Politiche di adattamento dell'agricoltura al cambiamento climatico

p. 76
Politiche di adattamento dell'agricoltura al cambiamento climatico
a Università della Tuscia, Dipartimento di scienze e tecnologie per l’Agricoltura, le Foreste, la Natura e l’Energia

Introduzione1

Negli ultimi anni il MiPAAF ha finanziato vari progetti di ricerca sui rapporti tra Cambiamenti Climatici (CC) e agricoltura. Il primo è stato nel 2000 Climagri che utilizzava dati agrometeorologi per individuare gli elementi di maggiore vulnerabilità dell’agricoltura. Climagri ha evidenziato il trend di aumento della temperatura dell’aria (1°C per secolo per tutte le regioni climatiche individuate e pressoché per tutte le stagioni), la tendenza alla riduzione delle piogge (5% per secolo, con – 9% per secolo in primavera) con il loro aumento d’intensità.
Nel 2008 il MIPAAF ha finanziato il progetto Agroscenari sull’adattamento dell’agricoltura ai CC, ossia sulla sua capacità di evitare i danni economici o, anche, sfruttare i benefici delle nuove condizioni climatiche (Vento, 2011). Agroscenari è multidisciplinare e riguarda i principali sistemi agricoli italiani, che studia in varie zone rappresentative2. La sua novità per l’Italia è di usare una tecnica di downscaling che definisce gli scenari climatici futuri a un livello regionale (Wilby et al., 2004). Inoltre, accanto all’orizzonte a medio temine 2020 – 2050, si valuta il cambiamento nel brevissimo termine dei prossimi 5 anni. Il progetto coinvolge gli stakeholder agricoli a tutti i livelli della filiera produttiva e della formazione della politica, per favorirne la conoscenza sui problemi del CC e stimolarne comportamenti consapevoli e responsabili.
In questo percorso la definizione di una politica di adattamento dell’agricoltura ai CC è una sfida scientifica di rilievo, che deve commensurare la dimensione climatologica della ricerca con quella economica e politica.

La diversa prospettiva della ricerca politico-economica e climatologica e tecnica

Queste due dimensioni si sviluppano in orizzonti temporali completamente diversi.
La dimensione climatologica ha un orizzonte di lungo periodo, che guarda al 2030–2050 per costruire proiezioni climatiche basate su solidi fondamenti scientifici (Harris et al., 2010). Questo accade perché non si deve rappresentare la normale variabilità meteorologica come un fenomeno di CC. In particolare, l’uso di trentenni futuri lontani (e secondo i climatologi il 2020–2050 è un near future) dipende da 2 fattori principali. Da una parte il segnale di CC è più marcato; dall’altra, è più compatto, cioè la variabilità inter-annuale è minore. Così vi sono meno dubbi sul comportamento del sistema e il quadro è più comprensibile per gli utilizzatori dello scenario, in particolare per i politici che definiscono le strategie di adattamento. L’adozione di orizzonti temporali come questi non pone problemi di rilievo alla ricerca sui temi agronomici, delle patologie, della difesa fitosanitaria, dell’irrigazione, della scelta varietale e della zootecnia (Moriondo, Bindi 2006). Problemi emergono, invece, per gli studi economici e politici che hanno un orizzonte di breve periodo per la caducità degli equilibri economici e delle politiche che li accompagnano.
La caducità degli equilibri economici comporta che nell’orizzonte futuro degli studi sul CC non esisteranno più le strutture aziendali, le tecnologie e gli equilibri di mercato dei modelli economici. Vi saranno altre tipologie che avranno sperimentato strategie e processi d’adattamento, innovando tecnologie e sistemi. Così, simulare l’effetto dei CC sulle tipologie correnti può addirittura fornire indicazioni distorte sulle misure da applicare per l’adattamento.
Questa però è la parte meno rilevante del problema. La ricerca ha sviluppato un modo accettabile di interpretare le indicazioni dei modelli economici, considerando i risultati delle simulazioni sugli scenari climatici futuri come segnali delle frizioni cui saranno progressivamente sottoposti i vari sistemi. Dunque, non un assetto di equilibrio ma una tendenza che rivela le tipologie di impresa e le filiere più esposte.
Con quest’approccio Agroscenari mostra che la modifica dei regimi pluviometrici può avere effetti economici di rilievo per varie tipologie di aziende bovine da latte nella produzione di foraggi con l’uso intensivo dell’acqua (Dono et al., 2011). Altri effetti emergono per il maggiore attingimento alle falde freatiche dovuto all’instabilità dei regimi pluviometrici e dell’accumulo idrico nei piccoli bacini (Dono, Mazzapicchio 2010). Ne risulta che investire nelle infrastrutture irrigue collettive, migliorarne la gestione e adeguare il pricing dell’acqua potrà contrastare gli effetti dei CC nel nostro Paese (Dono, Giraldo, in corso di pubblicazione).

