Agricoltura ad alto valore naturale: i sistemi agricoli a tutela della biodiversità

Agricoltura ad alto valore naturale: i sistemi agricoli a tutela della biodiversità
Istituto Nazionale di Economia Agraria

Introduzione 1

Il concetto di agricoltura ad alto valore naturale (AVN), introdotto agli inizi degli anni Novanta (Baldock et al., 1993; Beaufoy et al., 1994) per evidenziare il ruolo positivo svolto dall’attività agricola nella tutela della biodiversità, ha acquisito, col tempo, una crescente rilevanza grazie all’integrazione dei temi ambientali nella Politica Agricola Comune (PAC). Le “aree agricole ad alto valore naturale” sono riconosciute come quelle aree in cui “l’agricoltura rappresenta l’uso del suolo principale (normalmente quello prevalente) e mantiene o è associata alla presenza di un’elevata numerosità di specie e di habitat, e/o di particolari specie di interesse comunitario”. Queste sono distinte in tre tipi (Andersen et al., 2003):

  • Tipo 1: aree con un’elevata proporzione di vegetazione semi-naturale (es. pascoli naturali);
  • Tipo 2: aree con presenza di mosaico di agricoltura a bassa intensità e elementi naturali, semi-naturali e strutturali (es. siepi, muretti a secco, boschetti, filari, piccoli corsi d’acqua, ecc.);
  • Tipo 3: aree agricole che sostengono specie rare o un’elevata ricchezza di specie di interesse europeo o mondiale.

Sulla base di questa definizione, sono stati sviluppati (Andersen et al. (2003) tre approcci complementari per l’individuazione delle aree AVN: 1) uso del suolo, 2) sistemi agricoli e 3) distribuzione delle specie (in particolare di uccelli). Come successivamente specificato da Cooper et al. (2007), infatti, “è la combinazione di un appropriato uso del suolo e del paesaggio ("stato") insieme ad un’appropriata gestione ("forza determinante") che crea le condizioni affinché un sistema agricolo sia ad alto valore naturale”. Nell’approccio dei sistemi agricoli, un ruolo centrale è attribuito all'azienda agricola e, quindi, agli agricoltori che, attraverso la scelta delle modalità di gestione delle pratiche agricole, determinano pressioni dinamiche sullo “stato” (in termini, ad esempio, di biodiversità).
Le scelte imprenditoriali derivano dalle interazioni tra prezzi di mercato, tecnologia e condizioni ambientali, dove i primi due fattori hanno ormai assunto un ruolo preminente rispetto ai vincoli determinati dalla dotazione di risorse naturali presenti in azienda. I processi di intensificazione e specializzazione innescati dall'evoluzione tecnologica separano sempre più le aziende agricole da una gestione sostenibile delle risorse naturali, necessaria al mantenimento delle aree AVN. La comprensione dei meccanismi che portano le aziende agricole ad allontanarsi da percorsi "virtuosi" risulta, pertanto, essenziale al fine di implementare misure di politica agroambientale appropriate. A questo riguardo si ricorda che il mantenimento dei sistemi agricoli e forestali AVN rientra tra gli obiettivi prioritari della politica di sviluppo rurale, per la valutazione del cui raggiungimento uno specifico indicatore è stato inserito nel Quadro comune di monitoraggio e valutazione per lo sviluppo rurale 2007-2013. Questo contributo intende fornire una prima analisi economica delle aree agricole AVN in Italia, individuate attraverso l’approccio dei sistemi agricoli.

