I processi di diversificazione nelle aziende peri-urbane: casi di successo a confronto

I processi di diversificazione nelle aziende peri-urbane: casi di successo a confronto

Introduzione

Una porzione non irrilevante del settore primario e dei comparti produttivi ad esso legati (trasformazione, commercializzazione e altre attività connesse) si colloca a ridosso delle zone di alta urbanizzazione riempiendone gli interstizi lasciati liberi dallo sviluppo più o meno caotico dei siti urbani e ponendosi in qualche modo come ostacolo alla definitiva scomparsa dell’agricoltura in quei contesti.
La recente letteratura si è concentrata sul ruolo di questa agricoltura - definendola peri-urbana - non solo per gli aspetti economici, ma anche per il suo ruolo sociale e ambientale e, soprattutto, per i cambiamenti che richiede al settore primario e per le strategie che le aziende agricole adottano per far fronte al processo di urbanizzazione.
L'articolo mette in evidenza il ruolo multifunzionale dell'agricoltura peri-urbana in Italia attraverso un’analisi comparativa di sette aziende di successo, finalizzata ad analizzare i fattori che possono stimolare i processi di diversificazione per le aziende agricole professionali che si trovano a svolgere la loro attività all'interno delle principali aree metropolitane del nostro paese.

L'agricoltura peri-urbana e i processi di diversificazione

La letteratura classifica le aziende peri-urbane come tradizionali, adattive o reattive a seconda della loro volontà e capacità di modificare la struttura e le attività in funzione della vicinanza con la città (Heimlich e Brooks, 1989; Pascucci, 2008). In termini generali, queste tre tipologie si distinguono per il diverso utilizzo dei fattori di produzione (terra, lavoro e capitale): mentre le aziende agricole tradizionali continuano ad utilizzare i fattori di produzione nell'attività di produzione agricola vera e propria, le aziende adattive reagiscono al processo di urbanizzazione disattivando una quota dei fattori della produzione e ricollocandola verso attività esterne al settore (es. il lavoro), sfruttando l'ampia gamma delle possibilità offerte dal contesto urbano. Le aziende definite "reattive", invece, ricollocano i fattori della produzione verso attività interne all’azienda ma più o meno lontane dall’attività agricola, attivando processi di diversificazione e di valorizzazione della multifunzionalità dell’agricoltura. Quello che contraddistingue la "reattività" delle aziende, in sintesi, è la capacità di riorganizzare il loro sistema produttivo per cogliere le opportunità offerte dalla condizione di peri-urbanità, attivando processi di diversificazione che possono essere strettamente legati alla produzione agricola (es. trasformazione) o solo in parte (es. agri-turismo).
Queste tipologie si differenziano non solo per le caratteristiche strutturali delle aziende, ma anche per le strategie adottate, che finiscono per ripercuotersi sulla scelta dell’orientamento produttivo, sull’articolazione delle attività di diversificazione, sulle modalità di commercializzazione e, in sostanza, sulla composizione del reddito.
Quali sono i fattori che portano le aziende agricole peri-urbane a diventare "reattive"? In che modo possono essere attivati i processi di diversificazione e di valorizzazione della multifunzionalità agricola in un contesto peri-urbano?
Come evidenziato nelle recente letteratura sul tema (Wilson, 2007 e 2008; Fabiani, 2015; Boncinelli et al., 2015; Zasada and Piorr, 2015) oggi è difficile non riconoscere un certo grado di multifunzionalità e di diversificazione in ogni azienda agricola. Le politiche agricole di matrice europea sono sempre più indirizzate a sostenere finanziariamente le aziende che riescono ad assicurare beni e servizi di interesse collettivo e, non meno importante, questo ampio spettro di nuove funzioni svolte dalle aziende è sempre più riconosciuto ed apprezzato dalla società contemporanea. La multifunzionalità dell'agricoltura permette, dunque, a ogni azienda di trovare una sua collocazione lungo un gradiente che va da un livello di multifunzionalità "debole", in aziende dove prevalgono l’integrazione nella filiera agroalimentare e rapporti mercantili, ad un livello "forte", dove la diversificazione delle attività mette in pieno atto la potenziale multifunzionalità dell’azienda stessa (Wilson, 2008). Tuttavia, mentre alla maggior parte delle aziende può essere associato un certo livello di multifunzionalità (la maggior parte delle aziende, più o meno consapevolmente, produce alcuni beni pubblici), la diversificazione è un obiettivo specifico che può essere realizzato solo attraverso una ben definita strategia aziendale volta ad attivare, modificare o ri-collocare alcuni fattori della produzione. Dal punto di vista dell'imprenditore agricolo, come evidenziato da Reardon et al. (2006), la scelta di diversificare può essere ricondotta a cinque scelte interdipendenti e simultanee: (i) la scelta di partecipazione in attività non agricole, (ii) il livello di attività non agricola, (iii) la scelta del settore (es. servizi, prodotti trasformati, prodotti immateriali), (iv) la localizzazione (in azienda o fuori azienda) e (v) il tipo di lavoro (indipendente o dipendente). Sono molte le variabili che possono influire su queste scelte, tra cui sicuramente le caratteristiche strutturali dell’azienda stessa, le capacità tecniche e culturali dell’imprenditore e la certezza di un ricambio generazionale, a cui si associano i fattori di rischio, gli incentivi a disposizione e la capacità remunerativa dell'attività che si è deciso di intraprendere.
Tra i fattori che guidano i processi di diversificazione delle aziende agricole (Tabella 1), la letteratura distingue i "fattori di trazione" o pull factors, determinati da un obiettivo di accrescimento del reddito e di accumulazione, e i "fattori di pressione" o push factors orientati alla gestione del rischio, per far fronte alle crisi e alla stagnazione dei redditi agricoli (Henke e Salvioni, 2011; Reardon et al., 2006;. Ortiz-Miranda et al., 2013).

