Finestra sul WTO n.5

Finestra sul WTO n.5
a Confederazione Svizzera, Ufficio Federale dell’Agricoltura (UFAG)

La Finestra sul WTO è una rubrica di aggiornamento e documentazione, rivolta a fare il punto sulle novità e a segnalare gli approfondimenti disponibili in materia di attività dell’Organizzazione Mondiale per il Commercio. Si tratta di un servizio fruibile direttamente dal sito www.agriregionieuropa.it.

Il 7 Febbraio 2007 Pascal Lamy, Direttore Generale del WTO, ha annunciato la ripresa dei negoziati, sospesi, si ricorderà, lo scorso luglio. Il Comitato Agricoltura ha ripreso regolarmente gli incontri a Ginevra, ma, nonostante gli accenni da parte dei Paesi membri alla possibilità di “flessibilità” nelle trattative, si é ritenuto prematuro organizzare una riunione a livello ministeriale. Già a Davos, il 27 gennaio, a margine del World Economic Forum, i ministri di circa 30 paesi , con il pieno appoggio di Pascal Lamy, avevano dato istruzioni ai loro ufficiali di riprendere a trattare, in modo da raggiungere un accordo quadro nei prossimi mesi; ancora prima, i primi di gennaio, numerose speranze erano sorte in seguito alle ottimistiche dichiarazioni dei presidenti Bush e Barroso, nonché del capo della delegazione negoziale statunitense Susan Schwab e del Commissario Europeo al Commercio Peter Mandelson, incontratisi oltreoceano. Il 21 gennaio, poi, la stampa riportava come USA e UE fossero praticamente giunte ad un compromesso, in seguito all’incontro di ufficiali di alto livello, con Bruxelles pronta a tagliare le tariffe del 54%, e Washington a ridurre il tetto dell’ammontare del sostegno interno distorsivo del commercio fino a 17 miliardi di dollari. Notizia poi subito ridimensionata da entrambe le delegazioni.
L’entusiasmo all’indomani dell’incontro di inizio gennaio già aveva destato allarme in alcuni membri della UE, con la Francia pronta a ribadire che la Commissione deve attenersi al proprio mandato negoziale, e in nessun modo spingersi oltre i limiti imposti dalla Riforma della PAC del 2003; al contrario, la Presidenza tedesca ha già incluso la soluzione dei negoziati di Doha tra le proprie priorità. Il Primo Ministro francese Dominique de Villepin, insieme ai Ministri per gli Affari esteri e per l'Europa, rispettivamente Philippe Douste-Blazy e Catherine Colonna, ha inviato un segnale fermo al Commissario Mandelson proprio al ritorno dal viaggio negli USA. In un comunicato stampa, i Ministri hanno affermato che l'offerta dell'Unione Europea del 25 ottobre 2005, che fissava la riduzione tariffaria media al 39%, (si veda Finestra sul WTO di marzo 2006 [link]) ha sfruttato l'intero margine negoziale europeo, e rappresenta dunque un limite da non oltrepassare. Tra l'altro, lo scorso luglio, lo stesso Mandelson si era informalmente dichiarato disposto ad aumentare tale soglia (si veda Finestra sul WTO di ottobre 2006 [link]) fino al 51%, approssimandosi al 54% richiesto dal G-20, ma lontano dal 66% della proposta USA, offerta ripetuta a Davos, lo scorso 29 gennaio. L'avvicinarsi in Francia delle elezioni presidenziali potrebbe ulteriormente contribuire ad irrigidirne la posizione.
Nei mesi scorsi, si sono moltiplicati i messaggi dei vari Capi di Stato e di Governo a favore della ripresa del Round, esprimendo di volta in volta la fiducia nella possibilità di arrivare ad una sua conclusione in tempi ragionevoli. Se un accordo non verrà raggiunto nei prossimi mesi, infatti, é praticamente certo che sarà rimandato fino al 2009; e allora, lo scenario sarà certamente più complesso. Basti pensare al fatto che, verosimilmente, anche la Russia sarà parte del WTO, e che il peso di potenze emergenti, come la Cina, sarà sicuramente maggiore di quanto già non lo sia oggi.
In novembre hanno avuto luogo le elezioni di medio termine del congresso statunitense, elezioni su cui si sono concentrate molte, forse troppe aspettative riguardo la riuscita del Round. Entro la prima metà del 2007 è infatti aperta una “finestra” per una possibile ridefinizione della posizione statunitense, in concomitanza con la rinegoziazione del Farm Bill. Le attuali disposizioni scadono con il raccolto del 2007, e, per fare in modo che la nuova legge sia pronta per quello del 2008, esso dovrà essere rinnovato entro la prima metà del 2007, in tempo per le semine di settembre. L’idea è che entro marzo possa riprendere anche il dibattito sul negoziato WTO; a metà del 2007 scade infatti la Trade Promotion Authority, che consente al Presidente di negoziare per conto del Congresso. Se questa non fosse estesa per qualche mese, le trattative potrebbero rimanere in stallo fino al 2009, data delle nuove elezioni presidenziali statunitensi. L’estensione della Trade Promotion Authority da parte del Congresso Democratico all’Amministrazione Repubblicana é tutt'altro che scontata: bisogna considerare gli equilibri politici necessari al nuovo Farm Bill, la volontà di soddisfare l’elettorato interno, ma anche le pressioni in sede internazionale, e soprattutto i segnali di ripresa del “paziente Doha”, come lo ha definito lo stesso Lamy, che, se incoraggianti, potrebbero appunto favorirne il rinnovo.
A fine dicembre Lamy ha affermato di ritenere possibile una conclusione dei negoziati entro il 2007, che ha definito “un anno cruciale” per l’istituzione; ma non ha però fino ad ora ritenuto opportuno stendere un testo di compromesso, come fece nel 1991 l’allora Direttore Generale del GATT Arthur Dunkel per sbloccare le trattative dell’Uruguay Round, in quanto si tratterebbe di un “esercizio rischioso”, che potrebbe pregiudicare l’approccio “dal basso” delle trattative.
La maggior novità della strategia negoziale del WTO è sicuramente costituita dal cosiddetto "non G-6" (per distinguerlo dal G-6), costituito da Canada, Cile, Indonesia, Kenia, Nuova Zelanda, Norvegia, che si è incontrato più volte negli scorsi mesi. Si tratta di un gruppo di Paesi che rappresentano i più importanti gruppi negoziali. Canada, Nuova Zelanda, Cile ed Indonesia sono tutti membri del Gruppo di Cairns, costituito da grandi esportatori a favore di profondi tagli tariffari e propensi ad accettare un numero limitato di prodotti sensibili (cioè quelli che potranno essere parzialmente esentati dalle riduzioni). La Norvegia appartiene al G-10, che, al contrario, vorrebbe utilizzare in modo consistente questo meccanismo. Indonesia e Kenia appartengono al G-33, il cui punto di forza è stata la promozione, per i soli paesi in via di sviluppo, dei cosiddetti “prodotti speciali”, prodotti selezionati sulla base di criteri inerenti la sopravvivenza e la sicurezza alimentare, per i quali pure è prevista una maggiore protezione. Cile ed Indonesia fanno anche parte del G-20, ed il Kenia dell’Unione Africana.
Nel frattempo, continua a livello globale la negoziazione di accordi bilaterali di libero commercio, che raggiungeranno verosimilmente il numero di 400 entro il 2010, come affermato recentemente dallo stesso Lamy. Ad inizio dicembre, il Commissario Mandelson ha proposto di iniziare le trattative con India, Corea del Sud e ASEAN; bloccate sono invece quelle con il Mercosur, per lo meno finchè il Round è in stallo. Altri nuovi accordi bilaterali annunciati riguardano ad esempio Malesia e Cile, Nuova Zelanda e Cina, Giappone e Vietnam, Canada e Singapore; il solo Giappone ha negoziato sei accordi bilaterali di libero commercio con varie nazioni del Sud Est Asiatico, oltre a cercare un Accordo con l’ASEAN. I Paesi coinvolti, UE inclusa, continuano a ribadire come gli accordi bilaterali non si sostituiscono alla necessità di perseguire le trattative multilaterali; ma alcuni analisti fanno notare come di fatto questo stia già avvenendo, in quanto essi hanno come oggetto settori, ad esempio servizi ed investimenti, per i quali l’inclusione nei negoziati in sede WTO ha trovato enormi ostacoli.