Le aree agricole ad alto valore naturale in Italia

La superficie delle aree agricole ad AVN in Italia è stata stimata per la prima volta da Andersen et al. (2003), sulla base sia dell’approccio dell’uso del suolo sia dei sistemi agricoli: da questo esercizio è emerso che, in media, circa il 21% della superficie agricola utilizzata (SAU) è ad AVN, con percentuali che variano dal 12%, in base all’approccio dei sistemi agricoli, al 30%, in base all’approccio dell’uso del suolo. Altre stime (Paracchini et al., 2006), basate sui dati di Corine Land Cover in combinazione con informazioni ambientali (es. siti Natura 2000 e Important Bird Areas) e sulla biodiversità, hanno prodotto stime più affidabili (per l'Italia la quota ad AVN sarebbe del 31%), ma si riconosce la necessità di ulteriori analisi e, soprattutto, di una maggiore disponibilità di dati georeferenziati.
Stime dell’estensione delle aree agricole ad AVN sono state effettuate anche a livello regionale, in occasione della redazione dei programmi di sviluppo rurale. Tuttavia, un valore complessivo basato sulle stime regionali non darebbe una rappresentazione coerente, dal momento che le Regioni non hanno adottato la stessa metodologia.
Nel presente lavoro, la stima della consistenza dei sistemi agricoli ad AVN si è basata sull'elaborazione dei dati dell’Indagine Istat sulle strutture agricole del 2005 (Trisorio et al., 2010) che, oltre a fornire informazioni sulle colture e sugli allevamenti, consentono di avere, in prima approssimazione, alcune indicazioni sulle pratiche agricole adottate e sugli elementi seminaturali presenti in azienda. Sono state identificate sei macro-categorie di sistemi agricoli sulla base della presenza/assenza di allevamenti e della prevalenza, in termini di SAU, di seminativi, legnose agrarie e foraggere permanenti (prati e pascoli).
In seguito, le sei macro-categorie individuate sono state suddivise nelle due sottotipologie AVN e non-AVN in base al carico di bestiame e alla presenza o assenza delle seguenti caratteristiche: irrigazione, metodi di produzione biologica, lavorazioni minime, rotazione colturale, sovescio, inerbimento, elementi semi-naturali (Tabella 1). Queste caratteristiche sono state considerate, dunque, come proxy dei livelli di intensità dell’attività agricola e di protezione della biodiversità osservati in azienda.

Tabella 1 - Sintesi delle tipologie aziendali AVN in Italia


Fonte: nostre elaborazioni su dati Istat, Struttura delle produzioni agricole, 2005.

Osservando la tabella 1, si nota che circa tre milioni di ettari di SAU sono potenzialmente ad AVN, pari al 24% della SAU totale italiana e quasi al 15% delle aziende. Tali superfici ricadono principalmente in aree montane (51% del totale), all’incirca equamente distribuite tra l’arco alpino e la dorsale appenninica, e in aree collinari (42%). Nelle regioni centrali e meridionali le maggiori estensioni ricadono in aree collinari. Oltre il 70% delle aree agricole AVN è costituito da prati permanenti e pascoli, con punte decisamente superiori nelle regioni settentrionali e nelle aree montane, mentre seminativi e colture permanenti rappresentano, rispettivamente, il 18% e il 10%. Tra le tipologie dei sistemi agricoli precedentemente descritti, il sistema “Foraggere permanenti” è il sistema più rappresentato (il 43% del totale dell’area agricola AVN) assieme al sistema "Allevamenti e foraggere". Va aggiunto che poco meno dei due terzi di questa superficie sono costituiti da terreni collettivi gestiti da enti pubblici, che in molti casi concedono i terreni in affitto nei mesi estivi.

Caratteristiche socio-economiche e strutturali delle aziende ad alto valore naturale

L'identificazione dei tipi di sistemi ad AVN è un primo passo nella comprensione dei meccanismi che governano le scelte imprenditoriali e determinano il sentiero di sviluppo dell'impresa verso modelli a diversi livelli di sostenibilità. Una prima analisi comparativa delle caratteristiche economiche e strutturali delle aziende AVN e non-AVN è stata realizzata utilizzando i dati della Rete di informazione contabile agricola (RICA). Le aziende AVN, individuate attraverso indicatori di intensità dell’attività agricola e indicatori di uso del suolo, sono state analizzate dal punto di vista economico e in termini di sostegno pubblico ricevuto (Trisorio et al., 2008). Le maggiori dimensioni economiche e la possibilità di allocare i fattori produttivi in modo più efficiente determinano una notevole differenza in termini di produttività del lavoro e della terra: la produttività del lavoro di un’azienda non-AVN è in media superiore del 33% a quella di aziende AVN, con differenze ancora maggiori nelle aree montane e nelle regioni settentrionali (Tabella 2).