Tabella 1 - Determinanti dei processi di diversificazione: push e pull factors

Fonte: elaborazione degli autori

In questo lavoro si è cercato di identificare e analizzare i push ed i pull factors che spiegano l’attivazione di processi di diversificazione da parte delle aziende peri-urbane, ed in particolare quelle più reattive, e dunque in un contesto completamente diverso da quello rurale, dove tradizionalmente questi processi sono stati analizzati.
Infatti, in un contesto peri-urbano la multifunzionalità può assumere caratteristiche che nascono proprio dall’interazione tra città e campagna e che funge da stimolo, per le aziende reattive, a restringere o limitare alcune attività secondarie e ad amplificarne altre, più idonee e richieste dal contesto in cui esse operano (Torquati et al., 2009). Queste funzioni possono essere legate ai beni pubblici quali l’importanza della salvaguardia del paesaggio agrario all’interno di un contesto prevalentemente urbano, il mantenimento di un livello accettabile di biodiversità e la funzione didattica a servizio delle scuole e delle comunità urbane, a funzioni associate alla produzione di beni privati o semi-privati quali l’agriturismo (come residenza alternativa per turisti urbani), la vendita diretta in azienda o fuori dall’azienda per i consumatori urbani, funzioni residenziali e di tipo terapeutico a supporto della popolazione.

Obiettivi e metodologia

L’analisi qui presentata rappresenta il completamento e l'approfondimento di uno studio precedente (Henke et al., 2015), in cui si era cercato di ricomporre il quadro dell’agricoltura peri-urbana in sette aree metropolitane (Torino, Genova, Milano, Monza e Brianza, Roma, Napoli, Palermo) attraverso una classificazione delle aziende nelle tre tipologie descritte precedentemente (tradizionali, adattive e reattive)1.
Partendo da questa classificazione sono state selezionate sette aziende (una per ciascun polo urbano) in cui i fattori e le determinanti della diversificazione sono stati analizzati attraverso interviste semi-strutturate con gli imprenditori. Più in dettaglio per la selezione sono stati seguiti i seguenti criteri:

  • localizzazione - aziende che ricadono nei comuni delle aree (a) “urbane e periurbane” della classificazione delle aree rurali per il periodo di programmazione 2014-20202;
  • reattività - aziende che presentano accentuate caratteristiche di “reattività”, ovvero aziende professionali, orientate al mercato con un forte orientamento alla multifunzionalità, con caratteristiche diverse per quanto riguarda la specializzazione, la dimensione, la localizzazione e le attività connesse presenti in azienda, in modo da coprire un ventaglio abbastanza ampio di tipologie di aziende peri-urbane reattive;
  • filiera corta - aziende che hanno attivato forme di filiera corta (es. vendita diretta, Gas, farmers’ market), che trasformano prodotti aziendali o che hanno sviluppato azioni innovative con le istituzioni (es. ristorazione pubblica), in modo da cogliere le interazione tra queste strategie di mercato e le determinanti della diversificazione.

Tra le aziende selezionate esistono notevoli differenze in termini di specializzazione, dimensione aziendale e attività connessa prevalente (Tabella 2), che permettono di analizzare un ampio spettro di fattori di reattività, legati non solo alle diverse condizioni di peri-urbanità riscontrate nei diversi poli, ma anche al diverso contesto istituzionale e di mercato nel quale gli imprenditori agricoli si trovano a sviluppare la loro attività. Quello che accomuna queste aziende, oltre alla loro condizione di peri-urbanità, è la forte propensione all'innovazione (sociale, istituzionale ed economica) e lo sviluppo di una strategia aziendale fortemente incentrata sulla multifunzionalità e sulla diversificazione aziendale.

Tabella 2 - I casi di studio aziendali

Fonte: elaborazione degli autori

I fattori della diversificazione: i casi aziendali a confronto

I fattori della diversificazione raccolti attraverso le interviste sono stati classificati in quattro dimensioni: (i) le condizioni aziendali, (ii) il contesto; (iii) il mercato e (iv) le politiche. I push e pull factors identificati per ciascuna dimensione e azienda sono elencati nella tabella 3 e descritti nel dettaglio di seguito. Va sottolineato che si tratta dei fattori percepiti come rilevanti da parte dei conduttori stessi delle aziende oggetto di studio, e non frutto di una misurazione “oggettiva” della loro rilevanza nelle scelte di diversificazione. Di conseguenza, ci si limita qui a darne una descrizione qualitativa desunta dalle interviste condotte.

Tabella 3 - I fattori di diversificazione secondo la percezione dagli imprenditori delle aziende oggetto di studio

Fonte: elaborazione degli autori

Le condizioni aziendali

La scelta imprenditoriale della diversificazione è fortemente influenzata dalle condizioni strutturali dell'azienda stessa (dimensione, specializzazione, disponibilità di manodopera); questi fattori possono agire come pull o push factor in base alle condizioni specifiche di ogni singola realtà. In generale la disponibilità di manodopera familiare o la necessità di utilizzare i dipendenti in attività aggiuntive in alcuni periodi dell'anno sono stati riconosciuti come importanti fattori di trazione, soprattutto per le aziende che hanno diversificato in attività come l'agriturismo e le fattorie didattiche. La gestione del rischio e la diversificazione delle fonti di reddito sono stati, invece, segnalati come i principali fattori di spinta soprattutto dalle aziende di maggiori dimensioni. In generale, i fattori interni della diversificazione sono generalmente legati alla storia aziendale: in molti casi la produzione agricola è stata addirittura trainata da un progetto aziendale fortemente incentrato sulla valorizzazione di attività extra-agricole e sulla multifunzionalità. La maggior parte degli agricoltori intervistati ha riconosciuto, tra i fattori trainanti per lo sviluppo della multifunzionalità, un ruolo essenziale al proprio background, alle motivazioni, attitudini e valori, e alle specifiche capacità imprenditoriali, mettendo in evidenza come spesso questi derivino dal contesto urbano e peri-urbano3.
Infine, dai casi di studio emerge in maniera netta come lo stretto rapporto con i consumatori finali, nonché la prossimità e la conoscenza diretta di organizzazioni sociali ed economiche delle aziende peri-urbane, di fatto influenzi in larga misura le motivazioni e le attitudini degli agricoltori, incentivandoli ad attivare percorsi innovativi che riescono a coniugare la redditività aziendale con la sostenibilità ambientale e sociale delle produzioni.

