Agricoltura e cambiamenti climatici: le prospettive dopo le conferenze di Lima e di Ginevra

Agricoltura e cambiamenti climatici: le prospettive dopo le conferenze di Lima e di Ginevra

Introduzione

Nel corso del 2015, è prevista una serie di riunioni negoziali nell’ambito della Convenzione-quadro sui cambiamenti climatici (Unfccc), in preparazione della conferenza di Parigi, che si svolgerà nel mese di dicembre. La conferenza di Parigi ha il mandato di adottare "un protocollo, un altro strumento giuridico o un risultato concordato con forza legale sotto la Convenzione applicabile a tutte le Parti", che sarà attuato a partire dal 2020. Lo sviluppo dell’accordo di Parigi è stato affidato dalla Unfccc al Gruppo ad hoc sulla Piattaforma di Durban per un'azione rafforzata (Adp). Il presente articolo presenta una sintesi dello stato delle trattative, al fine di valutare le possibili implicazioni degli scenari negoziali per il settore dell’agricoltura, delle foreste e degli altri usi del suolo (in genere abbreviato come Afolu: Agriculture, Forestry and Other Land Use, secondo la terminologia Ipcc), anche alla luce delle indicazioni del 5° Rapporto di Valutazione dell’Ipcc.

Il testo negoziale approvato a Ginevra

L’ultima riunione dell’Adp si è svolta a Ginevra, dall’8 al 13 febbraio 2015. L’Adp ha lavorato sul testo negoziale allegato alla decisione 1/CP.20 (Lima Call for Climate Action). L’obiettivo principale dei due Co-Chair dell’Adp è stato quello di garantire che tutte le delegazioni nazionali si sentissero rappresentate dalla bozza di testo in discussione. Sono state così presentate numerose aggiunte al testo approvato dalla 20a Conferenza delle Parti (Cop 20) a Lima, che hanno allungato il documento da 39 a 86 pagine e hanno fatto aumentare il numero delle opzioni relative ai diversi elementi in discussione. Ciò nonostante, il documento finale è stato accolto con soddisfazione da molti delegati: l'Adp ha infatti soddisfatto la richiesta della Cop 20 e il testo negoziale sarà formalmente comunicato alle varie delegazioni prima del previsto.
Il testo negoziale di Ginevra copre tutte le aree sostanziali del mandato dell’Adp, dall'adattamento agli aspetti finanziari, al trasferimento di tecnologia, al capacity-building, alla mitigazione e alla trasparenza. La mitigazione, ovviamente, rimane una preoccupazione fondamentale sulla strada per Parigi. Il testo approvato comprende idee vecchie e nuove sugli obiettivi, le strategie e gli strumenti per la mitigazione, ivi incluso il Redd+1, il settore dell’uso del suolo, i meccanismi di mercato, come l’emissions trading, e un meccanismo di sviluppo pulito migliorato (Cdm+). Tutti sono però ben coscienti del gap che esiste tra le riduzioni delle emissioni attuali e promesse, e quelle che sarebbero necessarie per guidare il mondo verso un percorso sicuro per evitare pericolosi cambiamenti climatici.
Secondo le valutazioni contenute nell’edizione 2014 dell’Emissions Gap Report, pubblicato annualmente dall’Unep, tenendo conto degli impegni di riduzione annunciati dai diversi Paesi, le emissioni globali di gas-serra potrebbero attestarsi, nel 2020, in un intervallo la cui mediana è intorno a 52-54 miliardi di tonnellate equivalenti di CO2 (GtCO2eq). Per essere compatibili con l’obiettivo dei 2°C, le emissioni globali nel 2020 non dovrebbero invece essere superiori a circa 44 GtCO2eq: ciò significa che il gap di emissioni nel 2020 risulterebbe all’incirca di 8-10 GtCO2eq. Al 2030, secondo l’Unep, il gap salirebbe a 14-17 GtCO2eq; il potenziale di riduzione delle emissioni di gas-serra sarebbe comunque abbastanza elevato da permettere comunque la chiusura del gap (Unep, 2014).
Uno dei risultati principali di Lima è stato un accordo sulle caratteristiche e le modalità di attuazione dei contributi previsti stabiliti a livello nazionale (Indc). Ad oggi, solo la Svizzera e l’Unione Europea hanno presentato i propri Indc (rispettivamente, il 27 febbraio e il 6 marzo)2; se però si tiene conto degli obiettivi di riduzione delle emissioni post-2020 di alcuni grossi emettitori come la Cina, gli Stati Uniti e l'UE, è fondata la preoccupazione che l'accordo di Parigi non sarà sufficientemente ambizioso da garantire che sia rispettato l’obiettivo di contenere il riscaldamento globale al di sotto dei 2°C.
Il testo approvato a Ginevra comprende diverse proposte sulla valutazione degli impegni nazionali e sulla loro revisione. Queste proposte mirano a configurare un "accordo dinamico", che possa essere periodicamente rivisto e rafforzato dopo la Cop 21. Questioni come la valutazione ex ante e/o ex post degli impegni, la loro natura aggregata o individuale, la differenziazione tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo, la durata dei cicli per la presentazione e la revisione degli impegni, la struttura del meccanismo di compliance sono solo apparentemente tecniche. In realtà, esse corrispondono a visioni diverse dell’architettura del nuovo accordo negoziale, che dovranno essere avvicinate nel corso dei prossimi appuntamenti, se si vuole arrivare a risultati concreti alla conferenza di Parigi.

