L’agricoltura che cambia: il sesto Censimento tra passato e futuro

L’agricoltura che cambia: il sesto Censimento tra passato e futuro
a Istituto Nazionale di Economia Agraria (INEA), Marche
b Università di Verona, Dipartimento di Economie, Società e Istituzioni

Un quadro complessivo in profondo mutamento

La crisi economica colpisce anche il settore agricolo; l’aumentata integrazione dell’agricoltura nel complessivo sistema economico determina una sempre maggiore sensibilità verso fattori esterni al settore tradizionalmente inteso.
Anche l’agricoltura italiana, come alcune recenti analisi dimostrano (Romano, 2012), soffre di questa congiuntura negativa, pur se in maniera non omogenea in rapporto a: dimensioni aziendali, filiera di appartenenza, diversificazione delle attività, differenziazione produttiva e integrazione con il territorio.
In questa non facile situazione, l’agricoltura italiana ha oggi davanti a sè scenari di forti mutamenti, per lo più esogeni al contesto nazionale, e di grandi sfide per rispondere in maniera adeguata ai cambiamenti in atto.
Tra le risposte che l’agricoltura italiana dovrà essere in grado di dare, ci sarà soprattutto quella di rafforzare la competitività delle imprese, agendo sia all’interno sia all’esterno del settore, favorendo interventi di ricomposizione fondiaria, il ricambio generazionale, le attività di R&D ai fini di sostenere la effettiva introduzione delle innovazioni da parte delle aziende, la diversificazione produttiva, la multifunzionalità, l’organizzazione e la regolazione dei mercati. Queste sfide andranno vinte soprattutto a livello territoriale, tenendo conto delle profonde diversità che contraddistinguono l’agricoltura italiana.
L’eccessiva frammentazione aziendale impedisce di accedere alle economie di scala, con ripercussioni sui costi del lavoro e del capitale. Intimamente collegata alla frammentazione è la questione della ricomposizione fondiaria per la quale c’è stata fino ad ora una forte carenza di iniziative.
L’invecchiamento dei conduttori pone numerosi problemi per il futuro dell’agricoltura italiana, anche per le minori capacità di adattamento delle aziende di vecchi e anziani rispetto ai cambiamenti in atto.
La diversificazione dei ricavi consente alle aziende agricole di allentare gli effetti negativi della crisi, soprattutto nei settori più colpiti dalla diminuzione dei prezzi. Studi recenti (De Filippis Romano, 2010) indicano come le imprese con attività annesse (agrituristiche, di trasformazione dei prodotti aziendali, con produzioni certificate) risentono in misura minore degli effetti della crisi rispetto ad imprese con produzioni indifferenziate.
Sempre nella direzione della diversificazione delle attività aziendali, della produzione quindi di redditi aggiuntivi, vi sono le possibilità offerte dalla multifunzionalità, in risposta alla nuova domanda di beni e servizi espressa dalla società al settore primario, attraverso una ricollocazione dei fattori produttivi dalla produzione agricola in senso stretto verso funzioni ambientali, sociali, ecc. (Henke e Salvioni, 2010).
Infine, la regolazione dei mercati comprende quell’ampio spettro di azioni volte a migliorare le condizioni reddituali degli agricoltori, valorizzare le produzioni agricole e rendere più efficiente il mercato che investe le organizzazioni economiche, le interprofessioni e gli accordi di filiera, la politica della concorrenza e la gestione dei rischi di mercato.
Quali indicazioni fornisce il 6° Censimento Generale dell’Agricoltura rispetto al percorso intrapreso dall’agricoltura italiana e alle sfide che ha di fronte?