Tabella 2 - Produttività e sussidi alle aziende agricole AVN e non-AVN


Fonte: nostre elaborazioni su dati RICA, Italia 2003-2005.

Quanto al ruolo dei contributi della PAC, il totale dei pagamenti comunitari ricevuti dalle aziende AVN è solo leggermente superiore a quelli ricevuti dalle aziende non-AVN (Tabella 2). Tuttavia, la spesa pubblica gioca un ruolo più importante nelle prime, poiché rappresenta il 43% del valore aggiunto netto, contro il 20% registrato in aziende non-AVN. La fonte dei finanziamenti varia in misura non indifferente tra aziende AVN e non-AVN: mentre queste ultime si basano soprattutto su pagamenti diretti, le aziende AVN ricevono una parte più significativa di finanziamenti attraverso i pagamenti agro-ambientali e gli aiuti per le zone svantaggiate, a seguito della maggiore percentuale di aziende AVN in aree montane e marginali.
La scelta di adottare sistemi produttivi meno intensivi potrebbe essere a sua volta favorita dai pagamenti agro-ambientali, tuttavia ulteriori analisi sono necessarie al fine di stabilire una relazione in tal senso. I dati sembrano confermare il ruolo fondamentale giocato dai contributi della PAC ai fini della vitalità economica delle aziende AVN. I sussidi per ULA sono maggiori nelle aziende AVN. Confrontando la produttività del lavoro al netto dei sussidi la differenza tra i due tipi di aziende si evidenzia chiaramente: la produttività del lavoro senza sostegno pubblico delle aziende AVN (derivante dal mercato) è pari a circa la metà della produttività del lavoro delle aziende non-AVN.

