La commercializzazione dei prodotti alimentari UE negli Usa tra qualità e sicurezza

La commercializzazione dei prodotti alimentari UE negli Usa tra qualità e sicurezza

Introduzione

Punto di partenza di una - seppur breve - analisi delle regole del commercio degli alimenti europei nel mercato Usa non può che essere il riferimento alla dottrina tradizionale sulla food law statunitense, la quale, particolarmente in riferimento alla circolazione dei prodotti GM o contenenti GM - ma non solo -, ha affermato che sarebbe un  sistema puramente market oriented, in cui la gestione del rischio alimentare ricadrebbe esclusivamente sui privati (operatori e consumatori), protagonisti assoluti (in via esclusiva) della loro relazione1.
Tale conclusione deve oggi forse essere ripensata, considerando  che emergono differenti segnali dalle recenti riforme in tema di commercializzazione ed importazione di alimenti. Le regole del mercato alimentare Usa sembrerebbero avvicinarsi a quelle europee nel porre al centro la salubrità del prodotto alimentare (seppur non ancora il suo rapporto con il territorio di “origine” e l’ambiente). Il ruolo delle agenzie governative (Food and Drug Administration-Fda innanzitutto) sembra non più (o meglio, non solo) quello di effettuare attività di supervisione e di vigilanza “esterna” e poco invasiva sulla circolazione degli alimenti, lasciando ai rapporti  tra cittadini e imprenditori la regolazione della circolazione del bene; la nuova norma di riferimento sulla sicurezza alimentare attribuisce ora alla Fda funzioni che contemplano esercizio di potestà pubblicistiche sanzionatorie e di intervento inibitorio che rendono interessante un eventuale parallelismo con i compiti e le funzioni proprie dell’Efsa2.

La normativa Usa di riferimento: dal Bioterrorism Act del 2002 al Fsma del 2011

Il sistema della sicurezza alimentare negli Stati Uniti, inclusi i profili correlati alle regole dell’importazione di alimenti, sono disciplinati dal Federal Food, Drug and Cosmetic Act del 1938 (Fdca), come modificato dal Food Safety Modernization Act del 2011 (Fsma), norma la cui introduzione è stata accompagnata da grande clamore mediatico in quanto sembrerebbe impostare l’approccio statunitense alla food safety (ma anche alla food security), in particolare in riferimento alle importazioni, su un approccio “preventivo” (e, forse, a spingersi fino ad un “moderato” approccio precauzionale).
Il Food Safety Modernization Act va a sostituire ed integrare in molte parti il Public Health Security and Bioterorrism Preparedness Response Act del 2 giugno 2002 (c.d. Bioterrorism Act). Il testo è suddiviso in cinque parti, i cui titoli propongono con immediata evidenza la centralità del sistema di distribuzione degli alimenti e dell’azione di controllo amministrativo3 (dei due organi fondamentali nel sistema alimentare statunitense: Usda e Fda): i) la preparazione nazionale contro il bioterrorismo e altre emergenze di salute pubblica; ii) aumento dei controlli per agenti biologici pericolosi e tossici; iii) sicurezza e sorveglianza delle riserve alimentari (food supply) e farmaceutiche; iv) sicurezza e sorveglianza dell’acqua potabile; v) altre prescrizioni.
In particolare, di nostro interesse è l’art. 304(e) del Bioterrorism Act, che ha novellato l’art. 801 del Federal Food, Drug and Cosmetic Act, il quale ha introdotto un obbligo di registrazione degli stabilimenti per le imprese (“Food Facility Registration”) che intendono importare alimenti nel territorio statunitense. Registrazione che deve essere effettuata solo una volta e che diviene obbligatoria non solo quando si spediscono materialmente gli alimenti verso i porti doganali degli Usa ma altresì quando si “offrono” prodotti alimentari per il mercato americano, come nel caso di fiere e manifestazioni o di inserimento nei cataloghi, anche via internet o spediti per email a destinatari interni ai confini americani.
Inoltre, già con il Bioterrorism Act del 2002, sono stati introdotti strumenti di controllo del rischio (mantenuti, seppur in parte modificati, dal Fsma) che avvicinano le regole Usa e quelle UE in tema di tutela della salute pubblica nella circolazione degli alimenti,  seppur con finalità correlate non alla creazione di un unico mercato di riferimento per gli alimenti in cui far convivere parità di condizioni alle imprese (europee ed extraeuropee) e tutela del consumatore, ma alla tutela dei cittadini americani dal terrorismo. Si pensi, ad esempio, alla c.d. “Prior Notice”, ossia all’obbligo di avvisare formalmente l’amministrazione americana dell’arrivo presso un determinato porto di importazione di un carico di alimenti, trasformati o non; la detenzione amministrativa delle merci (“Administrative Detention”) e il recall da parte della Fda che ricorda in parte il potere della Efsa di ritiro delle merci dal mercato in caso di allarme alla salute dei consumatori; il c.d. “Establishment and Maintenance of Records”, ossia l’obbligo per le imprese alimentari (e gli importatori) di conservare tutti i documenti sulla provenienza delle materie prime e tutte le sostanze utilizzate nella trasformazione dell’alimento, che ovviamente ricorda l’obbligo di tracciabilità interna sancito dall’art. 18 del reg. 178 del 2001 (oggi obbligo espressamente introdotto dal Food Safety Modernization Act).
Con l’Fsma la registrazione diviene periodica (ogni due anni), a prescindere da eventuali mutamenti negli assetti dell’impresa o di modifiche negli stabilimenti; inoltre, le imprese alimentari devono effettuare una attenta valutazione dei rischi alla salute umana collegati ai processi di trasformazione, manipolazione e conservazione degli alimenti che devono essere immessi nel mercato, attraverso piani di monitoraggio interni, sistema Haccp. La Fda ha strumenti di controllo e di ispezioni più efficaci, lungo tutta la filiera, con possibilità di intervenire per verificare direttamente negli impianti la documentazione interna sui piani di controllo e monitoraggio, nonché – se necessario ai fini della tutela salute pubblica - ritirare i prodotti4. In particolare, ora sono disposti, sulla base del livello del rischio e con una frequenza obbligatoria, delle ispezioni per gli impianti alimentari (dentro e fuori del territorio statunitense), e tra questi quelli ad “high risk” (precisati alla section 350j(a)(1) del Fdca) devono essere tutti esaminati entro un periodo di tempo determinato (cinque anni). Durante tali ispezioni la Fda deve aver accesso a tutta la documentazione sulla valutazione del rischio nei vari stabilimenti, pena la sospensione della “Food Facility Registration”.