Il contesto

Tra i fattori esterni, un fattore chiave è il contesto territoriale in cui le aziende si trovano ad operare, inteso non solo come insieme dei beni materiali disponibili (terra, acqua, strade e altre infrastrutture), ma anche come presenza di reti istituzionali e sociali (istituzioni locali, le Ong, la società civile e gruppi di consumatori), che in molti casi possono rappresentare uno stimolo importante per lo sviluppo di processi innovativi all'interno dell'azienda.
Uno dei principali push factors individuati dagli agricoltori intervistati è la scarsa disponibilità di terra. Infatti, la frammentazione del territorio e l’accesso alla terra sono problemi molto sentiti anche nelle aree rurali, ma i conflitti tra i diversi usi del suolo sono accentuati nelle aree peri-urbane, dove i prezzi dei terreni sono generalmente più elevati e soprattutto dove la disponibilità di terreni è fortemente influenzata dal processo di urbanizzazione in atto, che spesso si traduce nella conversione a usi non agricoli (produttivi, residenziali o infrastrutturali). L’incertezza sulla futura disponibilità di terreni agricoli, in particolare per le aziende specializzate nelle produzioni che necessitano maggiori superfici (es. cerealicoltura o zootecnia estensiva), può spingere gli agricoltori a modificare la specializzazione produttiva o, nei casi più estremi, ad abbandonare l’attività agricola. Allo stesso tempo, i casi di studio mostrano che la competizione nell'uso delle risorse, che spesso è considerata come un elemento di svantaggio per l’agricoltura praticata in prossimità delle aree urbane, può essere trasformata in un punto di forza ed uno stimolo alla reattività, ovvero un fattore che può favorire strategie aziendali basate sulla diversificazione e sulla multifunzionalità4.
Tra i pull factors segnalati dagli imprenditori vi sono, invece, la vicinanza alle linee di comunicazione e ai mercati finali, la logistica e le infrastrutture, la presenza di relazioni con i soggetti istituzionali, con le comunità locali e con le diverse organizzazioni presenti nei centri urbani, elementi che evidentemente distinguono in maniera netta l'agricoltura peri-urbana da quella localizzata in contesti prettamente rurali. Il ruolo di relazioni consolidate con le istituzioni e le organizzazioni locali è particolarmente enfatizzato laddove i processi di diversificazione sono basati su progetti a carattere sociale ed educativo5.

