L’approccio territoriale alla valutazione della sostenibilità dell’agricoltura biologica: il caso Marche

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L’approccio territoriale alla valutazione della sostenibilità dell’agricoltura biologica: il caso Marche
Istituto Nazionale di Economia Agraria

Introduzione 1

L’agricoltura biologica è considerata come un sistema produttivo con un livello di sostenibilità relativamente elevato, sia a livello delle istituzioni europee – ne è testimone la crescente importanza del settore nell’ambito della Pac –, sia da parte dei consumatori, le cui preferenze si esprimono attraverso un incremento dei consumi dei prodotti biologici. Le prime, in particolare, ne riconoscono principalmente la funzione di salvaguardia ambientale, attribuendo per questo un sostegno finanziario che compensa gli operatori per i minori redditi e i maggiori costi del metodo; i secondi, invece, ne considerano soprattutto la potenziale valenza salutistica (sostenibilità sociale) legata al non utilizzo di concimi e agrofarmaci di sintesi, e sono per questo disposti a sostenerne il prezzo più elevato2. La valutazione della sostenibilità dell’agricoltura biologica – stimata, nel primo caso, percepita, nel secondo – si rende quindi necessaria per dare in primo luogo il giusto valore ai beni pubblici prodotti e non riconosciuti (remunerati) dal mercato. Bisogna inoltre considerare che fattori interni ed esterni possono indirizzare il settore lungo un percorso di sviluppo a minore livello di sostenibilità, come si paventa nel cosiddetto processo di convenzionalizzazione del settore3.
La sostenibilità è tuttavia un concetto complesso. Articolata lungo le tre dimensioni ambientale, sociale, economica, viene misurata all’interno di un sistema di riferimento dove spazio e tempo rappresentano variabili cruciali. La sostenibilità dell’agricoltura biologica può essere in particolare valutata con riferimento al territorio, le cui risorse hanno un ruolo centrale nel determinarne il percorso di sviluppo e sono allo stesso tempo condizionate dalla presenza delle attività economiche stesse. L’insieme delle molteplici risorse materiali e immateriali di un territorio costituisce il suo capitale territoriale che è specifico e distintivo di quel territorio e che reagisce in maniera diversa alle diverse tipologie di investimento in relazione alla loro capacità di utilizzare il capitale territoriale4 stesso (Commissione Europea, 2005). Nel perseguire i propri obiettivi di sviluppo sul territorio lungo le diverse dimensioni della sostenibilità, l’agricoltura biologica dovrà dunque essere in grado di adeguare le proprie strategie al profilo territoriale tenendo conto della sua specificità (capitale territoriale) e contribuendo allo sviluppo dei relativi fattori tangibili e intangibili che dovranno essere utilizzabili anche dalle generazioni future (Misso, 2012).
In questo lavoro il rapporto di sostenibilità tra agricoltura biologica e territorio è valutato attraverso la coerenza tra lo sviluppo di questo settore produttivo e alcuni dei caratteri di sostenibilità del territorio. Grazie all’utilizzo di tecniche di analisi spaziale, la diffusione delle aziende biologiche nella regione Marche è messa in relazione a informazioni di tipo fisico e socio-economico del territorio per comprendere come le caratteristiche di quest’ultimo possono condizionare futuri percorsi di sviluppo del settore. Questa mappatura del territorio può infatti fornire indicazioni per una corretta implementazione di politiche e strumenti a favore del settore che siano specifici e mirati ad amplificare i benefici per l’ambiente e per le comunità che vivono in quel territorio attraverso un’espansione di metodi produttivi a basso impatto, quale l’agricoltura biologica.