Il nuovo canone di “prevenzione” (o “moderata” precauzione) nel sistema statunitense di food law e le regole per gli importatori

Segnali di innovativi approcci culturali, indirizzati a cambiare probabilmente nel futuro radicalmente i rapporti tra il controllore pubblico (Fda, innanzitutto) e le imprese si scorgono nell’Fsma. La locuzione, sovente ripetuta dal legislatore statunitense, per descrivere l’attività (che noi chiameremmo) discrezionale della amministrazione nel decidere sulla possibilità che un alimento possa circolare (ed essere importato) nel mercato US, è la “reasonable probability” della sua nocività per la salute umana.
Per quanto di nostro interesse, ad esempio, la section 206 dell’Fsma, sostituendo la section 423 (a) dell’Fdca, precisa che sia disposto un ritiro dell’alimento nel caso in cui sussista una “reasonable probability” che esso sia nocivo alla salute umana. Peraltro, nel caso in cui il responsabile non provveda volontariamente alla sospensione della circolazione ed al ritiro dal mercato della merce indicata dall’amministrazione, quest’ultimo può intimare il ritiro urgente con ordine scritto sia al responsabile, sia a tutti coloro che nell’ambito della filiera abbiano partecipato alla sua trasformazione. Il potere di “recall” della Fda è dunque oggi collegato ad una mera “ragionevole probabilità” di un danno alla salute, che può anche essere futuro, quindi solo ipotetico5.
Si noti che a differenza della c.d. general food law europea, in cui i requisiti di sicurezza degli alimenti sono indicati con due formule generiche (dannosità alla salute e inadattabilità al consumo umano) di difficile lettura6, l’art. 402 specifica esattamente quando un alimento è “adulterated”, lasciando così poco spazio ad interpretazioni.
In secondo luogo, la section 102 dell’Fsma novella le regole della “Registration of Food Facilities”, rendendo obbligatorio un rinnovo biennale della registrazione, seppur - nel caso in cui non ci siano novità soggettive (sugli assetti dell’impresa) ed oggettive (sulle attività produttive dello stabilimento) - con un “abbreviated registration renewal process”. Rilevante ai nostri fini è la possibilità che la registrazione sia sospesa nel caso in cui vi sia «a reasonable probability of causing serious adverse health consequences or death to humans or animals».
Infine, deve sottolinearsi che l’Fsma ha introdotto lo strumento della “tracciabilità” altresì nella food law statunitense. Invero, la norma dispone che l’Fda stabilisca «a product tracing system to receive information that improves the capacity to effectively and rapidly track and trace food that is in the United States or offered for import into the United States». Quindi obbligo che si riferisce non solo agli operatori interni, ma altresì agli importatori.
In riferimento alla importazione di alimenti dalla UE, la section 301 dell’Fsma (che modifica la section 805 del Fdca) precisa chiaramente che tutti i requisiti di sicurezza degli alimenti e i piani Haccp di autocontrollo e monitoraggio negli stabilimenti che si applicano per la circolazione degli alimenti all’interno del mercato statunitense trovano altresì applicazione per gli alimenti importati e quindi agli stabilimenti esteri. Il soggetto destinatario di tutti i provvedimenti emessi dalla Fda non è direttamente l’esportatore straniero, bensì l’importatore. Si tratta, a ben vedere, di formula analoga a quella utilizzata nell’UE nella direttiva sulla responsabilità del prodotto difettoso per individuare il soggetto destinatario della responsabilità, il quale chiaramente deve essere presente sul territorio dello Stato ove avviene il danno.
Invero, per quanto riguarda la registrazione, la section 415(a) del Fdca precisa che «any facility engaged in manufacturing, processing, packing, or holding food for consumption in the United States be registered» e suddivide tra i “domestic facility” e i “foreign facility”, questi ultimi registrati da «the owner, operator, or agent in charge of the facility shall submit a registration to the Secretary and shall include with the registration the name of the United States agent for the facility».