Il mercato

Le relazioni di mercato delle aziende agricole peri-urbane sono originate da una complessa combinazione di fattori, tra cui la dimensione e la specializzazione aziendale, la disponibilità di manodopera, la vicinanza ai mercati finali e la presenza di infrastrutture e logistica. I casi studio analizzati mettono in luce alcune possibili combinazioni di strategie di mercato che possono intraprendere le aziende agricole professionali localizzate in vicinanza di centri urbani: la vicinanza ai mercati di sbocco, alle infrastrutture e alle istituzioni di vario tipo consente alle aziende peri-urbane di attivare diverse relazioni all’interno delle filiere agro-alimentari, con strategie basate sul mercato locale o su quello nazionale e internazionale e, in alcuni casi, su una combinazione dei tre. Infatti, nonostante tutte le aziende analizzate abbiano attivato forme di filiera corta (vendita diretta in azienda, mercati contadini, gruppi di acquisto solidale, mense scolastiche, box scheme6), le relative strategie di commercializzazione possono assumere connotazioni anche molto diverse e possono essere raggruppate in tre gruppi: (i) aziende fortemente orientate alla filiera corta; (ii) aziende "strategicamente" orientate alla filiera corta e (iii) aziende scarsamente orientate alla filiera corta.
Per quanto riguarda il primo gruppo, i principali pull factors delle quattro aziende intervistate che commercializzano i loro prodotti quasi esclusivamente attraverso la filiera corta sono in gran parte gli stessi che hanno originato processi di diversificazione, ovvero le motivazioni e le attitudini personali degli imprenditori e la loro volontà di promuovere modi alternativi di produzione e commercializzazione, con un chiaro impegno verso la sostenibilità sociale e ambientale. In questi casi aziendali il coinvolgimento diretto in progetti locali legati alla dimensione sociale e ambientale dell'agricoltura, così come la presenza di un network ben consolidato con vari attori locali (istituzioni, associazioni, consumatori) hanno favorito una strategia di commercializzazione altamente orientata ai mercati locali, con un forte legame con le attività connesse (ristorazione, agriturismo e agricoltura sociale).
La relazione tra la diversificazione e filiera corta sono rilevanti anche per la seconda tipologia di aziende, ovvero quelle aziende che, attraverso la filiera corta hanno cercato di rafforzare i collegamenti con i consumatori locali, ma anche con altre aziende agricole del territorio e con alcuni rivenditori. Le strategie di commercializzazione di queste aziende sono basate su una combinazione tra mercato locale e nazionale e, nonostante la quota più rilevante della produzione sia commercializzata attraverso i mercati tradizionali, sono state attivate varie forme di vendita diretta, soprattutto per valorizzare le strategie di diversificazione7.
Le aziende scarsamente orientate alla filiera corta sono caratterizzate da una forte integrazione con i circuiti convenzionali e con la filiera agro-alimentare nazionale. Questi casi mostrano come le aziende peri-urbane possano sfruttare al meglio la loro collocazione (infrastrutture, vicinanza a grossisti e distributori) per attivare forme di commercializzazione tradizionali, mentre la vendita diretta può essere percepita, come nel caso dell’imprenditore agricolo di Genova, come una “scelta simbolica e sociale”, che in qualche modo dà un valore aggiunto alle attività connesse (es. fattoria didattica).

Le politiche

Alcuni studi mostrano come le politiche di sostegno al settore agricolo rivestano un ruolo importante anche per la competitività delle aziende peri-urbane, soprattutto laddove riescano a stimolare strategie basate sull’offerta di beni e servizi aggiuntivi alla popolazione locale attraverso la valorizzazione della multifunzionalità (Heimlich e Barnard, 1997; Pascucci, 2008). Allo stesso tempo, come evidenziato da Vandermeulen et al. (2006), per dare un impulso decisivo alla reattività delle aziende peri-urbane è necessario che le politiche agricole e di sviluppo rurale siano accompagnate da strumenti di regolazione regionali e locali, ovvero da una serie di interventi finalizzati a una pianificazione urbanistica e a una gestione degli spazi aperti che siano funzionali al mantenimento e alla valorizzazione dell’agricoltura professionale in contesti urbanizzati.
Dalle interviste è emerso che, sebbene l’intervento pubblico sia generalmente considerato un importante fattore di spinta per la diversificazione, in molti casi il suo potenziale non appare completamente espresso. Le principali limitazioni relative ai programmi di sviluppo rurale riguardano la loro complessità, la mancanza di flessibilità e il carico burocratico che di solito comportano8. Per queste ragioni, durante gli ultimi anni alcuni imprenditori hanno deciso di beneficiare esclusivamente dei pagamenti diretti della Pac e hanno sviluppato le attività connesse senza alcun sostegno da parte delle politiche di sviluppo rurale. Altri imprenditori, al contrario, hanno messo in evidenza come la politica di sviluppo rurale non sia stata solo un importante supporto per diversificare le loro aziende, ma anche un fattore determinante nello sviluppo della loro idea imprenditoriale, nonostante la scarsa integrazione delle politiche comunitarie con le normative locali sia riconosciuta come uno dei principali fattori limitanti allo sviluppo della multifunzionalità dell’agricoltura peri-urbana.
A questo proposito una questione centrale è quella dei conflitti per l’uso del suolo, visto che il sostegno agro-ambientale assicurato dalla Pac risulta ancora poco armonizzato con le strategie di pianificazione territoriale adottate dai comuni e dalle regioni. In sintesi, un migliore coordinamento delle politiche, e una più semplice accessibilità ad esse, potrebbe accrescere il loro ruolo di "spinta" verso la multifunzionalità nelle aree peri-urbane, stimolando le aziende ad esercitare un’offerta innovativa, e capace di accrescere il valore aggiunto delle produzioni agricole e delle attività extra-agricole integrative.