 

Notizie: 

Notizie Flash

Il Vietnam entra a far parte del WTO

Dopo ben 12 anni di trattative, il Working Party appositamente stabilito ha approvato, il 26 ottobre 2006, l'ingresso del Paese nel WTO, che raggiunge così quota 150 membri. Il Consiglio Generale del WTO ha accettato il trattato di entrata il 7 novembre, e l'Assemblea Nazionale Vietnamita lo ha ratificato il 28. L'accordo entra automaticamente in vigore dopo 30 giorni; dall’11 gennaio 2007 il Vietnam fa dunque parte del WTO.
L’approvazione finale è avvenuta dopo che quest’economia comunista ha accettato di aprire il proprio mercato a beni e servizi stranieri; e questo risultato è stato ottenuto dopo quasi due decenni di riforme liberalizzatici, che hanno già contribuito ad una notevole crescita nel Paese. L’economia vietnamita è cresciuta annualmente del 6,8% dal 1997 al 2004. L'anno scorso ha sfiorato un tasso di crescita dell'8%; gli investimenti esteri sono cresciuti del 50% e le esportazioni del 20%. Il Vietnam è ora l'economia asiatica che cresce piu rapidamente, dopo quella Cinese. Il primo ministro vietnamita ha però evidenziato come il paese debba ancora affrontare serie difficoltà strutturali affinché possa appieno beneficiare della liberalizzazione.
Il Vietnam dovrà ridurre tariffe, sussidi, e altre barriere commerciali; in cambio, oltre ovviamente ad ottenere maggior accesso al mercato per le proprie esportazioni, potrà usufruire della protezione garantita dalle regole e dalle istituzioni del WTO nelle dispute commerciali.
All’Accordo vero e proprio, che spiega come dovrà essere implementata la liberalizzazione del commercio di beni e servizi, si aggiunge un rapporto sul tipo di riforme che il Vietnam dovrà intraprendere dal punto di vista istituzionale e legale.
Per quanto riguarda il settore agricolo, il Vietnam si è impegnato a non sussidiare le proprie esportazioni; in quanto Paese in Via di Sviluppo, potrà utilizzare la clausola de minimis per un valore del 10% della sua produzione agricola interna, e fornire sostegno distorsivo al commercio per un valore addizionale di 246 milioni di dollari. Attualmente, circa il 75% della popolazione vietnamita è impiegata in agricoltura, che però contribuisce per solo il 25% del PIL. Se è certo che alcuni settori, come quello del riso, sicuramente beneficeranno dell’apertura dei mercati, resta da vedere cosa accadrà in quelli meno competitivi, ad esempio l’allevamento; secondo alcune stime, oltre un terzo degli occupati in agricoltura è destinato a perdere l'impiego, in seguito alla concorrenza dei prodotti dei paesi esteri.
Come parte dei propri obblighi per l’ingresso, il Vietnam ha firmato l’Information Technology Agreement, siglato da meno della metà dei membri del WTO, che richiede di eliminare le tariffe su molti prodotti della tecnologia dell’informazione. Il Vietnam si è anche impegnato ad alzare le soglie per la presenza di capitali stranieri nei servizi, e ad aprire anche i settori bancari, assicurativo, delle telecomunicazioni; ha infine promesso di continuare il processo di privatizzazione delle imprese di stato, che attualmente contano per quasi il 40% del PIL.
Per saperne di più: [link], [link]

Si avvicina l'ingresso della Russia?

Gli USA e la Russia hanno finalmente firmato un accordo bilaterale per l'accesso di quest’ultima nel WTO, dopo oltre 12 anni di negoziati. I due Presidenti, George Bush e Vladimir Putin, hanno siglato il documento di 800 pagine il 19 novembre, durante l’incontro dell’ Asia-Pacific Economic Cooperation (APEC) ad Hanoi. Gli ultimi nodi da sciogliere riguardavano le esportazioni statunitensi di carne, la liberalizzazione dei servizi finanziari e i diritti di proprieta intellettuale.
Gli USA restavano l'unica grande economia a dover firmare con la Russia un accordo di ingresso bilaterale; adesso l'ostacolo piu grande è rappresentato dalla Georgia: nonostante abbia completato già da due anni le trattative con la Russia, in luglio si è tirata indietro, adducendo come motivo varie nuove restrizioni sulle sue esportazioni, il che nasconde in realtà dissidi politici sul controllo doganale alle frontiere. L’accesso della Russia al WTO dovrebbe formalizzarsi entro il 2007.

La Russia minaccia di bloccare le importazioni di carne dalla UE

Un momento di tensione nei rapporti con l’Unione Europea si è registrato a fine novembre, quando il Commissario Mandelson ha minacciato di ostacolare l'accesso della Russia nel WTO, se fosse andata avanti nelle sue intenzioni di bloccare tutte le esportazioni di prodotti animali della Ue dall'inizio del 2007, col pretesto delle deboli pratiche di controllo della sicurezza alimentare di Romania e Bulgaria. Non facendo ancora parte del WTO, la Russia non è ancora soggetta all’Accordo sulle Misure Sanitarie e Fitosanitarie (SPS), secondo il quale è necessaria una giustificazione scientifica valida per limitare le importazioni su prodotti animali e vegetali.
La Russia ha già bandito, da un anno, le importazioni di prodotti animali e vegetali dalla Polonia. A dicembre, il grattacapo si è risolto in seguito ad una missione a Mosca del Commissario Europeo per la Sicurezza Alimentare Markos Kyprianou, che ha portato, a gennaio, alla firma di un Memorandum of Understanding tra le due parti per evitare l'imposizione del bando, e secondo alcune fonti anche la controversia con la Polonia potrebbe avvicinarsi ad una soluzione. La Russia è il sesto importatore mondiale di prodotti agroalimentari al mondo, e l’Unione Europea è il suo maggior fornitore, per un valore di 5.158 miliardi di dollari nel 2005. Ogni barriera a questi scambi commerciali è potenzialmente disastrosa per la UE.

Il Canada dà inizio ad una disputa contro i sussidi agricoli statunitensi

Il Canada, lo scorso 8 gennaio, ha richiesto le consultazioni con gli USA, il che rappresenta il primo passo verso l'inizio di una procedura di disputa. Al Canada si sono uniti Unione Europea, Australia, Argentina e Brasile, e poi ancora Guatemala, Tailandia, Uruguay. Il reclamo del Canada copre un vasto insieme di sussidi agricoli statunitensi, in quanto gli USA avrebbero oltrepassato il limite loro consentito in 5 degli scorsi 8 anni; in particolare, i sussidi ai produttori statunitensi di mais avrebbero distorto i prezzi mondiali e danneggiato i produttori canadesi. Gli Usa a livello mondiale contribuiscono per più del 40% della produzione, e per quasi il 60% delle esportazioni di mais. Canada, Brasile ed Argentina sono i maggiori tra i primi dieci esportatori; il Brasile é il maggior esportatore mondiale di etanolo, che negli USA viene appunto ottenuto dal mais, in sempre maggior quantità per soddisfare la domanda di biocarburanti. In generale, il Canada afferma che una serie di strumenti presenti nella politica agricola statunitense influenzano i livelli di produzione agricola, e dovrebbero quindi essere classificati come facenti parte della scatola gialla; impossibile non ricordare, a questo punto, quanto successo nel 2004 nella disputa contro il Brasile sui sussidi nel settore del cotone. Il WTO stabilì che sia i pagamenti diretti che i production flexibility contracts non potevano essere classificati come non distorsivi dei mercati, in quanto legati al tipo, e, in qualche caso, al volume della produzione; tuttavia, non é stato ancora determinato se tali sussidi appartengano alla scatola gialla. Il Canada contesta anche la presenza di prestiti a tasso agevolato per gli esportatori statunitensi. Ottawa ha chiaramente fatto capire di voler influenzare i legislatori americani, alle prese proprio in questi mesi con la scrittura della nuova legge di politica agricola statunitense, il Farm Bill. (Si veda la Scheda 1)

