Una Politica Agricola Comune per la produzione di beni pubblici europei

Una Politica Agricola Comune per la produzione di beni pubblici europei
Presa di posizione da parte di un gruppo di eminenti economisti agrari
  Testo originale della "Dichiarazione"in lingua inglese

La Politica Agricola Comune (Pac) dell’Unione Europea (UE) ha bisogno di essere riformata. L’imminente negoziato che porterà alla definizione del bilancio dell’UE per il periodo dopo il 2013 offre un’opportunità concreta per introdurre i cambiamenti necessari. Se vogliamo che l’Europa faccia le scelte giuste è di vitale importanza che si sviluppi un ampio dibattito pubblico su questo tema. Con questa nota vogliamo portare il nostro contributo a questo dibattito.   
Fin dal 1992 i meccanismi di sostegno dei prezzi sono stati progressivamente trasformati in pagamenti diretti agli agricoltori disaccoppiati dalla produzione (il cosiddetto Pagamento Unico Aziendale). Ciò ha ridotto gli effetti negativi indiretti della Pac. La Pac attuale genera minori distorsioni nell’agricoltura Europea ed in quella mondiale e minori danni per gli agricoltori poveri dei paesi in via di sviluppo. Essa determina anche minori incentivi alla realizzazione di attività produttive che danneggiano l’ambiente. C’è anche da dire che il Pagamento Unico Aziendale ha costi rilevanti e determina benefici fortemente ineguali tra i Paesi membri e tra gli agricoltori, senza peraltro conseguire nessun obiettivo chiaro in termini di distribuzione del reddito, sviluppo rurale o protezione dell’ambiente. Il sostegno accordato allo sviluppo rurale ed alla protezione dell’ambiente è spesso giustificato in maniera poco convincente e posto in essere in maniera inefficace. Inoltre, gli elementi degli strumenti di sostegno dei prezzi della vecchia Pac che ancora sopravvivono continuano a costituire un problema per i partner commerciali dell’UE (per esempio, i sussidi all’esportazione per i prodotti lattiero-caseari, o alcune tariffe all’importazione particolarmente elevate), indebolendo la posizione negoziale dell’UE nel suo tentativo di smantellare le politiche eccessivamente protezionistiche su scala globale e di assicurare una conclusione positiva del Doha round.
E’ venuto il momento di ridisegnare la Pac per rafforzare i suoi effetti positivi. Soltanto una Pac in grado di promuovere in maniera efficace gli interessi della società nel suo insieme sarà legittimata agli occhi dei cittadini ed in grado di sopravvivere nel lungo periodo. E’ necessario che l’Unione Europea sia coinvolta nel finanziamento e nella regolamentazione del settore soltanto nella misura in cui ciò sia associato al raggiungimento di questi obiettivi più generali e, in particolare, soltanto quando gli effetti delle politiche agricole si estendano al di là dei confini nazionali. Quando ciò non avviene le politiche dovrebbero essere coerenti con il principio della sussidiarietà. Le politiche sociali e redistributive dovrebbero essere lasciate alle autorità nazionali e sub-nazionali, che si trovano in una posizione certamente migliore per perseguire, con una responsabilità finanziaria diretta, i desiderata degli attori locali. Una concorrenza non distorta sul mercato interno può essere ottenuta con un’azione di controllo da parte dell’UE, e non necessita di cospicui finanziamenti da parte di questa.

Gli obiettivi della Pac del futuro

Si possono individuare quattro gruppi di obiettivi potenziali per la Pac: migliorare l’efficienza economica e la competitività, garantire la sicurezza alimentare, modificare la distribuzione del reddito, e promuovere la produzione di beni pubblici. Soltanto l’ultimo di questi obiettivi costituisce però una base sostenibile per la Pac del futuro.

Efficienza economica e competitività

In generale, mercati ben funzionanti, non l’intervento pubblico, sono il modo migliore per avere un settore agricolo orientato al soddisfacimento della domanda, innovativo e competitivo. L’UE è legittimata a giocare un ruolo per incoraggiare attività di ricerca e sviluppo, tanto nel settore privato che in quello pubblico, visto che i benefici che derivano dalle attività di ricerca e sviluppo spesso si distribuiscono oltre i confini nazionali ed i Paesi membri possono trarre benefici dal mettere assieme i loro sforzi di ricerca. E’ preferibile che questo sostegno sia parte integrante dell’attuale politica per la ricerca dell’UE, che ha tutte le competenze necessarie, piuttosto che una componente della Pac.