Ciò che il Censimento dice

Il Censimento dell’agricoltura rappresenta un fondamentale strumento per descrivere le tappe del lungo e continuo processo di trasformazione delle strutture produttive agricole italiane, evidenziando le forti differenze territoriali con cui questo processo è avvenuto e sta ancora avvenendo. Probabilmente queste trasformazioni, così differenziate, sono anche da porre in relazione ai singoli contesti economici di riferimento: Nord-Sud, montagna-collina-pianura, ecc. In estrema sintesi, attraverso il Censimento è possibile leggere quali nuovi modelli organizzativi appaiono all’orizzonte per l’agricoltura italiana; per citarne alcuni: i cambiamenti delle filiere agroalimentari, i mutamenti della politica agricola, il sempre più stretto legame tra agricoltura e territorio, la multifunzionalità.
Oggi l’agricoltura italiana si presenta come un universo molto variegato, in cui coesistono differenti modi di fare agricoltura; dalle aziende che producono per l’autoconsumo, a quelle che possiedono stretti rapporti con il mercato, alle aziende dedite alle produzioni certificate e di qualità o che diversificano la propria attività anche al di fuori della produzione dei beni e prodotti agricoli tradizionali. Il Censimento contiene tutto questo e il compito del ricercatore è di discriminare le componenti attraverso una lettura selettiva dell’ampia base informativa.
Una delle principali difficoltà interpretative dei risultati censuari è quella di riuscire a evidenziare i fenomeni evolutivi, isolandoli da un contesto composto da centinaia di migliaia di aziende che non solo hanno caratteristiche fortemente differenziate, ma che sono condotte da soggetti che possiedono obiettivi diversi e non sempre riconducibili alle finalità di una impresa economica.
In questo numero tematico di Agriregionieuropa, dedicato al Censimento, si è cercato di porre al centro dell’analisi l’azienda agricola con i suoi diversi connotati: le sue caratteristiche strutturali e sociali, la produzione di beni e servizi, la sua dimensione e collocazione geografica-territoriale. Il quadro che emerge è quello di un settore che continua a ridimensionarsi nel numero di soggetti, ma che sempre più si diversifica nelle modalità e nelle forme: questa evoluzione rende più sfumato il confine tra agricoltura ed altri settori economici, tra risorse agricole e risorse territoriali.
La prima generale costatazione è il rallentamento, rispetto al passato, del processo di restringimento della superficie agricola sia totale (Sat) sia della Sau utilizzata. Diventa invece più consistente, dal 2000 ad oggi, il divario tra la diminuzione della Sat: -9%, e della Sau: -2,5%, che potrebbe segnalare un sottostante processo di ricomposizione fondiaria in cui i terreni trasferiti alle aziende che continuano l’attività da quelle che la cessano, comprendono solo le superfici direttamente produttive (Vanni in questo numero di Agriregionieuropa).
Il dato senza dubbio più rilevante che emerge dal 6° Censimento dell’agricoltura italiana è la forte riduzione del numero di aziende rispetto al 2000. La contrazione è stata di circa un terzo e si è concentrata nelle aziende di minore dimensione, con differenti andamenti a livello territoriale. Di conseguenza la Sau media aziendale nazionale è cresciuta considerevolmente, raggiungendo circa gli 8 ettari, ma con forti differenze regionali che oscillano dai circa 15 ettari del Nord Ovest ai 5 ettari del Sud, isole escluse (Fanfani e Spinelli in questo numero).
La riduzione del numero delle aziende è stata difforme anche tra zone altimetriche. In montagna la contrazione sfiora il 40%, contro 33% della collina e 25% della pianura. In montagna, inoltre, la riduzione del numero di aziende è stata accompagnata da una riduzione della superficie totale relativamente forte di circa il 20%, rendendo evidenti i problemi di gestione del territorio di queste aree, per l’abbandono dell’attività agricola.
