. I flussi internazionali sono modellati considerando le condizioni di imperfetta sostituibilità e non sono disaggregati a livello regionale data la mancanza di dati.

Dati e simulazioni

I dati utilizzati si basano sulla tavola input-output dell'economia Italiana (1995) aggiornata al 2003. Le informazioni relative ai settori non agricoli e alle famiglie sono stata fornite dall’Istat (2003) ed dalla Banca d'Italia (2003). Per quanto riguarda il settore agricolo, i dati provengono dall'indagine socio-economica delle famiglie agricole italiane condotte da Ismea nel 1995. Il processo di disaggregazione regionale si basa sull’uso di tre matrici di pesi, che rappresentano il contributo di ogni regione alla produzione agricola nazionale. Queste matrici sono state costruite utilizzando i dati raccolti dall’indagine ISMEA del 1995. Non sono disponibili informazioni sulle proporzioni delle importazioni e delle esportazioni di ciascuna regione e settore, pertanto, al momento, questi conti non sono stati disaggregati.
Questo lavoro simula l'impatto della riforma della PAC del 2003. L'obiettivo della riforma è di sostituire i pagamenti "accoppiati a specifiche attività agricole" con un pagamento unico, che non ha effetti distorsivi sul mercato e sulle decisioni di allocazione delle colture. Gli agricoltori possono così ottimizzare il portafoglio di attività in base delle esigenze del mercato, assicurando l'efficienza delle scelte produttive. Inoltre, vi è un pagamento specifico per la terra messa a riposo. Nella simulazione si considerano due aspetti principali della riforma della PAC del 2003: a) il disaccoppiamento dei premi b) le modifiche delle politiche di mercato attraverso variazioni dei prezzi di intervento, le variazioni dei premi già esistenti e l'introduzione di nuovi premi per i prodotti specifici).

Risultati

In generale la riforma riduce il livello generale di attività, fornendo incentivi alle tecniche di produzione estensiva e riducendo, allo stesso tempo, l'uso di fattori produttivi inquinanti e la pressione aggressiva sull'ambiente. In certe situazioni, la riforma può indurre "disattivazione" e quindi l’uscita dall’agricoltura. I nostri risultati sono riportati nella tabella 1. Vi è una tendenza generale al riorientamento della produzione dalle colture cerealicole e oleaginose a quelle foraggere in tutte le regioni. L'impatto è particolarmente sfavorevole per il frumento, tenero e duro, soia e altre colture industriali, ad eccezione della produzione di granoturco. Nell’Italia centrale un produttore di cereali può tradizionalmente scegliere se seminare frumento duro o tenero; nella situazione pre-riforma, il regime dei premi dava un vantaggio comparato al frumento duro rispetto al tenero. Con il disaccoppiamento, i termini di convenienza si invertono. Tuttavia, entrambe le produzioni sono penalizzate dalla riforma a vantaggio delle colture foraggere a basso costo. Risultati simili si osservano anche nel sud, dove la produzione di foraggi essiccati aumenta notevolmente mentre il frumento tenero e duro subisco una diminuzione di 72 e 19 per cento rispettivamente.

