L’agricoltura familiare riconsiderata

L’agricoltura familiare riconsiderata
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La maggior parte della gente ha una chiara idea di cosa significhi “azienda familiare”1.Questo è vero specialmente in Europa – il termine si riferisce, in maniera univoca e non ambigua, a realtà evidenti e ben conosciute –. Esso è solidamente interiorizzato nella memoria della gran parte delle persone, comprese quelle di origine urbana. La gente può apprezzare o meno l’agricoltura familiare e gli scienziati possono discutere sulle sue virtù o sui suoi difetti. Ma pare vi sia un po' di confusione o discussione sul concetto stesso.
Difatti le certezze diventano meno evidenti quando il contesto nel quale l’azienda agricola familiare è incorporata cambia drasticamente e questo può condurre a ripensare, a mettere in discussione o anche a contestare il concetto. É ciò che è accaduto dopo la Seconda Guerra Mondiale quando l’agricoltura è stata interessata da una profonda ristrutturazione. In quel periodo, Folke Droving, un esperto della Fao a Roma, osservava che “l’azienda agricola familiare è oscura specialmente nella definizione” (1956:99). Lo stesso si può dire nel momento in cui la stessa azienda agricola familiare subisce alterazioni profonde e di ampia portata.
La specificità del nostro tempo è data dal fatto che sia il contesto che la stessa azienda agricola familiare stanno attraversando una drastica transizione. La realtà dell’agricoltura familiare, una volta stabile, sta subendo dei cambiamenti radicali – sia dall’esterno che dall’interno - e questo richiede, probabilmente più che nel passato, un ripensamento del concetto. Questo articolo affronta una basilare e apparentemente semplice domanda. Che cosa significa l’agricoltura familiare per gli attori coinvolti in essa? In relazione a ciò c’è un’altra domanda: perché, come e in quali condizioni l’agricoltura familiare è importante per la società nel suo complesso?
All’interno dell’Europa l’agricoltura familiare è la dominante, anche se non esclusiva, land-labor institution2. Non è sempre stato così, e non è scontato che continuerà ad essere così. Nella storia recente (1850-2000), l’Europa ha avuto un importante sotto-settore di imprese agricole capitalistiche. A parte alcune sacche (notoriamente la Scozia, l’Andalusia, il Mezzogiorno italiano e parte dell’Est Europa) questo sotto-settore fu drasticamente ridotto, principalmente a causa della devastante crisi agraria del penultimo decennio del 1880 e negli anni ’30, così come dei processi della riforma agraria che ha avuto luogo particolarmente nell’Italia centrale e settentrionale nell’immediato dopoguerra del Secondo Conflitto mondiale e in Portogallo dopo la Rivoluzione dei Garofani del 1974. L’Europa dell’Est testimonia una rinascita dell’agricoltura familiare (insieme al sorgere di grandi aziende agricole capitalistiche) dopo la de-collettivizzazione (si veda Gorlach in questo numero).
Attualmente, su un totale di 12.248.000 aziende agricole in Europa (EU28), circa 11.885.000 (cioè il 97%) sono classificate come imprese agricole familiari. Nel resto dei paesi europei ci si imbatte più o meno nella stessa situazione. La notevole eccezione è la Russia dove agricoltura familiare e società di capitale agricole (corporate agricolture) co-esistono. In Russia e nei Paesi occidentali del Cis (Commonwealth of Indipendence States) le imprese agricole familiari coprono soltanto il 37% di tutta la terra (benché rappresentino il 62% di tutta la produzione).
Potrebbe essere imprudente, però, ipotizzare che questa posizione dominante delle aziende agricole familiari rappresenti una situazione stabile. In primo luogo, c’è un “polo di crescita” di aziende agricole in rapida espansione all’interno del settore dell’agricoltura familiare. Ciò non sta portando soltanto ad una accentuata concentrazione della terra (o di altre risorse), ma dà luogo ad un aumento di imprese agricole che sono in parte fondate sul lavoro salariato (spesso in modo mascherato)3. All’interno dell’EU27 le imprese agricole grandi4, che in media hanno una Superficie Agricola Utilizzata (Sau) di più di 1.000 ettari, rappresentano soltanto lo 0,6% del totale delle aziende agricole. Non di meno, esse coprono il 20% di tutta la Sau in Europa (un totale di 35 milioni di ettari, che equivale al totale della superficie della Germania) (Eurostat 2011:2:3). Queste neo-emergenti “mega-farms” stanno avendo un impatto significativo sul resto del settore dell’agricoltura familiare.