Il ruolo del settore Afolu nell’ambito del nuovo accordo globale

Il ruolo dell’agricoltura, delle foreste e degli altri usi del suolo nell’ambito del nuovo accordo globale è ovviamente ancora da definire. Al momento, il termine agriculture è citato solo una volta nel testo di Ginevra, mentre per land use, forestry e Redd+, il numero di citazioni è decisamente più elevato. Nei due Indc fin qui trasmessi al Segretariato della Convenzione, si afferma che l’agricoltura, le foreste e agli altri usi del suolo saranno inclusi tra i settori presi in considerazione per gli obiettivi di mitigazione, ma si rinvia ad un momento successivo (comunque prima del 2020) la definizione delle modalità di accounting. È prevedibile che, per i paesi emergenti e quelli in via di sviluppo – ad esempio per il Brasile - le attività legate alle foreste e agli usi del suolo costituiranno un elemento centrale degli Indc.
Risulta invece meglio definito il sistema di contabilizzazione che sarà adottato nel secondo commitment period del Protocollo di Kyoto. Le emissioni di gas-serra di origine agricola, infatti, sono incluse nell’Allegato A del Protocollo di Kyoto, che rimane valido, con piccole modifiche, anche per il secondo commitment period. Per i Paesi dell’Unione Europea, queste emissioni sono tra quelle alle quali si riferiscono gli obiettivi di riduzione vincolanti del meccanismo effort sharing, introdotto dalla decisione 406/2009/CE, in fase di revisione per poter essere applicata al secondo periodo di impegno. Per le foreste e gli altri usi del suolo, invece, la Conferenza di Durban (Cop 17, 2011) ha modificato la metodologia valida per il primo commitment period con l’introduzione di un reference level, ovvero di un livello di riferimento per gli assorbimenti di CO2 che verrà confrontato con gli assorbimenti futuri, generando crediti o debiti di carbonio (Coderoni e Vitullo, 2014). Questo sistema di accounting rafforza l’incentivo per politiche attive mirate all’accumulo del carbonio nella biomassa legnosa e nei suoli, evitando di riconoscere un premio per il business as usual.
L’incertezza che ancora regna rispetto alle modalità di contabilizzazione dei flussi di carbonio e delle emissioni degli altri gas-serra (N2O, CH4) da questo settore può essere spiegata tenendo conto dell’estrema incertezza di queste stime, in particolare se esse devono tenere conto dei fenomeni legati ai cambiamenti indiretti di uso del suolo.
Il peso di queste emissioni rispetto al totale delle emissioni antropogeniche è però tutt’altro che trascurabile. Nel 2010 l'agricoltura è stata all’origine dell’11,2 % (±0,4%) delle emissioni globali di gas-serra; gli usi del suolo, i cambiamenti di uso del suolo e la silvicoltura sono stati responsabili di un ulteriore 10,0% (±1,2%) (Tubiello et al., 2015). Il peso del settore costituito dall’agricoltura, dagli usi del suolo e dai cambiamenti di uso del suolo si è andato leggermente riducendo nel corso degli anni: esso è infatti passato dal 28,7±1,5% nel decennio 1990-2000 al 23,6±2,1% nel decennio 2000-2010, a un valore annuale del 21,2±1,5% nell’anno 2010, come risulta evidente dalla figura 1, che mostra l’andamento delle emissioni di gas-serra del settore Afolu rispetto al totale, sulla basato di dati Faostat per il settore Afolu e di dati provenienti dal data-base Edgar per gli altri settori.

Figura 1 - Emissioni di gas-serra globali per settore

Fonte: Tubiello et al., 2015

All’interno delle emissioni dal settore Afolu, la componente agricola tende a crescere rispetto a quella legata agli usi del suolo e alle foreste (Tubiello et al., 2015).

