La nuova OCM olio d'oliva: come risponderanno gli olivicoltori?

La nuova OCM olio d'oliva: come risponderanno gli olivicoltori?

La nuova OCM olio d'oliva sarà attiva dalla prossima campagna. Ma già i produttori sono impegnati nella fase di ricognizione preventiva finalizzata alla fissazione dei titoli all'aiuto e nel valutare le scelte del Governo italiano: disaccoppiamento totale e trattenuta del 5% dei pagamenti diretti per finanziare i programmi per la qualità. Il quadro generale di questa riforma è quindi chiaro e appare utile iniziare a riflettere sull'impatto che essa avrà in termini di risultati economici e scelte produttive e tecniche degli olivicoltori anche se, come si vedrà, si tratta di una operazione non certo facile.{C}

Disaccoppiamento e risultati economici dei produttori

Dal punto di vista reddituale ben poco cambierà per i produttori: infatti l'ammontare di aiuti che essi percepiranno con il nuovo regime sarà pressoché uguale al 95% di quello mediamente ricevuto nel quadriennio di riferimento (data la trattenuta per finanziare i programmi qualità e il prelievo per alimentare la Riserva Nazionale) salvo la (probabile) futura applicazione della disciplina finanziaria che, come noto, servirà a coprire altre esigenze finanziarie connesse alla PAC. Tuttavia, come già chiarito dalle analisi effettuate nel settore dei seminativi, nelle realtà produttive in cui i ricavi di vendita al netto dell'aiuto erano inferiori ai costi di produzione, il disaccoppiamento rappresenta un indubbio vantaggio: il produttore può smettere di produrre mantenendo il diritto a percepire gli aiuti.
Un problema assai più complesso riguarda invece il potenziale impatto della riforma sul mercato degli oli di oliva. Nelle ultime settimane i prezzi in Italia sono cresciuti notevolmente e questo andamento può in parte essere ricondotto alla preoccupazione che il disaccoppiamento induca una contrazione dell'offerta interna. Infatti, poiché l'entità degli aiuti non dipenderà più dal livello di produzione, il disaccoppiamento si configura come una riduzione dei ricavi unitari: se con la vecchia OCM essi erano dati dalla somma di prezzo di vendita e aiuto alla produzione, ora essi saranno pari al solo prezzo di vendita. Una contrazione dei ricavi unitari ha generalmente l'effetto di ridurre l'uso di fattori di produzione e, quindi, la produzione. Tuttavia, poiché una rilevante quota di oli è annualmente importata in Europa ed in Italia da Paesi non UE, la contrazione dell'offerta interna determinerà un incremento delle importazioni indebolendo le forze che spingono al rialzo i prezzi UE.
In qualsiasi caso, l'evoluzione dell'offerta interna dipenderà da quanto intense saranno le pressioni esercitate dalla riforma e, soprattutto, da come risponderanno i produttori a tali pressioni.

 

L'intensità della riforma

L'intensità della pressione esercitata dalla riforma dipende dal peso relativo che occupava l'aiuto nella formazione dei ricavi unitari. Una semplice analisi del rapporto tra entità dell'aiuto e la somma di aiuto alla produzione più prezzo di vendita di diverse categorie di oli evidenzia che la pressione cresce passando dagli oli DOP ed extravergine, al vergine, al lampante e all'olio d'oliva e di sansa rettificato (Tabella 1); infatti il peso relativo dell'aiuto sale, in media, dal 12% dei DOP, al 24-25% dell'extravergine e vergine, fino a quasi il 30% dell'olio d'oliva e di sansa rettificato.

Tabella 1 – Prezzi, aiuto unitario e indice di pressione della riforma

Prezzi medi all'origine 22-28 Agosto 2005 (ISMEA). Aiuto: media 1999-2002

Un discorso a parte merita anche il piccolo segmento di mercato degli oli biologici che, a parità di tipologia di olio, riescono in media a spuntare un prezzo superiore agli oli prodotti con il metodo convenzionale. Ma la situazione appare molto diversificata, anche all'interno della stessa tipologia di olio, in funzione dell'origine geografica degli oli poiché i prezzi degli oli meridionali sono tendenzialmente inferiori a quelli provenienti dal centro-nord. Un caso esemplare è dato dalle quotazioni dei DOP che spuntano prezzi estremamente differenziati in funzione dell'origine (Tabella 2).

Tabella 2 – Prezzo, aiuto unitario e indice di pressione per oli DOP

Prezzi medi all'origine 22-28 Agosto 2005 (ISMEA). Aiuto: media 1999-2002.

Questi pochi dati indicano con chiarezza che la pressione esercitata dal disaccoppiamento dell'aiuto è più consistente per i prodotti di basso prezzo/qualità, quindi per le produzioni meridionali rispetto a quelle del Centro-Nord e, invece, meno consistente per i prodotti biologici.

Le strategie di risposta dei produttori al disaccoppiamento

Il disaccoppiamento dell'aiuto dovrebbe spingere i produttori a ridurre l'uso di fattori di produzione e, quindi, la produzione. Tuttavia questa regola generale deve essere declinata e adeguata alla complessa situazione del comparto olivicolo. Come noto si tratta di una produzione arborea in cui le attuali scelte produttive sono fortemente condizionate da scelte strategiche di lungo periodo effettuate in passato (es. tipologia di impianto e scelta varietale). Inoltre, in molte realtà territoriali ed aziendali le scelte produttive si basano su valutazioni (a volte molto soggettive) relative al costo opportunità dei fattori produttivi di proprietà come, in particolare, il lavoro: non a caso questa attività produttiva è svolta da lavoratori part-time, pluriattivi e pensionati che assegnano al lavoro apportato un costo opportunità estremamente basso. Infine, una non trascurabile quota di produzione è mirata all'autoconsumo per cui il riferimento al prezzo di mercato e al semplice confronto tra costi e ricavi appare spesso limitativo.
Questi pochi elementi evidenziano la complessità di qualsiasi valutazione relativa al possibile adeguamento dei produttori alle nuove condizioni e suggeriscono di riflettere su questo problema in termini necessariamente generali. Per schematizzare, le ipotesi da valutare possono essere ricondotte a tre principali categorie: mantenimento della situazione attuale; modifica delle tecniche produttive; abbandono della produzione. Ovviamente in quest'ultimo caso appare rilevante anche riflettere in merito al rispetto delle norme di condizionalità.
L'ipotesi che i produttori non si adeguino affatto alle nuove condizioni appare plausibile solamente in quelle realtà dove i prezzi dell'olio sono così alti da rendere ininfluente il disaccoppiamento dell'aiuto. Tuttavia, date le caratteristiche della produzione olivicola, è improbabile che, anche nelle altre realtà, nel breve periodo si osservino modifiche sostanziali nelle scelte produttive degli olivicoltori.
Nelle numerose realtà produttive in cui viceversa l'aiuto alla produzione ha rappresentato una quota non trascurabile dei ricavi, le aziende risponderanno cercando di ridurre i costi di produzione e/o di aumentare le entrate. Per quanto riguarda il primo aspetto è importante chiarire che la riforma - di per sé - non rimuove affatto i vincoli strutturali che già oggi ostacolano l'aggiustamento del settore. Ma la grande differenza è che ora, proprio a causa del disaccoppiamento, eventuali perdite di produzione divengono relativamente meno penalizzanti rispetto al passato. Ciò fa sì che possano divenire relativamente più convenienti, rispetto ad oggi, alcune scelte tecniche che riducono i ricavi purché, ovviamente, ciò sia più che compensato da una riduzione dei costi. Ma su quali costi indirizzare l'attenzione? E' probabile che i produttori cercheranno di agire su quelle operazioni, come raccolta, potatura e lavorazioni dei terreni, che assorbono una rilevante quota delle ore di lavoro - la principale voce di costo. Ma è chiaro che alcune modifiche rilevanti (ad esempio, la meccanizzazione della raccolta) potrebbero essere ostacolate da vincoli strutturali o economici (es. elevata età del conduttore e/o basso costo opportunità del lavoro) che riducono fortemente la propensione ad innovare e ad investire.