Come detto, la riduzione delle aziende ha interessato in maniera consistente le aziende di minori dimensioni, fino a 20 ettari di Sau, con il dimezzamento del numero di aziende con meno di un ettaro di Sau. Sopra i 20 ettari di Sau, le aziende sono aumentate, e ora incidono per circa i 2/3 del totale della Sau, determinando un notevole dualismo nelle strutture produttive dell’agricoltura italiana. Da un lato, l’85% circa delle aziende ha meno di 10 ettari e meno del 25% della Sau complessiva; dall’altro, il solo 8% delle aziende con oltre 20 ettari occupa circa i 2/3 della Sau totale.
In sintesi, l’aumento delle dimensioni medie aziendali è un segnale positivo in termini di aumento dell’efficienza tecnico-economica, ma il processo si manifesta con intensità e velocità diverse sul territorio nazionale e in alcuni territori appare meno accentuato (Perosino e Stefani in questo numero). Utilizzando la classificazione tipologica delle aziende agricole sarà interessante separare quelle che hanno un marcato orientamento al mercato dalle altre più rivolte all’autoconsumo o con finalità accessorie per valutare se c’è stata una crescita della componente più professionale e competitiva. Il tema delle aziende e delle “non-imprese”, analizzato in passato in Agriregionieuropa (Sotte, 2006), può offrire un valido supporto informativo per una maggiore selettività delle politiche settoriali e in particolare di quelle per lo sviluppo rurale.
Il Censimento del 2010 pone in risalto un altro importante fenomeno, quello della continua espansione delle terre in affitto, che concorre a tracciare il percorso di trasformazione e di ammodernamento delle strutture produttive dell’agricoltura italiana. Anche se le aziende con terreni unicamente in affitto interessano solo circa l’8% della Sau totale, le aziende con terreni in proprietà e affitto arrivano a coprire circa il 25% della Sau totale, raggiungendo una dimensione media che è oltre il doppio di quella media nazionale. Se poi si considerano anche i terreni in uso gratuito, la Sau delle aziende con terreni in proprietà, affitto e uso gratuito sale al 45%.
Per quanto riguarda le forme di conduzione va segnalata la progressiva perdita di importanza delle aziende condotte con salariati, che oggi interessano poco meno del 12% della Sau totale, contro l’83% della eterogenea forma di conduzione diretta del coltivatore.
Il maggiore ricorso all’affitto e la minore incidenza della manodopera dipendente possono essere anche letti come espressione della volontà da parte degli agricoltori di mantenere un elevato grado di flessibilità gestionale in un contesto economico che suggerisce comportamenti prudenziali per contenere i rischi connessi alla variabilità dei prezzi dei prodotti e dei fattori.
Questa breve rassegna delle principali indicazioni che emergono da una prima lettura del 6° Censimento dell’agricoltura italiana sottolinea, per certi aspetti, una netta rottura rispetto ad alcuni trend che si erano verificati in passato, in primis l’accelerazione del processo di allargamento della superficie media delle aziende. Nello stesso tempo pone in risalto come questi processi siano fortemente differenziati non solo a livello territoriale, ma anche considerando pianura, collina e montagna. Queste differenze territoriali comprendono anche altri aspetti che qui non vengono analizzati, ma che potranno meglio emergere dalla lettura dei contributi raccolti in questo numero di Agriregionieuropa, quali la diversificazione delle attività produttive (Henke e Povellato), la presenza di produzioni certificate (Belletti e Marescotti), la presenza di giovani e la composizione del capitale umano (Cagliero Novelli e Vagnozzi Giarè), le dinamiche degli allevamenti bovini (Boccaletti e Moro).
Queste analisi forniscono un’ampia panoramica dei principali risultati censuari, ma ovviamente non esauriscono tutte le potenzialità informative offerte dal Censimento. Come segnalato nei contributi interni all’Istat (Greco e Giordano Moretti ), il piano di pubblicazione dei dati censuari, alla data di stesura degli articoli di questo numero tematico, non si era ancora completato.
Il quadro completo dei dati censuari consentirà di raggiungere un dettaglio di analisi molto elevato sia per la varietà delle informazioni rilevate, sia per la flessibilità e capacità degli strumenti messi a disposizione dall’Istat. Il lavoro di ricerca è quindi solo agli inizi, considerando anche le nuove possibilità offerte agli studiosi di accedere alle informazioni elementari.