Una metodologia per l’analisi spaziale della sostenibilità

Lo spazio e il tempo rappresentano delle variabili cruciali ai fini della definizione concettuale della sostenibilità e della sua misurazione: l’individuazione dei limiti territoriali e del periodo di riferimento costituisce il primo passo per lo studio della sostenibilità di sistemi produttivi. In particolare, la scelta di una scala geografica fornisce il contesto territoriale rispetto al quale misurare gli indicatori di sostenibilità dell’attività agricola che, insieme alle altre attività economiche ad essa collegate, insiste su quel territorio utilizzandone le risorse ambientali e umane, istituzionali e di mercato, sociali e culturali.
Il territorio diventa quindi il denominatore comune per misurare caratteri e fenomeni biofisici e socioeconomici, e trarre così le informazioni quantitative e qualitative capaci di rappresentare il livello e il gradiente della sostenibilità di un settore produttivo quale l’agricoltura biologica.
L’analisi territoriale di fenomeni complessi, come quelli associati al concetto di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, rappresenta un approccio metodologico efficace non solo per la produzione di conoscenza ma ha innegabili risvolti operativi come ad esempio nel campo della pianificazione e valutazione delle politiche di intervento pubblico. Sono numerosi in letteratura5 i tentativi di rappresentare questa complessità su uno spazio geografico, utilizzando le tecnologie informatiche, ed è evidente come esistano diversi ostacoli e vincoli che impongono necessariamente una semplificazione delle metodologie. Primo fra tutti la carente disponibilità di informazioni localizzate sul territorio; ma un altro grosso ostacolo è dato dalla multidisciplinarietà ed eterogeneità dei fenomeni da studiare.
In questo lavoro si è scelto di adottare un approccio per così dire intermedio, tra il dettaglio “micro”, tipico delle analisi fisico-ambientali, e quello “macro”, tipico di quelle socio- economiche.
La metodologia adottata ha preso avvio dall’individuazione di indicatori in grado di rappresentare la sostenibilità delle attività agricole praticate sul territorio, consultando fonti di dati già disponibili e tenendo conto sia degli aspetti ambientali che di quelli socio-economici.
Gli indicatori selezionati sono stati successivamente ricondotti a livello geografico, o ‘georeferenziati’. E’, questa, una delle operazioni più problematiche nello sviluppo di analisi spaziali comparate a causa delle differenze informative degli indicatori. I dati socio-economici in particolare sono difficilmente georeferenziabili poiché derivano da indagini solitamente condotte a livello di unità amministrative (regioni, province, comuni). Viceversa, i dati fisici e biofisici di un territorio sono disponibili con un dettaglio spaziale elevato, ma attenuano la loro capacità informativa all’aumentare della scala geografica di riferimento (minore è il dettaglio territoriale, meno significativa è l’informazione). Per associare le due tipologie di dati al fine di produrre cartografie utili all’analisi territoriale, è quindi necessario individuare un livello geografico intermedio che comporti la diminuzione del dettaglio informativo per i dati biofisici (upscaling) e, viceversa, un suo incremento per i dati socio-economici (downscaling).
Gli indicatori scelti relativi all’agricoltura biologica marchigiana (numero di aziende e superfici) hanno costituito le variabili dipendenti dell’analisi. Tra le variabili indipendenti sono state considerate le caratteristiche fisiche del territorio (morfologia), integrate da informazioni di carattere ambientale (pedoclimatiche, rischio da inquinamento o idrogeologico, ecc.); inoltre sono stati georeferenziati dati socio-economici di contesto (popolazione, imprese e reddito) e di settore (produzione, occupazione, contributi pubblici, sbocchi commerciali).
Utilizzando una strumentazione informatica Gis6, le informazioni selezionate sono state ricondotte all’interno di una griglia di riferimento7 che ha costituito la matrice di dati sulla quale sono stati applicati i metodi di analisi spaziale. Attraverso questa strumentazione è stato possibile sovrapporre e comparare i dati biofisici con quelli socio-economici (Huby et al., 2007), identificando le aree in cui lo sviluppo dell’agricoltura biologica è stato più coerente con le caratteristiche del territorio.
La figura 1 sintetizza queste prime fasi del processo elaborativo prendendo come esempio la relazione tra numero di aziende biologiche e pagamenti agroambientali.

