Il ruolo difensivo dell’agricoltura conservativa in Puglia.

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Il ruolo difensivo dell’agricoltura conservativa in Puglia.
Prime evidenze empiriche

Introduzione

Il sesto Censimento dell’Agricoltura, recentemente pubblicato dall’Istat, mette in luce dati preoccupanti sulla riduzione delle superfici agricole italiane. La perdita di superfici coltivate è dovuta essenzialmente a due macrofattori riconducibili all’abbandono dei terreni da parte degli agricoltori e all’incessante processo di urbanizzazione in atto. Attualmente il fenomeno dell’abbandono riguarda la porzione più ampia dei terreni sottratti all’agricoltura ed in particolare i terreni meno fertili, quelli situati in aree montane e/o caratterizzati da scarsa dotazione infrastrutturale. La perdita di fertilità dei terreni non è l’unica minaccia ambientale nei confronti della risorsa suolo. L’intero territorio nazionale italiano è infatti fortemente interessato dal fenomeno dell’erosione superficiale che è tra le prime cause di perdita di suolo. Le stime attuali indicano che circa il 70% del territorio italiano sia a rischio di erosione accelerata (Oecd, 2009) e che il tasso di erosione sia compreso tra 3 e 10 t/ha di suolo all’anno. Tale problema assume una rilevanza notevole in termini di costi gravanti sulla società (in UE il costo sociale può ammontare fino a 14,0 miliardi di euro annui).
Nonostante la Puglia faccia registrare nell’ultimo decennio un aumento delle superfici coltivate del 2,7%, in controtendenza al dato nazionale, un’attività agricola ancora poco redditizia, un’iniqua distribuzione dei redditi lungo la filiera ed un mancato ricambio generazionale continuano a favorire lo spopolamento delle aree marginali della regione con conseguenze sul piano economico, sociale ed ambientale. Ne consegue che l’investimento in agricoltura risulta poco efficace senza un adeguato avvicinamento dei giovani alle professioni agricole, senza multifunzionalità e senza l’adozione di un’attività più sostenibile e produttiva nel lungo periodo. La stessa produttività agricola non può tuttavia che passare per la conservazione delle aree marginali, non prive di potenzialità, attraverso il recupero e l’utilizzo sostenibile delle risorse agricole e in modo particolare del suolo.
L’Agricoltura Conservativa (AC), comunemente conosciuta come ‘Agricoltura Blu’, con le sue tecniche di minima lavorazione del terreno (minimum tillage) e non lavorazione (no tillage) si propone come strategia di mitigazione verso fenomeni di eccessivo depauperamento della risorsa suolo, laddove contribuire a mantenerne inalterata la fertilità, può voler dire contribuire al mantenimento dei terreni in coltivazione. L’Agricoltura Conservativa promuove la produzione agricola sostenibile ottimizzando l'uso delle risorse e contribuendo a ridurre il degrado del terreno attraverso la gestione integrata della terra, dell’acqua e delle risorse biologiche in associazione ad input esterni.
In relazione all’aspetto ambientale, la letteratura internazionale è concorde nel asserire che l'uso prolungato di tecniche agronomiche conservative può contribuire a determinare benèfici effetti sul cambiamento climatico, contrastando la perdita di anidride carbonica dagli strati del terreno conseguente alle lavorazioni tradizionali (Lopez et al., 2012). Gli effetti positivi si manifestano inoltre sulla qualità (intesa come struttura) e sulla fertilità del terreno attraverso una maggiore capacità di infiltrazione delle acque con conseguente miglioramento della gestione della risorsa idrica. In merito al problema del consumo di suolo dovuto all’erosione superficiale ad opera di vento ed acqua, l’Agricoltura Conservativa ne favorisce il controllo e migliora la qualità del suolo e la sua capacità di resilienza (Derpsch et al., 2009). Effetti positivi indiretti si avrebbero inoltre sulla conservazione della biodiversità e sulla sicurezza alimentare (Sundar, 2011; Cotter et al., 2008).
Con la Comunicazione della Commissione Europea del 16 aprile 2002, n. 179 “Verso una strategia tematica per la protezione del suolo”, viene ben definito il ruolo che l’agricoltura può svolgere nel preservare il suolo e le sue funzioni ecologiche, economiche sociali e culturali. Le disposizioni comunitarie in materia, fino ad allora disgiunte nell’ambito di diversi settori strategici (ambiente, agricoltura, ecc.), sono state poi raccolte sotto un’unica azione coordinata a livello europeo mirante ad integrare le problematiche legate al suolo nelle politiche settoriali degli Stati Membri. Da questo momento in poi è chiara l’importanza che la tematica assume nella programmazione delle politiche e degli incentivi nel settore agricolo. Questa rilevanza è stata ribadita attraverso le priorità previste dal Reg. (CE) n. 74/2009 del Consiglio d’Europa (Health Check), relativamente all’adattamento agli effetti dei cambiamenti climatici sul suolo, al sequestro del Carbonio a livello del terreno e alla migliore gestione delle risorse idriche.
Oramai consolidato l’approccio ambientale del primo pilastro della Pac attraverso la condizionalità, innovativo appare invece il sistema degli incentivi per l’introduzione delle tecniche di agricoltura conservativa su base volontaria introdotto da alcune regioni italiane nelle misure agro ambientali dei Programmi di Sviluppo Rurale. L’intervento pubblico diviene particolarmente auspicato nel caso della promozione di un sistema innovativo di agricoltura i cui benefici si ripercuotono sull’intera collettività ed i cui costi gravano prevalentemente sui redditi agricoli (Tabella 1).

