a cura di. B. Hervieu and H. Thibault
CIHEAM – BLUE PLAN
Presses de la Fondation Nationale des Sciences Politiques, Paris
E’ stato appena pubblicato e comincia a circolare anche in Italia (è prevista anche l’edizione italiana), il terzo volume di quella che a questo punto può definirsi una collana, un appuntamento annuale, di grande rilevanza per tutti coloro che, a qualsiasi titolo, si occupano delle vicende dell’agricoltura, dell’agro-industria, della alimentazione, dell’ambiente e dello sviluppo rurale nei Paesi del Mediterraneo.
Nel 2007, il primo volume era dedicato alla “Identità e qualità dei prodotti alimentari mediterranei”, mentre nel 2008 si analizzava “Il futuro dell’agricoltura e della alimentazione nei Paesi Mediterranei”. Entrambi sono ovviamente delle letture piacevoli e istruttive, ricche anche di stimoli, culturali ed operativi.
Grazie all’impegno di un team di otto revisori, coordinati da un supervisore, e di ben 33 autori ed innumerevoli altri esperti, i due Editori Scientifici, Bertrand Hervìeu e Henri-Luc Thibault, propongono un volume articolato in 12 capitoli, oltre all’introduzione e alle conclusioni, interessante, completo, ricchissimo in sé e di riferimenti, e soprattutto leggibilissimo.
Il Centre International de Hautes Etudes Agronomiques [link], con le sue articolazioni a Valenzano di Bari, Chania a Creta (Grecia), Zarogoza in Spagna e Montpellier in Francia, ha unito le forze con Blue Plan [link], il think tank del Programma mediterraneo per lo sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite, al fine di produrre questo approfondito documento, in cui vengono proposte al lettore, in un insieme olistico e sinergico, alcune tematiche tipicamente ambientali, come quelle dell’acqua, del cambiamento climatico, della desertificazione, con la necessità di mutamenti dei sistemi di produzione agricola e di gestione dei pascoli. Il tutto é collegato e visto nell’ottica dello sviluppo rurale, e quindi della prospettive socio-economiche delle aree rurali, della diversificazione dentro e fuori l’azienda agricola, anche nel contesto dei rapporti commerciali tra le due sponde del Mediterraneo.
È evidente che le situazioni dei singoli Paesi sono molto diverse: ad esempio, il peso dell’agricoltura nel Prodotto interno lordo era circa il 25% in Albania o Siria, mentre era sotto il 3% in Italia o Francia; l’assetto istituzionale e organizzativo dell’agroalimentare è pure molto eterogeneo, variando da una delegation spinta come in Italia e Spagna ad una centralizzazione notevole, come in Siria o Egitto.
Ciononostante, vi sono elementi in comune, e ogni singolo capitolo del libro è ricco sia di ciò che unisce i Paesi, sia di esempi, dati e informazioni specifiche, con box, grafici, riferimenti nel testo. Gli scenari climatici elaborati per i vari Paesi parlano chiaro: si prevede ovunque un aumento delle temperature e una riduzione della piovosità, con quindi uno stress crescente su flora, fauna e uomini. La domanda da parte delle industrie e della popolazione, in costante aumento – si prevede un aumento di 137 milioni di residenti nella sponda Sud ed Est al 2050, e in rapida urbanizzazione, crescerà ed entrerà in conflitto con l’uso (spesso mal-uso ed abuso) di acqua da parte del settore primario. L’area irrigata è infatti raddoppiata in 25 anni, raggiungendo i 26 milioni di ettari, permettendo in alcuni Paesi un doppio o triplo raccolto, ma il costo pubblico e ambientale è enorme. Moltissima acqua è “geologica” e quindi prima o poi queste riserve sotterranee finiranno. Razionalizzare l’uso della risorsa idrica, anche di quella rinnovabile, è già un imperativo, mediante tecnologie più appropriate, migliore gestione e soprattutto prezzi più elevati di quelli, attualmente irrisori, che gli agricoltori pagano – se pagano. Saranno però necessari investimenti enormi, pubblici e privati, modifiche organizzative, formazione degli agricoltori e cambiamento della mentalità, la quale porta a credere che l’acqua – dono del Signore – debba essere “gratis”.
D’altro lato, avanza la desertificazione, un po’ in tutti i paesi del Sud (Italia compresa) e l’erosione eolica e da pioggia determinano la perdita di milioni di tonnellate di suolo fertile – il topsoil, che vanno spesso a riempire gli invasi artificiali, riducendone la durata tecnica, con danni pubblici pure enormi. L’inquinamento delle acque, per uso eccessivo o mal applicato di fertilizzanti, diserbanti, non solo mette a rischio la salute umana, ma determina anche la morìa di pesci, peggiorando ulteriormente le condizioni alimentari e reddituali in molte parti del Mediterraneo. L’espansione delle zone forestali, la loro gestione integrata e multifunzionale, così come la pratica della agro- forestazione, nelle terre pubbliche come in quelle private, la migliore gestione dei pascoli, il riequilibrio del carico di bestiame (ovino, caprino, bovino, camelide) saranno altre azioni caratterizzanti lo scenario futuro.
Le aree rurali del Mediterraneo hanno visto perdere residenti più rapidamente di altre zone del pianeta. Già a metà degli anni Sessanta, oltre metà della popolazione viveva in città (a livello mondiale, il “sorpasso” avvenuto solo nel 2007). Le aree rurali adesso debbono essere riqualificate e possono invece produrre occupazione e reddito, ma necessitano di attenzione e di politiche d’intervento specifiche. La diversificazione produttiva e l’aumento di valore aggiunto, a livello d’azienda o di distretto locale, possono risultare utili strategie anche nella sponda Sud, ma occorre anche garantire accesso ai servizi e qualità della vita. A tal riguardo, l’esperienza europea dei progetti Leader é spesso citata, ma non mancano esempi di successo anche nei paesi non Ue, sia nell’ambito di iniziative nazionali, che nel quadro di programmi e progetti co-finanziati dalle Nazioni unite o dalla Banca mondiale.
E’ a pagina 294 della versione inglese che si trovano le affermazione più forti del rapporto, almeno per quanto riguarda la necessità di revisione delle strategie di sviluppo, nelle parole “Per essere sostenibile, lo sviluppo agricolo deve includere riforme strutturali che riabilitino le famiglie e riducano le disparità nelle allocazioni materiali e budgetarie, rispetto al (cosiddetto) settore moderno. Il modello attuale di riferimento deve essere rivisto e ricostruito poiché […] l’attuale modello duale non potrà soddisfare le sfide del cambiamento climatico, protezione delle risorse naturali, già abbondantemente degradate, della sicurezza alimentare e della lotta alla povertà rurale”.
Nelle conclusioni, si ripercorrono le tematiche affrontate e si ribadiscono la necessità di una sempre maggiore integrazione e concertazione, così come l’importanza di politiche tailor made, specifiche appunto per ogni contesto socio-economico, ecologico e istituzionale. I popoli del Mediterraneo condividono un spazio importante e si sono dati degli obiettivi comuni, ma ciascun Paese e ciascuna comunità è chiamata ad elaborare una sua specifica strategia, confidando anche nella cooperazione internazionale. Lo slogan degli ecologisti “think globally and act locally” mantiene quindi la sua validità.