Tabella 1 - Variazione % della produzione nel nord, centro e sud

Mentre è ragionevole attendersi che nel centro e nelle regioni del nord la riduzione delle colture cerealicole e oleaginose possa essere tradotta in un aumento di quelle foraggere, data la possibilità di utilizzazione del foraggio nel settore delle carni e del latte, al sud questa conversione è meno probabile data la ridotta capacità di espansione del settore zootecnico locale costituito principalmente dall’allevamento ovino e caprino. Questo potrebbe portare alla "disattivazione" della terra, che potrebbe essere lasciata improduttiva (senza necessariamente "uscire" dal settore), anche se mantenuta in buone condizioni agronomiche. La maggiore disponibilità di foraggi dovrebbe leggermente incoraggiare l’allevamento date le conseguenti riduzioni nei costi. Un aumento del 5 e del 3 per cento nella produzione di carni bovine è registrato nelle regioni del nord e del centro, nel centro e nelle regioni meridionali aumenta l’allevamento di altri animali. Il calo della produzione di riso nel nord è dovuto principalmente alla riduzione dei prezzi d'intervento e di importazione. L'impatto indiretto (sui settori non direttamente interessati dalla riforma) è limitato in seguito all'applicazione dei vincoli imposti dalla riforma che escludono la possibilità di produrre frutta e verdura sui terreni soggetti al pagamento unico e dai vincoli normativi e /o tecnici che limitano la mobilità delle colture. Gli effetti sulla produzione agricola sono trasmessi agli scambi commerciali tra le tre macro-regioni. La contrazione del settore del grano tenero, per esempio, produce un disavanzo nel settore al sud mentre il nord aumenta il commercio verso le altre macro-regioni per soddisfare la loro domanda interna. Come conseguenza del positivo andamento del settore dei foraggi nelle regioni del sud e centro, importatori di foraggi essiccati, il volume degli scambi si riduce; allo stesso tempo la diminuzione della produzione di foraggi essiccati al nord contribuisce ulteriormente alla riduzione dei flussi commerciali interregionali.
L’imperfetta sostituibilità tra lavoro famigliare e lavoro salariato, incorporata nel modello, implica una diversa risposta da parte della domanda di lavoro dipendente e indipendente. La manodopera familiare, anche se relativamente mobile tra diverse attività agricole, è meno trasferibile a settori non agricoli. La contrazione dei cereali e delle colture industriali si traduce in un eccesso di offerta di lavoro famigliare, questo porta a una riduzione dei salari (ombra), che impediscono alla domanda di manodopera famliare di ridursi eccessivamente. Dall'altra parte, il lavoro dipendente, più mobile, subisce una diminuzione della domanda, che è più evidente al centro. La nuova configurazione quindi rilascia la manodopera in eccedenza che può essere impiegata più efficientemente in altri settori dell'economia. La mancanza di capacità di assorbimento delle risorse in eccesso da parte degli altri settori economici può, tuttavia, portare a un aumento della disoccupazione in particolare nel sud d’Italia. Un impatto particolarmente importante è quello sul prezzo della terra. L'eliminazione dei sussidi accoppiati, di per sé, dovrebbe ridurre il valore della terra. Tuttavia, il pagamento unico rappresenta un trasferimento di reddito, che ricompensa tale perdita. I prezzi della terra aumentano in modo simile in tutte le regioni anche perché il pagamento unico non è differenziato tra regioni.

Il confronto con il modello nazionale aggregato

Questa sezione compara i risultati ottenuti con un modello nazionale di equilibrio generale (MEG), riportati in Finizia et al. (2004), per mostrare come la disaggregazione regionale può arricchire l'analisi dell'impatto delle riforme politiche. In questo confronto ci limitiamo a considerare solo l'impatto sulla produzione agricola. La tabella 2 mette a confronto le variazioni medie ottenuto aggregando i risultati regionali del MEG-R con l'impatto complessivo simulato utilizzando il modello aggregato MEG (Finizia et al., 2004). Il confronto mostra che, in generale, gli effetti medi nazionali ottenuti con il MEG-R sono in linea con le previsioni del MEG. Nell'analizzare i risultati nel dettaglio, tuttavia, è possibile notare alcune importanti differenze a livello regionale. Considerando, per esempio, la produzione di grano tenero e duro, l'effetto negativo osservato a livello nazionale, è molto meno rilevante nel nord. Allo stesso modo, gli effetti positivi sul settore delle carni bovine sono per lo più apprezzati attribuibili al nord mentre al sud l'effetto è addirittura negativo. La maggior parte delle divergenze nei risultati riportati a livello nazionale sembrano essere dovute alla mancanza di dettagli regionale del MEG. I risultati contrastanti nel caso della produzione di riso, mais, barbabietola da zucchero e tabacco, per esempio, sono molto probabilmente dovuti alla distribuzione regionale di terra, lavoro e capitale che non è presa in considerazione nel MEG. Un altro risultato interessante è quello relativo alla produzione di soia. L'utilizzo dell’approccio MCP nel nostro modello MEG-R ci consente di modellare la scelta di interrompere la produzione di una particolare coltura in una o più regioni. La produzione di soia nel nord (colonna 2), infatti, scompare. Al contrario nel modello aggregato MEG, che non consente questo tipo di risultati, l'effetto negativo, anche se di grandi dimensioni, è sottostimato.