L’infinita guerra delle banane

Il 16 novembre 2005 l’Ecuador ha presentato una richiesta formale di consultazioni con la UE, che non avrebbe rispettato quanto deciso da un precedente panel WTO. Le consultazioni sono lo stadio iniziale di un processo di disputa; Ecuador e UE hanno due mesi per giungere ad un compromesso, oppure l’Ecuador può dare il via alla disputa mediante la costituzione di un panel. La decisione dell’Ecuador è stata criticata aspramente dalla UE, con la quale erano da tempo in corso negoziati informali, presieduti da Johans Store, Ministro degli Esteri norvegese.
Dopo la richiesta del 30 novembre della Colombia di unirsi all’Ecuador, a quest’ultimo si sono aggiunti anche altri produttori di banane, come Giamaica, Camerun, Dominica, Costa d’Avorio, St. Lucia, Saint Vincent e Grenadine, Suriname, Belize, Panama, Repubblica Dominicana, nonché gli USA, sede delle maggiori compagnie produttrici (come Chiquita), ma non il Costa Rica, probabilmente a causa del notevole incremento nelle esportazioni in Europa proprio grazie all’introduzione, all’inizio del 2006, del nuovo regime di importazione.
Quella delle banane è una “guerra” in corso da almeno dieci anni, tra i produttori di banane dell'america Latina e gli USA, da un lato, e la UE con il sistema di preferenze per gli ACP, dall'altro. Ecuador, Colombia, e USA hanno ottenuto, nel 1997, di imporre alla UE di modificare il proprio regime tariffario. Tuttavia, due anni dopo, una nuova sentenza a favore di USA ed Ecuador ha giudicato non sufficiente la riforma implementata da Bruxelles. Dopo ulteriori negoziati, la UE ha ottenuto da Ecuador e USA, a novembre 2001, di mantenere le preferenze con gli ACP per tutto il 2005, a patto di introdurre, a partire dal 1 gennaio 2006, un tariff only regime, invece dell'attuale sistema di dazi e tariffe. Nel 2005, due arbitri del WTO hanno però stabilito che i livelli di tariffe della UE erano ancora troppo elevati, rigettando per la seconda volta quanto proposto dalla Commissione. All'inizio del 2006, la UE ha messo in atto un altro regime, che prevede una tariffa pari a 176 euro/t e 750.000 t di quota duty free a Paesi ACP. Secondo l'Ecuador, il regime non è ancora in accordo con la sentenza del 1997.
Secondo Eurostat, il volume delle banane provenienti in Europa dall'America Latina l'anno scorso è aumentato dell'8,2%, ma la percentuale dell'Ecuador sulle importazioni europee è diminuita dal 29,9 al 27,5%. Al contrario, nello stesso periodo, sia il volume che la percentuale delle esportazioni provenienti dai paesi ACP sono aumentate.
La presenza della disputa potrebbe rendere "difficili, se non impossibili", nella parole di Mandelson, le trattative per giungere ad un Accordo di Libero Commercio con l' ANDEAN, di cui l’Ecuador fa parte.

Il Brasile si apre ai paesi più poveri

Il Brasile ha annunciato che garantirà accesso libero e senza limitazioni alle importazioni provenienti da 32 Paesi Meno Avanzati, ovvero tutti quelli che sono membri del WTO, già dall'inizio del 2007.
Si tratta del primo Paese in Via di Sviluppo a contrarre volontariamente l’impegno stabilito nella Conferenza Ministeriale di Hong Kong (si veda Finestra sul WTO di marzo 2006 [link]), battendo sul tempo anche numerosi paesi industrializzati, per i quali l’impegno è invece obbligatorio, tra cui gli USA.
L’ONG Oxfam si è congratulata con il Brasile, e ha citato i risultati di uno studio dell’International Food Policy Research Institute (IFPRI), che prevede un guadagno di 7 miliardi di dollari per i PMA e altri 8 paesi a basso reddito se tutti i paesi OECD implementassero questa clausola.
In Brasile non sono mancati i timori espressi dal settore tessile, che teme la concorrenza del Bangladesh e la possibilità che prodotti provenienti dalla Cina vengano “riciclati” nei PMA e poi riesportati a tariffa zero.
Al momento, le importazioni del Brasile provenienti dai PMA ammontano a soli 500 milioni di dollari (per il 70% costituite da petrolio angolano) sul totale di 75 miliardi.

Nuovo Accordo commerciale nel Sud Est europeo

Il CEFTA, Central European Free Trade Agreement, consoliderà i 32 accordi di libero commercio bilaterali che attualmente esistono nella regione in unico Regional Trade Agreement. I Paesi coinvolti sono Serbia, Montenegro, Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Macedonia, Moldavia. La Commissione ha accolto positivamente la notizia, evidenziandone i benefici economici ma anche l’importanza quale segnale politico per la stabilità dell’area. L'UE è il maggior partner commerciale della regione, per un totale di 79 miliardi di euro nel 2005, con un incremento del 53% rispetto al 2001.