La vulnerabilità del settore agricolo

Il 5° Rapporto di Valutazione dell’Ipcc dedica particolare attenzione agli impatti dei cambiamenti climatici sull’agricoltura, le foreste e gli altri usi del suolo, alle relative opzioni di adattamento e al ruolo di questo settore nelle strategie di mitigazione.
Il Rapporto del Working Group II sugli impatti, la vulnerabilità e l’adattamento mette in evidenza che l'agricoltura è particolarmente vulnerabile ai cambiamenti climatici. Gli impatti dei cambiamenti climatici stanno già riducendo i raccolti in alcune parti del mondo, e si prevede che questa tendenza sia destinata a continuare, sulla base degli scenari climatici al 2050, che evidenziano un aumento delle temperature medie globali e della variabilità meteorologica, con implicazioni per il tipo e la distribuzione delle produzioni agricole in tutto il mondo.
Per le principali colture (grano, riso e mais) nelle regioni tropicali e temperate, in assenza di adattamento, il 5° Rapporto di Valutazione dell’Ipcc prevede un impatto negativo sulle produzioni per aumenti della temperatura a livello locale di 2° C o più al di sopra dei livelli della fine del 20° secolo, anche se in località specifiche l’effetto complessivo potrebbe risultare positivo. Gli impatti previsti variano a seconda delle colture, delle regioni e degli scenari di adattamento: il 10% circa delle proiezioni per il periodo 2030-2049 mostra aumenti delle rese di oltre il 10%, mentre all’incirca il 10% delle proiezioni mostra diminuzioni delle rese superiori al 25%, rispetto alla fine del 20° secolo. Dopo il 2050 il rischio di effetti più gravi sulle rese aumenta e dipende dal livello di aumento della temperatura. La figura 2 fornisce una sintesi delle proiezioni relative alle rese agricole secondo diversi scenari di emissione, per regioni tropicali e temperate, e per casi con adattamento e senza adattamento combinati. Relativamente pochi studi hanno preso in considerazione l'impatto sui sistemi agricoli per scenari in cui temperature medie globali aumentano di 4° C o più. Per cinque tempi nel breve termine e lungo termine, i dati (n = 1090), sono tracciate nel periodo di 20 anni sull'asse orizzontale che comprende il punto medio di ciascun futuro periodo di proiezione. Cambiamenti nella resa dei raccolti sono relativi ai livelli di fine del 20° secolo. I dati per ogni somma temporale al 100% (Fonte: Ipcc, 2014).

Figura 2 - Sintesi dei cambiamenti previsti nelle rese agricole, dovuti ai cambiamenti climatici nel corso del 21° secolo

Fonte: Ipcc, 2014

Il cambiamento climatico è destinato ad aumentare progressivamente la variabilità inter-annuale della produzione agricola in molte regioni del globo. Questi impatti previsti avranno luogo nel contesto di una rapida crescita della domanda agricola, che renderà sempre più stringenti i vincoli relativi alle risorse, in particolare all'acqua. L’agricoltura rappresenta globalmente circa il 70% dei prelievi di acqua dolce del mondo (il 45% nei paesi dell’area Ocse). Il cambiamento climatico potrebbe alterare l’andamento stagionale delle precipitazioni e dello scioglimento delle nevi, con l’effetto di una maggiore frequenza e intensità delle inondazioni e degli episodi di siccità. Sia l'agricoltura alimentata da acqua piovana, sia quella irrigata dovranno essere gestite in modo più sostenibile per ridurre i rischi conseguenti per la produzione.
Tutti gli aspetti della sicurezza alimentare saranno potenzialmente influenzati dai cambiamenti climatici, e in particolare l'accesso al cibo, l'utilizzo, e la stabilità dei prezzi. Un aumento globale di temperatura di ~4° C o più al di sopra dei livelli della fine del 20° secolo, in combinazione con l'aumento della domanda di cibo, porrebbe grandi rischi per la sicurezza alimentare a livello globale e regionale. I rischi per la sicurezza alimentare saranno in genere più elevati alle basse latitudini (Ipcc, 2014).