Un'altra strategia di risposta è invece quella di aumentare le entrate attraverso la vendita di altri servizi, un aumento del prezzo di vendita o delle entrate da aiuti pubblici. E' noto che la coltivazione degli olivi genera in molte realtà nazionali servizi ambientali e ricreativi di indubbio valore economico. Tuttavia appare estremamente difficile per le imprese ottenere una remunerazione per la fornitura di tali servizi: i pochi casi di successo sono connessi allo sviluppo di attività agri-turistiche dove la presenza degli oliveti ha ricadute economiche positive anche se difficilmente quantificabili. In qualsiasi caso, tali servizi possono essere spesso prodotti anche in assenza di produzione.
Le strategie di aumento dei prezzi di vendita richiedono evidentemente una modifica delle caratteristiche del prodotto. In alcuni casi ciò può essere realizzato attraverso azioni di marketing quali, ad esempio, confezionamento, distribuzione e promozione del prodotto. Ma le dimensioni di molte aziende italiane, le caratteristiche organolettiche del prodotto ottenuto, nonché limiti finanziari e imprenditoriali fanno sì che tali strategie siano in definitiva idonee solo per un limitato numero di produttori singoli. Infatti, nella maggioranza dei casi esse appare più adeguatamente perseguibile da gruppi di produttori attraverso articolati interventi extra-aziendali. Un'altra opzione per incrementare i prezzi di vendita è invece quella di migliorare le caratteristiche organolettiche del prodotto (es. acidità, fruttuosità e colore) e/o di puntare a modalità produttive apprezzate dai consumatori (es. biologico). Entrambe queste strategie devono essere attentamente valutate perché possono determinare un aumento dei costi di produzione e/o una riduzione delle rese produttive e essere ostacolate da vincoli ambientali, tecnici, strutturali ed imprenditoriali. Ma ciò che spesso ostacola tali iniziative è la difficoltà di accedere ai mercati dove queste caratteristiche innovative sono effettivamente percepite: non a caso una buona quota di produzione biologica finisce poi nei canali convenzionali.
Un'ultima opzione per aumentare le entrate aziendali è quella di incrementare l'entità degli aiuti pubblici percepiti e, in particolare, di quelli agro-ambientali. L'attenzione potrebbe infatti essere rivolta al passaggio alla produzione integrata o a quella biologica. Anche in questo caso il giudizio di convenienza potrà essere espresso confrontando l'evoluzione dei costi di produzione, delle rese e dei prezzi, nonché l'entità dei premi. Rispetto alle rese è opportuno sottolineare che proprio il disaccoppiamento dell'aiuto dalla produzione rende meno penalizzanti le eventuali riduzioni delle rese per ettaro e più rilevante, ai fini della scelta, il peso degli aiuti agro-ambientali. In questo senso la riforma rende relativamente più conveniente di prima il passaggio ai metodi di produzione eco-compatibili a patto, ovviamente, che l'entità dei premi agro-ambientali rimanga almeno invariata rispetto ai livelli attuali e assicurata per tutto l'arco dell'impegno.