Approvate le regole per gli Accordi Commerciali Bilaterali

Il 14 dicembre 2006 i Paesi membri hanno approvato un nuovo meccanismo di trasparenza per quanto riguarda gli accordi bilaterali e regionali, che come noto devono essere compatibili con le regole del WTO. Il testo dell’Accordo era stato già messo a punto a Luglio; al momento è stato approvato su base provvisoria, il che significa che potrà essere suscettibile di future modifiche, fino a quando, in teoria, non sarà sostituito con un meccanismo permanente, al concludersi del Doha Round. Secondo quanto stabilito, non appena i Paesi ratificano accordi bilaterali di libero commercio devono sottoporli al Segretariato del WTO, che poi li discuterà nel Comitato sugli Accordi Commerciali Regionali. Gli Accordi stipulati esclusivamente tra Paesi in Via di Sviluppo saranno invece controllati nel Comitato su Commercio e Sviluppo. [link]

Mancanza di trasparenza nelle notifiche al WTO

A fine novembre, un gruppo di Paesi, tra cui Australia e Brasile, hanno espresso il proprio favore a quanto affermato dal Presidente del Comitato Agricoltura, secondo il quale eccessivi ritardi nelle notifiche di sussidi e tariffe agricoli al WTO minaccerebbero la possibilità per l’organizzazione di promuovere la trasparenza e rappresenterebbero un vero e proprio ostacolo al procedere dei negoziati. I dati sono eclatanti: 70 membri del WTO non hanno ancora fornito parte o tutta l’informazione richiesta per gli anni 1995-2000; gli USA non producono notifiche dal 2001, e il Giappone dal 2002. Pressoché uguale la situazione di Argentina, Canada, Corea, Norvegia e Svizzera. L’Unione Europea, criticata dall’Australia in quanto i dati notificati non ancora includono quelli relativi ai dieci nuovi paesi membri, ha presentato in gennaio le notifiche per 2002/2003 e 2003/2004, che mostrano come, grazie ad Agenda 2000, abbia utilizzato meno della metà della scatola gialla, con rispettivamente circa 31 e 28 miliardi di euro di sussidi erogati. Per quanto riguarda la scatola blu e la scatola verde, i valori sono di 22-24 e 20-22 miliardi di euro, rispettivamente. I dati non riflettono ancora gli effetti delle Riforma Fischler, che contribuiranno a ridurre ulteriormente l'ammontare della scatola gialla. [link]

Nessuna novità per le indicazioni geografiche

A metà dicembre, durante una sessione speciale del Consiglio TRIPS, le discussioni sulla possibilità di arrivare alla creazione di un registro internazionale per la protezione delle indicazioni geografiche hanno solo riaperto vecchie ferite. L'Unione Europea vorrebbe giungere ad una bozza di accordo entro febbraio, ma per il momento le posizioni sembrano così distanti che non si è potuto neanche suggerire possibili soluzioni di compromesso. L' Unione, con il sostegno di alcuni paesi asiatici, è a favore di un registro obbligatorio per le indicazioni geografiche protette, mentre un altro gruppo di Paesi, con a capo USA, Australia ed Argentina, propone la creazione di un database che potrebbe essere semplicemente consultato su base più o meno volontaria.

Nuovi accordi bilaterali in Asia

Il 13 gennaio i Capi di Stato dei paesi membri dell'ASEAN si sono impegnati per stabilire una Comunità asiatica enro il 2015, 5 anni in anticipo rispetto a quanto programmato originariamente. Oltre a flussi liberalizzati di beni, servizi e investimenti, si mira anche all'integrazione delle istituzioni della regione e a quella industriale, analogamente a quanto avvenuto all'inizio del processo di formazione della UE.
L'ASEAN ha siglato un accordo bilaterale con la Cina; le due vogliono creare un'area di libero scambio che comprenderà quasi due miliardi di persone, entro il 2015. L'ASEAN ha anche fatto progressi per giungere ad un accordo di libero commercio con l'India, che pare sarà firmato entro luglio 2007, e sta intensificando le proprie relazioni commerciali con Australia, Giappone, Corea del Sud, e Nuova Zelanda.
Lo scorso ottobre è stato annunciato l’inizio delle trattative per un accordo bilaterale tra Giappone e Vietnam per gennaio 2007. La decisione è in linea con la recente strategia commerciale del Giappone, che ha già siglato accordi commerciali bilaterali con Singapore, Messico, Filippine e Malesia, in parte motivati dalla crescente competizione con la Cina. In agosto, all’indomani della sospensione delle trattative del Doha Round, il Giappone ha proposto la creazione di una Comprehensive Economic Partnership in East Asia (CEPEA), che darebbe luogo a legami commerciali e flussi di investimento tra i dieci membri dell’ASEAN (Association of Southeast Asian Nations) e sei altri membri dell’East Asia Summit (Cina, Corea del Sud, Giappone, India, Australia e Nuova Zelanda).

