Modello a “stock e flussi” e politiche per la sostenibilità dei sistemi economici locali

Modello a “stock e flussi” e politiche per la sostenibilità dei sistemi economici locali
a Università degli Studi della Tuscia, Dipartimento di Economia e Impresa

Il modello “stock e flussi”

Il modello “stock e flussi”, basato sul paradigma bioeconomico (Georgescu-Roegen, 1971; Daly, 1996), rappresenta il sistema economico come interconnessione tra processi di produzione e di consumo; in entrambi i sistemi avviene una trasformazione dei flussi in ingresso nei flussi in uscita grazie all’azione della dotazione di stock del sistema stesso.
In questo modello la produzione viene considerata come un processo in grado di attribuire alla materia/energia in uscita (prodotti) una maggiore “organizzazione” rispetto alla materia/energia in entrata (risorse naturali) allo scopo di trasferire valore ad alcuni degli agenti di trasformazione (capitale e lavoro) e generare profitto. Il consumo è invece un processo che trasforma la materia/energia ad alta utilizzabilità (inglobata nei beni di consumo) in materia/energia a bassa utilizzabilità (scarti e rifiuti) allo scopo di creare le condizioni del benessere nei “consumatori” attraverso la soddisfazione dei bisogni connessi alla sopravvivenza (primari), all’espressione della individualità (fondamentali), al riconoscimento e alla gratificazione sociale (indotti).
La connessione dei due sistemi di produzione e consumo può essere sintetizzata nello schema seguente dal quale emerge come, secondo questa interpretazione, il processo economico ha come suo fine ultimo il godimento della vita da parte degli esseri umani attraverso la trasformazione di risorse naturali (materia/energia) in scarti e rifiuti.


Tale processo, per il suo svolgimento, richiede la presenza di quattro diverse tipologie di stock rappresentate dal capitale naturale (Kn), dal capitale tradizionalmente inteso (K), dalle strutture sociali (S) e dalle conoscenze e valori (N). Tali stock sono presenti sia nel processo di produzione che in quello di consumo ma assumono all’interno di questi una differente struttura e una diversa modalità di azione (Bonaiuti, 2008).
Nella fase di produzione Kn è rappresentato dalla terra e dalle altre risorse naturali utilizzate nei processi produttivi; K è costituito dalla dotazione di immobilizzazioni materiali e immateriali; S è lo stock di lavoro, ovvero le strutture sociali che partecipano al processo di produzione; N è la capacità di innovazione, non esclusivamente tecnica, che determina la capacità produttiva di una società (Berkes and Folke, 1992).
Per quanto riguarda i flussi, il processo di produzione prevede in input le risorse naturali prelevate dalla biosfera (xn) a cui si aggiungono le conoscenze/informazioni provenienti dell’esterno del sistema produttivo (ni). Prodotti finiti (qi) e scarti (wi) costituiscono le due tipologie di flussi in uscita. Va considerato come una parte dei flussi in uscita non rappresenti un input del processo di consumo ma venga impiegata per mantenere la struttura funzionale e organizzativa dei diversi stock.
Nel sistema del consumo gli stock coinvolti nel processo di creazione del benessere sono gli ecosistemi (Kn), la ricchezza costituita dai beni durevoli posseduti dai “soggetti di consumo” (K), le relazioni sociali (S) e l’insieme dei valori presenti nella collettività (N). Nonostante il ruolo del capitale naturale sia più evidente nel processo di produzione, sia come fonte di risorse che come agente di trasformazione, gli ecosistemi locali assumono un ruolo significativo anche dal lato della domanda. Infatti, una componente importante del benessere deriva dalla disponibilità dello stock Kn che già esiste e non richiede alcuno sforzo produttivo se non quello legato alla sua conservazione. Il piacere di contemplare un paesaggio incontaminato, di respirare aria pulita, di nuotare in un mare trasparente rappresentano una fonte di godimento della vita che si genera indipendentemente dalla produzione e dal consumo di beni.
La ricchezza K posseduta dai “consumatori” è costituita dai beni durevoli di cui essi possono disporre; il capitale, generalmente visto come fattore della produzione, in questa prospettiva rappresenta una fonte di benessere per il godimento della quale è richiesto solo il modesto flusso di materia/energia necessario alla sua manutenzione. Che il godimento della vita sia una funzione della ricchezza (stock) piuttosto che del reddito (flusso), costituisce un’importante distinzione rispetto alla teoria standard. Da un punto di vista bioeconomico, infatti, ogni bene durevole costituisce un prezioso patrimonio di materia-energia organizzata capace di produrre benessere, un patrimonio che viene irreversibilmente perduto ogni volta che il bene viene distrutto (Bonaiuti, 2008).
Lo stock S è costituito dalle strutture relazionali che concorrono alla soddisfazione di bisogni fondamentali. Lo stock relativo all’insieme di conoscenze e valori (N), se considerato in termini individuali, rispecchia la “struttura delle preferenze” del consumatore; in realtà questo insieme è la risultante della complessa interazione con gli altri soggetti, con i loro valori e le loro preferenze, con l’organizzazione della comunità cui appartengono e con la sfera della produzione.
I flussi in ingresso del processo di consumo sono le quantità di beni e servizi (zi) provenienti dai processi di produzione, generalmente accessibili tramite il mercato, e le risorse naturali (xi) della biosfera. Il flusso in uscita è rappresentato dal godimento della vita (L), cui si aggiunge un output di scarti/rifiuti (wi) prodotto dalla degradazione entropica dei beni di consumo. Va considerato come l’approccio sistemico alla teoria del consumatore, differentemente da quanto affermato dalla teoria standard, evidenzia come i soli flussi di beni e servizi non siano in grado di produrre alcun benessere ma che è l’insieme di stock e flussi, e soprattutto la loro interazione, a originare il godimento della vita individuale e il benessere dei singoli e della collettività (Pancino et al., 2009).

La sostenibilità dei sistemi economici nel modello “stock e flussi”

Il modello a “stock e flussi”, coerentemente con quanto sostenuto dal paradigma bioeconomico, impone che l’analisi dei sistemi economici debba essere condotta in termini fisici e non di valori monetari. Ne consegue che per la descrizione di un sistema economico vadano considerate le quantità dei flussi di materia/energia in ingresso e di scarti/rifiuti in uscita e la consistenza degli stock di capitale ambientale, tecnico, sociale e valoriale.
Secondo questo approccio un sistema economico è in condizioni di sostenibilità quando la dimensione dei flussi richiesti/generati dal sistema produzione-consumo è sostenuta dalla capacità di carico del territorio e la domanda di risorse può essere soddisfatta nel lungo periodo senza alterare quantità e qualità degli stock del sistema stesso.
Inoltre, ed è questo uno degli aspetti applicativi più interessanti di questo modello, l’integrazione fra i sistemi di produzione e di consumo basata sul modello a “stock e flussi” riferita a una scala territoriale delimitata consente una valutazione complessiva della sostenibilità del sistema economico locale in termini sociali e ambientali.
La sostenibilità sociale del sistema economico è determinata essenzialmente dalla capacità dei processi di produzione e di consumo di mantenere, e possibilmente di accrescere, gli stock S relativi alle strutture sociali costituite, come si è visto, dal lavoro e dalle reti relazionali. Per verificare la sostenibilità ambientale, invece, è indispensabile confrontare i flussi in ingresso (materia/energia) e in uscita (scarti/rifiuti) dei processi di produzione e consumo che hanno luogo nel sistema locale con la capacità degli stock presenti nel territorio (principalmente il capitale naturale) di fornire i primi e assorbire i secondi. Per poter eseguire tale confronto è necessario disporre di due indicatori sintetici: il primo in grado di quantificare in termini aggregati la richiesta di risorse da parte della popolazione residente all’interno di un territorio, il secondo in grado di esprimere la disponibilità di risorse complessivamente presenti sul medesimo territorio. Due indicatori che possiedono queste caratteristiche, e che hanno ormai assunto una validità riconosciuta a livello internazionale, sono l’Impronta Ecologica e la Biocapacità (Wackernagel e Rees, 1996). Sottraendo all’offerta di superficie ecologica la relativa domanda da parte della popolazione locale si perviene a un vero e proprio bilancio ambientale: un valore negativo (positivo) individua un deficit (surplus) ecologico, ovvero una situazione di insostenibilità (sostenibilità) in cui i consumi di risorse naturali sono superiori (inferiori) ai livelli di rigenerazione da parte degli ecosistemi locali (Hails, 2008). L’entità del deficit o del surplus ecologico rappresenta una stima del livello di sostenibilità/insostenibilità ambientale dello stile di vita di una collettività locale rispetto alle risorse del territorio preso come riferimento spaziale (Chambers et al., 2000).

I caratteri di una politica per la sostenibilità dei sistemi economici locali

Sulla base delle considerazioni sviluppate, seppure in modo sintetico, possono essere delineate le direttrici di una governance dei sistemi economici territoriali che si ponga come obiettivo il benessere di lungo periodo della comunità locale. Nella definizione di tale obiettivo va costantemente ricordato che il godimento della vita è determinato in gran parte dalla accessibilità e dalla qualità degli stock (ecologici, economici, sociali, valoriali) e solo in misura limitata dai flussi, alla cui disponibilità e dimensione è associato il concetto classico di utilità, che è solo una delle componenti del benessere.
Il costante punto di riferimento delle politiche regionali dovrebbe essere il mantenimento e la valorizzazione degli stock presenti e, allo stesso tempo, il raggiungimento di un livello di flussi compatibile con le condizioni di autosostenibilità ambientale del sistema. In altri termini, per quanto riguarda questo secondo aspetto, si tratta di adottare delle scelte che mirino a un equilibrio “efficiente” fra processi di produzione e di consumo e a una scala del sistema produzione-consumo compatibile con la capacità di carico dell’ecosistema locale, verificata attraverso una costante comparazione fra impronta ecologica e biocapacità.
Ovviamente si tratterà di una scala dinamica che, nel tempo, condurrà a uno sviluppo del sistema condizionato dalla disponibilità di tecnologie in grado di ridurre l’impiego di risorse per unità di prodotto e migliorare la capacità di riciclo degli scarti/rifiuti. Così, nel caso in cui un sistema territoriale si trovi in condizioni di insostenibilità, vale a dire con un complesso di processi di produzione e consumo superiori alla sua capacità di carico, l’approccio a stock e flussi impone l’adozione di politiche di decrescita dei flussi di input nel sistema di consumo, in particolare beni materiali, e di accrescimento degli stock presenti sul territorio, in particolare le strutture sociali (Latouche, 2006).
In questo quadro è possibile delineare alcuni macrocontenuti delle politiche ambientali e sociali coerenti con l’obiettivo di costruire dei sistemi economici locali sostenibili.
Con riferimento alle politiche ambientali, esse dovranno mirare, da un lato, alla riduzione dei flussi e dall’altro alla conservazione dello stock relativo al capitale naturale Kn. Riguardo al primo punto andranno individuate azioni finalizzate a limitare l’uso delle risorse non rinnovabili (efficienza energetica); incrementare il livello di autosufficienza (cicli produttivi chiusi); adottare processi di riciclaggio degli scarti (compostaggio, produzione energia); ridurre gli sprechi dei prodotti (con progetti quali, ad esempio, il Last Minute Market). Altrettanto importante è la definizione di interventi finalizzati alla preservazione del capitale naturale attraverso misure che impongano di adattare i sistemi produttivi alle risorse locali e di limitare ogni forma di inquinamento di suolo, acqua e aria.
Per quanto riguarda le politiche sociali, il loro indirizzo generale sarà quello di raggiungere e mantenere livelli soddisfacenti di reddito e occupazione conservando e incrementando gli stock relativi al capitale sociale (S) e valoriale (N). Azioni coerenti con questo fine sono la riscoperta e la valorizzazione dei prodotti originari del territorio, la nascita e lo sviluppo di sistemi di scambio equi ed efficienti, l’avvio di processi finalizzati all’acquisizione della gestione diretta delle risorse locali. Il denominatore comune di queste azioni è rappresentato dall’incremento della coesione sociale nella comunità attraverso la costruzione e il rafforzamento locale delle reti di beni relazionali che, proprio in virtù della loro capacità di mantenere e sviluppare gli stock immateriali di conoscenze e socialità, rappresentano la base stessa dei modelli di autosostenibilità locale (Laville, 1994; Gui, 1996).
Le politiche nel loro insieme dovranno essere finalizzate a ri-costruire il senso di appartenenza, quale consapevolezza riguardo storia, ambiente e risorse naturali del proprio territorio, e a ri-creare il desiderio di partecipazione, come volontà di essere coinvolti nella gestione del territorio.
E’ questo rafforzamento della “capacità sociale” dei singoli e della comunità che costituisce il substrato per attuare un progressivo trasferimento a livello locale della governance dei sistemi economici. Tale processo richiede una profonda trasformazione della prassi politica verso forme sempre più evolute di democrazia partecipativa, terreno sul quale è possibile giungere a un accordo sulle modalità di produzione del benessere e trovare la volontà e le conoscenze necessarie a conservare e valorizzare le caratteristiche peculiari dei luoghi in quanto ricchezze (stock) da proteggere ed accrescere e non come risorse (flussi) da sfruttare (Bonaiuti, 2008).

Riferimenti bibliografici

  • Berkes F., Folke C., (1992), A system perspective on the interrelations between natural, human-made and cultural capital, Ecological Economics, 5, 1-8.
  • Bonaiuti M., (2008), Economia e territorio. Un approccio sistemico, Sviluppo locale, Vol.11, n.27, 32-56.
  • Chambers N., Simmons C., Wackernagel M. (2000), Sharing Nature's Interest: Ecological Footprints as an Indicator of Sustainability. Earthscan, London.
  • Daly H.E. (1996), Beyond Growth. The Economics of Sustainable Development, Beacon Press, Boston.
  • Georgescu-Roegen N., (1971), The entropy law and the economic process, Harvard University Press, Cambridge (USA).
  • Gui B., (1996), On ‘relational goods’: strategic implications of investment in relationships, International Journal of Economics, vol. 23, n. 10/11, 1996.
  • Hails C. (Ed.), (2008), Living Planet Report 2008, WWF International, Gland, Switzerland.
  • Laville J.L., (2004), L’economie solidaire, une perspective internationale, Desclée de Brouwer, Paris.
  • Latouche S. (2006), Le pari de la décroissance, Fayard, Paris.
  • Pancino B., Bonaiuti M., Franco S., (2009) “The stock and flow approach to the governance of self-sustainable rural systems”, in Tomic D., Vasilijevic Z., Cvijanovic D., (edited by), “The role of knowledge, innovation and human capital in multifunctional agriculture and territorial rural develpment”, Proceedings of 113th Seminar of the EAAE.
  • Wackernagel M., Rees W.E., (1996), Our Ecological Footprint: Reducing Human Impact on the Earth, New Society Publishers, Gabriola Island, BC.
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