Considerazioni finali

L’analisi condotta rivela che i sistemi agricoli ad AVN sono prevalentemente estensivi, spesso tradizionali, che includono elementi non-coltivati e vegetazione semi-naturale. La copertura del suolo principale è rappresentata da pascoli semi-naturali localizzati in aree montane e collinari caratterizzate da bassi livelli di redditività ed elevati sussidi per unità di lavoro. Va aggiunto, inoltre, che le terre collettive rappresentano una parte considerevole di queste superfici. Le caratteristiche che rendono queste aree di valore per la biodiversità sono, tuttavia, le stesse che ne riducono la vitalità economica rendendole, nella maggior parte dei casi, a rischio di abbandono e, più raramente e nelle aree più produttive, a rischio di intensificazione.
A livello europeo è ormai riconosciuto che i sistemi agricoli ad AVN forniscono una gamma molto ampia di beni pubblici (Cooper et al., 2009), il che fornisce una motivazione più che sufficiente per giustificare misure volte alla loro conservazione, che contrastino i rischi in precedenza descritti. Ma le misure di compensazione finanziaria sono soltanto uno degli strumenti su cui concentrare l'intervento pubblico. Anche le politiche a favore del capitale umano e sociale (ricambio generazionale, consulenza e ricerca, azioni collettive) possono contribuire in modo incisivo al recupero di una gestione sostenibile dei sistemi agricoli.
Quanto alle misure agro-ambientali dovrebbero essere rafforzate le azioni che incrementano la fornitura di servizi ambientali o che favoriscono la conservazione di elementi semi-naturali, o naturali, incluso il ripristino di strutture ecologiche in aree ad agricoltura intensiva. Andrebbero, cioè, favorite le misure i cui risultati sono facilmente verificabili, anche se la compensazione dovrebbe tenere conto delle ulteriori perdite di reddito dovute alla riduzione della SAU. In alcuni casi, è probabile che una struttura ecologica ben mantenuta possa contribuire a caratterizzare come ad AVN anche aree in cui sono praticate attività agricole relativamente intensive (es. risaie).
La conservazione di aree agricole AVN è ottenibile solo attraverso l’adozione di pratiche agricole che vadano al di là della gestione ordinaria, quindi, l’inclusione della loro conservazione tra gli obiettivi degli interventi di pianificazione per lo sviluppo rurale non si dovrebbe trasformare in misure obbligatorie che limitano le scelte degli agricoltori o impongono nuovi vincoli sulle aziende agricole a bassa intensità, ma dovrebbe essere perseguita su base volontaria.
Al fine di ottenere risultati efficaci, sarebbe necessario fornire agli agricoltori informazioni adeguate e servizi di ricerca applicata, così da metterli nelle condizioni di poter confrontare la conoscenza scientifica con la conoscenza “locale”, che rappresenta la base della competenza nei sistemi agricoli a bassa intensità. È necessaria, innanzitutto, una riqualificazione del capitale umano, attraverso misure volte a favorire il ricambio generazionale, specialmente in aree montane e nelle piccole aziende, che aiuterebbero, indirettamente, a contrastare l’abbandono delle superfici agricole AVN, insieme a misure di aiuto per gli investimenti e per le zone svantaggiate, e a un uso più mirato ed efficace dei sistemi di consulenza aziendale. Da un’indagine di campo (tuttora in corso) è emerso che gli agricoltori percepiscono come scarse o e le attività di consulenza sulle tematiche di conservazione della biodiversità. Nell’insieme, tali misure potrebbero contribuire in maniera determinante alla vitalità di lungo periodo delle aziende agricole AVN, anche se altre misure di più ampia portata, quali investimenti in servizi pubblici e infrastrutture, potrebbero essere necessarie per contrastare definitivamente il problema dell’abbandono.
Va, inoltre, ricordato che gli utilizzatori di aree agricole AVN gestite da enti pubblici, prevalentemente pastori e allevatori ai quali è concesso un uso stagionale, potrebbero essere compensati per i servizi forniti attraverso accordi collettivi (BirdLife International et al., 2009).
Un ultimo appunto riguarda l'attuale capacità di indagine sui rapporti agricoltura-biodiversità. Al fine di utilizzare al meglio le informazioni economiche e finanziarie contenute nella banca dati della RICA, è sempre più necessario integrare i dati riguardanti le pratiche agricole, l’uso delle superfici agricole e la gestione delle superfici non utilizzate a fini agricoli ricadenti all’interno delle aziende. Questo non rappresenta un compito facile, a causa dell’insufficiente disponibilità delle risorse finanziarie e umane necessarie per la realizzazione di un’indagine di siffatte dimensioni. Di notevole importanza e, pertanto, un tema che richiede futuri approfondimenti, è la geo-referenziazione dei dati aziendali che consentirebbe un più diretto confronto con i risultati dell’approccio “uso del suolo”. La complessità del processo di georefere ziaione - a dispetto dei progressi ottenuti in anni recenti in termini di tecnologia dell’informazione e disponibilità di dati amministrativi - amplifica ulteriormente le difficoltà correlate alla disponibilità di risorse necessarie per l’esecuzione dell’indagine. Il confronto tra i costi dell’indagine e i presunti benefici derivanti da una migliore informazione ai fini della programmazione offre, peraltro, un interessante spunto di riflessione.

Riferimenti Bibliografici

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  • Baldock, D., Beaufoy, G., Bennett G., Clark, J. (1993), Nature conservation and new directions in the EC Common Agricultural Policy, Institute for European Environmental Policy (IEEP), London
  • Beaufoy, G., BaldocK, D. E ClarK, J. (1994), The nature of farming. Low intensity farming systems in nine European countries Report IEEP/WWF/JNCC, London, Gland, Peterborough
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  • Trisorio, A., Povellato, A., Bortolozzo, D. (2008), “High Nature Value Farming Systems in Italy: an Economic Perspective”, in Proceedings of the International conference Using Evaluation to Enhance the Rural Development Value of Agri-environmental Measures Pärnu (Estonia), June 17-19, 2008
  • Trisorio, A., Povellato, A., Borlizzi, A. (2010), “High Nature Value Farming Systems in Italy: a Policy Perspective”, paper presented at the OECD Workshop on OECD Agri-environmental Indicators: Lessons Learned and Future Directions, 23-26 March, 2010, Leysin, Switzerland
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