Figura 1 - Analisi comparata tra diffusione del biologico e dei premi agroambientali


Fonte: nostra elaborazione su dati Assam e Regione Marche

La terza carta tematica8 evidenzia le aree dove la presenza del biologico segue l’intensità del sostegno (celle verdi), aree contrapposte a quelle dove lo sviluppo non è legato direttamente al contributo agro ambientale (celle rosse). Il risultato di questa analisi comparata è stato ottenuto raffrontando, per ogni cella della griglia di riferimento, la densità per km2 delle aziende biologiche con quella ad ettaro dei premi agro-ambientali. Date le differenti misurazioni dei fenomeni non sono stati utilizzati direttamente i valori assoluti ma le classi di frequenza distinte in quartili. Ad esempio, se in una cella la densità delle aziende biologiche rientra nell’ultimo quartile (alta densità) mentre quella dei premi agro ambientali nel primo quartile (bassa densità), la relazione tra i due fenomeni viene classificata come “inversa positiva” (celle rosse) in quanto ad una elevata presenza del biologico non corrisponde un elevato livello del premio.
Questo tipo di analisi comparativa, a coppie di indicatori, è stata condotta su numerose variabili ed è servita ad esplorare i legami tra agricoltura biologica e territorio, per poi individuare un insieme circoscritto di dati sui quali è stata applicata una metodologia di riclassificazione e ranking.
Con questo ultimo passaggio metodologico si è voluto riprendere la definizione di sostenibilità ambientale, sociale ed economica associandola ad alcuni indicatori territoriali per costruire successivamente una cartografia di sintesi. L’intento è stato quello di valutare il livello relativo della sostenibilità del territorio attraverso una metodologia di classificazione basata sulla ponderazione di alcuni indicatori elaborati per la griglia di riferimento.
La metodologia è stata costruita partendo da due contesti generali, ambiente fisico e artificiale (socio-economico), per poi distinguere gli aspetti generali da quelli più specificamente agricoli. Sono stati quindi individuati sei tematismi, ognuno associato ad un piccolo gruppo di indicatori:

  • pregio ambientale (Pam)
  • suscettibilità/vulnerabilità ambientale (Sva)
  • pregio agricolo (Pag)
  • pressione agricola (Pra)
  • pressione socio-economica complessiva (Sec)
  • pressione socio-economica agricola (Sea)

Con il primo gruppo di indicatori (Pam) si è voluto misurare la qualità dell’ambiente naturale in termini di presenza di aree con spiccati caratteri di naturalità e biodiversità, con il secondo (Sva), invece, le minacce all’ambiente derivanti da inquinamento (nitrati) e dissesto (frane ed erosione). I due successivi gruppi di indicatori (Pag e Pra) si riferiscono all’agricoltura ed in particolare alla qualità dei suoli nonché alle pressioni esercitate dalle attività agricole sotto forma di tipologie gestionali dei terreni e di carico zootecnico. Infine le ultime due componenti (Sec e Sea) sono state associate ad informazioni di carattere socio-economico: la prima riguarda il contesto generale (popolazione e imprese), il secondo il settore agricolo (strutture e produzioni).
Il risultato finale è raffigurato dalla carta tematica riportata nella figura 2, in cui il territorio è stato riclassificato associando il grado di sostenibilità alla presenza delle aziende biologiche.

Figura 2 - Cartografia di sintesi


Fonte: nostra elaborazione

Una lettura di sintesi della rappresentazione cartografica evidenzia come nella fascia montana le aree a maggiore criticità (minore sostenibilità globale, celle gialle) siano distribuite lungo tutta la dorsale appenninica. In particolare, nell’alto Pesarese la compresenza di aree collinari a basso livello di sostenibilità (celle rosse) fa ritenere che in quel contesto la minore presenza di agricoltura biologica sia il segnale di una inadeguata attenzione alla gestione sostenibile di un territorio particolarmente fragile.
Nella restante parte della regione le criticità appaiono concentrarsi maggiormente a cavallo tra le province di Ancona e Macerata, cuore cerealicolo della regione. In questi contesti il biologico trova ostacoli nel diffondersi anche a causa della compresenza di attività industriali che consentono lo sviluppo di attività agricole a bassa intensità di lavoro, favorite dalla presenza di alternative occupazionali.
La metodologia di classificazione adottata offre una visione comparata e relativa della sostenibilità territoriale, per cui non è possibile affermare che alcune aree sono in assoluto sostenibili ma solo che lo sono maggiormente rispetto alle altre. Le chiavi di lettura dei risultati delle analisi svolte possono essere molteplici. Sul piano dell’azione pubblica e in particolare degli interventi volti a potenziare o razionalizzare la diffusione del biologico ai fini di un uso sostenibile del territorio, si possono delineare i seguenti macrocontesti:

  • nelle aree dove lo sviluppo dell’agricoltura biologica è coerente con il livello di sostenibilità del territorio (entrambi elevati), l’intervento pubblico verso le imprese potrà avere carattere di mantenimento. In questi casi la gestione delle risorse finanziare potrà essere più razionale, potendo orientare le risorse verso obiettivi specifici (mercato/ambiente/società);
  • nelle aree con bassi livelli di sostenibilità ma con una significativa presenza di aziende biologiche, occorre invece sostenere azioni di sistema volte a migliorare il contesto territoriale, coinvolgendo il sistema produttivo biologico che può favorire e potenziare questi interventi;
  • le aree con un buon livello di sostenibilità associate a minore presenza del biologico non presentano particolari esigenze di azione pubblica diretta a migliorare le condizioni del territorio. Si tratta tuttavia di aree dove un’ulteriore espansione dell’agricoltura biologica è più agevole poiché più compatibile con le loro caratteristiche;
  • viceversa, se la minore densità di aziende bio è localizzata in contesti a bassa sostenibilità, l’intervento pubblico dovrebbe agire sui due fronti, impresa e territorio, per cercare di incentivare le attività agricole sostenibili e contemporaneamente realizzare azioni che mitighino i fattori negativi (es. erosione).

Considerazioni conclusive

L’analisi del territorio attraverso la rappresentazione cartografica delle sue caratteristiche e dei fenomeni che definiscono l’ambito di studio è un efficace strumento di ricerca, in particolare nel campo delle scienze sociali, come l’economia, dove spesso l’informazione si riferisce a un ampio spazio geografico, convenzionalmente considerato uniforme al suo interno. In realtà, le attività economiche si sviluppano sul territorio in maniera eterogenea, seguendo schemi che un’adeguata analisi spaziale è in grado di mettere in evidenza, tenendo conto dei vincoli naturali e della dotazione di risorse ambientali - ma anche artificiali - che influenzano l’attività antropica e ne determinano la diffusione.
Esaminando la distribuzione spaziale di alcune delle componenti biofisiche e socio-economiche del capitale territoriale, è stato possibile valutare come queste determinino un diverso livello di sostenibilità ambientale, sociale ed economica, e come queste aree si rapportino alla diffusione dell’agricoltura biologica, mostrando tra l’altro le situazioni di criticità che le attività biologiche possono contribuire a contrastare.
Questa lettura del territorio può essere utilizzata dai decisori politici per razionalizzare e indirizzare in maniera più appropriata gli interventi, ad esempio in campo agro-ambientale, sostenendo maggiormente quelle aree dove si ritiene che il biologico possa apportare maggiori benefici, e mantenendo un adeguato livello di aiuti nelle altre aree; modulando in definitiva il sostegno in funzione dell’impatto atteso dai beni pubblici prodotti dalle aziende biologiche.
Ulteriori applicazioni per il settore biologico possono riguardare la delimitazione di distretti, l’individuazione di filiere, di bacini commerciali o di approvvigionamento, il calcolo della sostenibilità del trasporto merci o l’accesso ai servizi per le imprese (es. stoccaggio). Uno sviluppo auspicabile della metodologia riguarda il consolidamento e la standardizzazione degli indicatori per l’analisi della sostenibilità territoriale, individuandone ad esempio alcuni valori di riferimento a livello nazionale e internazionale9 e ripetendo a distanza di tempo (5-10 anni) l’elaborazione cartografica per valutare i fenomeni evolutivi.

