Chi gestirà le aziende familiari nel futuro?

Chi gestirà le aziende familiari nel futuro?
a Università di Torino, Dipartimento di Economia

Invecchiamento e successione

La stragrande maggioranza delle aziende italiane sono familiari: secondo l'ultimo Censimento, quelle a conduzione diretta sono il 95% del totale, e coprono il 60% della SAU. La continuità nel tempo della gestione aziendale è normalmente assicurata dalla successione all'interno delle famiglie, che non ha solo la funzione di trasferire il patrimonio fondiario, ma anche e soprattutto le conoscenze tecniche specifiche. Anche se le capacità tecniche sono sempre più fondate, piuttosto che sul sapere empirico, sulla conoscenza scientifica, questa deve poi essere adattata alle condizioni specifiche della zona e dell'azienda; il fatto che il successore lavori e si addestri in azienda aiuta questo processo.
Ora, l'età media dei conduttori è piuttosto alta, tenendo conto che il 74% ha più di 50 anni, il che implica che a tempi piuttosto brevi (10-15 anni) una parte consistente cesserà di lavorare. Quanti avranno un successore familiare, e quanto è rilevante questo problema?

Quante sono le aziende senza successori?

Una risposta si può ottenere dai dati individuali del Censimento stesso: le informazioni successive sono tratte da un campione rappresentativo del Piemonte. Prendendo in considerazione le sole aziende familiari piemontesi, nel 21% dei casi la famiglia è composta dal solo conduttore, e nel 16% da conduttori soli sopra i 50 anni. In un altro 24% dei casi (20% sopra i 50 anni) il conduttore è affiancato solo dal coniuge. Quindi nel 36% delle aziende familiari il conduttore ha più di 50 anni e non ha figli o altri parenti che gli possano succedere nella conduzione. Tuttavia il problema è ancora più vasto: nelle rimanenti aziende sono presenti familiari conviventi e/o altri parenti che non risiedono in azienda ma ci lavorano. Per capire che futuro abbiano queste aziende occorre allora considerare se fra questi ci siano persone che possano sostituire il conduttore nella gestione aziendale, e si può ritenere che lo siano se lavorano già esclusivamente o prevalentemente in azienda. Sommando quindi tutte le aziende nelle quali non esiste un familiare che lavori prevalentemente o esclusivamente in azienda si scopre che sono quasi il 59% del totale, che aumenta al 61% se prendiamo in considerazione solo coloro che risiedono in azienda. Infine, se escludiamo i parenti della stessa generazione del conduttore (che possiamo approssimare come coloro che non sono almeno di 18 anni più giovani di lui) otteniamo che le aziende senza successore sono l'86%, ed il 91% considerando come possibili successori solo quelli che risiedono in azienda. Il problema di medio periodo si pone però solo per le aziende con conduttore sopra i 50 anni, e quindi nel 61% dei casi se consideriamo come possibili successori anche quelli non conviventi, e nel 64% se limitiamo solo ai conviventi la possibilità di successione.
I dati presentati si riferiscono al Piemonte, ma non c'è ragione perché quelli nazionali se ne discostino molto, e soprattutto conta l'ordine di grandezza del fenomeno. Colpisce soprattutto che questo non sia discusso come un problema importante e da affrontare in una prospettiva di medio periodo.

I possibili effetti su strutture e mercato fondiario

A medio termine, il risultato della mancanza di successori familiari può essere quello della cessione dell'azienda ad un nuovo conduttore, oppure di un allargamento delle aziende vicine, oppure ancora dell'abbandono. Mentre la seconda possibilità rappresenta un esito in linea di massima positivo, perché permette di allargare la dimensione media aziendale, notoriamente molto ridotta in Italia, non altrettanto si può dire della prospettiva di abbandono di un'ulteriore parte del territorio. Ma neppure la cessione a nuovi conduttori è talvolta priva di conseguenze: specialmente quando la conduzione implica l'accumulazione di competenze e conoscenze empiriche specifiche della zona e dell'azienda, la cessione al di fuori della famiglia implica la loro perdita, dato che non vengono trasmesse insieme all'azienda come avviene normalmente nel caso della successione familiare, nella quale l'erede lavora insieme al genitore.
In secondo luogo, si possono prevedere importanti riflessi sul mercato fondiario. La SAU coperta dalle aziende con conduttori sopra i 50 anni prive di successori rappresenta fra il 36 ed il 42% di quella totale delle aziende familiari nel caso del Piemonte, a seconda dei criteri più o meno stretti di valutazione della presenza di successori. E' facile capire che la messa sul mercato, sia pure progressiva, di questa quantità di terreno porterà comunque ad una caduta dei valori fondiari. Se questa da una parte faciliterà il processo di allargamento delle dimensioni delle aziende rimanenti, dall'altra rappresenterà una perdita patrimoniale per gli agricoltori proprietari, con possibili riflessi anche sulla capacità di accesso al credito.

Serve una strategia

Ci si può allora chiedere se un fenomeno di questa portata debba essere lasciato al suo sviluppo spontaneo, o se occorra pensare una strategia di accompagnamento che ne minimizzi gli esiti negativi. Gli unici tipi di provvedimento che si possano considerare attinenti sono infatti due misure previste dal Reg. 1257/1999, quella che concede aiuti ai giovani agricoltori al di sotto dei 40 anni per il loro insediamento e quella relativa al prepensionamento. Benché positivi, questi tipi di provvedimento appaiono totalmente inadeguati rispetto alle caratteristiche ed alle dimensioni del fenomeno. Il prepensionamento infatti accelera ulteriormente il ricambio, anche se prevede che debba esserci chi subentra; il premio di insediamento, poi, non è accessibile a chi è già titolare di una azienda, e incentiva quindi o la creazione di un'azienda propria da parte di figli di conduttori o l'ingresso nel settore di operatori prima non presenti.
Non è facile indicare quali linee di politica agraria potrebbero essere assunte rispetto a questo problema, ma se ne possono indicare le direzioni di massima: da una parte è necessario facilitare il processo di cessione delle aziende agricole senza successore a quelle rimanenti; dall'altra occorre promuovere la trasmissione delle conoscenze e competenze specifiche, quando queste esistono. A puro titolo di esempio, potrebbero essere creati strumenti legislativi che permettano la cessione a termine dell'azienda, lasciandone per il momento la gestione all'attuale conduttore, in modo da distribuire nel tempo l'onere dell'acquisto da parte del futuro proprietario e al contempo dargli una sicurezza sulla possibilità dell'acquisto. O, ancora, si potrebbero prevedere periodi di tirocinio in aziende destinate a cessare l'attività per giovani intenzionati ad intraprenderla, accompagnati da facilitazioni per l'acquisto o l'affitto della stessa; questo sarebbe tanto più importante quando l'indirizzo produttivo dell'azienda richiede una forte professionalità.
In ogni caso, quello che appare indispensabile è iniziare una discussione sulle possibili soluzioni. Il fatto che gli effetti si verificheranno gradualmente ed a media scadenza non dovrebbe distogliere dall'individuare linee-guida di azione, e dall'effettuare una analisi più fina della situazione, individuando per area e per indirizzo produttivo la gravità del problema e predisponendo a questi livelli piani di azione. Ma la cosa più importane è forse prendere coscienza delle dimensioni del problema e porlo in discussione.

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