Appare rilevante segnalare come la registrazione dell’importatore e dei facility attribuisca una vera e propria funzione esclusiva in capo ai soggetti che la detengono. E in tal senso si evidenziano tre diversi spunti di riflessione (che in questa sede non approfondiremo): una in riferimento alla differenza tra il sistema di allarme rapido europeo, dove non esiste una attività di  selezione preventiva dei soggetti che possono importare alimenti all’interno dei confini comunitari; la seconda in riferimento alla ultraterritorialità delle disposizioni Usa, che vanno ad incidere su stabilimenti situati in altri Paesi (anche se si consideri che, ad esempio, l’Agenzia unica alimentare cinese richiede il preventivo accreditamento dello Stato esportatore); l’ultima, e forse la più rilevante, in riferimento alla natura di tale registrazione, che attribuisce a soggetti privati una funzione di tipo pubblicistico e che quindi ricorda gli organismi di certificazione nel diritto europeo (ai sensi del reg. n. 765/2008).

Considerazioni conclusive

La promulgazione dell’Fmsa ha plurimi significati e conseguenze, anche (e soprattutto) per gli esportatori di alimenti europei verso il mercato statunitense. Vi è stato difatti un avvicinamento delle regole US a quelle europee sui requisiti di sicurezza degli alimenti, sugli obblighi di processo nelle fasi di trasformazione e manipolazione dei prodotti, sull’obbligo di tracciabilità su tutta la filiera, nonché - soprattutto - nella possibilità della amministrazione di intervenire in via preventiva, in caso di “ragionevole probabilità”, per tutelare la salute pubblica. Intervento che è potenzialmente assai esteso, sino a creare una sorta di extra-territorialità dei poteri di controllo e di ispezione della Fda, finalizzati alla verifica preventiva delle condizioni di accesso degli alimenti nel mercato US.
In questo senso, si potrebbe parlare di un principio di precauzione “moderato” che trova riconoscimento nel sistema di food law statunitense. Non vi è un riconoscimento della mera incertezza scientifica per sospendere gli effetti della “Food Facility Registration” o per effettuare il ritiro dei prodotti dal mercato, ma la locuzione utilizzata dal legislatore US, la “reasonable probability” anticipa considerevolmente la tutela sotto il profilo temporale.
Non solo. Prevedendo la section 415 del Fdca (come novellata dal Fsma) che sia il “registrant” a dover fornire le prove del fatto che il prodotto non sia nocivo alla salute dell’uomo per poter annullare gli effetti della sospensione, si ha la analoga questione dell’onere di un prova di un fatto negativo (la probabile mancanza di nocività dell’alimento per la salute dell’uomo) che il combinato disposto degli artt. 14, 17 e 19 del reg. 178/2002 pone in Europa, particolarmente gravosa per l’operatore alimentare trattandosi di un fatto negativo indeterminato nelle sue coordinate spazio-temporali (Bruno, 2003).
Certamente l’introduzione dell’Fsma ha avuto come conseguenza fondamentale di complicare sotto il profilo operativo-procedurale le attività degli importatori, creando ulteriori costi, oltre quelli già esistenti per l’asimmetria regolamentare, in capo alle imprese alimentari. Tuttavia, si potrebbe ritenere l’occasione dell’accordo di libero scambio tra US e UE come una occasione irripetibile di armonizzazione delle regole, con standard comuni – oltre che sanitari – altresì procedimentali.
Un’ultima considerazione. L’Fsma nulla dice in riferimento al riconoscimento dell’origine come canone obbligatorio nella comunicazione al consumatore dell’alimento. Si tratta di un provvedimento legislativo sulla food safety, quindi probabilmente esterno al perimetro del riconoscimento delle indicazioni geografiche. Certo è che il dibattito sul loro riconoscimento è aperto anche tra la dottrina di food law nordamericana (cfr. Roberts e Alsbrock, 2005), il cui insegnamento peraltro si sta diffondendo velocemente in molte delle più autorevoli School of Law, ma - anche considerando la difficoltosa evoluzione della esperienza europea, dove sembrerebbero riemergere barriere intracomunitarie (Costato et al., 2013; Albisinni, 2009) - non sarà facile nel prossimo accordo di libero scambio (Costato et al., 2013; Albisinni, 2009)7 trovare un punto di incontro virtuoso per le imprese alimentari italiane, particolarmente vocate all’export di alimenti di qualità e tradizionali. Ma questa è un’altra storia.