La UE non si appellerà contro il verdetto sugli OGM

La UE non contesterà il verdetto del WTO sugli OGM (si veda Finestra sul WTO di ottobre 2006 [link]), in quanto non influenza in nessun modo l'attuale impianto legislativo comunitario. Secondo il portavoce della DG-Trade, dal 2004 ci sono inoltre state approvazioni per la commercializzazione di 10 prodotti OGM, e molte altre sarebbero imminenti. Rimane tuttavia il nodo dei divieti nazionali all’importazione di prodotti OGM già approvati a livello comunitario: nonostante la pressione posta dalla decisione del WTO, a dicembre il Consiglio dei Ministri dell’Ambiente ha rifiutato una proposta della Commissione che avrebbe costretto infine l’Austria a rimuovere il divieto nazionale all’importazione di due varietà di mais OGM. Solo Regno Unito, Olanda, Repubblica Ceca e Svezia hanno votato a favore. La Commissione dovrà ora considerare metodi alternativi per implementare il regolamento, come ad esempio la richiesta formale all’Austria di produrre una valutazione del rischio che renda il divieto compatibile con le regole del WTO. I gruppi di pressione ambientalisti hanno additato il voto come un esplicito rifiuto delle decisioni del WTO, da loro accolte negativamente, in particolar modo in quanto il panel ha concluso di non essere obbligato a tenere in considerazione altri trattati internazionali se non controfirmati da tutte le parti della disputa. In una lettera indirizzata al Direttore del WTO Pascal Lamy, Green Peace ha chiesto che le dispute ambientali siano rimosse dalla giurisdizione del WTO, in quanto questa istituzione non sarebbe in grado di gestirle in modo efficace.

Proposte dell'Unione Europea sulle “tariffe verdi”: esclusi i biocarburanti

Il Commissario Mandelson, in dicembre, ha avanzato alcune proposte riguardanti un eventuale accordo per l’azzeramento delle tariffe su alcuni beni “verdi”, con lo scopo di combinare politica commerciale e ambientale, e affrontare il problema del cambiamento climatico. In sede WTO, tra questi beni rientrerebbero ad esempio pannelli solari e generatori di energia, ma non i biocarburanti; gli unici accordi commerciali in cui la UE sarebbe disposta a trattarli sarebbero alcuni accordi bilaterali (ad esempio con India, Sud Corea, e Mercosur). Il problema non è di poco conto; l’azzeramento sulle tariffe per i biocarburanti avrebbe enormi ripercussioni, considerando che Paesi come il Brasile o la Malesia possono produrli a prezzi molto competitivi. Una direttiva comunitaria pone come obiettivo per gli stati membri di rimpiazzare il combustibile fossile con i biocarburanti del 2% entro il 2005, del 5,75% nel 2010, e del 10% entro il 2020, ma i progressi finora sono stati estremamente lenti. La Commissione ipotizza che le importazioni rappresenteranno circa la metà del fabbisogno comunitario nel lungo periodo, ma al momento la strategia commerciale non è ancora chiaramente definita, e resta da risolvere il problema tecnico della creazione di linee tariffarie diverse tra combustibili fossili e non.

La UE contesta il regime Indiano all’importazione di vini e bevande alcooliche

La Commissione europea ha annunciato che intende iniziare un’azione formale di protesta al WTO sulle tariffe indiane all’importazione sull’alcool. Il nodo fondamentale è costituito da un’elevata tariffa federale, conosciuta come “additional duty”, che si aggiunge a tasse e tariffe dei singoli Stati, e può innalzare il peso tariffario sulle importazioni tra il 140% e il 525%; inoltre, nello Stato del Tanil Nadu possono essere venduti nei negozi e in altre rivendite al dettaglio solo vini e bevande spiritose prodotti in India. All'Unione Europea si sono aggiunti in dicembre Australia ed USA. L’anno scorso, la UE ha esportato più di 24 milioni di euro di bevande alcoliche in India di cui almeno 6 di vini.

Olio d’oliva: disputa UE- Messico

L'Unione Europea ha chiesto e ottenuto di stabilire un panel WTO sui dazi compensativi (fino al 30%) imposti dal Messico in agosto 2005 sulle importazioni di olio di oliva europeo.

La UE interviene contro le tasse discriminatoie del Canada su vino e birra

Dal 1 luglio 2006, il Canada ha ridotto le tasse sui vini e birre di produzione interna, lasciando intatte invece le tariffe all’importazione, ad esempio sul vino francese e sulla birra belga. Le nuove regole sono formalmente in atto da dicembre, dopo l’approvazione del Parlamento, ma applicate retroattivamente da luglio. La UE ha esportato l’anno scorso in Canada vino per 446 milioni di euro e birra per 110 milioni di euro. UE e Canada hanno due mesi di tempo per trovare un accordo; altrimenti, la UE può chiedere lo stabilimento di un panel.

 