Tabella 1 - Una metanalisi dei costi-benefici sull'agricoltura conservativa


Fonte: Knowler and Bradshaw, 2007

Il Veneto e la Lombardia hanno fatto da apripista nel 2011 in Italia con un certo successo di partecipazione, mentre altre regioni, tra cui la Puglia, si accingono a modificare il Psr in quest’ultimissimo stralcio di programmazione 2007/2013 con l’introduzione di misure specifiche per promuovere l’agricoltura conservativa. In modifica alla misura 214, azione 2 “Miglioramento della Qualità dei suoli” del Programma di Sviluppo Rurale della Regione Puglia, nel Giugno 2012 è stata avanzata una proposta riguardante l’introduzione di una sub azione specifica (sub azione C: Adozione di tecniche di Agricoltura Conservativa) con l’obiettivo di incentivare, attraverso la concessione di un sostegno pubblico, tecniche di gestione del suolo più sostenibili secondo i criteri e gli obiettivi dell’Agricoltura Conservativa.
Una strategia basata sugli incentivi tuttavia, non necessariamente è destinata a decretare il successo di un programma di promozione dell’Agricoltura Conservativa. La corsa al sostegno comunitario ad integrazione dei redditi degli agricoltori, può rappresentare l’unica spinta determinante alla conversione, soprattutto in alcuni ambiti geografici in cui il settore agricolo risente particolarmente della mancanza di competitività. Inoltre, il carattere fortemente innovativo di un tale sistema di coltivazione necessiterebbe di un orizzonte temporale piuttosto lungo per cominciare a manifestare dei benefici economici ed ambientali per l’agricoltore. Questo rende necessaria la piena acquisizione del know-how ed un’efficiente e fedele applicazione delle tecniche previste dai disciplinari agronomici, che non sempre è facile garantire considerata l’incertezza ed il rischio tecnologico che caratterizzano il settore.

Margini di diffusione dell’agricoltura conservativa in Puglia

Il contesto pugliese, oggetto dell’indagine, è particolarmente caratterizzato dalla presenza di aree svantaggiate (il 55% del territorio regionale secondo il Mipaaf), in cui il forte rischio idrogeologico, la spinta antropizzazione, il processo di desertificazione in corso e l’elevato rischio di erosione rendono indispensabile interventi di conservazione dell’ambiente naturale.
L’erosione idrica superficiale, quale causa di perdita di suolo, è un fenomeno diffuso in Puglia, particolarmente nelle aree coltivate delle zone collinari della regione, dall’Appennino Dauno, alla Murgia, dal Salento al Gargano e la Fossa Bradanica e rimane in queste zone una delle cause principali di consumo e degrado del suolo. L’Appennino Dauno è particolarmente interessato dal rischio di erosione. Si stima che lo stesso, espresso in classi di perdita di suolo, vada in questa zona da un valore minimo di 1 t/ha/anno ad un valore massimo stimato, per le zone ad elevato rischio, di 40 t/ha/anno. Gran parte delle aree indicate a forte rischio di erosione idrica superficiale è coltivata a seminativi (frumento duro in particolare) ed interessata dalla presenza di pascoli intensivi degradati.
Il problema della perdita di fertilità dei terreni interessa particolarmente la parte settentrionale della regione identificabile con la provincia di Foggia, un’area caratterizzata da sistemi colturali intensivi (85,6% su Sau), dove molto elevati sono il tasso di mineralizzazione della sostanza organica ed il rischio di compattazione dei suoli per la forte meccanizzazione che caratterizza l’attività agricola. Le peculiarità dell’area relativamente agli aspetti climatici (stagione estiva arida) ed a diffuse nonché discutibili, pratiche di gestione agronomica, come la mono successione del frumento e la bruciatura dei residui colturali, hanno reso necessario approfondire lo studio sul ruolo che le tecniche conservative possono avere sul miglioramento dei risultati agronomici ed economici nel settore cerealicolo.
Dalle sperimentazioni condotte dal Centro di Ricerca per la Cerealicoltura di Foggia (Cra-Cer), è emerso che sussistono le caratteristiche necessarie ad un’adozione di successo dell’AC (basso tenore in sostanza organica, elevata mineralizzazione del suolo, suoli prevalentemente argillosi, argillo-limosi), con possibilità di ottenere buone performance produttive non dissimili da quelle ottenute con il metodo convenzionale e buone performance qualitative dei grani (Troccoli et al., 2007; Troccoli et al., 2007b).