Problemi di definizione delle politiche di adattamento ai cambiamenti climatici

Un altro aspetto di questi studi è invece più complesso e riguarda la definizione delle politiche di adattamento ai CC con cui sostenere l’azione delle imprese, giacché molte delle politiche di cui disponiamo vanno definite in orizzonti di breve periodo. Il principale finanziamento europeo viene, infatti, dalla Politica di Sviluppo Rurale le cui misure sono tutte cofinanziate, ossia prevedono un impegno anche da parte delle imprese. Ora, si può attendere che le imprese realizzino investimenti, sia pure cofinanziati, solo se questi le aiutano a contrastare problemi di gestione o di sviluppo che esse avvertono come rilevanti per la loro economia.
Così, le misure dei PSR saranno utilizzate per l’adattamento ai CC solo se le imprese le percepiranno come strumento di difesa da loro problemi rilevanti. Di conseguenza, i CC da valutare devono essere modifiche i cui effetti sono già percepiti come rilevanti dagli agricoltori e, ovviamente, le misure vanno riferite a questi CC e non allo scenario che ci potrà essere tra trenta anni. Inoltre, esse devono riferirsi ai CC come si presentano a livello locale e non in maniera indistinta a scala planetaria.
Solo così si potrà ottenere l’impegno finanziario di chi, come l’agricoltore, definisce il proprio impegno professionale nel confronto con l’ambiente in cui opera.

I cambiamenti climatici come aggravio dei costi di gestione e investimento delle imprese

Agroscenari tenta di dare una risposta a questi due aspetti. Riguardo ai problemi locali, Agroscenari ricorre al downscaling territoriale e impiega modelli bio-economici che simulano i problemi, le reazioni e la redditività dei sistemi agricoli dei vari territori di studio.
Riguardo ai CC già in atto, l’analisi sincronizza gli orizzonti della climatologia e della politica agraria, valutando le modifiche nella distribuzione di probabilità degli eventi meteorologici, con l’aumento di variabilità che sta già emergendo rispetto alle condizioni vissute fino agli anni 80. La maggiore variabilità è proiettata ai prossimi cinque anni quando gli agricoltori programmeranno l’adesione al prossimo PSR.
La modifica delle distribuzioni di probabilità è focale per un’analisi economica che, come in Agroscenari, valuta l’impatto dei CC con la Programmazione Stocastica Discreta, un modello probabilistico che rappresenta le scelte delle imprese come problema di decisioni in condizioni d’incertezza (Iglesias et al., 2007; Connor et al. 2009; Dono, Mazzapicchio 2010; Dono et al. 2011).
Per gli agricoltori è normale operare in una condizione d’incertezza sugli stati della natura che influenzano i risultati delle loro scelte. Ad esempio, nel decidere le semine autunnali gli agricoltori non conoscono le disponibilità idriche o le temperature che prevarranno in primavera-estate. Lo stesso vale per i trapianti primaverili, che sono decisi quando s’ignorano le temperature estive e, quindi, l’esigenza irrigua delle colture. Su disponibilità idriche, temperature ed esigenze irrigue estive gli agricoltori possono solo ipotizzare una distribuzione di probabilità dei livelli rilevanti.
In tale condizione essi sanno di poter sbagliare, puntando su stati della natura che poi non si avverano. Così adottano delle contromisure per tutelarsi dalla mancata realizzazione delle loro previsioni. Riducono l’estensione delle colture di cui rischiano di non soddisfare le esigenze irrigue; investono in opere d’accumulo idrico per i casi estremi di fabbisogno o carenza idrica; attivano strumenti assicurativi. Questo comportamento precauzionale ha però un costo, che aumenta col grado d’incertezza o il numero degli elementi su cui si decide in condizione di aleatorietà. Qui s’inserisce l’effetto dei CC che alterano la distribuzione della piovosità, della temperatura e dei fabbisogni irrigui, aumentando la variabilità degli eventi e spingendo gli agricoltori ad accrescere gli interventi precauzionali, sostenendo maggiori costi.
Quest’effetto è in corso e la figura 1 ne fornisce una rappresentazione, sia pure approssimativa, riportando la probabilità di tre stati d’accumulo idrico in una diga per l’irrigazione studiata con Agroscenari, dagli anni ‘50 alla metà del decennio scorso (Dono, Mazzapicchio 2010; Dono et al., 2011).