Il problema dell'abbandono della produzione

Questo problema è stato al centro dell'attenzione pubblica durante il processo di definizione della riforma per il potenziale impatto che ciò potrebbe avere in termini produttivi, di utilizzazione delle risorse economiche nelle aree di produzione, nonché in termini paesaggistici ed ambientali. E' evidente che le pressioni all'abbandono saranno più forti dove (come già evidenziato) l'aiuto alla produzione rappresenta una quota non trascurabile delle entrate aziendali: le aree meridionali indirizzate alla produzione di oli di bassa qualità. Tuttavia la scelta dell'abbandono dipende dalla situazione reddituale di partenza e coinvolge, quindi, anche la struttura dei costi di produzione. In altri termini, anche in alcune realtà dove l'aiuto ha fino ad ora giocato un ruolo relativamente poco importante, le condizioni strutturali ed economiche potrebbero già essere "al limite" e tali da essere radicalmente influenzate dal disaccoppiamento. Inoltre, ogni valutazione ex-ante e generale in tema di abbandono della produzione appare soggetta a quelle difficoltà di valutazione già richiamate. In primo luogo alcune realtà caratterizzate da problemi strutturali rilevanti potrebbero ugualmente continuare a produrre grazie al fatto che il costo opportunità delle risorse aziendali è estremamente ridotto. Basti pensare alle possibilità di riconversione produttiva di un oliveto terrazzato oppure alle possibilità di impiego alternative di un pensionato in un'area interna del meridione. Questo significa anche che, con elevata probabilità, i fenomeni di abbandono saranno sempre più evidenti con il passare degli anni ma potrebbero essere piuttosto limitati nei primi anni di applicazione della riforma. Si noti che ciò potrebbe essere contraddetto dalle stime ufficiali di produzione dei primi anni che, probabilmente, evidenzieranno una rilevante contrazione della produzione già dal primo anno di applicazione. Ma attualmente le stime del potenziale produttivo sono probabilmente spinte al rialzo poiché l'attuale sistema di sostegno accoppiato incentiva a dichiarare livelli di produzione (rese per ettaro) più elevati di quelli effettivi; con il nuovo sistema di sostegno tale incentivo scomparirà immediatamente. Infine tuttora non sono stati chiariti completamente alcuni aspetti applicativi della riforma in Italia (es. relativi all'uso dei terreni cui associare i titoli) che potrebbero incidere profondamente sul tema dell'abbandono.

Il rispetto della condizionalità

Collegato a quello dell'abbandono è il tema del rispetto della condizionalità e, in particolare, delle Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali. La scelta nazionale a riguardo è stata piuttosto chiara: è stato semplicemente richiesto di garantire l'equilibrato sviluppo vegetativo dell'oliveto, secondo gli usi e le consuetudini locali attraverso (salvo specifici provvedimenti regionali più vincolanti) la potatura almeno una volta ogni 5 anni e l'eliminazione di polloni pluriennali e/o rovi negli oliveti. Si tratta di norme minime che possono essere rispettate con costi tendenzialmente limitati e che non incentivano in modo consistente il mantenimento della produzione. In definitiva, salvo il caso di aziende con titoli di scarso valore unitario, il rispetto dei requisiti richiesti sarà probabilmente molto diffuso almeno nel breve periodo. Infatti non è escluso che, nel caso in cui il valore dei titoli fosse ridotto mediante il meccanismo della disciplina finanziaria, esso divenga tale da non incentivare il rispetto della condizionalità.

Una valutazione delle scelte nazionali

La scelta nazionale del disaccoppiameto totale e di limitare la trattenuta per i programmi qualità alla metà di quella massima consentita è evidentemente frutto della scelta di congelare la distribuzione degli aiuti ai beneficiari storici e di massimizzarne i vantaggi economici immediati. La decisione di non utilizzare gli aiuti supplementari appare probabilmente quella più facile dal punto politico in quanto essa non ha richiesto l'assunzione di importanti responsabilità in termini di redistribuzione del sostegno tra aree geografiche (es. dalla pianura alle aree collinari) e tra aziende (es. storiche e non). Tuttavia essa ha anche il significato di rinuncia a gestire le superfici olivetate più critiche ma con maggiore valenza sociale ed ambientale. E i vincoli imposti dalla condizionalità non appaiono certamente sufficientemente selettivi e mirati per raggiungere questo scopo che ora è interamente rimandato all'azione regionale mediante i programmi agro-ambientali. A questo riguardo appare però necessario domandarsi se la disponibilità di risorse assegnate a questi programmi potrà essere sufficiente a svolgere questo compito che appare delicato e cruciale per indirizzare il futuro di una ampia fascia dell'olivicoltura nazionale.

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