Riferimenti bibliografici

  • Boccaletti S. (2010), Il consumo di alimenti biologici in dieci paesi Ocse, Agriregionieuropa, Anno 6, n. 23, dicembre 2010

  • Commissione europea (2005), Territorial state and perspectives of the European Union, Scoping document and summary of political messages, [pdf]

  • Darnhofer I. (2006,) Organic farming between professionalization and conventionalisation - The need for a more discerning view of farmer practices, www.orgprints.org

  • Darnhofer I., Lindenthal T., Bartel-Kratochvil R., Zollitsch W. (2010), Conventionalisation of organic farming practices: from structural criteria towards an assessment based on organic principles, A review, Agron. Sustain. Dev. 30(2010) 67-81

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  • Huby M., Owen A., Cinderby S. (2007), Reconciling socio-economic and environmental data in a GIS context: An example from rural England, Elsevier Applied Geography 27

  • Lugeri N., Amadei M., Bagnaia R., Dragan M., Fernetti M., Laureti L., Lavieri D., et al. (1995). Environmental quality and territorial vulnerability assessment through the GIS of Landscape Units of Italy : the experience of the Map of Nature. Interfaces, 1994–1995, Esri International User Conference

  • Milego R., Ramos M.J. (2011), Disaggregation of socioeconomic data into a regular grid and combination with other types of data, European Union, Espon 2013 DB project

  • Misso R. (2012) I sentieri della sostenibilità territoriale, in: Z. Andreopoulou, G.P. Cesaretti, R. Misso (a cura), Sostenibilità dello sviluppo e dimensione territoriale, F. Angeli ed., 2012

  • Oecd (2001), Oecd Territorial Outlook, Paris

  • Santucci F., Callieris R., Pinton R. (2011), I consumatori bio clienti di negozi specializzati, Agriregionieuropa, anno 7, n. 27, dicembre 2011

  • Tammilehto-Luode M., Backer L. (1998), Gis and Grid Squares in the Use of Register-based Socio-economic Data, Bulletin of the International Statistical Institute, Finland

  • Walley K., Custance P., Orton G., Parsons S., Lindgreen A., Hingley M. (2009), Longitudinal attitude surveys in consumer research: a case study from the agrifood sector, Qual. Market Res. Int. J. 12, 260–278

  • 1. Questo articolo rappresenta una sintesi dell’omonimo lavoro degli autori contenuto in: C. Abitabile e A. Arzeni (a cura), Misurare la sostenibilità dell’agricoltura biologica, Studi & Ricerche Inea, in corso di pubblicazione. Il volume presenta i risultati di uno studio realizzato con il supporto finanziario del Mipaaf nell’ambito del Piano di Azione Nazionale per l’agricoltura biologica.
  • 2. I risultati di diverse indagini convergono sulla motivazione prevalentemente salutistica, tra cui Boccaletti (2010), Santucci et al. (2011), Walley et al. (2009).
  • 3. Il dibattito sulla convenzionalizzazione dell’agricoltura biologica è ampio; tra gli altri, si veda Darnhofer, 2006; Darnhofer et al., 2010.
  • 4. Concetto utilizzato dall’Oecd ai fini delle politiche territoriali (Oecd, 2001).
  • 5. Si vedano in particolare i riferimenti bibliografici di Darnhofer et al. (2010), Fais et al. (2005, Huby et al. (2007), Lugeri et al. (1995), Milego et al. (2011), Tammilehto-Luode et al. (1998).
  • 6. Gis (Geographical Information System) è la sigla che identifica i programmi capaci di gestire ed elaborare le informazioni geografiche.
  • 7. Costituita da celle quadrate di 3 km di lato.
  • 8. Per informazioni di dettaglio sulla metodologia utilizzata si veda il testo integrale pubblicato nel volume citato (cfr. nota 1).
  • 9. A livello internazionale si può far riferimento ad esempio agli indicatori di carattere ambientale individuati dall’Ocse insieme a Eurostat e Fao [link]
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