In secondo luogo, ai “confini” dell’Europa assistiamo alla nascita di aziende agricole capitalistiche, spesso estremamente ampie (per lo più con strutture di rete) che possono ora – a causa della deregulation e della liberalizzazione – direttamente commercializzare i loro prodotti sui mercati europei. Nel passato, tali ampie aziende agricole erano molto “remote”, ora la loro presenza e le loro produzioni rappresentano una inevitabile realtà all’interno dei mercati europei: esse direttamente competono con la produzione delle imprese agricole familiari presenti in Europa. Per esempio, Van Oers United BV è un’azienda orticola che opera in Portogallo, Marocco, Senegal ed Etiopia e ha 1.300 ettari di terre irrigate soltanto in Marocco. Per l’orticoltura questo è inedito. Ugualmente c’è un caseificio in Russia (Ekosem Agrar) che ha 18.000 capi di bestiame e si sta estendendo a 36.000 capi. Nel continente eurasiatico ciò è inedito. In Romania c’è una azienda agricola di 12.000 ettari, la quale ha soltanto 10 dipendenti (Emiliana West Rom). Ancora una volta: senza precedenti. Queste corporate farm di nuova costruzione (ce ne sono centinaia) possono veramente invadere i principali mercati europei con commodities a buon mercato, influenzando negativamente i settori esistenti delle aziende agricole familiari. La Commissione Europea ha organizzato un’ampia consultazione on line all’avvio dell’Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare (2014) la quale ha mostrato che “la competizione su larga scala delle corporate farming” è vista come la seconda “sfida economica principale per le imprese agricole familiari”. La principale sfida economica è “guadagnare potere all’interno della catena del valore” (2013:33). La loro (reale e potenziale) offerta indebolisce evidentemente la posizione delle imprese agricole familiari nei confronti dell’industria alimentare e delle grandi catene di distribuzione.
In terzo luogo, si dovrebbe riconoscere che in alcuni settori, in alcune aree, gli agricoltori sono così indebitati che a stento ,di fatto, posseggono l’azienda familiare. La gran parte del valore dell’azienda agricola è delle banche. Questo è un problema per molte moderne e ampie imprese orticole nei Paesi Bassi che de facto appartengono alla Rabobank. Lo stesso vale per molte aziende vitivinicole in Italia che sono virtualmente possedute dalla banca Monte dei Paschi di Siena. Se queste banche decidessero di vendere queste aziende agricole (in caso di default), le ”corporate farm” potrebbero emergere su ampia scala anche nel cuore dell’Europa.
In sintesi: le relazioni tra le imprese agricole familiari e le società agricole di capitale (corporate farm) si stanno ridefinendo, sia all’interno che oltre i confini nazionali e sovranazionali – questa è una contraddizione di una reale dimensione globale –. La presenza e l’apparente dominio dell’agricoltura familiare in Europa e in Asia Centrale è tutt’altro che garantita e l’attuale situazione potrebbe improvvisamente cambiare.

Un’ampia gamma di caratteristiche

Nell’Europa contemporanea, quasi tutti concordano sulla definizione comune di impresa agricola familiare. Essa è, in primo luogo, un’azienda agricola nella quale la gran parte delle risorse necessarie (terra, immobili, colture, animali, macchinari, conoscenza, reti, ecc.) sono controllate dalla famiglia agricola. In secondo luogo, la gran parte del lavoro – ma non necessariamente tutto – è dato dai familiari5. Il vantaggio di questa definizione è che è facilmente applicabile (per esempio può essere osservata in termini statistici) e per lo più non contestata (anche se casi limite possono dare luogo ad un dibattito importante). Le due caratteristiche appaiono anche nella definizione usata dalla Fao: “Un’azienda agricola familiare è un sistema agricolo gestito e realizzato da una famiglia e dove il lavoro agricolo è ampiamente fornito da quella famiglia”. Nello stesso tempo, tuttavia, questa definizione potrebbe rilevarsi problematica, in parte a causa della sua natura semplicistica. Essa fa sue appena due caratteristiche di un ampio set di requisiti che da sempre costituiscono l’agricoltura familiare.

