The business of agricultural business services – working with smallholders in Africa

The business of agricultural business services – working with smallholders in Africa
a Università di Perugia, Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali

Questo interessante volume è stato presentato a Berlino durante il IV Workshop internazionale del Global Forum for Rural Advisory Services (Gfras), un think tank basato a Lindau (Svizzera), fondato nel 2009 ad Assisi ai margini del XIX European Seminar on Extension Education, da me organizzato insieme con Anna Vagnozzi dell’Inea e Magdalena Blum della Fao.
Le tematiche affrontate nel libro, interamente focalizzato su casi africani orientati ai piccoli agricoltori, hanno validità internazionale: gli aspetti teorici e metodologici sono infatti riferibili anche alle realtà italiane, pure peraltro portatrici di esperienze interessanti, ma purtroppo scarsamente investigate e comunicate a livello internazionale.
Sempre durante il Workshop di Berlino, sette organizzazioni di consulenza agricola, operanti in diversi Paesi europei, hanno fondato l’EU-Fras (Forum for Farm and Rural Advisory Services - [link]), che ambirebbe ad un coordinamento europeo (in senso largo, includendovi anche Russia, Turchia, Georgia e Armenia) delle agenzie pubbliche, private profit oriented e private non profit oriented (sindacati, associazioni di prodotto e cooperative).
Tornando  al volume, esso affronta il tema sempre attuale della consulenza agli agricoltori e agli altri attori della catena del valore, nel contesto di uno sviluppo sostanzialmente market led, ovvero guidato dal mercato. Infatti, mentre un tempo le agenzie di divulgazione (extension) e di consulenza (advice) erano prevalentemente finanziate dallo Stato e facevano parte integrante della macchina pubblica (direzione generale dentro un ministero, agenzia di sviluppo sotto l’ombrello del ministero o simili), ma spesso con performance a dir poco discutibili, dopo oltre un ventennio di progressivo loro smantellamento, in parte imposto nell’ambito dei vari “aggiustamenti strutturali”, in parte derivante dalla convinzione che il sistema pubblico non fosse riformabile, si osservano adesso due fenomeni contrapposti.
Da un lato, i fautori e propugnatori della chiusura delle agenzie pubbliche, attivi in ambito internazionale (Banca Mondiale, il Dfid inglese, la stessa Fao), si sono resi conto che vi sono aspetti di pubblica utilità, valori di public good che richiedono comunque, e quindi giustificano, il permanere di un finanziamento pubblico (ma l’erogazione del servizio potrebbe anche essere realizzata da una gestione privata). Dall’altro, si è assistito al fiorire ed al diffondersi di un’enorme quantità di esperienze di vario genere, nate dal basso o nell’ambito di progetti comunque molto decentrati, che meritano a questo punto di essere studiati e valutati, per un eventuale "scaling up" del rispettivo modello organizzativo. Il finanziamento e l’erogazione devono essere considerati separatamente. Il tema principale da affrontare resta come e se ridurre progressivamente il ruolo dello Stato, in entrambi i casi, alla luce della sostenibilità economica e sociale di tali decisioni.
Il libro è organizzato in otto capitoli. I primi tre sono di inquadramento teorico, relativi alle tipologie di agenzie e di servizi, nel contesto storico, politico ed economico dei paesi dell’africa sub-sahariana. Successivamente, altri tre capitoli presentano 12 casi da sei paesi Africani (Etiopia, Ghana, Mozambico, Ruanda, Uganda e Zambia) organizzati in tre gruppi affini. Il settimo capitolo presenta un’analisi comparativa dei casi raccolti; l’ottavo, intitolato “verso un modello guidato dai bisogni” (e dunque non dal solo mercato), conclude il lavoro.
Il libro è interessante anche dal punto di vista della sua genesi e elaborazione, poiché è frutto di un rapporto dialettico e interattivo, nato con un workshop ad Addis Abeba nel 2012, in cui si stabilì l’elenco dei casi possibili e furono elaborate le linee guida per la loro elaborazione e narrazione. Gli autori dei casi sono gli stessi protagonisti, supportati e guidati dal team dei curatori del volume.
Nel libro si evidenzia come gli agricoltori e gli altri attori abbiano bisogno di due larghe categorie di servizi: quelli che forniscono beni materiali (credito, sementi, fertilizzanti, stoccaggio, attrezzature, trasporti) e quelli che forniscono beni intangibili (informazione e consulenza tecnica, organizzazione, contatti e informazioni per il mercato). La prima categoria è generalmente appannaggio del settore privato. Alcune volte, questi servizi sono sussidiati dai governi, ma generalmente gli agricoltori pagano per la loro acquisizione. I servizi di business sono invece di tipo immateriale, coinvolgono conoscenze, capacità tecniche e cambiamento di atteggiamenti; essi sono così classificati: (a) servizi orientati alla produzione; (b) servizi orientati alla post produzione, (c) pianificazione e marketing, (d) servizi organizzativi, (e) servizi finanziari, (f) brockeraggio; (g) advocacy. Con quest'ultima parola si indicano quelle attività a difesa di beni collettivi, quali la pressione sul governo per ottenere determinate misure d'appoggio.