Considerazioni conclusive

Recentemente sono apparsi numerosi studi sulle strategie delle aziende agricole in relazione alla multifunzionalità, nei quali si è cercato di identificate le principali determinanti dei processi di diversificazione delle imprese (Bartolini et al., 2014;. Salvioni et al., 2013; Vik e McElwee, 2011). I fattori della diversificazione identificati da questi studi, in sintesi, possono essere ricondotti alla volontà di gestire e ridurre il rischio d'impresa, alla necessità di aumentare i rendimenti dei fattori produttivi (terra, lavoro e capitale) attraverso fonti di reddito aggiuntive e, non ultimo, alla volontà di sviluppare progetti legati alle aspirazioni e motivazioni degli imprenditori. Questi ed altri fattori spesso sono presenti nella stessa azienda agricola con specifiche combinazioni che sono determinate da numerose variabili, tra cui le dimensioni e la specializzazione aziendale, il tipo di attività connessa ma anche la localizzazione dell'impresa e le caratteristiche del territorio dove l'azienda si trova ad operare.
Nella ricerca qui presentata si è voluto focalizzare l'attenzione, attraverso un'indagine qualitativa e di carattere esplorativo, sulle determinanti delle strategie di diversificazione di aziende che si trovano in un contesto peri-urbano. I risultati della ricerca di fatto confermano quello che è emerso da recenti studi sul tema (Vandermeulen et al., 2006; Zasada, 2011), evidenziando come la vicinanza dei centri urbani offra alle aziende agricole un complesso insieme di vincoli e di opportunità. Rispetto alle condizioni delle aziende che si trovano in aree rurali, molti delle determinanti della diversificazione possono essere rafforzate dalla condizione di peri-urbanità, che di fatto può aumentare l'intensità di alcuni fattori di trazione e di spinta. Rispetto alla gestione e all'accesso alle risorse naturali, ad esempio, le realtà produttive localizzate in contesti altamente urbanizzati si devono scontrare con un maggiore degrado ambientale, con la speculazione edilizia ed il consumo di suolo, con la congestione del traffico e con le conseguenti difficoltà di spostamento di merci e persone e, non ultimo, con l’inquinamento atmosferico e dei terreni. Questi rappresentano alcuni dei principali fattori limitanti alle attività agricole in contesti peri-urbani, che possono avere effetti negativi non solo sulla salubrità e sostenibilità delle produzioni, ma anche sullo sviluppo delle attività connesse.
Allo stesso tempo, è evidente come la vicinanza ai centri urbani possa offrire alle aziende agricole numerose opportunità, in quanto la prossimità dei mercati di sbocco, i migliori collegamenti e la presenza di infrastrutture economiche (supermercati e centri commerciali) sono fattori che, se adeguatamente sfruttati, possono stimolare non solo la competitività e il successo delle aziende, ma anche i processi di diversificazione.
Lo studio qui condotto tiene conto dei fattori percepiti da parte degli imprenditori intervistati, come determinanti della scelta o della necessità di diversificare, e dunque non offre una misurazione, oggettiva per quanto possibile, dei fattori effettivi che determinano i processi di diversificazione delle aziende peri-urbane. Ciò rappresenta senz’altro un possibile ulteriore sviluppo dell’analisi fini qui portata avanti.
Più in generale, poiché la multifunzionalità dell'agricoltura peri-urbana è sempre più riconosciuta come una risposta efficace alle pressioni dell'urbanizzazione e alle richieste dei cittadini, si ritiene necessario un ampliamento dell'agenda di ricerca su questi temi. Mentre l’attenzione data da molti al fenomeno dell'agricoltura urbana e peri-urbana risulta ancora troppo spesso concentrata sugli aspetti di costume, sarebbe opportuno concentrarsi maggiormente sulle realtà produttive e orientate al mercato che svolgono la propria attività in contesti urbanizzati e che riescono a stringere solide relazioni con altri soggetti economici e sociali, oltre che con i consumatori, approfondendo i legami e le dinamiche di tali relazioni. Queste ricerche, di carattere multidisciplinare, dovrebbero affrontare non solo i temi interni al settore agricolo, come ad esempio la questione del ricambio generazionale, lo sviluppo di nuove competenze e l'accesso alle politiche, ma anche esterni, tra cui la pianificazione territoriale e urbanistica, i conflitti per l'uso del suolo e le evoluzioni socio-economiche dei territori peri-urbani.

