Costruire una politica agricola all’altezza delle nuove sfide globali

Costruire una politica agricola all’altezza delle nuove sfide globali

L’impegno dell’Europa verso il settore agricolo e i territori rurali necessita indubbiamente di essere aggiornato, per amplificarne gli impatti positivi sulla società e ridurre le distorsioni da cui è ancora affetto.
Le nuove chiavi di lettura, che animano la riflessione sui processi di crescita, evidenziano la necessità di affrontare nuove responsabilità globali rispetto alle quali l’agricoltura può svolgere un ruolo determinante. Su queste basi una accelerazione al processo di riforma della Pac era già stata impressa dalla riforma del 2003, che ha delineato un volto nuovo all’intervento europeo per il settore agricolo e le aree rurali, privilegiando il contributo dell’agricoltura alla costruzione di valori collettivi positivi e riducendo, progressivamente, il peso degli elementi a protezione dei mercati e a sostegno dei prezzi interni. Un percorso ambizioso che muta radicalmente la prospettiva di intervento con un passaggio epocale: il premio allo status di agricoltore viene sostituito da un premio ai comportamenti e ai servizi che questi offre alla società. Questa nuova filosofia resta estremamente attuale, soprattutto in relazione ai mutamenti che hanno caratterizzato l’evoluzione dello scenario in questi ultimi anni. Abbiamo sperimentato e stiamo sperimentando l’acuirsi del problema della sicurezza alimentare globale, che mette in forte discussione il raggiungimento degli obiettivi sanciti dalla Fao in tema di lotta alla fame; i modelli dominanti di crescita e sviluppo sono messi in discussione dallo squilibrio crescente tra output e risorse utilizzate e, in tutto questo, l’agricoltura, nella complessità e molteplicità delle sue funzioni, assume un protagonismo nuovo, perché elemento imprescindibile sul quale fondare la costruzione di percorsi di crescita sostenibili. Il contributo che l’agricoltura può dare rispetto alle nuove sfide è straordinariamente significativo: per il suo ruolo di produttore di cibo, per le sue funzioni ambientali e sociali, per il suo peso territoriale (in Europa oltre l’80% del territorio è classificato come rurale).
In questa prospettiva l’Europa deve ambire a rappresentare un momento avanzato di elaborazione politica, un faro e una guida rispetto alle strategie da mettere in piedi per affrontare le nuove sfide globali. La particolare situazione che stiamo vivendo ci impone, all’interno del processo di revisione della Pac che si aprirà ufficialmente nel 2010, di anteporre i contenuti e la visione rispetto alle questione budgetarie che sono già all’ordine del giorno della Commissione.
Una discussione incentrata sugli aspetti di bilancio, che non poggi su solide basi attraverso cui traguardare l’impegno delle politiche europee per il prossimo futuro, rischia ovviamente di penalizzare la Pac in una competizione tra politiche che si svolge esclusivamente sul fronte delle risorse disponibili. Così alcuni luoghi comuni (l’incidenza della spesa Pac sul bilancio, il peso suo finanziario rispetto alle altre politiche settoriali ecc.) rischiano di prendere il sopravvento e condizionare in modo determinante il dibattito sulle future scelte della politica europea.
Viene evidenziata da più parti la necessità di rafforzare il contributo dell’agricoltura alla lotta al cambiamento climatico, di preservare competitività e redditività del tessuto produttivo, di rispondere alle aspettative della società rispetto ai temi della qualità alimentare, della biodiversità, del benessere degli animali, dell’uso delle risorse idriche. Queste ambizioni mal si conciliano con drastiche riduzioni delle risorse disponibili per sostenere il settore e lo svolgimento delle funzioni collettive che da esso ci attendiamo. Del resto, la stessa crisi del settore lattiero caseario sta evidenziando come ridurre le spese per la Pac non significhi spendere meno in Europa per l’agricoltura, ma al contrario incrementare le risorse investite producendo in aggiunta distorsioni non trascurabili. Gli interventi nazionali straordinari messi in atto da più parti (Francia, Germania e Spagna in testa) ne sono la testimonianza ed è evidente che questa situazione alimenta una spinta, in materia di autonomia nazionale, che crea distorsioni e disparità di trattamento tra gli agricoltori europei.
Penso, invece, che la riflessione debba prendere piede da un’analisi dello scenario che possa fornirci adeguate chiavi di lettura, attraverso cui traguardare la nostra idea di Europa del futuro e il contributo che l’agricoltura e i territori rurali possono dare alla sua costruzione. L’attività agricola rimane fondamentale, nelle sue diverse e poliedriche forme, nel garantire una gestione equilibrata dei territori e un contributo fattivo alla produzione di benefici ambientali e sociali.