L’agricoltura conservativa come nuovo strumento di sostenibilità competitiva

L’espressione Agricoltura Conservativa in realtà rappresenta un sistema di pratiche agricole complementari che comprendono:

  • minimo disturbo del suolo attraverso tecniche di semina su sodo o di lavorazione ridotta del terreno, per preservarne la struttura, la fauna e la sostanza organica;
  • copertura permanente del suolo, con colture di copertura, residui e coltri protettive, per proteggere il terreno e contribuire all’eliminazione delle erbe infestanti;
  • associazioni e rotazioni colturali diversificate, che favoriscono i microrganismi del suolo e combattono le erbe infestanti, i parassiti e le malattie delle piante.

Questo sistema di gestione del suolo agricolo può essere assimilato ad un’innovazione di processo per le aziende da attuare in risposta all’esigenza di sostenibilità competitiva del settore agricolo (Contò et al., 2012). La sostenibilità del sistema è inoltre coerente con la visione comunitaria del “triple bottom line” che racchiude la dimensione economica, quella ambientale e quella sociale.
Secondo la letteratura agronomica, i benefici sulla produttività delle aziende che adottano metodi di AC si manifestano nel lungo periodo con un aumento delle rese e dei rendimenti rispetto ai metodi di lavorazione convenzionale (Knowler et al., 2007) e con la riduzione dei costi di produzione dovuti alla ridotta meccanizzazione. Gli svantaggi, riscontrabili già in una prima fase, contemplano elevati costi iniziali di investimento, costi di transizione e di adeguamento, assistenza tecnica e formazione degli agricoltori.
Secondo gli studi della Fao, il processo di cambiamento tecnologico che porta un’azienda ad adottare metodi di agricoltura conservativa passa attraverso quattro fasi:

  • Miglioramento delle tecniche di lavorazione
  • Miglioramento delle condizioni del suolo e della fertilità
  • Diversificazione del modello colturale
  • Entrata a regime del sistema.

La prima fase del processo di transizione prevede il miglioramento e l’adeguamento delle tecniche di lavorazione. Durante questa fase non è previsto alcun aumento della produttività, mentre la riduzione dei costi di produzione, dovuta essenzialmente a riduzione del tempo e della forza lavoro, non è certa. Nella prima fase è inoltre previsto un aumento dell'utilizzo degli input agrochimici. Durante la seconda fase si assiste ad un ulteriore riduzione della forza lavoro e della meccanizzazione, con conseguente riduzione dei costi. È possibile riscontrare in questa fase un aumento delle rese produttive con conseguente incremento dei redditi aziendali. Soltanto nella terza fase si assiste alla diversificazione del modello colturale con la stabilizzazione delle rese. Il vantaggio economico e tecnologico può essere finalmente apprezzato dall’agricoltore nella quarta ed ultima fase in cui produzione e produttività dell’azienda diventano stabili nel tempo (Fao, 2005).
Questa esemplificazione del passaggio dall’agricoltura convenzionale alla conservativa, la sua diffusione e la relativa sostenibilità socio-economica ed ecologica restano per la letteratura scientifica fortemente vincolati alla specificità del sito ed alle caratteristiche pedoclimatiche ed ambientali delle diverse regioni (Lahmar, 2010; Knowler et al., 2007).
Anche alla luce delle fasi del cambiamento tecnologico, è chiaro che l’adozione di un sistema colturale così innovativo sarà evidentemente possibile qualora i vantaggi percepiti dall’agricoltore saranno superiori agli oneri sostenuti. A tale proposito, è interessante notare come molti degli effetti di lungo termine che le tecniche di semina su sodo e di minima lavorazione manifestano, si evidenziano su scala regionale e globale rendendo questo metodo di gestione del suolo molto allettante sul piano sociale, ma piuttosto gravoso per l’azienda (Tabella 1).