Sicurezza alimentare

L’UE è ricca ed ha il potere d’acquisto necessario ad approvvigionarsi sui mercati mondiali, anche quando i prezzi mondiali sono alti. Questo vuol dire che in questo momento la sicurezza alimentare nell’UE non è messa in discussione. Certamente le famiglie povere sono colpite durante periodi di prezzi alti, ma il modo migliore per aiutarle è attraverso il ricorso alle politiche sociali di welfare. Inoltre, se ce ne fosse bisogno in futuro, l’UE potrebbe decidere di intervenire per far crescere la sua produzione interna. In risposta a prezzi elevati gli agricoltori espanderebbero le superfici coltivate, ricorrerebbero a tecniche produttive più intensive, e modificherebbero l’organizzazione della produzione allo scopo di aumentare le rese.
Tenere pronta l’UE a fronteggiare eventuali minacce future, e mantenere in vita una capacità produttiva che possa facilmente essere riattivata in presenza di una scarsità persistente di alimenti, costituiscono ancora obiettivi legittimi. A questo fine, però, pagamenti mirati – ad esempio per preservare la fertilità dei suoli e le risorse idriche, e per mantenere al di sopra di una soglia critica le attività produttive – sarebbero più efficaci che sussidi a pioggia con l’obiettivo di mantenere ai livelli attuali la produzione o l’occupazione.
In un contesto internazionale caratterizzato dal problema del riscaldamento globale, da risorse idriche limitate e da una popolazione mondiale che continua a crescere, la sicurezza alimentare a livello mondiale è un problema. Non è però plausibile giustificare l’attuale Pac con i problemi di sicurezza alimentare su base mondiale. I soldi destinati a ridurre la fame e la povertà nel mondo sarebbero meglio spesi investendoli in ricerca agricola ed infrastrutture nei paesi in via di sviluppo, che non distribuendoli tra gli agricoltori Europei.

Distribuzione del reddito

Nonostante che in alcuni Paesi membri i redditi delle famiglie agricole siano al di sotto di quelli medi negli altri settori e, in qualche caso, siano addirittura al di sotto della soglia nazionale della povertà, i sussidi all’agricoltura non costituiscono uno strumento efficace di politica sociale. Se il sostegno pubblico è legato alla produzione agricola o alla proprietà della terra, agricoltori non poveri e proprietari terrieri raccoglieranno gran parte degli aiuti, mentre i poveri che non sono agricoltori saranno penalizzati. Gli aiuti pubblici dovrebbero, invece, essere mirati verso le famiglie con un reddito basso, indipendentemente dal settore in cui i loro membri lavorano.
Le differenze nei redditi tra i Paesi e tra le regioni Europee sono ancora marcate. La coesione è un principio importante in una UE di 27 membri diversi tra loro, ma l’esperienza della Pac dal punto di vista della sua capacità di incidere positivamente su questo problema appare deludente. Il sostegno accordato all’agricoltura non è mirato verso le regioni o i paesi più poveri, e la spesa agricola non è necessariamente ciò di cui coloro che la ricevono avrebbero più bisogno per sviluppare le loro economie.

Beni pubblici rurali

Spesso gli agricoltori producono dei beni pubblici, cioè dei beni o dei servizi che hanno un valore per la collettività ma che non sono sufficientemente remunerati sul mercato. Questi beni pubblici possono includere la protezione dell’ambiente, la conservazione della biodiversità, della fertilità dei suoli e della qualità delle acque, la conservazione del paesaggio, la salubrità degli alimenti, la salute degli animali e delle piante, e lo sviluppo rurale. Alcuni di questi beni pubblici sono, per la loro stessa natura, più globali di altri, come nel caso della biodiversità, e giustificano un intervento da parte dell’UE.
Altri, come nel caso del conservazione del paesaggio, sono per loro natura locali ed è più appropriato che siano oggetto di attenzione da parte delle autorità nazionali o locali.