La sfida alle responsabilità globali che abbiamo di fronte, parte proprio dalla creazione di valori ambientali e sociali accanto a quelli di natura economica. Questa è la filosofia della cosiddetta green economy e le politiche per il sistema agricolo e i territori rurali possono rappresentare un ambito di intervento straordinariamente importante per riempire di contenuti questa visione dello sviluppo. Il tema della scarsità delle risorse rispetto alle dinamiche della crescita delle aree più sviluppate pone a tutti e in primo luogo il vincolo di una prospettiva di sostenibilità: acqua, energia e cibo iniziano ad essere risorse scarse o a rischio di scarsità (basti pensare che da qui al 2050 è previsto un incremento della popolazione di oltre 3 miliardi e la conseguente necessità di incrementare la produzione di cibo di circa il 50%). Inoltre il tema della scarsità è alimentato da un’altra conseguenza della grande pressione esercitata in questi ultimi anni sulle risorse produttive, il fenomeno del cambiamento climatico.
Tutti questi elementi sono in stretta e diretta connessione con l’attività agricola e la funzione di gestione dei suoli svolta dall’agricoltore e risulta, quindi, evidente che uno dei compiti fondamentali del policy maker oggi è quello di promuovere la difesa del potenziale produttivo e territoriale che interessa l’agricoltura, favorendo la crescita dei valori collettivi legati alle esternalità positive da essa generate.
Questo non è un concetto strumentale alla ricerca di una nuova legittimità della Pac. Continuare a garantire la preziosa funzione di land management svolta dagli agricoltori europei e ampliarne il valore rappresenta un contributo di fondamentale importanza rispetto al tema della sostenibilità. Nell’Unione Europea operano circa 14 milioni di aziende agricole, che gestiscono il 45% della superficie complessiva, con quasi 30 milioni di persone che lavorano su di essa. Il settore fornisce una serie di servizi essenziali: dal cibo alla biodiversità, dal paesaggio all’ambiente, comprese le funzioni svolte per la vitalità sociale ed economica dei territori rurali.
Oggi occorre riflettere su come garantire la continuità nel tempo di questi servizi, su quali opzioni di politica agricola perseguire affinché possa essere stimolata la loro espansione e il loro livello.
Questo significa necessità di politiche e risorse adeguate. Significa, indubbiamente, anche tradurre queste ambizioni in una Pac più moderna. In questa sede voglio solo sottolineare, senza entrare nei dettagli di possibili scelte tecniche, alcuni assi sui quali potrebbe poggiare la Pac del futuro per venire incontro alle attuali aspettative della società:
1. Promuovere la produzione di beni pubblici favorendo una maggiore “targettizzazione” dei pagamenti diretti, graduando la loro intensità in relazione agli standard raggiunti.
2. Promuovere lo sviluppo dei territori rurali nelle loro diverse componenti e favorire interventi strutturali nel tessuto produttivo volti a raggiungere incrementi di efficienza nell’uso delle risorse sensibili (acqua ed energia) e a favorire l’uso di risorse rinnovabili. La politica di sviluppo rurale dovrebbe continuare ad essere un pilastro della Pac separato e indipendente dal primo. Grazie alla sua struttura di programmazione pluriennale questa politica offre, infatti la flessibilità necessaria agli Stati membri per la sua attuazione, così da legarla a specifiche esigenze territoriali e renderla coerente con gli altri interventi finalizzati alla coesione territoriale.
3. Assicurare che la funzione alimentare svolta dall’agricoltura sia adeguata, qualitativamente e quantitativamente, alle esigenze della società europea e possa contribuire agli incrementi di offerta necessari a livello globale da qui ai prossimi decenni.
In questa visione occorre considerare non solo gli spazi di opportunità che ha il sistema europeo dell’agricoltura e delle aree rurali di contribuire alla costruzione di valori collettivi così importanti per il futuro, ma anche i vincoli e le minacce cui è sottoposto. Oggi, il termine "crisi dei prezzi agricoli" è divenuto di uso frequente ed è usato ormai indifferentemente per rappresentare dinamiche al rialzo (che nel biennio 2007/08, per la loro intensità, si sono tradotte in “crisi alimentare”) o al ribasso (come quelle di quest’ultimo periodo).
Le cause di questa variabilità sono molteplici (andamento della domanda, cambiamento climatico ed effetti sulle rese, prezzi dei prodotti energetici, fenomeni speculativi, competizione con produzioni agricole no food) e i loro effetti si traducono in un aumento dell’esposizione al rischio degli agricoltori. Shock di prezzo come quelli registrati negli ultimi anni, mettono da un lato a repentaglio la capacità di accesso al cibo di quote importanti della popolazione mondiale, dall’altro rischiano di generare, soprattutto in economie agricole come quelle europee, diffusi fenomeni di disattivazione aziendale, difficilmente recuperabili, che hanno l’effetto di depotenziare il ruolo sociale e ambientale della nostra agricoltura.
Da qui la necessità di strumenti di intervento che possano:
4. Proseguire nella riduzione degli interventi a protezione dei mercati e a sostegno dei prezzi, ma garantendo la possibilità di attivare misure di difesa dagli shock di produzione e di prezzo, tempestive e adeguate;
5. Promuovere e sostenere l’accesso degli agricoltori ai moderni strumenti di gestione del rischio.
Su questi elementi può essere innestata e ampliata l’idea di Pac del futuro, che va condivisa, approfondita e articolata nella strumentazione e sulla base delle esigenze che si determineranno sarà possibile individuate le risorse necessarie a sostenere traguardi così ambiziosi.

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