Figura 1

Fonte: Dono, Mazzapicchio (2010)

Si nota che fino al ventennio 72-91 il regime delle piogge, da cui dipende l’invaso dell’acqua in diga, generava quasi solo uno stato di accumulo medio. Da quel momento la situazione è cambiata: è cresciuta la probabilità di stati di alto e basso accumulo e si è ridotta quella dei livelli medi, aumentando la variabilità delle condizioni in cui gli agricoltori pianificano l’allocazione dei suoli tra colture irrigue e asciutte. Questo fenomeno non riguarda solo gli eventi estremi e catastrofici. Esso riguarda anche, e forse soprattutto, gli stati della natura più usuali, la cui alterazione consente sempre lo svolgimento delle attività agricole, ma ne modifica la gestione e la redditività.
Ora, se i CC sono un fattore di aggravio dei costi, le misure che aiutano le imprese a essere più efficienti, consentono di sopportare meglio il peggioramento dovuto al clima più instabile. Così, le misure specifiche di adattamento ai nuovi regimi pluviometrici o al riscaldamento atmosferico vanno accompagnate da azioni che, stimolando l’aumento d’efficienza, rendono le imprese meno vulnerabili al CC.
Agroscenari va individuando cospicui margini di miglioramento dell’efficienza sia nelle condizioni meno avanzate della nostra agricoltura, sia nelle zone o nelle tipologie di pregio. Margini rilevanti appaiono legati alla gestione aziendale, a indicare che la vulnerabilità ai CC può essere ridotta riaprendo una stagione di formazione e di assistenza alle imprese.

Una conclusione sull’adattamento ai CC

In breve, il CC emerge ormai in maniera chiara. Tuttavia questo potrebbe stabilizzarsi in un orizzonte temporale tale che gli agricoltori, afflitti dall’instabilità dei mercati e dal declino dei redditi, può non avvertirlo come elemento primario da contrastare. La prospettiva si modifica se invece si considera che il CC, oltre a modificare i livelli medi di vari parametri, altera la distribuzione degli eventi, aumentandone la variabilità. Ciò richiede agli agricoltori di adottare contromisure che hanno un costo e riducono i redditi. È allora importante che i vari attori agricoli dispongano di maggiori informazioni, di una più adeguata conoscenza e di migliori strumenti di supporto alle decisioni.
Così va data attenzione a una ricerca sui CC definita su una scala spaziale adeguata alle esigenze agricole, alla comunicazione dei suoi risultati. È inoltre cruciale l’assistenza alla gestione aziendale, inclusa quella tradizionale al recupero dell’efficienza tecnica ed economica, che può aiutare a sopperire a condizioni di crescente scarsità di alcune risorse naturali. Lo stesso vale per la formazione, che può aumentare le competenze e le capacità di scelta degli imprenditori, in particolare sulla gestione dei rischi in fase di conduzione e d’investimento.
Nella nuova PAC è utile ridefinire il ruolo e la struttura del Pagamento Unico Aziendale per stimolare comportamenti aziendali che perseguano obiettivi sociali condivisi, anche in funzione dei CC. Così la condizionalità può contenere norme che favoriscono l’adeguamento ai CC, ad esempio acquisendo in azienda informazioni sull’andamento climatico, sulle esigenze idriche e il controllo dei parassiti delle colture, nonché strumenti per valutare l’efficienza d’uso dell’acqua. In breve, si può condizionare il PUA a un’acquisizione aziendale d’informazioni che sostenga le scelte in un quadro climatico sempre più incerto.
Qui non si è trattato il ruolo della PAC nella sottoscrizione di polizze assicurative.
L’argomento va sviluppato analizzando l’alterazione della probabilità degli eventi estremi. Infatti, se il CC accresce la probabilità di quegli eventi, può accadere che le assicurazioni non siano più disponibili a coprirne i danni: allora è necessario cercare soluzioni di adattamento a livello territoriale. In quel caso lo sviluppo di sistemi di consulenza aziendale, atti a formare ed informare gli operatori agricoli e forestali, l’adozione di nuove tecnologie e la diffusione dei sistemi di allerta precoce, può aiutare a limitare i danni per i sistemi aziendali e sviluppare anche una strategia di pianificazione a lungo termine del territorio.