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  • 1. In questo studio sono state prese in considerazione prevalentemente le aziende “professionali”, ovvero quelle che hanno stabili e duraturi rapporti di mercato (aziende con vendita) ed escludendo le tipologia di attività prettamente urbane che utilizzano spazi verdi dismessi per attività prevalentemente tipo sociale, ricreativo e didattico (aziende per autoconsumo, orti urbani, orti sociali, ecc.).
  • 2. Si tratta di aziende che ricadono nel comune principale del polo oggetto di analisi, caratterizzate da una gestione professionale e orientate ai mercati.
  • 3. L'agricoltore dell'azienda di Genova (n.2), ad esempio, proviene dal settore commerciale ed ha ri-orientato l’azienda verso la trasformazione dei prodotti gestendo con successo gli investimenti e le relazioni commerciali grazie al suo specifico background. Un'analoga situazione è emersa per l'agricoltore di Napoli (n.6) che ha una vasta esperienza nel settore dell'edilizia e questo ha facilitato lo sviluppo di una strategia di diversificazione fortemente basata su investimenti infrastrutturali volti all'accoglienza e al turismo (ristorazione, eventi, pernottamento ecc.).
  • 4. Uno dei casi più emblematici è quello dell'azienda agricola di Torino (n.1), storicamente specializzata nella produzione di carni bovine, il cui l'imprenditore ha deciso di investire in un settore, l’apicoltura, che di fatto può trarre giovamento dalla frammentazione dei terreni, perché le diverse caratteristiche dei suoli e della vegetazione favoriscono la produzione di differenti tipi di miele.
  • 5. Un caso significativo è quello dell'azienda milanese (n.3), diventata una delle più note fattorie didattiche dell'hinterland della città anche a seguito dell'accordo con il dipartimento di educazione del Comune finalizzato all’organizzazione di visite scolastiche e scuole estive. Allo stesso modo, gli altri agricoltori peri-urbani che hanno sviluppato iniziative legate all'agricoltura sociale e didattica (n.1, 2, 4, 7) hanno sottolineato come la presenza di una rete ben consolidata con le istituzioni e le organizzazioni locali (ad esempio i comuni, i servizi sociali, le Ong) sia un fattore di attrazione cruciale per stimolare la multifunzionalità agricola in un contesto peri-urbano.
  • 6. Il sistema dei Box Scheme è una forma distributiva, spesso relativa a prodotti freschi, organizzata direttamente dall'imprenditore e dedicata a consumatori convenzionati. L'agricoltore si impegna a recapitare al domicilio del cliente un determinato quantitativo (box o borsa o cartone) di prodotti aziendali per un periodo di tempo legato a una forma di abbonamento. L’assortimento dei prodotti, solitamente di stagione e scelti in relazione alla disponibilità in azienda, è generalmente a discrezione del produttore. Questa forma di vendita è diffusa soprattutto negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Francia, mentre In Italia sono più diffuse le esperienze dei Gruppi di Acquisto Solidale (Gas).
  • 7. Un caso interessante di utilizzo “strategico” della filiera corta è l'azienda di Napoli (n.6), che ha fatto della vendita di vino in azienda, seppur di limitata consistenza rispetto al fatturato complessivo, un importante veicolo promozionale del prodotto aziendale, che consente di fidelizzare i consumatori e ampliare le richieste presso le enoteche e gli altri ristoranti della zona.
  • 8. In alcune regioni le aziende agricole dei poli urbani sono state escluse da alcune tipologie di misure dei piani di sviluppo rurale, una scelta che di fatto ne ha condizionato fortemente la capacità di intraprendere percorsi di diversificazione.
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