Schede ed approfondimenti

Scheda 1- Le elezioni di novembre 2006 e la politica agricola statunitense

Con il negoziato WTO in stallo ormai da mesi, molte attese si sono, a torto o a ragione, concentrate sulla scena politica statunitense.
I risultati delle elezioni di medio termine dello scorso 6 novembre, che per la prima volta il 12 anni hanno cambiato la maggioranza del Congresso da repubblicana a democratica, hanno fornito sufficienti spunti per speculare sul futuro della politica agricola statunitense, nella speranza di intravedervi qualche segnale per prevedere l’eventuale ripresa e le future linee del negoziato in sede WTO. Quasi tutti i commentatori sono d'accordo nel dire che, se il nuovo Farm Bill che sarà discusso di qui a breve porterà profondi cambiamenti rispetto alla legge in vigore dal 2002, ciò non sarà dovuto tanto al risultato delle elezioni, bensì alle tendenze in atto sui mercati mondiali. La vittoria dei democratici sia alla Camera che al Senato darà loro l’opportunità, mediante la scelta dei presidenti dei Comitati Agricoli, di influenzare l'agenda politica; ma i democratici non sembrano al momento affatto propensi a cambiare il generoso Farm Bill del 2002, inimicandosi le potenti lobbies degli agricoltori.
Tuttavia, saranno invece gli alti prezzi delle commodities, record nel caso del mais grazie al boom della domanda di etanolo, che consentiranno di ridurre l'importo della spesa agricola. Ciò permetterebbe di avere un margine di manovra piu ampio nella definizione della nuova legge, e di poter sia rispettare gli obblighi in sede WTO, che accogliere le istanze di quanti, compreso il Segretario dell'Agricoltura Mike Johanns, sono propensi a tagliare drasticamente quella grande fetta della spesa che va a finire nelle tasche dei coltivatori delle cinque colture maggiori (mais, frumento, oleaginose, riso e cotone), che da sole raggranellano più del 90% dei sussidi. Johanns ha annunciato profondi cambiamenti per il nuovo Farm Bill, proprio in quanto dal 2002 si é avuto un miglioramento delle esportazioni agricole ed in generale della situazione del settore.
Un recente studio australiano [pdf] ha evidenziato, ancora una volta, le iniquità nella distribuzione e la non difendibilità del sostegno statunitense, che, pur in valore assoluto ben al di sotto di quello europeo, comunque finisce nelle tasche di pochi e benestanti agricoltori. E che non é esente dal creare problemi a livello internazionale; il Brasile ha vinto, nel 2004, una disputa contro gli USA sui pagamenti sul cotone; e il Canada analogamente ha citato in giudizio i pagamenti sul mais (si veda la news).
Lo stesso Johanns ha affermato che, sebbene non lascerà che il WTO detti legge all’interno degli USA, la nuova politica agricola dovrà essere "equitable, predictable and beyond challenges" (“giusta, prevedibile e non impugnabile”) nel WTO.
Tra i fattori che influenzano la nuova legge, oltre alla compatibilita con la legislazione WTO, è sicuramente il grande deficit del bilancio federale, il che potrebbe spingere a ridurre l'importanza di quegli strumenti il cui ammontare é condizionato dalle variazioni dei prezzi di mercato, che poi sono chiaramente quelli più facilmente soggetti a disputa (come i marketing loan programs, che agendo in funzione anticiclica, forniscono pagamenti più alti se la produzione delle colture eligibili aumenta e i prezzi scendono).
Il Farm Bill proposto dell'Amministrazione Bush sará presentato in circa un mese e includerá aiuti per l'insediamento dei nuovi agricoltori, fondi per la difesa ambientale e per le fonti di energia rinnovabili. Ma al momento le posizioni di Congresso e Amministrazione non sembrano affatto combaciare: Collin Peterson, il nuovo Presidente del Comitato Agricoltura nella Camera dei Rappresentanti al Congresso statunitense, ha affermato che la nuova legge non sará molto diversa dalla precedente. Per quanto riguarda la trattativa in seno al WTO, molto è stato detto circa il possibile blocco che deriverebbe dall'appartenenza a due schieramenti diversi del Congresso e dell'Amministrazione; una situazione, questa, che per la verità si e verificata nella metà dei casi durante gli ultimi 50 anni.
Alcuni candidati democratici hanno sicuramente fatto dell'opposizione al libero commercio un punto di forza durante la campagna elettorale, in nome della salvaguardia dei posti di lavoro e della protezione dell'ambiente; tuttavia, bisogna assolutamente evitare di dare adito a qualunque generalizzazione. Infatti, è proprio nell'era del democratico Clinton che sono stati firmati importanti trattati commerciali sia multilaterali, come l'Uruguay Round Agreement on Agriculture, che regionali, come il NAFTA.
Sicuramente, la bipartisanship sara fondamentale nei mesi a venire, in quanto per l’adozione di qualunque provvedimento legislativo sarà necessario il consenso di tutti e due gli schieramenti; e soprattutto per la proroga della Trade Promotion Negotiating Authority (TPA), che permette al Presidente di negoziare per conto del Congresso.
Proprio il sostegno di entrambi gli schieramenti ha permesso in dicembre l’estensione di una serie di preferenze commerciali con le nazioni Andine e l'Africa Sub Sahariana: il Sistema Generalizzato delle Preferenze, che garantisce accesso libero e senza limitazioni ad alcuni beni provenienti da oltre 100 paesi in via di sviluppo e specifici schemi commerciali. Sono state anche regolamentate le relazioni commerciali con il Vietnam. La preferenze commerciali unilaterali con Perù, Colombia, Bolivia, ed Ecuador sotto l'Andean Trade Promotion and Drug Eradication Act (ATPDEA), scadute alla fine del 2006, sono state estese per altri sei mesi, raddoppiati nel caso della Colombia e del Perù, in quanto hanno concluso i negoziati per accordi commerciali bilaterali con gli USA (sebbene la maggioranza democratica minaccia voto contrario a meno che non vi vengano inclusi obblighi sugli standard di lavoro). Susan Schwab, capo della delegazione negoziale al WTO, ha accolto favorevalmente l’esito della votazione, per la quale è stato fondamentale il sostegno dei democratici, suggerendo che possa gettare solide fondamenta per intese bilaterali sulle tematiche commerciali.
Resta ora da vedere cosa succederà nei prossimi mesi, durante la rinegoziazione del Farm Bill, quando sarà chiaro se e fino a che punto vi è la volontà di adottare una soluzione accettabile sulla scena internazionale, e soprattutto se possibili segnali di ripresa nel Doha Round incoraggeranno l’estensione della Trade promotion Authority, la cui scadenza resta il vero limite al procedere dei negoziati, e la cui proroga rende necessaria la collaborazione tra entrambi gli schieramenti.