Figura 1 - Le molteplici caratteristiche dell’azienda agricola

Fonte: Ploeg 2013

Questa ampia gamma di caratteristiche (vedi anche Gasson e Errington, 1993) è descritta qui di seguito e illustrata nella figura 1. In pratica, queste caratteristiche indicano le qualità (potenziali) dell’agricoltura familiare. Individualmente, ma specialmente se considerate nell’insieme, esse costituiscono l’attrattiva dell’azienda familiare e contribuiscono in maniera decisiva alla sua rilevanza per la società. Non tutte queste caratteristiche sono sempre presenti: ciò dipende dal tempo e dal luogo. L’azienda agricola familiare può manifestarsi completamente (allora tutte le qualità sono fortemente presenti). Tuttavia può anche risentire di processi di erosione (allora solo poche caratteristiche permangono).

  1. Autonomia. Una prima caratteristica specifica dell’azienda familiare è che la famiglia agricola detiene il controllo sulle principali risorse usate nell’azienda. Questo controllo è spesso (ma non necessariamente) radicato nei diritti di proprietà. La base di risorse include la terra, insieme agli animali, le colture, il materiale genetico, la casa, le costruzioni, i macchinari, la forza lavoro e, in un senso più ampio, il sapere che specifica in che modo queste risorse debbano essere utilizzate e combinate. L’accesso alle reti e ai mercati, così come la comproprietà delle cooperative, sono anche risorse importanti. Molte di queste risorse sono state create e/o acquisite attraverso lunghi processi che coprono differenti generazioni. Queste risorse sono spesso il risultato di duro lavoro, dedizione e speranza per un futuro migliore. Gli agricoltori delle aziende familiari usano queste risorse non per trarre un profitto, ma per guadagnarsi da vivere; per acquisire un reddito che fornisca loro una vita decente e, se possibile, permettere loro di fare investimenti che svilupperanno ulteriormente l’azienda.
    La proprietà e il controllo di queste risorse fornisce alla famiglia agricola un importante grado di (relativa) autonomia. Ciò permette di affrontare tempi difficili così come di costruire, con il proprio lavoro, prospettive allettanti per il futuro. A questo riguardo, il controllo sulle risorse di base indubbiamente è una qualità, la cui importanza è riflessa nel valore di essere indipendenti (“di essere padroni di se stessi”). L’autonomia è particolarmente apprezzata perché dà ai produttori primari il controllo sul processo lavorativo, permettendo loro di modellare la produzione agricola in un modo che corrisponda in maniera ottimale ai loro bisogni e alle strategie (pertanto dando luogo a differenti stili aziendali).
    Nello stesso tempo il livello di autonomia che gli agricoltori hanno sulla loro base di risorse è tutt’altro che scontato. In realtà esso è intaccato in molti contesti. Gli alti gradi di indebitamento e l’incremento della finanziarizzazione fanno sì che il controllo reale passi alle banche e/o alle industrie di trasformazione. I regimi normativi stringenti imposti dagli apparati statali e/o dalle industrie di trasformazione riducono anch’essi il controllo degli agricoltori sulla loro base di risorse.
  2. Auto-sostentamento. Una seconda caratteristica specifica riguarda la famiglia agricola che fornisce la maggior parte della forza lavoro. Ciò trasforma l’azienda agricola in un luogo di auto-impiego e di progresso per la famiglia. É attraverso la dedizione, la passione e il lavoro che l’azienda agricola è più sviluppata e il sostentamento della famiglia è migliorato. L’azienda agricola serve a far fronte ai molteplici bisogni della famiglia, mentre la famiglia fornisce le opportunità, i mezzi e anche i limiti per l’azienda agricola. Questa caratteristica spesso emerge come una qualità. Per i familiari che lavorano nelle attività dell’azienda agricola familiare, il lavoro spesso implica un insieme attraente di attività altamente diversificate. Si tratta di lavoro legato alla natura, spesso all’aria aperta, e che rende loro possibile evitare una rigida organizzazione delle giornate lavorative. Il lavoro è anche attrattivo perché si basa su una unità organica di lavoro mentale e manuale. Le indagini disponibili mostrano che tutti quelli che lavorano in un’azienda agricola familiare apprezzano questi aspetti del proprio lavoro. Tuttavia, non tutto è smodata bellezza e soddisfazione. In pratica l’agricoltura familiare implica sempre un equilibrio di fatica e soddisfazione. L’aspetto importante è però che – per lo meno in una situazione ideale – sono gli stessi attori coinvolti che determinano, spesso in un modo coordinato, questi equilibri. Altrettanto importante è che gli agricoltori siano capaci di trovare nuovi modi per ridurre la fatica per quanto possibile.
    C’è un rovescio della medaglia a tutto questo. Relazioni intra-generazionali e/o di genere possono indurre forti squilibri, e portano a un’alta iniqua distribuzione di fatica e soddisfazione, che si traduce spesso in soddisfazione per pochi (in particolare il capo maschio della famiglia, i padri padroni) e fatica per gli altri (in particolare donne e giovani). Bassissimi livelli di remunerazione e giornate di lavoro lunghe sono forme moderne di duro lavoro. Una recente indagine in Italia indica che molti giovani che hanno un interesse per l’agricoltura, di fatto se ne tengono lontano a causa di queste nuove difficoltà dovute a fattori esterni (Rete Rurale, 2013).
  3. Co-evoluzione. Il nesso fra la famiglia e l’azienda implica una terza specifica caratteristica. Le principali decisioni sull’organizzazione e lo sviluppo dell’azienda sono prese nell'ambito della stessa famiglia agricola. Gli interessi e le prospettive della famiglia sono al centro di molte decisioni che devono essere prese. L’attività decisionale comporta la creazione di equilibri, come quelli detti prima, così come altri, ad esempio quello fra l’ ”erogazione” di lavoro familiare e l’organizzazione dell’azienda. Altro importante equilibrio riguarda l’organizzazione sociale del tempo: azioni a breve termine necessitano di essere ben coordinate con prospettive di lungo termine. Equilibri come questo legano insieme la famiglia e l’azienda. Le due co-evolvono simultaneamente. Attraverso questa co-evoluzione ognuno definisce e trasforma l’altro. Tuttavia, l’unità fra la famiglia e l’azienda può benissimo diventare confusa o danneggiata. Ciò potrebbe verificarsi quando giornate prolungate di grande fatica e duro lavoro, combinate con livelli bassi di remunerazione creano una routine apparentemente senza prospettive, interminabile e ineludibile. A questo punto l’agricoltura familiare si trasforma in schiavitù (volontaria). Ma così come per le altre caratteristiche, la co-evoluzione può avere anche un lato positivo, oltre a quello oscuro. Ciò rende l’agricoltura familiare un concetto ambiguo. Può apportare emancipazione e sviluppo, ma può ugualmente apportare stagnazione e miseria. Questo equilibrio è altamente dipendente dal tempo e dal luogo. L’agricoltura familiare non è immune dalla storia, dalla geografia o dalla società. Essa vi è integralmente legata e le condizioni sociali influenzano fortemente quello che sarà il volto visibile di Giano.
  4. Creazione di benessere. C’è molto di più nell’azienda agricola familiare che la proprietà, il lavoro e la prassi decisionale. Una quarta specifica caratteristica è che l’agricoltura familiare fornisce alla famiglia agricola una parte (o tutti) i suoi redditi ed il cibo. Detenere il controllo sulla qualità del cibo auto-prodotto (e l’esser sicuri che non sia contaminato) sta diventando qualcosa di sempre più importante per gli agricoltori di tutto il mondo. Le aziende familiari hanno la capacità di produrre di più, a parità di risorse, rispetto ad altre forme di produzione (ad esempio le corporate farm). Nelle indagini comparative le aziende familiari emergono come quelle che riescono ad ottenere i più abbondanti raccolti (ad esempio, i più abbondanti livelli di produttività materiale). Inoltre, le aziende familiari sono capaci di realizzare, a parità di produzione totale, i più alti redditi. Queste caratteristiche distintive fanno sì che le aziende familiari siano capaci di massimizzare (molto più che altre forme di produzione) il valore aggiunto dalla produzione primaria. Esse conseguono questo risultato perché ottenere un buon reddito familiare (e assicurare prospettive di lungo periodo all’azienda) è il loro principale obiettivo. Tale ricerca di reddito si traduce in livelli intensivi (raccolto per ettaro, produzione per animale, etc.) che sono generalmente superiori a quelli realizzati nelle corporate farm.