Ciò che il Censimento (ma non da solo) potrebbe dire

Per quanto il nuovo Censimento rappresenti una vasta fonte informativa, ancora in buona parte inesplorata, occorre comunque considerare che non è in grado di rispondere, se non integrato ad altre informazioni, ai diversi fabbisogni conoscitivi nel campo della ricerca economico-agraria. Il Censimento è strumento di rilevazione delle strutture agricole con una sua precisa delimitazione metodologica del campo di osservazione.
Alcuni fenomeni come quelli legati all’evoluzione dei mercati e dei prezzi, alla formazione del reddito, all’impatto delle politiche richiedono un quadro informativo che solo parzialmente può essere soddisfatto dal Censimento. È quindi auspicabile una sua integrazione con altre fonti statistiche e amministrative.
Un tema di notevole attualità e interesse è quello della volatilità dei prezzi e dei conseguenti rischi di aggravamento di situazioni di crisi già in atto o latenti. Se fosse possibile incrociare informazioni da diverse fonti, si potrebbero far emergere le aree più sensibili e identificare le possibili soluzioni per un’adeguata gestione e mitigazione delle situazioni di crisi, come previsto nelle misure di intervento del nuovo periodo di programmazione comunitaria.
Il collegamento tra diversi archivi aziendali sulla base del Codice unico dell’azienda agricola (Cuaa), che identifica ogni impresa nei rapporti con la Pubblica Amministrazione, consente di associare i dati strutturali del Censimento a quelli organizzati da Agea sugli aiuti, ai bilanci camerali gestiti da Infocamere, o alle aziende contabilizzate nella rete Rica-Inea. Si potrebbero quindi individuare non solo le debolezze strutturali, ma anche quelle economiche e valutare se le politiche in atto sono in grado di affrontare la congiuntura negativa.
Altro ambito di analisi di estremo interesse è quello della valutazione delle politiche comunitarie e in particolare il loro impatto economico, sociale e ambientale. L’Istat ha georeferenziato le unità rilevate, per cui è possibile correlare la diffusione territoriale delle aziende con gli aiuti pubblici di cui sono beneficiarie (Agea), con le caratteristiche della popolazione dei territori in cui sono localizzate (Censimento popolazione) e con gli aspetti morfologici, pedologici e climatici (es. portale cartografico nazionale – Pcn). Le tecnologie informatiche consentono di farlo, gli strumenti e i metodi di analisi ci sono, manca ancora una base informativa comune.
Il Censimento agricolo ha utilizzato diverse fonti amministrative per l’identificazione delle aziende da rilevare e per la verifica delle informazioni raccolte. Questo stesso approccio potrebbe essere esteso a diverse altre fonti, ampliando l’offerta informativa e diminuendo la molestia statistica che grava sugli agricoltori.
Come noto, non si tratta soltanto di un problema tecnico (e metodologico) ma organizzativo, in quanto i diversi fornitori di dati dovrebbero accordarsi per definire una piattaforma comune per lo scambio delle informazioni nel rispetto dei vincoli di trattamento dei dati sensibili. L’Istat sta mettendo a disposizione molti interessanti strumenti per la ricerca, come il laboratorio Adele, ed ha recepito l’importanza dello scambio di informazioni statistiche adottando un protocollo internazionale (Sdmx) che consente di incrociare coerentemente dati provenienti da diverse fonti.
Questo scenario in Italia, in particolare in ambito agricolo, non appare ancora ben definito e il Censimento potrebbe essere l’occasione per la comunità scientifica di spingere in tale direzione, aprendo spazi per la ricerca applicata e teorica impensabili fino a pochi anni fa.

Riferimenti bibliografici

  • Henke R., Salvioni C. (2010), Diffusione, struttura e redditività delle aziende multifunzionali, Agriregionieuropa n.20

  • De Filippis F., Romano D. (2010), Crisi economica e agricoltura, Quaderni del Gruppo 2013, Edizioni Tellus, Roma

  • Romano D. (2012), Il settore agroalimentare e la crisi, in De Filippis F. (ed), Crisi economica e manovra di stabilizzazione. Quali effetti per l’agroalimentare?, Quaderni del Gruppo 2013, Edizioni Tellus, Roma

  • Sotte F. (2006), Quante sono le imprese agricole in Italia?, Agriregionieuropa n.5

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