Adattamento

Il ricorso a misure di adattamento sarà in ogni caso necessario, se non altro per il lungo periodo di tempo che sarà necessario perché le misure di mitigazione esercitino il loro impatto.
Per molti dei cambiamenti previsti, il sistema agricolo presenta discrete capacità di adattamento, e non solo per quanto riguarda la produzione, ma anche per la lavorazione, l’imballaggio, il trasporto, lo stoccaggio e il commercio degli alimenti. Per la produzione, possono essere necessarie modifiche nelle pratiche di gestione agricola, ma anche l'adozione di nuove varietà, colture, razze di animali da allevamento, più adeguate alle condizioni climatiche future. Le altre fasi del ciclo produttivo, ad oggi, non sono ancora state oggetto di ricerca in misura adeguata.
Alcune misure di adattamento sono state già spontaneamente adottate dagli agricoltori in diverse regioni del globo, ma c'è comunque un limite a ciò che può essere gestito. Si prevede che la capacità di adattamento possa essere superata nelle regioni equatoriali, se le temperature aumenteranno di 3°C o più. Gli interessi del settore agricolo richiedono dunque il ricorso ad approcci ambiziosi, che combinino l'adattamento e la riduzione delle emissioni.

Mitigazione

L’agricoltura e gli altri usi del suolo svolgono un ruolo centrale per la sicurezza alimentare e lo sviluppo sostenibile. Oltre alle opzioni di mitigazione proprie del settore Afolu, il 5° Rapporto di Valutazione dell’Ipcc sottolinea anche che gli sviluppi di questo settore saranno cruciali per l’introduzione di misure di mitigazione nel settore energetico, e in particolare per quanto riguarda la disponibilità di biomasse per usi energetici.
Le opzioni di mitigazione più efficaci nel settore forestale sono il rimboschimento, la gestione sostenibile delle foreste e la riduzione della deforestazione, con ruoli differenti nelle diverse aree geografiche. Nel settore agricolo, le opzioni di mitigazione più efficaci sono la gestione terreni coltivati, dei pascoli, e il ripristino di terreni organici. Il potenziale di mitigazione economico delle misure dal lato dell'offerta è stimato in 7,2-11 GtCO2eq l’anno nel 2030 per gli sforzi di mitigazione corrispondenti a prezzi del carbonio fino a 100 dollari Usa/tCO2eq; all’incirca un terzo di questo potenziale può essere raggiunto a meno di 20 dollari Usa/tCO2eq. Esistono comunque barriere potenziali alla realizzazione delle opzioni di mitigazione disponibili, legate a problemi di natura ambientale, alla percezione da parte dell’opinione pubblica, ai meccanismi di finanziamento e ai sistemi di governance. Le misure sul lato della domanda, come i cambiamenti nella dieta e le riduzioni delle perdite nella catena di approvvigionamento alimentare, hanno un potenziale di riduzione delle emissioni di gas-serra dalla produzione alimentare significativo, ma ancora incerto. Le stime variano tra 0,76 e 8,6 GtCO2eq l’anno entro il 2050 (Ipcc, 2014a).

Sinergie tra adattamento e mitigazione

Le politiche in materia di pratiche agricole e di conservazione e gestione delle foreste sono più efficaci quando tengono conto sia delle priorità di adattamento, sia di quelle di mitigazione. Alcune opzioni di mitigazione nel settore Afolu (come gli stock di carbonio delle foreste e del suolo), ad esempio, possono essere vulnerabili ai cambiamenti climatici, dal momento che con l’aumento della temperatura alcuni di questi sink potrebbero essere trasformati in sorgenti di emissione.
Le attività per ridurre le emissioni dalla deforestazione e dal degrado delle foreste, se attuate in modo sostenibile (come è previsto, ad esempio, per il meccanismo Redd+) sono opzioni di intervento cost-effective per mitigare i cambiamenti climatici, con potenziali co-benefici economici e sociali e anche in termini ambientali e di adattamento (ad esempio, la conservazione della biodiversità e delle risorse idriche, e la riduzione dell'erosione del suolo).
L’identificazione delle opzioni più interessanti deve essere fatta ovviamente a livello nazionale, per tenere conto delle specificità ambientali, economiche e sociali di ciascun Paese. Ciò avviene, ad esempio, nel contesto delle Nationally Appropriate Mitigation Actions (Nama) presentate da 57 Paesi in via di sviluppo nel contesto della Unfccc, e che includono interventi nel settore agricolo per il 59% delle Nama presentate, e interventi nel campo forestale e degli altri usi del suolo per il 94% di esse.
L’Ipcc segnala comunque l’importanza dello scambio di informazioni e della formazione sulle modalità di intervento più interessanti. Risulta quindi di interesse, da questo punto di vista, anche l’attività avviata dalla Fao sul concetto di Climate-Smart Agriculture (Csa). La Climate-Smart Agriculture è un approccio integrato per affrontare le sfide interconnesse della sicurezza alimentare e dei cambiamenti climatici, che mira esplicitamente a tre obiettivi: (1) l'aumento sostenibile della produttività agricola, a sostegno di equi aumenti dei redditi agricoli, della sicurezza alimentare e dello sviluppo; (2) l'adeguamento e la costruzione di resilienza per i sistemi agricoli e alimentari nei confronti dei cambiamenti climatici a più livelli; e (3) la riduzione delle emissioni di gas-serra provenienti dal settore primario (coltivazioni, allevamento del bestiame e pesca). La Csa invita a considerare questi tre obiettivi insieme a scale diverse - dalla fattoria al paesaggio - a diversi livelli - dal locale al globale - e su orizzonti temporali di breve e lungo periodo, tenendo conto delle specificità e delle priorità nazionali e locali.