    In Europa la gran parte delle aziende agricole familiari ha componenti che sono anche occupati in attività economiche extra-aziendali. Questo fenomeno è definito correntemente come pluriattività ma conosciuto anche nei termini di lavoro dipendente multiplo o come lavoro agricolo part time. Nell’agricoltura olandese, per esempio, 80% di tutti gli agricoltori familiari vede l’uomo o la donna conseguire un reddito addizionale all’esterno dell’azienda agricola. Questo reddito addizionale contribuisce in media per il 35% del totale del reddito familiare. L’agricoltura italiana nel 2010 ha generato 26 miliardi di euro, ma la pluriattività ha aggiunto altri 18 miliardi di euro. Ci possono essere più ragioni per impegnarsi nella pluriattività ed esse possono essere contraddittorie. La pluriattività può rappresentare una soluzione in condizioni di avversione al rischio. Agli agricoltori non piace avere “tutte le uova nello stesso paniere”. La pluriattività potrebbe rappresentare un’attraente alternativa alla routine quotidiana (questo è spesso il caso delle donne rurali) o può fornire il capitale necessario da investire per allargare e/o migliorare l’azienda agricola (questo è spesso il caso dei giovani agricoltori). Ma la pluriattività potrebbe anche essere necessaria per affiancare il reddito familiare poiché l’agricoltura in sé fornisce un reddito inadeguato. In questo caso, la pluriattività è vissuta come coercizione, un ineluttabile, piuttosto che evitabile, destino. Tuttavia, essa è anche vissuta, da qualcuno, come un’opportunità per utilizzare i propri talenti e le proprie capacità al di fuori dell’azienda agricola, ed ampliare i propri contatti sociali. La pluriattività ha il potenziale di combinare il meglio di due mondi differenti (il rurale e l’urbano). Sia come sia, la pluriattività permette a molte famiglie agricole di sostenere i propri redditi e di dare anche un contributo per supportare e sviluppare l’economia rurale regionale.
    Uno sviluppo relativamente nuovo in corso in tutta l’Europa vede le agricolture familiari creare sempre più nuove attività economiche all’interno dell’azienda agricola in aggiunta all’agricoltura convenzionale. Questa è soprattutto descritta nei termini di multifunzionalità. Una interessante scoperta è che tali nuove attività, multifunzionali, contribuiscono a sostenere la stessa produzione di cibo (de Rooj  et al., 2014).
  5. Domus. L’azienda familiare non è soltanto un luogo di produzione. Essa è anche il focolare domestico della famiglia agricola. Essa è, di fatto, domus secondo il senso dell’antica espressione latina (Le Roy Ladurie, 1975). Non è soltanto il luogo dove trovano riparo le persone, ma anche il luogo al quale le persone appartengono. È dove la famiglia vive e dove i suoi bambini crescono. Una recente ricerca italiana mostra come la domus sia ancora (o di nuovo?) un fattore principale che spiega la vitalità e la resilienza dell’agricoltura familiare e quindi la continuità della produzione di cibo (Rete Rurale, 2013). La domus fa dell’agricoltura la base per la sussistenza: essa introduce forti legami fra tradizioni e depositi culturali e pratiche agricole. Il peso relativo della domus e dell’agricoltura varierà considerevolmente. Tuttavia, la domus è strategica nell’agricoltura familiare.
  6. Un flusso attraverso il tempo. L’agricoltura familiare è parte di un flusso che lega passato, presente e futuro. Ciò significa che ogni azienda agricola ha una storia ed è piena di memorie. Significa anche che i genitori lavorano per i loro figli. Essi vogliono dare alla generazione futura un solido punto di partenza sia all’interno che all’esterno dell’agricoltura. E poiché l’azienda agricola è il risultato del lavoro e della dedizione della presente come delle precedenti generazioni, vi è spesso dell’orgoglio. Ci può essere anche rabbia se altri provano a danneggiare o anche a distruggere l’azienda agricola costruita insieme. “Mantenere il nome della famiglia sulla terra” è stato importante nella storia agraria (si veda Arensberg e Kimball, 1940) e aiuta a spiegare per lo meno in parte la resilienza degli agricoltori rispetto alle pressioni esterne in questo periodo.
  7. Un posto per imparare. L’agricoltura familiare è il contesto in cui l’esperienza è accumulata, dove l’apprendimento ha luogo e la conoscenza è trasmessa alla nuova generazione. L’agricoltura familiare è uno snodo in una più ampia rete nella quale nuove visioni, pratiche, semi, ecc., circolano. Perciò, l’azienda agricola diventa un luogo che produce conoscenza agricola che è combinata con innovatività (Osti, 1991) e con la produzione di novità (Wiskerke et al., 2004). In un contributo classico alla letteratura, Giampietro e Pimentel (1993) definiscono la “duplice natura dell’agricoltura”: provvede ai bisogni della società e si occupa dell’ecosistema naturale, e deve assicurare compatibilità fra i due (si veda anche Toledo, 1990). L’agricoltura dipende da usi e trasformazioni dell’ecosistema e dalle risorse naturali associate. A causa della natura fortemente eterogenea degli ecosistemi e dei costanti cambiamenti in essi nel corso del tempo (nel breve e lungo periodo), le interazioni fra gli agricoltori familiari e i loro terreni ed animali, le loro colture e il clima, richiedono continui cicli di osservazione, interpretazione, intervento e valutazione. In altre parole, l’agency umana è centrale nell’agricoltura familiare e ad essa è associata l’importanza strategica delle capacità, della conoscenza pratica (art de la localité, come Mendras l’ha stupendamente definita nel 1987) e l’apprendimento continuo.
  8. Un vettore di cultura. L’agricoltura familiare non è soltanto un’azienda economica che si focalizza principalmente, o soltanto, sui profitti, ma un posto in cui la continuità e la cultura sono importanti. L’agricoltura familiare è parte di una comunità rurale più ampia, e a volte parte di reti che si estendono fino alla città. In quanto tale, l’agricoltura familiare è un posto dove la cultura è generata, mantenuta viva e trasmessa alle altre e future generazioni. Molte aziende agricole sono luoghi di un patrimonio culturale. Come la Conferenza Regionale dell’Agricoltura Familiare (2014:5;23) ha evidenziato: “Gli agricoltori familiari (…) preservano le culture tradizionali. L’esistenza dell’agricoltura familiare, in particolar modo quella di piccola scala, è una parte significativa del patrimonio culturale nazionale, dei costumi, degli abiti, della musica, della cucina, degli habitat”.
  9. Un fondamento dell’economia rurale. La famiglia e l’azienda agricola sono parte di un’economia rurale più ampia, esse sono legate al luogo, che trasmette i codici culturali della comunità locale. Quindi, le aziende agricole familiari possono rafforzare l’economia locale rurale attraverso ciò che esse comprano o per come spendono il proprio denaro o per come si coinvolgono in altre attività. Il ruolo strategico dell’agricoltura familiare per l’economia rurale regionale rappresenta uno dei principali elementi del “Modello Europeo di Agricoltura”, avallato dal Consiglio Europeo nel 1997. Esso ha come scopo “un settore agricolo che sia al servizio delle comunità rurali, che rifletta la loro ricca tradizione e diversità, e il cui ruolo non sia soltanto quello di produrre cibo ma anche di garantire la sopravvivenza della campagna come un luogo da vivere e in cui lavorare, e come un ambiente di per sé” (Commissione Europea, 2004). Possiamo trovare specifici esempi di ciò: i mezzadri in Italia che trasferirono le loro capacità di rete nei paesi e dettero origine alla proliferazione del settore delle piccole e medie imprese (Bagnasco, 1988) e gli agricoltori part-time in Norvegia che, avendone una concreta possibilità, furono ampiamente responsabili dell’introduzione di potenti sindacati e relazioni democratiche nella società norvegese (Brox, 2006).