Il capitolo 4 è dedicato ai servizi gratuiti, erogati cioè da agenzie i cui costi sono interamente coperti dai governi nazionali o da finanziatori esterni (donor), mentre i fruitori dei servizi non pagano nulla. A riguardo sono presentati cinque casi, di cui si descrive genesi, problematiche e prospettive. Nei casi in parola, l’intervento dei divulgatori si è orientato alla formazione di associazioni o cooperative finalizzate all’acquisizione dei mezzi di produzione, all’aumento delle rese, alla cura della qualità, al miglioramento delle condizioni di vita, anche attraverso forme più moderne di commercializzazione. Il crescere delle disponibilità economiche e lo strutturarsi dei sistemi lasciano sperare che almeno parte dei costi possano essere in un prossimo futuro coperti dal pagamento esplicito dei servizi, oppure che siano incorporati (embedded) nelle transazioni.
Il capitolo 5 è dedicato ai servizi cofinanziati, ovvero servizi in cui una parte dell’investimento iniziale (costruzione dell’ufficio locale) e dei costi di funzionamento è supportato dagli agricoltori beneficiari stessi, sia con contributo in natura (lavoro, materiali) che con pagamento effettivo in denaro. I casi sono provenienti da Etiopia, Ruanda e Ghana. In Etiopia, dove un tempo il modello dominante era basato sul “sistema formazione e visite”promosso dalla Banca Mondiale (una serie programmata di incontri del divulgatore con agricoltori leader in villaggio e riunioni bisettimanali con ricercatori per avere contenuti da trasmettere nelle due settimane seguenti) , il governo punta ora a stabilire ben 15.000 centri di formazione, cogestiti con associazioni locali, e ciascuno con 3-4 agenti tecnici. In Ghana, l’esperienza ruota intorno alla produzione e vendita di cacao e  si concretizza in due centri di consulenza, che coprono il 10% del proprio costo di funzionamento con la vendita di servizi catastali (misurazione dei terreni) e il 20% con la rivendita di fertilizzante. Il caso ruandese tratta infine del sindacato agricolo Imbaraga, che conta oggi circa 100 mila iscritti ed è presente nelle quattro province del paese. I costi di funzionamento sono in parte coperti dalla quota associativa annua, per il 40% dalla commercializzazione associata di mais, grano e fagioli, dalla vendita di attrezzature agricole e per il futuro da un contributo  delle banche erogatrici di credito. Nei tre casi è ancora fortemente evidente il ruolo del governo e dei donors.
Il sesto capitolo include esempi in cui i costi sono totalmente coperti dagli utilizzatori. In Mozambico, i costi della divulgazione, formazione e consulenza agli agricoltori sono incorporati nel prezzo degli input venduti, oppure nel prezzo della cassava acquistata dietro contratto di coltivazione. In Uganda e Etiopia, sono descritte esperienze di società di consulenza che  sfruttano le opportunità del mercato e che quindi operano all’interno della catena del valore.
In sintesi, in questi paesi africani l’attenzione al mercato e all'organizzazione dei sistemi di offerta sta guidando la riorganizzazione dei sistemi di divulgazione e consulenza, ma ciò garantisce ancora una frazione modesta dei costi (d’investimento e di funzionamento). Gli aspetti positivi di questa recente evoluzione sono molteplici: attenzione ai problemi reali, dinamismo, responsabilizzazione e accountability, coinvolgimento delle donne, sviluppo del capitale sociale, collegamento con altri servizi.
D’altro canto, bisogna comunque tener presente che siamo in realtà dove il reddito medio pro-capite è modestissimo e non vi sono margini per il rischio. I sistemi distributivi degli input sono ancora da modernizzare e la qualità dei centri di stoccaggio e dei trasporti lascia molto a desiderare. Il quadro legislativo spesso non è né chiaro né coerente, e gli interventi governativi spesso vanno in senso contrario, E’ qui e nella attenzione alle problematiche ambientali ed ai pubblic goods, anche immateriali, che si ritrovano le giustificazioni a favore dell’intervento pubblico, certamente nel finanziamento, ma forse anche nell’erogazione, di alcuni servizi di consulenza e divulgazione.
Se si riflette ora sulla situazione italiana, caratterizzata da almeno venti approcci diversi (uno per Regione, visto che le competenze in materia sono state delegate da oltre un quarantennio e che l’esperienza nazionale del Reg. 270/1979 si è conclusa da oramai venti anni e che poi le Regioni hanno impiegato le risorse di vari regolamenti, dei Pop, Pom, Leader in maniera oltremodo eterogenea), l’approfondire la conoscenza di come sia possibile raggiungere gli agricoltori e come sia possibile coprire i costi di tali agenzie appare non solo interessante, ma addirittura necessario. Già nei Psr 2007-2013 di molte Regioni italiane erano previste misure per il potenziamento delle agenzie (7 regioni per 26 milioni di euro) e per aumentare l’accesso ai loro servizi (17 regioni per 242 milioni) , ma la finalità era solamente il rispetto della cross compliance. Per la prossima programmazione, la messa a punto di innovazioni di processo e di prodotto, e la loro diffusione, nonché le innovazioni organizzative, sono degli obiettivi chiave molto più importanti che nel passato.

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