Considerazioni conclusive

Se si tiene conto dell’approccio bottom-up posto alla base del nuovo accordo globale sui cambiamenti climatici, è altamente improbabile che, almeno in un primo periodo, possano essere introdotti obiettivi stringenti per la riduzione delle emissioni di gas-serra per i paesi, e tanto meno a livello di settore economico. È però interessante notare, in linea con le conclusioni del contributo del Working Group III dell’ultimo rapporto dell’Ipcc, che il settore Afolu può giocare un ruolo chiave nelle strategie di mitigazione, anche al fine di rendere praticabili gli interventi previsti in campo energetico. Ad esempio, gli strumenti economici introdotti per il contenimento delle emissioni nel settore energetico, come l’emissions trading, potrebbero essere usati per il finanziamento delle opzioni nel settore Afolu. Tra l’altro, l’ordine di grandezza del potenziale economico di mitigazione di queste opzioni non è certamente trascurabile, ed è anzi confrontabile con quello del gap di emissioni globale previsto per il 2020 e il 2030. Il quadro delineato dall’Ipcc contribuisce quindi a spostare l’attenzione dalle riduzioni massime conseguibili nel settore Afolu alla identificazione delle opzioni di mitigazione più sostenibili dal punto di vista ambientale, economico e sociale.

Riferimenti bibliografici

  • Coderoni S. e Vitullo M. (2014), Crediti di carbonio dai suoli agricoli: contabilizzazione e governance, Agriregionieuropa, n. 38, Settembre 2014, Associazione Alessandro Bartola, Ancona

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  • Ipcc (2014a), Summary for Policymakers. In: Climate Change 2014: Mitigation of Climate Change. Contribution of Working Group III to the Fifth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Edenhofer, O., R. Pichs-Madruga, Y. Sokona, E. Farahani, S. Kadner, K. Seyboth, A. Adler, I. Baum, S. Brunner, P. Eickemeier, B. Kriemann, J. Savolainen, S. Schlömer, C. von Stechow, T. Zwickel and J.C. Minx (eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA

  • Tubiello F.N., Salvatore M., Ferrara A.F., House J., Federici S., Rossi S., Biancalani R., Condor Golec R.D., Jacobs H., Flammini A., Prosperi P., Cardenas-Galindo P., Schmidhuber J., Sanz Sanchez M.J., Srivastava N., Smith P. (2015). The Contribution of Agriculture, Forestry and other Land Use activities to Global Warming, 1990-2012, Global Change Biology, doi: 10.1111/gcb.12865

  • Unep (2014), “The Emissions Gap Report 2014”, United Nations Environment Programme (Unep), Nairobi, [link]

 

  • 1. La sigla Redd+ è l’acronimo di Reducing Emission from Deforestation and forest Degradation, ovvero un meccanismo, istituito formalmente alla Cop 13 di Bali nel 2007 ma ancora in fase di definizione, volto ad incentivare nei Paesi in via di sviluppo (Pvs) le azioni di riduzione della deforestazione e del degrado delle foreste. Il “+” rappresenta gli incentivi per la gestione sostenibile delle foreste e l’incremento degli stock forestali di Carbonio.
  • 2. Ai due Indc citati nel testo, hanno fatto seguito – ad oggi 3 luglio 2015 - quelli della Norvegia (23 marzo), del Messico (30 marzo), degli Stati Uniti (31 marzo), del Gabon (1° aprile), della Russia (1° aprile), del Liechtenstein (23 aprile), di Andorra (30 aprile), del Canada (15 maggio), del Marocco (5 giugno), dell’Etiopia (10 giugno), della Serbia (30 giugno), dell’Islanda (30 giugno), della Cina (30 giugno), della Corea del Sud (30 giugno) e di Singapore (3 luglio).
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