Obiettivo dell’indagine

L’obiettivo del lavoro è rilevare attraverso un’indagine qualitativa, l’atteggiamento degli agricoltori rispetto all’agricoltura conservativa, al fine di valutare se esiste una tendenza condivisa nel considerare i benefici economici ed ambientali dell’AC e se vi può essere un margine positivo tra percezione dei vantaggi e dei costi per le aziende agricole.

I fattori che influenzano la percezione degli agricoltori verso l’agricoltura conservativa

La letteratura internazionale ammette l’esistenza di diversi driver e barriere al processo di adozione dell’Agricoltura Conservativa.Gli studi che prendono in esame i fattori che agiscono sulla propensione all’AC finiscono tuttavia per rilevare una certa inconsistenza ed ambiguità dei risultati, evidenziando che non esistono delle variabili che universalmente spiegano la propensione degli agricoltori all’AC. A questo proposito Knowler et al. (2007) evidenziano la necessità di condurre indagini specifiche sulle condizioni locali.
Tra i fattori esogeni all’impresa, oltre al già citato quadro delle politiche pubbliche e degli incentivi, il mercato e le condizioni strutturali sono determinanti nel creare le condizioni per l’adozione dell’AC. A questo proposito è evidente come, diversamente da altri metodi colturali sostenibili come il biologico, l’AC non si traduce nella realizzazione di un prodotto innovativo, almeno non nella prospettiva del consumatore finale. Al contrario del prodotto biologico, caratterizzato da un valore aggiunto apprezzato sul mercato per i suoi attributi legati alla qualità salutistica e nutrizionale rispetto al convenzionale, il prodotto derivante da agricoltura conservativa è un prodotto non differenziato, se non per attributi intangibili relativi alla sostenibilità ambientale che li caratterizza (Contò, 2008).
Il vantaggio economico della riduzione dei costi di produzione dovuto alla diminuzione delle operazioni colturali, all’abbattimento della meccanizzazione ed al minore utilizzo di fattori tecnici è sicuramente un fattore rilevante nella spinta all’adozione dell’AC. A questi fattori si accompagna una certa flessibilità di funzionamento e di gestione del sistema colturale rispetto all’agricoltura convenzionale. La dimensione aziendale e la sua ubicazione in base ad altitudine ed andamento climatico generale, sono aspetti correlati alla gestione economica e finanziaria dell’impresa. A parità di condizioni infatti, ad una maggiore dimensione aziendale dovrebbe corrispondere una maggiore complessità di operazioni colturali e quindi una maggiore propensione all’investimento in nuove tecnologie (Fuglie, 1999). Anche la conduzione di attività connesse in azienda potrebbe secondo la letteratura, influenzare la propensione dell’agricoltore verso la AC (Swinton, 2000; Fuglie, 1999). Il contoterzismo attivo e passivo potrebbe tra queste, rappresentare una barriera alla diffusione dell’AC.
Determinanti sono anche le condizioni biofisiche legate al clima ed al suolo per la determinazione della pressione delle erbe infestanti, dei parassiti e dell’inquinamento e la disponibilità dei fattori produttivi.
Poiché la diffusione delle innovazioni nel settore agricolo avviene prevalentemente secondo un modello di comportamento imitativo da agricoltore ad agricoltore, assumono molta importanza gli aspetti legati alla sfera attitudinale e comportamentale. Gli aspetti socioculturali, primo tra tutti la consapevolezza delle minacce ambientali e salutistiche, la preoccupazione per la perdita di fertilità del suolo, possono agire sul processo di scelta ed ergersi a barriere nell’adozione di tecniche innovative più sostenibili rispetto alle tecniche agricole convenzionali (Traore´et al., 1998). Le caratteristiche del management, la propensione all’innovazione tecnologica, sono determinanti nello stabilire la propensione dell’agricoltore al rischio che si apre con la scelta del metodo colturale.