  10. Costruire sulla natura ed essere parte del paesaggio. L’agricoltura familiare è parte di un più ampio paesaggio. L’agricoltore familiare può lavorare con, piuttosto che contro la natura, usando processi ecologici ed equilibrati invece di interromperli, così da preservare la bellezza e l’integrità del paesaggio. Quando gli agricoltori familiari fanno ciò, essi contribuiscono anche a conservare la biodiversità e lottare contro il riscaldamento globale. Il lavoro implica una continua interazione con la natura – una caratteristica che è molto apprezzata, dagli attori stessi. Questa qualità è sempre più riconosciuta e sostenuta dal Secondo Pilastro della Politica Agricola Comune dell’Unione Europea.

Le caratteristiche qui descritte illustrano i punti di forza dell’agricoltura familiare come rilevante land-labour institution. Da un punto di vista economico la ricerca dell’autonomia (1), l’auto-impiego (2) e l’azienda agricola vista come un luogo di apprendimento (7) sistematicamente si traducono in una riduzione dei costi monetari e in un aumento dell’efficienza tecnica. Questo ultimo aspetto implica che la funzione di produzione è spinta verso l’alto. In relazione alla sicurezza alimentare la combinazione di co-evoluzione (3), la creazione del valore aggiunto (4) e il flusso che lega passato, presente e futuro (6) si traducono in continuità, robustezza e resilienza della produzione di cibo. Essere poi un fondamento dell’economia rurale (9), un vettore di cultura (8), un co-modellatore di paesaggio (10) e una domus (5), significa supportare fortemente la qualità della vita nelle aree rurali così come rafforzare l’economia rurale regionale.
Tuttavia se queste caratteristiche sono indebolite (questo accade, se l’agricoltura familiare viene erosa), la produzione e la produttività sia della terra che del lavoro decresceranno; la sicurezza alimentare sarà fortemente messa a rischio; l’approvvigionamento alimentare diventerà più costoso; e la forza dell’economia rurale regionale, così come la qualità della società rurale si ridurranno, forse in modo irreversibile.

Riferimenti bibliografici

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  • 1. Questo testo è una versione sintetica di un documento preparato su richiesta della Fao in occasione dell’Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare. La sua traduzione in italiano è stata curata da A. Corrado (UNICAL) e C. Zumpano (CREA). La versione originale in lingua inglese può essere visionata sul sito di Agriregionieuropa [link]
  • 2. Una land-labor institution è “la struttura all’interno della quale le decisioni dei singoli produttori sono prese, e il medium attraverso il quale il flusso di eventi e processi a livello societario e mondiale si trasformano in forze reali che toccano la sua è (di lui o di lei) vita e riproduzione” (Pearse, 1974:1). É una istituzione che lega terra e lavoro insieme, in un tutt’uno specifico che mette la sua impronta su entrambi terra e lavoro. Ci sono diverse land-labour institutions, molte di esse sono state ben documentate. L’azienda agricola familiare è un’unica land-labour institution in cui il lavoro e il controllo coincidono sistematicamente: i produttori diretti sono i padroni delle più importanti risorse utilizzate nel processo di produzione. Ciò implica che l’azienda agricola e le attività produttive situate in essa possano diventare un veicolo di emancipazione.
  • 3. Molte parti dei processi lavorativi sono sub-contrattati a imprese esterne che forniscono “servizi”. Perciò, da un punto di vista formale ci sono pochissimi lavoratori salariati nell’azienda agricola.
  • 4. Nella sua definizione delle “larger farms” Euerostat tiene conto della specifica distribuzione della terra in ogni Stato Membro.
  • 5. Gasson et al., propongono una definizione un po’ differente basata su tre caratteristiche: i titolari sono in relazione tra loro per parentela o matrimonio; la proprietà dell’azienda è normalmente combinata con il controllo gestionale; e il controllo è trasmesso da una generazione all’altra all’interno della stessa famiglia (1988:2). Tuttavia, questa particolare definizione omette la dimensione del lavoro. Come osservato da Djurfeldt (1996), questa definizione si porta dietro un pregiudizio britannico.
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