Protezione dell’ambiente

Alcuni beni pubblici ambientali possono giustificare un sostegno da parte dell’UE. Un esempio evidente è la battaglia contro il cambiamento climatico, che costituisce una sfida globale che giustifica una risposta sovra-nazionale. Il monitoraggio delle emissioni di gas serra per poter applicare schemi che prevedano quantità massime di emissione associate alla possibilità di acquistare e vendere diritti, o l’imposizione di tasse direttamente legate alle emissioni di biossido di carbonio, sono di difficile implementazione in agricoltura. Per questa ragione sarà probabilmente necessario ricorrere ad incentivi all’uso di pratiche produttive che abbiano effetti positivi sul cambiamento climatico, rendendo conveniente per gli agricoltori andare oltre gli standard minimi fissati dalla legge. Anche la protezione della biodiversità giustifica un intervento di sostegno da parte dell’UE perché gli animali, gli ecosistemi e l’inquinamento che mette a rischio la biodiversità travalicano i confini nazionali. Allo stesso modo, mantenere l’acqua pulita ed evitare la penuria d’acqua o le inondazioni sono problemi che devono essere considerati a livello dell’UE perché i cittadini Europei condividono fiumi, laghi e mari.

Conservazione del paesaggio

La maggior parte dei benefici che derivano da un paesaggio diversificato, tradizionale e ben conservato vengono goduti all’interno del Paese – attraverso un godimento diretto, in quanto esso costituisce un vantaggio per attirare risorse umane qualificate, o grazie al turismo. Questi costituiscono in via prioritaria beni pubblici nazionali, non Europei. Ma i cittadini Europei godono anche dei paesaggi di Paesi membri diversi dal proprio, e questo può giustificare qualche intervento di natura collettiva da parte dell’UE.

Standard per i prodotti alimentari

Talvolta viene sostenuto che i sussidi sono erogati per mettere in condizione gli agricoltori dell’UE di soddisfare la legislazione in vigore sulla sicurezza degli alimenti, che è più restrittiva che altrove, evitando che la produzione degli alimenti consumati in Europa venga demandata a fornitori di prodotti di qualità inferiore localizzati all’estero. I prodotti alimentari importati devono però sottostare agli stessi standard qualitativi cui sono soggetti quelli prodotti nell’UE e, quindi, da questo punto di vista devono sostenere costi analoghi.
Ciononostante, vi sono certamente problemi di non facile soluzione associati ad aspetti dei metodi di produzione utilizzati relativi al loro impatto ambientale, al benessere degli animali ed a questioni di natura etica. L’UE dovrebbe esercitare maggior impegno nelle negoziazioni internazionali, per esempio per assicurare che i prodotti possano recare in etichetta informazioni appropriate, o per ottenere l’armonizzazione degli standard etici ed ambientali dei processi di produzione. Se gli elettori Europei decidono di imporre standard più restrittivi agli agricoltori Europei, allora c’è bisogno che i consumatori Europei vengano informati in maniera adeguata sulle caratteristiche dei prodotti importati.

Sviluppo rurale

Un paese può voler incentivare una distribuzione della popolazione sul suo territorio più decentralizzata; si tratta però di una scelta nazionale piuttosto che di un bene pubblico Europeo. Ciononostante, il principio della coesione ha assegnato all’UE un ruolo nell’aiutare le regioni in ritardo di sviluppo a realizzare appieno le loro potenzialità. Questo obiettivo può essere perseguito in maniera più efficace attraverso la politica regionale dell’UE, che non si limita all’agricoltura e può adottare un approccio più integrato all’economia rurale. Lo sviluppo rurale può essere parte di queste politiche nelle aree più remote e scarsamente popolate, ma i programmi per lo sviluppo rurale dell’attuale Pac non sono mirati alle aree che ne hanno più bisogno e individuano gli agricoltori come beneficiari privilegiati, senza una visione globale dello sviluppo locale.