Scheda 2- Le strategie dell’Unione Europea nei confronti di India e Cina

Nel mese di ottobre 2006 sono venuti alla luce nuovi elementi della politica commerciale dell’Unione Europea nei confronti di queste due potenze emergenti.
UE ed India hanno deciso di convogliare i propri sforzi verso un accordo commerciale e sugli investimenti, da concludersi entro il 2009. Le discussioni sulla portata delle future trattative sono state piuttosto specifiche: il Primo Ministro Indiano Manmohan Singh ha detto che il futuro accordo potrebbe arrivare a comprendere oltre il 90% delle linee tariffarie e del volume del commercio. Nelle trattative del WTO, sia UE che India hanno mantenuto una posizione sulla difensiva circa i tagli alla tariffe e ai sussidi agricoli, nonostante l’India continui aspramente a criticare il sostegno garantito alle agricolture dei paesi ricchi. L’India ritiene inoltre eccessive le richieste di Bruxelles per quanto riguarda le tariffe industriali. Entrambe sono a favore dell’estensione del registro per la protezione delle indicazioni geografiche oltre a vini e bevande spiritose.
Nel 2005, nonostante una serie di ostacoli rappresentati ad esempio dagli standard sanitari della UE o dal complicato sistema di licenze indiano, il commercio tra le due parti ammontava a 40 miliardi di euro, il 20% in più rispetto all’anno precedente. L’India sta cercando di espandere le proprie esportazioni di tessile e abbigliamento, prodotti agricoli, macchinari e gemme nella UE, che è già il suo maggior importatore.
In gennaio, durante il viaggio a Pechino della Commissaria Europea per le le Relazioni esterne, Benita Ferrero-Waldner, l’Unione Europea e la Cina hanno iniziato i negoziati per la creazione di un Accordo di Partenariato e Cooperazione. Il nuovo accordo, che non sarà completato prima di due anni, verosimilmente riguarderà i settori dell'energia, dell'ambiente, dell'agricoltura, dei trasporti, educazione, scienza e tecnologia, così come temi chiave dello sviluppo sostenibile, ma anche l'immigrazione e la lotta al il terrorismo.
Già ad ottobre 2006, l’Unione Europea aveva delineato la propria strategia "per una forte e corretta" politica commerciale con la Cina. Si tratta di una risposta agli enormi cambiamenti degli ultimi venti anni, che hanno visto la Cina diventare la maggiore fonte di prodotti manifatturieri per la UE, ed al tempo stesso il mercato di sbocco in maggior crescita per le esportazioni europee. La UE desidera intensificare le proprie relazioni economiche con la Cina e preme perché questa si impegni a rispettare gli obblighi contratti in sede WTO, a continuare ad aprire i suoi mercati, a liberalizzare le norme in materia di investimenti.
La UE si è detta pronta ad intervenire nei confronti di alcune pratiche commerciali ritenute contrarie ai principi di non discriminazione del WTO, come i requisiti di contenuto minimo di provenienza cinese in alcuni settori (automobilistico, dell’acciaio, e dei semiconduttori). La Ue ha evidenziato come la presenza di limitati standard di protezione sociale, ambientale e di sicurezza conferisca di fatto alla Cina un vantaggio comparato alla produzione. Ha inoltre sottolineato la necessità di rafforzare la protezione dei diritti di proprietà intellettuale per imporre deterrenti contro la contraffazione e la pirateria. La UE ha affermato di essere pronta ad utilizzare il meccanismo di soluzione delle dispute del WTO in caso di problemi che non possano essere risolti con il dialogo, ma anche misure di difesa unilaterale, come l’imposizione di dazi anti-dumping.
Le reazioni scatenate dalla pubblicazione della “nuova strategia” commerciale con la Cina sono state diverse. Da parte di alcune Organizzazioni Non Governative, come Oxfam, è stata tacciata di essere aggressiva ed ipocrita, un mero tentativo di limitare le esportazioni cinesi soprattutto per quanto riguarda abbigliamento e calzature. Secondo altri commentatori, potrebbe invece risultare in una spinta affinché la nuova potenza migliori effettivamente i propri standards di lavoro ed ambientali.
Per saperne di più: [link]

Pubblicazione- WTO Dispute Settlement: One-Page Case Summaries

La prima edizione di questa pubblicazione (in inglese), disponibile gratuitamente on line sul sito del WTO, offre per ogni disputa un riassunto degli elementi principali, e delle conclusioni [pdf], [link]

Pubblicazione- Monitoring Agri-Trade Policy (MAP)

Si tratta di una pubblicazione trimestrale (in inglese) della Commissione Europea, disponibile on-line. Nel numero di dicembre, si dimostra come i benefici della liberalizzazione risultino dalla riduzione congiunta di tutti e tre i pilastri del sostegno agricolo, e non solo dall'aumento dell'accesso al mercato, come la diffusione di alcuni modelli di analisi potrebbe far ritenere. Per i maggiori "giocatori" sul tavolo negoziale, ne vengono spiegati gli interessi e la posizione, alla luce dei "fatti" (i maggiori flussi commerciali, la struttura tariffaria) e non di generiche assunzioni teoriche [link]

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