Tabella 2 - Confronto tra MEG e MEG-R

Conclusioni

Questo studio analizza gli effetti della riforma Fischler della PAC nelle tre macro-regioni italiane, nord, centro e sud, utilizzando un modello di equilibrio generale multi-regionale (MEG-R). Il disegno innovativo del modello che riproduce i comportamenti delle singole tipologie aziendali anche a livello macro consente di descrivere la decisione di interrompere la produzione di un particolare bene agricolo e incorpora i legami tra produzione e consumo che caratterizzano l’impresa familiare agricola. Altro aspetto innovativo riguarda la descrizione dei flussi commerciali interregionali in modo endogeno al modello.
I risultati mostrano una generale tendenza al riorientamento della produzione dalle colture cerealicole a quelle foraggere in tutte le regioni. Questa tendenza è più evidente al sud dove, tuttavia, date le scarse capacità di espansione del settore zootecnico locale, potrebbe portare alla “disattivazione” della terra che potrebbe rimanere inutilizzata. La riforma induce una diminuzione della domanda di lavoro in gran parte determinata dalla diminuzione della manodopera salariata dipendente. Per quanto riguarda il sud d'Italia, le risorse rilasciate in questo processo potrebbero non trovare un’efficiente allocazione negli altri settori dell'economia. Il confronto dei nostri risultati con quelli ottenuti a livello nazionale in Finizia et al., (2004) rivela i vantaggi di un’analisi disaggregata a livello regionale. Un’analisi aggregata trascura la distribuzione regionale dei fattori di produzione e fornisce effetti medi che non catturano l’eterogeneità degli effetti tra le varie macro-regioni e sono talvolta sottostimati.
Il modello, sebbene sia molto più realistico rispetto alla versione più aggregata dello stesso, potrebbe essere ulteriormente migliorato se si consentisse l’entrata e l’uscita delle aziende familiari dal mercato. Questo problema, che è di particolare interesse per studiare politiche d’incentivazione efficaci nel favorire l’accorpamento delle aziende, dovrebbe essere affrontato a livello microeconomico valutando la possibilità di uscita di ogni famiglia impiegando un approccio MCP simile a quello adottato nel nostro modello per le scelte di produzioni. Questi aspetti saranno incorporati nei prossimi sviluppi del modello che incorporerà un aggiornamento delle misure comunitarie.

Riferimenti bibliografici

  • Banca d’Italia (2003), I bilanci delle famiglie italiane, Banca d’Italia, Roma, 2003

  • De Muro P., Salvatici L., La PAC nei Modelli Multisettoriali, in Anania G. (editor), Valutare gli effetti della PAC, Roma, INEA 2001

  • Finizia, A., R. Magnani and F. Perali (2004): A General Equilibrium Analysis of the Mid Term Review of the CAP on the Italian Economy, Franco Angeli, Rome

  • Inea (2003) Rapporto sullo Stato dell’agricoltura Italiana, Inea, Roma

  • Istat (2011), 6° censimento generale dell’agricoltura, Roma

  • Istat (2003), L’indagine sul consumo delle famiglie, Roma

  • Löfgren, H., Robinson S. (1999), Nonseparable Farm Household Decisions in a Computable General Equilibrium Model, AJAE, 81(3) p. 663-70

  • OECD (1988), «Quantifying the Economy Wide Effects of Agricultural Policies. A General Equilibrium Model», Working Paper n°55

  • Weyerbrock S., “Reform of the European Union’s Common Agricultural Policy: How to reach GATT-compatibility?”, EER, 42, 1998, pp.375-4

  • 1. Gli autori desiderano ringraziare Giovanni Anania, Antonella Finizia, Eleonora Matteazzi, Jean Mercenier, Stefano Merciai e Sherman Robinson per i preziosi consigli e commenti.
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