Il profilo della Pac del futuro

Siamo d’accordo sul fatto che l’Europa ha bisogno di una politica agricola, ma riteniamo che abbia bisogno di una politica agricola che si concentri sui temi dove un intervento a livello Europeo è in grado di generare maggior valore. La Pac non è l’insieme di politiche giusto per aumentare l’efficienza dell’agricoltura, cambiare la distribuzione del reddito nell’UE e al di fuori di questa, promuovere la sicurezza alimentare a livello globale, o incoraggiare lo sviluppo rurale. Il ruolo che la Pac dovrebbe avere in futuro è quello di fornire agli agricoltori incentivi adeguati a produrre beni pubblici Europei richiesti dai suoi cittadini, soprattutto nell’area dei beni ambientali. Questi includono la lotta contro il cambiamento climatico, la protezione della biodiversità, e la gestione delle risorse idriche (evitandone l’inquinamento, i fenomeni di scarsità e le inondazioni).
Una Pac del futuro in linea con questi obiettivi risulterebbe fondamentalmente diversa dalla Pac attuale. Il primo pilastro dovrebbe essere progressivamente cancellato. Introdotto originariamente per compensare gli agricoltori della riduzione del sostegno dei prezzi, lo strumento principale del primo pilastro – il Pagamento Unico Aziendale – non contribuisce a promuovere interessi collettivi. Deve essere progressivamente eliminato e devono essere definiti nuovi strumenti che prevedano aiuti basati, non su comportamenti passati, ma su comportamenti futuri. E’ necessaria una riconsiderazione attenta delle politiche che oggi ricadono sotto il secondo pilastro. Dovrebbero essere mantenute soltanto quelle politiche che promuovono beni pubblici genuinamente Europei, che sono mirate in maniera efficace agli obiettivi che con esse ci si propone di perseguire e che non determinano pagamenti in eccesso rispetto a quelli necessari per conseguire quegli obiettivi.
Come già sostenuto più sopra, in futuro alcuni beni pubblici prodotti dal settore agricolo dovranno essere finanziati dai bilanci nazionali piuttosto che dall’Unione Europea. C’è però un pericolo concreto che le autorità nazionali e sub-nazionali possano realizzare politiche che introducono distorsioni nel mercato interno. Per questa ragione è necessario che un’ulteriore crescita della flessibilità accordata all’intervento dei Paesi membri sia controbilanciata da una supervisione più severa da parte dell’UE dell’implementazione da parte dei Paesi membri tanto dei programmi che vedono il coinvolgimento finanziario dell’UE, che delle politiche nazionali. Ciò necessita di regole a livello di UE chiare e forti, di estese attività di monitoraggio e valutazione, e di regole applicative efficaci e coerenti.
I cambiamenti delle politiche proposti faciliterebbero già di per sé una competizione meno distorta sul mercato interno. Le distorsioni attuali sono consistenti a causa delle differenze nel livello dei sussidi relativi al primo ed al secondo pilastro tra i Paesi e tra gli agricoltori, e perché alcuni Paesi continuano ad investire nella modernizzazione delle aziende agricole mentre altri preferiscono utilizzare le risorse finanziarie per promuovere la protezione dell’ambiente e la qualità della vita nelle aree rurali. Una scelta coerente che coinvolga l’intera UE a favore di sussidi agricoli che promuovano la produzione di beni pubblici potrebbe, quindi, contribuire ad eliminare le attuali distorsioni nella competizione tra le imprese ed i territori.
Una concentrazione eccessiva di potere di mercato nelle mani del settore distributivo o in quelle dell’industria alimentare può determinare svantaggi tanto per i consumatori che per gli agricoltori. E’ necessario che l’UE prenda in esame qualsiasi evidenza di abuso di posizione dominante di mercato nelle filiere alimentari per assicurare che tutti gli attori coinvolti ricevano una remunerazione equa per il loro contributo.
Come risultato delle riforme delle politiche agricole, in Europa ed altrove, e di fenomeni atmosferici resi più incerti dal cambiamento climatico, dobbiamo attenderci nei prossimi decenni una maggiore instabilità dei prezzi sui mercati mondiali. Quando si ha una caduta dei prezzi, i governi sono oggetto di forti pressioni affinché intervengano per proteggere gli agricoltori; questo può mettere a rischio il futuro della Pac riformata. L’UE deve resistere a queste pressioni, specialmente quando la protezione degli agricoltori Europei si avrebbe a scapito degli agricoltori nei Paesi in via di sviluppo. Ma l’UE deve anche riconoscere i problemi reali che prezzi bassi determinano. Questo vuol dire che l’ulteriore riforma della Pac deve essere accompagnata da nuove politiche che mettano in condizione gli agricoltori di fare ricorso a strumenti di gestione del rischio e, probabilmente, prevedere anche reti di sicurezza contro la contrazione dei redditi degli agricoltori, per fronteggiare cadute dei prezzi mondiali di natura eccezionale.
Una riforma della Pac in linea con queste raccomandazioni produrrà un’offerta di alimenti più affidabile, minori emissioni di gas serra, una maggiore biodiversità, ed una gestione dei suoli e delle risorse idriche più responsabile ed a minori costi. Aiuterà anche ad assicurare una competitività tra gli agricoltori sul mercato interno meno distorta e faciliterà politiche commerciali responsabili che rafforzeranno l’autorevolezza dell’UE nella comunità globale.
Inoltre, potrebbe consentire un riorientamento dell’allocazione della spesa in tutte le linee del bilancio verso beni pubblici Europei. La riforma della Pac è quindi un passaggio importante nella costruzione di un’Unione Europea più efficace, in grado di assicurarsi e conservare il sostegno dei suoi cittadini.

12 novembre 2009

 

Giovanni Anania
Professor, University of Calabria, Arcavacata di Rende
ITALY
Lubica Bartova
Professor, Slovak Agricultural University, Nitra
SLOVAKIA
Stephan v. Cramon-Taubadel
Professor, University of Göttingen
GERMANY
Francisco Xavier Miranda de Avillez
Professor Emeritus, Technical University of Lisbon
PORTUGAL
Tomáš Doucha
Professor, Research Institute of Agricultural Economics (VUZE), Prague
CZECH REPUBLIC
Emil Erjavec
Professor, University of Ljubljana
SLOVENIA
Gerrit Faber
Professor, University of Utrecht
NETHERLANDS
Søren Elkjaer Frandsen
Professor, University of Copenhagen
DENMARK
José-Maria Garcia Alvarez-Coque
Professor, Polytechnic University of Valencia
SPAIN
Dinu Gavrilescu
Director, Institute of Agricultural Economics, Bucharest
ROMANIA
Markus Hofreither
Professor, University of Natural Resources and Applied Life Sciences (BOKU), Wien
AUSTRIA
Irena Kriščiukaitiené
Head of Farm and Enterprises Economics, Lithuanian Institute of Agrarian Economics, Vilnius
LITHUANIA
Alan Matthews
Professor, Trinity College, Dublin
IRELAND
Andris Miglavs
Director, Agricultural Development and the Economic Relations Division,
Latvian State Institute of Agrarian Economics, Riga
LATVIA
Plamen Mishev
Professor, University of National and World Economy, Sofia
BULGARIA
Kyösti Pietola
Professor, MTT Economic Agrifood Research Finland, Helsinki
FINLAND
József Popp
Director, Agricultural Economics Research Institute (AKI), Budapest
HUNGARY
Ewa Rabinowicz
Professor, Swedish University of Agricultural Sciences, Uppsala
SWEDEN
Alan Swinbank
Professor, University of Reading
UNITED KINGDOM
Johan Swinnen
Professor, Catholic University of Leuven (KUL)
Senior Research Fellow, Centre for European Policy Studies (CEPS)
BELGIUM
Rando Värnik
Professor, Estonian University of Life Sciences, Tartu
ESTONIA
Jerzy Wilkin
Professor, Warsaw University
POLAND
Valentin Zahrnt
Research Associate, European Centre for International Political Economy (ECIPE)
EUROPEAN COORDINATOR

 

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Comments

http://www.reformthecap.eu/posts/declaration-on-cap-reform

Commento originariamente inviato da 'Redazione Agriregionieuropa' in data 29/12/2009.

Vorrei iniziare il mio discorso ringraziando i nostri colleghi economisti agrari per la redazione del documento “Una Politica Agricola Comune per la produzione di beni pubblici europei: presa di posizione da parte di un gruppo di eminenti economisti agrari”. Si tratta di un contributo estremamente interessante per il dibattito in corso sul futuro della Politica Agricola Comune.
Concordo con molte delle idee di base che vi sono contenute e credo che sia molto utile esplorare le opzioni di politica agricola che sono suggerite. Le riforme che ha subito la PAC dal 1992 ci hanno consegnato oggi una politica che è radicalmente differente dal passato, sia in termini di obiettivi che di strumenti. La strada che abbiamo intrapreso ora va continuata per creare una PAC che aiuti gli agricoltori Europei e le zone rurali nel periodo dopo il 2013.
Siamo tutti d'accordo che il problema di base è di migliorare e accrescere il contributo apportato dall'agricoltura alla costruzione di valori collettivi di natura ambientale e sociale. Oggi dobbiamo riflettere su come raggiungere questo obiettivo e di quali risorse abbiamo bisogno per farlo. Come ho sottolineato nell'ambito di un seminario organizzato qualche giorno fa dal Parlamento Europeo, questa riflessione va fatta urgentemente, per evitare che il dibattito sul bilancio della PAC venga fatto prima di concentrarsi sulle nuove future sfide per l'agricoltura.
Cercherò di esprimere brevemente la mia idea sul futuro della PAC e di inserirla nel contesto delle considerazioni espresse nel documento in questione.
L'impegno dell'Europa verso il settore agricolo e le zone rurali deve essere aggiornato, in modo da sottolineare l'impatto positivo che esso ha sulla società e da ridurre le distorsioni di cui ancora soffre. Ma secondo una nuova visione dei processi di crescita, vi è la necessità di assumersi nuove responsabilità globali, e in questo compito l'agricoltura può giocare un ruolo decisivo. In questa prospettiva, il processo di riforma della PAC è già iniziato nel 1999 con Agenda 2000, nel 2003 con la Riforma di Medio Termine, che ha evidenziato un nuovo approccio di intervento dell'Europa nel settore agricolo e nelle zone rurali, sottolineando il contributo dell'agricoltura nella costruzione di valori sociali positivi e riducendo progressivamente il peso della protezione del mercato e del sostegno interno ai prezzi. Un percorso ambizioso, che cambia radicalmente l'intervento con un passaggio epocale: il premio per lo status di agricoltore è rimpiazzato con un premio per i comportamenti e per i servizi che l'agricoltore fornisce alla società.
In tale contesto, concordo pienamente con la necessità di mostrare chiaramente questo nuovo approccio. Vi è un'evidente necessità di andare oltre la prospettiva dei pagamenti legati al valore storico dei premi, per costruire una prospettiva più strettamente legata al comportamento degli agricoltori e ai servizi pubblici creati, anche tenendo conto dei benefici per gli operatori, in modo da sottolineare il ruolo sociale dei pagamenti diretti.
Al contrario, non concordo affatto con la prospettiva di una parziale ri-nazionalizzazione della PAC, come viene ampiamente suggerito nel documento che stiamo discutendo oggi. Io credo, e la mia convinzione è supportata da diversi economisti agrari in Europa, che tale prospettiva, anche se in presenza di intense forme di controllo e regolamentazione, potrebbe produrre un livello di distorsione tale da penalizzare alcuni paesi e da creare una disparità nell'intensità di intervento.
Inoltre, la crisi nel settore lattiero-caseario sta attualmente evidenziando il fatto che ridurre i finanziamenti per la PAC non significa spendere meno, ma, al contrario, aumentare le risorse investite, producendo anche delle distorsioni. Ciò è dimostrato dalla prospettiva di previsione di interventi nazionali straordinari (Francia, Germania e Spagna). Chiaramente, questa situazione da' slancio alla spinta verso l'autonomia nazionale, che crea distorsioni e disparità di trattamento tra gli agricoltori Europei.
Penso che la nostra riflessione dovrebbe basarsi su un'analisi complessiva dello scenario, che possa fornirci un'idea concreta dell'Agricoltura Europea in futuro.
Dobbiamo affrontare la sfida delle responsabilità globali. Tale sfida parte esattamente dalla creazione di valori ambientali e sociali, accanto a quelli di natura economica.
Il tema della scarsità delle risorse misurate in rapporto alle dinamiche di crescita impone il vincolo della sostenibilità in tutti i settori, ma in primo luogo e soprattutto nelle aree più sviluppate: l'acqua, l'energia e il cibo stanno diventando risorse scarse o a rischio di scarsità. La scarsità negli ultimi anni è ulteriormente messa alla prova da un'altra conseguenza della forte pressione sulle risorse produttive, il fenomeno del cambiamento climatico.
Tutti questi elementi sono in stretta connessione diretta con l'agricoltura e con la funzione di gestione del suolo svolta dagli agricoltori. Chiaramente, uno dei compiti principali dei decisori politici di oggi è quello di promuovere la difesa della produzione e delle potenziali aree riguardanti l'agricoltura, contribuendo alla crescita di valori collettivi legati alle esternalità positive che queste generano.
Dobbiamo spiegare che la PAC è una politica importante per tutti i cittadini, non solo per gli agricoltori. L'agricoltura fornisce una serie di servizi essenziali: dal cibo alla biodiversità, dal paesaggio all'ambiente, comprese le funzioni svolte per la vitalità economica e sociale delle zone rurali.
Ora dobbiamo riflettere su come garantire che tali servizi continuino, su quali opzioni di politica agricola perseguire per incentivare la loro espansione e rafforzarne il livello. Su tali basi, credo che la futura PAC debba mostrare chiaramente alcuni obiettivi di base:
Miglioramento della qualità ambientale
Conservazione e miglioramento del paesaggio rurale e della biodiversità
Miglioramento della qualità alimentare e promozione del benessere degli animali
Affrontare il cambiamento climatico (riduzione emissioni, incentivi per la produzione di energie rinnovabili, aumento della capacità di sequestro del carbonio)
Miglioramento dell'efficienza nell'utilizzo di acqua ed energia
Miglioramento della vitalità e della qualità di vita nelle zone rurali Europee.
Solo promuovendo un uso buono della terra e di sane pratiche agricole è possibile garantire tali servizi in futuro. Ciò significa la necessità di risorse e politiche adeguate. Significa anche tradurre tali ambizioni in una PAC più moderna.
In questa prospettiva, non dobbiamo considerare solo le opportunità offerte dal sistema agricolo Europeo e dalle zone rurali nel contribuire alla costruzione di valori collettivi così importanti per il futuro, ma anche i vincoli e le minacce a cui sono soggetti. Oggi il termine “crisi nei prezzi agricoli” è usato frequentemente sia per indicare l'aumento dei prezzi (che nel 2007/2008, a causa della sua intensità, si è trasformato in “crisi alimentare”) sia la loro riduzione (come quelli degli ultimi mesi).
Ci sono diverse ragioni dietro tale variabilità (andamento della domanda, cambiamento climatico e effetti sui raccolti, prezzi dei prodotti energetici, fenomeni speculativi, concorrenza con prodotti agricoli non alimentari), e i loro effetti si traducono in un aumento dell'esposizione al rischio degli agricoltori. Gli shock di prezzo come quelli registrati in anni recenti, da un parte, minacciano la capacità di accesso al cibo della maggior parte della popolazione mondiale; dall'altra, rischiano di generare, specialmente in economie agricole come quelle in Europa, un processo diffuso di chiusura di aziende agricole, che è difficile da invertire. Questo ha come effetto l'impoverimento del ruolo sociale ed ambientale dell'agricoltura.
Da qui la necessità di strumenti di intervento che permettano di:
Continuare a ridurre gli interventi di protezione del mercato e di sostegno ai prezzi, ma garantire la possibilità di attivare misure tempestive e appropriate per proteggere gli agricoltori dagli shock di produzione e di prezzo
Promuovere e sostenere l'accesso degli agricoltori ai moderni strumenti di gestione del rischio.
Io credo che tutti questi punti debbano essere esaminati seriamente e sono convinto che una nuova prospettiva di intervento possa essere costruita entro i due pilastri di intervento, rivedendo la loro funzione in una luce moderna e secondo le aspettative della società Europea. Io credo che il primo pilastro debba continuare ad esistere, e che esso possa contenere quelle misure che possano proteggere i nostri agricoltori da quegli shock di mercato che, in assenza di reti di protezione, potrebbero innestare processi diffusi di chiusura delle aziende agricole. Allo stesso tempo, credo che il pagamento unico possa essere uno strumento socialmente desiderabile nell'ambito del primo pilastro, in modo da limitare la stessa pressione sulle risorse naturali in caso di aumenti dei prezzi e di essere in grado di rispondere alle aspettative dei nostri cittadini. Questa mia convinzione segue l'obiettivo di incentivare i servizi sociali e ambientali forniti dall'agricoltura, ma anche la necessità di non trasformare importanti valori sociali in svantaggi competitivi. Di qui la necessità di lavorare al livello internazionale per creare le condizioni di reciprocità sui temi del benessere degli animali, dell'impatto ambientale, della sicurezza alimentare e del miglior accesso dei consumatori alle informazioni sul prodotto.
Una cosa è certa, ed è condivisa dalla maggior parte degli economisti agrari: il mercato da solo non basta: abbiamo bisogno di regolamentazione, dunque, abbiamo bisogno di una PAC forte.
 
Paolo De Castro
Presidente della Commissione Agricoltura del Parlamento Europeo

Commento originariamente inviato da 'Redazione Agriregionieuropa' in data 29/12/2009.