Riferimenti bibliografici

  • Connor J., Schwabe K., King D., Kaczan D., Kirby M.(2009), “Impacts of climate change on lower Murray irrigation”. The Australian Journal of Agricultural and Resource Economics, n. 53, pp. 437-456

  • Dono G., Mazzapicchio G. (2010), Uncertain water supply in an irrigated Mediterranean area: an analisys of the possible economic impact of Climate Change on the farm sector, Agricultural Systems, Vol. 103, Issue 6

  • Dono G., Cortignani R.. Doro L., Ledda L., Roggero P.P., Giraldo L., Severini S. (2011), Possible impacts of climate change on Mediterranean irrigated farming systems, EAAE 2011 Congress “Change and Uncertainty Challenges for Agriculture, Food and Natural Resources”, 30/8-2/9/2011, ETH Zurich, Switzerland

  • Dono G., Giraldo L., (in corso di pubblicazione) Irrigation Water: Alternative Pricing Schemes under uncertain Climatic Conditions, in “Irrigation: Types, Sources and Problems/ Book 3", ed. Kumar M. ISBN 979-953-307-706-1

  • Harris, G. R. , Collins M., Sexton D. M. H., Murphy J. M., Booth B. B. B. (2010), “Probabilistic projections for 21st century European climate”, Natural Hazards and Earth System Science, 10, 2009–2020, 2010

  • Iglesias E., Garrido A., Gomez-Ramos A. (2007), “Economic drought management index to evaluate water institutions’ performance under uncertainty”, The Australian Journal of Agricultural and Resource Ecnomics, n. 51, pp. 17-38

  • Moriondo, M., Bindi, M. (2006), “Comparison of temperatures simulated by GCMs, RCMs and statistical downscaling: potential application in studies of future crop development”, Climate Resources, 30, 149–160, 2006

  • Vento D. (2011), Studi e politiche di adattamento, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, Convegno di Presentazione del Libro Bianco, Sfide ed opportunità dello sviluppo rurale per la mitigazione e l’adattamento ai cambiamenti climatici, 20/9/2011

  • Wilby R.L., Charles S.P., Zorita E., Timbal B., Wetton P., Mearns L.P. (2004), Guidelines for use of climate scenarios developed from statistical downscaling methods, 27 pp. Available for download from [link]

  • 1. Il lavoro è stato svolto con il contributo del progetto di ricerca Agroscenari, finanziato dal MiPAAF
  • 2. Viticoltura, olivicoltura, cerealicoltura e pascoli nell’Italia collinare Centro-Meridionale; orticoltura intensiva dell’Italia Centro-Meridionale; foraggicoltura della Pianura Padana (Grana Padano) e dell’appennino emiliano (Parmigiano Reggiano); frutticoltura intensiva in Pianura Padana sud-orientale.
Tematiche: 
Rubrica: