La valorizzazione dell'olio extra-vergine d’oliva da agricoltura biologica

La valorizzazione dell'olio extra-vergine d’oliva da agricoltura biologica
a Università di Perugia, Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Ambientali

Premessa

L’olivicoltura biologica copre in Italia circa 107.000 ettari, pari al 10% circa della superficie biologica nazionale ed al 9,6% dell’intera olivicoltura italiana. Nel complesso, circa il 30% della superficie olivata bio del Mediterraneo si trova in Italia, con in seconda posizione la Spagna (91.485 ettari, 25%), seguita da Tunisia (80.016 ha, 22%) e Grecia (39.636 ha, 11%). Complessivamente, i quattro Paesi contano per l’ 88% del totale, il che è indicativo di una estrema concentrazione dell’offerta potenziale, la quale è comunque ben lungi da quella reale, in quanto molti produttori europei si limitano a far certificare la fase agricola, accontentandosi del solo sussidio disaccoppiato relativo alla superficie condotta con metodo biologico (Santucci e Paffarini, 2005). Per il conseguimento del premium price, occorre infatti far certificare anche la fase di molitura e quella successiva di confezionamento, oltre che dotarsi poi di un adeguato sistema di marketing (distribuzione, promozione, etc.), che prevede l`attribuzione, da parte di uno degli Enti di Certificazione, della licenza al confezionamento, con contemporanea stampa di etichette, munite di codice alfanumerico, pari al numero di bottiglie e latte che il confezionatore vuole riempire. In gergo, tali ditte (agricoltori, oleifici o blenders), sono quindi chiamati licenziatari. Nell`ambito degli studi economici condotti all`interno del progetto OLIBIO, si è voluto investigare l`entità ed il comportamento, le problematiche e le prospettive dei licenziatari, realtivamente ai quali l`ultima indagine condotta risale al 1996 (Santucci 1997).

Materiali e metodi

Il metodo prescelto è stato quello dell’indagine postale, mediante un questionario inviato a tutti i licenziatari (Lochhart 1984). A fronte della riluttanza di alcuni Enti, indecisi se fornire o no tali elenchi, nel timore di infrangere le norme sulla privacy, è stata garantita la totale riservatezza, giustificando la richiesta per finalità scientifiche. In parallelo, si è proceduto al reperimento autonomo di indirizzi, tramite elenchi di ditte partecipanti a Fiere nazionali ed internazionali, Pagine Bianche, internet ed altro. Complessivamente, si era in possesso di una lista di 664 licenziatari, attivi in 17 diverse regioni.
Le uniche regioni in cui non risultano licenziatari per l’olio d’oliva biologico sono Valle D’Aosta, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Il maggior numero si trova in Toscana (24%) e Puglia (17%), seguite da Calabria (11%) e Sicilia (10%).
Ai licenziatari è stato inviato il questionario contenente 24 domande chiuse, insieme con una lettera motivazionale di illustrazione della ricerca (Dillman et al. 1974), che garantiva l’anonimato ed il trattamento collettivo dei dati, ed una busta per il rinvio, pre-affrancata ed indirizzata. L’invio ha avuto luogo nel Giugno 2005 e dopo 12 settimane si contavano 151 rientri (Tabella 1). Dalle regioni si è avuto un tasso di risposta non omogeneo: ciò determina una composizione dei rispondenti leggermente diversa da quella dell’universo. Si aggiunga che in 12 casi, pari al 7,9% dei rispondenti, la regione non era indicata e non era desumibile dal timbro postale. Nel complesso, si è avuto comunque un tasso di risposta pari al 22,7%, che per indagini di questo tipo è considerato più che accettabile (Baumgartner e Heberlein, 1984, Heberlein e Baumgartner, 1978). La lunghezza del questionario può aver determinato un minore tasso di risposta, ma non una minore significatività (Roszkowski e Bean, 1990). Le informazioni sono state aggregate per le tre aree geografiche usualmente impiegate in studi di questo tipo: Nord, Centro, Sud ed Isole. Ciò permette di articolare l’analisi, almeno parzialmente, tenendo in considerazione le specificità strutturali del comparto oleicolo.

Tabella 1 - Rispondenti per regione

Caratteristiche strutturali

La metà dei rispondenti confeziona olio, non necessariamente biologico, da prima del 1990; il 42% ha iniziato nella decade seguente, e solo l’8% ha iniziato dopo il 2000. Tradizione più lunga si ha nel Nord, seguito dal Centro. Ad eccezione di pochi casi, che affermano di aver iniziato direttamente con l’olio biologico, in genere il biologico si è innestato su un’attività precedente, ritagliandosi uno spazio nell’ambito del business già esistente.
Le imprese individuali rappresentano la metà dei rispondenti, mentre quelle di capitali sono la forma più rilevante nel Nord. Il numero di soci è comunque in genere assai limitato, superando le tre unità solo poche volte.
Nei casi di coesistenza del bio con il convenzionale, il fatturato bio non supera il 25% del totale in quasi i due terzi dei rispondenti, mentre supera la metà solo nel 12% dei casi.
Nel complesso, i 140 rispondenti alla domanda sull’occupazione rivelano un totale di 1.708 addetti, di cui il 62% maschi e il 38% femmine. Gli operai a tempo determinato rappresentano, su scala nazionale, il 48% della occupazione, seguiti da quelli a tempo indeterminato (26%), dagli impiegati e tecnici (19%) e quindi dai dirigenti (9%). Nelle singole aree, la distribuzione è ovviamente un po’ diversa: l’incidenza percentuale degli operai a tempo determinato scende al 27% nel Nord, mentre sale al 61% nel Sud ed Isole. Al contrario, il peso degli impiegati e tecnici è maggiore al Nord (34%) e cala al Sud (16%) ed al Centro (10%). Su scala nazionale, le donne sono il 49% degli impiegati e tecnici, il 42% degli operai a tempo determinato, ma solo il 24% degli operai a tempo indeterminato ed il 23% degli addetti con funzioni dirigenziali. Tale distribuzione è simile in tutte le circoscrizioni. L’estrema eterogeneità dei casi è confermata dalle consistenze medie degli occupati per azienda e più che altro dalla deviazione standard rispetto alla media. A livello nazionale, sia avrebbe un numero medio di addetti per azienda di 4,12 persone, ma con una deviazione standard addirittura di 29,20 dovuta a pochi grandi imprese, concentrate al Nord ed al Centro. V’è una netta distinzione fra le imprese delle tre aree: nel Sud ed Isole si ha una media di 3,6 addetti/impresa, che salgono a 4,5 al Centro e ad 11,3 al Nord.
Circa il prossimo futuro, il 45% prevede un aumento dell‘occupazione, più marcato al Sud ed Isole che nel Nord, mentre solo l’11% prevede un calo, leggermente più evidente nel Nord e nel Centro.

Approvvigionamento di materia prima

Sebbene la produzione di olio biologico sia sostanzialmente molto legata al territorio di produzione dell’oliva, questo legame non è esclusivo. I due terzi confezionano olio extravergine per la quasi totalità di provenienza aziendale: 84% è la media dichiarata, ma con una deviazione standard del 28%, il che lascia intendere come, accanto a numerosissimi imprenditori che si limitano a confezionare solamente olio proprio, vi sia chi comunque imbottiglia anche olio di terzi.
Con molti agricoltori della zona v’è un vero contratto di fornitura, citato dal 16% dei rispondenti, i quali acquistano dai vicini, mediamente, il 49% dell’olio confezionato. Ancora più diffuso è l’acquisto in zona, ma senza precedente contratto di fornitura/acquisto; tale modo di approvvigionarsi è citato dal 23% dei casi, per un 64% dell’olio da questi confezionato. Con incidenze grosso modo analoghe compare l’acquisto di olio proveniente da aziende agricole della regione, ma non della stessa zona, oppure da altre parti d’Italia.
Solo pochi licenziatari del Centro e del Nord Italia (media nazionale del 3%), acquistano olio di provenienza estera, per una media, relativamente a questi casi, del 43% del prodotto confezionato.

Mercato

Il canale commerciale più citato (75% dei casi) è la vendita diretta in azienda ai consumatori, che permette mediamente di vendere, a chi fa uso di questa modalità, il 44% del prodotto, con punte peraltro molto distanti, tant’è che la deviazione standard è 34%. Sono specialmente gli imprenditori del Centro, più che quelli del Sud e del Nord, che puntano assai su questo canale di vendita.
I grossisti sono il secondo canale commerciale, con il 41% delle citazioni ed il 54% di prodotto venduto tramite la loro intermediazione. Questa modalità è leggermente più importante al Sud (44% dei casi) ed al Nord (46% dei casi).
Il dettaglio specializzato biologico è certo il canale più rilevante per i licenziatari del Nord (citato dal 62% dei rispondenti), che vi collocano il 59% del prodotto. A seguire, si hanno altri canali commerciali, quali i dettaglianti non specializzati in biologico, i mercati locali, i supermercati.
Una menzione particolare merita il confezionamento per conto terzi, citato da un quinto dei rispondenti, che così facendo piazzano in media il 46% del prodotto. Le marche di società commerciali, e le private label delle catene, stanno conquistando quote sempre maggiori, in Italia come all’estero.
Fra gli “altri” canali commerciali, indicati da un quarto dei rispondenti, ma con poche citazioni ciascuno, si hanno i ristoranti della zona, la vendita in villaggi turistici, la vendita via catalogo, la vendita mediante internet, etc.
I rispondenti al questionario sono generalmente abbastanza attivi e non si limitano al mercato locale. Anche se questo è citato dal 57% degli intervistati ed assorbe il 48% della produzione, si ha dall’altra parte un 53% che colloca all’estero mediamente il 35% della propria produzione, con punte anche molto più elevate. Ovviamente, il mercato regionale e quello nazionale si collocano su posizioni intermedie. Il mercato estero è citato da quasi tutte le imprese del Nord (93%), mentre quelle del Sud, sia pure per il 53% export oriented, sembrano puntare di più sul mercato nazionale (83% dei casi).
Per posizionarsi e farsi conoscere dai clienti (Tabella 2), l’83% dei rispondenti ricorre alle tradizionali brochure e pieghevoli, il 50% alla distribuzione di campioni, il 30% ad inserzioni sulla stampa locale ed a volte regionale. Il ricorso ad altre forme di promozione, fra cui internet, è una possibilità esplorata da una percentuale minore dei rispondenti.

Tabella 2 - Canali utilizzati per la pubblicità (%)

*Internet 13 casi, degustazioni in punti vendita 4, direct marketing 1

Problemi manageriali e prospettive future

Il problema più avvertito dai rispondenti (77% delle menzioni) è dovuto al fatto che gli acquirenti non percepiscono la qualità del prodotto biologico (Tabella 3). Ciò è particolarmente sentito al Nord (83%), meno al Sud (72%). Tutti gli altri problemi, dovuti alla concorrenza, alla carenza di capitali, alle relazioni commerciali con la GDO o con il Dettaglio Tradizionale, vengono a grande distanza. Sono le imprese del Nord ad indicare fra i problemi la scarsa materia prima (25% delle citazioni), mentre i problemi tecnologici sono avvertiti più al Sud (14% dei casi) e sono assenti nel Nord.
La carenza di capitali per nuovi investimenti è citata dal 28% dei rispondenti, specialmente da quelli di cui purtroppo non si conosce il posizionamento (50% dei Senza Regione), mentre la difficoltà di accesso al credito di gestione caratterizza una parte delle imprese del Sud (19% dei casi) come quelle del Nord (17%). Del resto, il 46% dei rispondenti, specie nelle regioni centrali, afferma di non aver ricevuto alcun finanziamento pubblico, mentre contributi in conto capitale o in conto interesse sono arrivati a quasi la metà delle imprese del Sud e del Nord, per realizzare investimenti strutturali. Assai frequenti anche i finanziamenti agevolati per l’acquisto di macchinari, citati dal 46% delle imprese del Nord e dal 42% di quelle del Sud. Circa un decimo delle imprese ha usufruito di qualche contributo o facilitazione per essere presente a fiere nazionali ed internazionali.
Nel prossimo futuro, il 46% intende introdurre nuovi macchinari ed il 41% nuovi prodotti. L’apertura di nuovi punti vendita è indicata dal 29%. I rispondenti del Nord sembrano più propensi all’innovazione di prodotto e di processo, ma quelli delle regioni meridionali e centrali sembrano intenzionati a colmare il gap esistente. Investimenti impegnativi, come la costruzione di nuovi stabilimenti o lo spostamento di un impianto già esistente, sono citati solo da pochissimi rispondenti, comunque più al Centro–Sud che al Nord. E’ però nel Centro–Sud che si ipotizza anche la chiusura di alcune attività, mentre questo evento non è prospettato da nessun rispondente delle regioni settentrionali.

Tabella 3 - Problemi maggiormente avvertiti (%), max 3 risposte

Conclusioni

La rilevazione ha confermato che, come dieci anni prima (Santucci, 1997), il settore dell’olio extra vergine di oliva da agricoltura biologica si presenta estremamente eterogeneo, con imprese di dimensioni, ambito operativo, etc. completamente distinti. Al tempo stesso, il numero complessivo dei licenziatari è quasi quadruplicato, passando dai 166 del 1996 agli attuali 664. Una frazione sempre maggiore di operatori, che siano agricoltori, frantoi, oppure puri confezionatori, ricerca sul mercato il riconoscimento per un prodotto di alto livello qualitativo.
Il numero comunque ancora limitato di licenziatari, rispetto all’entità elevatissima di produttori di olive, così come la scarsa quantità di olio da agricoltura biologica confezionato come tale, evidenzano problematiche tutte da chiarire, comuni peraltro a quelle delle indicazioni geografiche, che non decollano. Perché tanta parte della produzione non viene certificata? E` dovuto al costo o alla burocrazia? Oppure, la filiera corta – mettendo il piccolo produttore a contatto diretto con consumatori che ne apprezzano comunque il prodotto - rende inutile la certificazione? La sensazione di déja vu é molto forte, cioè di una filiera agro-alimentare che, come si é visto altre volte, non riesce ad esprimere pienamente le proprie potenzialità, nonostante la fase primaria abbia ricevuto (e stia ricevendo) notevolissimi aiuti, diretti ed indiretti, dalla politica agraria.
Sicuramente, ulteriore ricerca è necessaria, per non accontentarsi dei luoghi comuni o forse per non proseguire in cammini di valorizzazione troppo complicati per il mondo agricolo italiano.

 Riferimenti bibliografici

  • Baumgartner R., Heberlein T. (1984), “Recent research in mailed questionnaire response rates”, in Lockhart D.C. (1984).
  • Dillman D.A. et al. (1974), “Increasing mail questionnaire response: a 4 State comparison”, American Sociological Review, n. 5, October, 744-756.
  • Heberlein T., Baumgartner R. (1978), “Factors affecting response rates to mailed questionnaires: a quantitative analysis of the published literature”, American Sociological Review, n. 43, August, 447-462.
  • Lockhart D.C. (1984), a cura di, Making effective use of mailed questionnaires, Jossey-Bass Inc., San Francisco.
  • Roszkowski M.J., Bean A.G. (1990), “Believe or not, longer questionnaires have lower response rates”, Journal of Business and Psychology, n. 4, June, 495-509.
  • Santucci (1997), “La filiera dell’olio extra vergine di oliva da agricoltura biologica”, in Santucci F.M. (a cura di) Le filiere del biologico, Quaderno n. 23, Istituto di Economia e Politica Agraria, Perugia.
  • Santucci F.M., Paffarini C. (2005), Olivicoltura ed olio extra-vergine da agricoltura biologica in Italia, MIPAF – CRA – Università degli Studi di Perugia, Perugia.
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