Riferimenti bibliografici

  • Adornato F. (2009), Sicurezza alimentare e Autorità indipendenti, in Agricoltura, Istituzioni, Mercati, n. 3, 2004

  • Adornato F. (2008), L’autorità europea della sicurezza alimentare, in Diritto alimentare, Mercato e Sicurezza, Milano

  • Albisinni F. (2009), Strumentario di diritto alimentare europeo, Torino

  • Albisinni F. (2014), Trasparency, crisis and innovation in EU Food Law, Relazione alla Ucla-Harvard Law School Food Law and Policy Conference October 24-25, 2014

  • Benozzo M. (2002), La disciplina statunitense delle biotecnologie in agricoltura, in Germanò (a cura di), La disciplina giuridica dell’agricoltura biotecnologica, Milano

  • Bruno F. (2003), Commento all’art. 14, in Idaic (a cura), Commentario “La sicurezza alimentare nell’Unione Europea, in Le nuove leggi civ. commentate, 114 e ss.

  • Costato L., Borghi P., Rizzoli S. (2013), Compendio di diritto alimentare, VI edizione, Cedam

  • Germanò A. (2002), Gli aspetti giuridici dell’agricoltura biotecnologica, in Germanò A. (cura), La disciplina giuridica dell’agricoltura biotecnologica, Milano

  • Germanò A. (2008), Il mercato alimentare e la sicurezza dei prodotti, in Riv. dir. agrario, I, 99 e ss

  • Roberts e Alsbrock (2005), United States Food Law Update, in Journal’s Food Law and Policy, 187

  • 1. Si veda in merito Germanò (2002) e Benozzo (2002), nonché la bibliografia e la giurisprudenza citata.
  • 2. Sulla quale si veda Adornato (2009) e Adornato (2008).
  • 3. Interessante in tale contesto come viene attuata, dall’interno e dall’esterno, la “trasparenza” sul flusso di informazioni tra istituzioni, imprese e cittadini. Sul punto si vedano le riflessioni di Albisinni (2014), ancora inedite, che abbiamo potuto leggere per gentile concessione dell’Autore.
  • 4. Il Fdca specifica alla section 341 le modalità con cui devono essere approvati gli standard tecnici per gli alimenti e le eccezioni. La Fda indica come standard di qualità nel food processing le Current Good Manufacturing Practices (Cgpm), disciplinate nel settore alimentare.
  • 5. Sul punto Brew e Roberts, Food Safety at the Crossroads: How Fsma is Changing the Landscape, Managing Outbreaks and Recalls, che abbiamo potuto leggere per cortese gentilezza degli autori.
  • 6. E’ l’art. 14 del reg. 178/2002, sul quale si rimanda a Germanò (2008) e Bruno (2003).
  • 7. Ci riferiamo alla negoziazione in corso sull’Accordo di libero scambio UE-Usa. Transatlantic Trade and Investment Partnership - Ttip.
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