L’indagine qualitativa

L’indagine è stata realizzata nella provincia di Foggia ed ha coinvolto un campione casuale di 250 aziende cerealicole. La casualità e la numerosità del campione non permettono di estendere i risultati dell’indagine all’intera popolazione di aziende della regione, ma lo studio si propone in questa fase di fornire delle prime indicazioni sullo stato di conoscenza e sul livello di informazione degli agricoltori rispetto all’AC. Gli aspetti messi in luce dall’indagine necessiteranno di un ulteriore approfondimento attraverso successive indagini di tipo quantitativo finalizzate a determinare possibili relazioni causa-effetto tra le variabili osservate e la propensione espressa dall’intervistato.
La raccolta dati è avvenuta a mezzo intervista telefonica sulla base di un questionario strutturato che si compone di quattro parti. Una prima parte raccoglie informazioni sulle caratteristiche socio culturali del conduttore dell’impresa agricola, una seconda parte rileva le caratteristiche strutturali e gestionali dell’impresa ed una terza parte raccoglie informazioni sulla gestione agronomica. Agli intervistati è stato chiesto infine, di esprimere la propria inclinazione verso l’AC su una scala che va da 1 a 10 e di fornire delle motivazioni a corredo del voto indicato.
L’età media del campione è di 56 anni e gli intervistati si distribuiscono in maniera piuttosto uniforme sui quattro livelli di istruzione individuati. Il 13% di essi ha conseguito una laurea, mentre il 25% ha conseguito il diploma di istruzione superiore. Le aziende che hanno partecipato all’indagine, sono esclusivamente aziende individuali a conduzione famigliare, hanno una dimensione media di circa 21 ettari e sono dislocate mediamente in collina (altitudine media 210 mt. sul livello del mare). Le aziende con terra di proprietà rappresentano la quasi totalità del campione ed è molto diffuso il contoterzismo passivo (circa per il 45% del campione).
I primi risultati dell’elaborazione statistica mostrano una propensione molto scarsa degli agricoltori all’AC. Soltanto il 20% degli intervistati ha espresso infatti parere favorevole con un livello superiore a 5, mentre il 72% ha espresso un giudizio molto negativo (voto da 1 a 3) (Figura 1).

Figura 1 - Propensione degli intervistati verso l'AC


Fonte: Elaborazione degli autori

Interessante per gli obiettivi dell’indagine è la rilevazione delle opinioni più diffuse tra gli intervistati in merito alle tecniche dell’agricoltura conservativa sulla base delle proprie conoscenze personali (Tabella 2). La quasi totalità del campione ha dichiarato di conoscere i presupposti ed i criteri previsti dall’agricoltura conservativa, ma soltanto il 35% del campione ha saputo dare una motivazione rispetto al proprio grado di inclinazione all’AC. Soltanto l’8% dei rispondenti ha dichiarato di aver sperimentato tecniche di lavorazione su sodo, mentre il 5% si ritiene soddisfatto dei risultati ottenuti in termini di produttività ed economicità del metodo.

Tabella 2 - Le opinioni comuni sul campione di intervistati. Percentuale sul totale delle risposte


Fonte: Elaborazione degli autori

I risultati preliminari mostrano la prevalenza delle motivazioni avverse rispetto alle motivazioni a favore dell’AC. Tra le motivazioni avverse, le opinioni maggiormente condivise vertono su fattori prevalentemente agronomici, come il problema del ristagno idrico dovuto alla riduzione delle lavorazioni (17%). Gli agricoltori informati ritengono infatti che i risultati agronomici siano variabili rispetto alle condizioni di umidità dell’annata. Alcuni di essi (13% risposte) ritengono invece che si possa verificare una certa riduzione della produzione, mentre soltanto una piccola parte degli intervistati (3% delle risposte) ha evidenziato il problema della gestione delle erbe infestanti. Il problema della gestione delle infestanti può essere un ostacolo notevole alla diffusione dei metodi conservativi in contesti come quello studiato, dove l’ordinamento produttivo consolidato prevede la rotazione del frumento con il pomodoro da industria. Segue in ordine di importanza il problema dell’aumento dei costi, dovuto agli alti investimenti iniziali per le macchine specifiche necessarie (8%), a testimonianza della perplessità generale sul riscontro economico del cambiamento. A questo proposito è bene sottolineare che alcune tecniche di “vertical tillage”, che consiste in una micro-lavorazione del terreno mediante incisioni con dischi verticali hanno il vantaggio, così come sperimentato già presso aziende della Pianura Padana, di poter essere applicate con le più diffuse seminatrici, senza dunque particolari costi aggiuntivi per l’azienda (Aigacos- Associazione Italiana per la Gestione Agronomica e Conservativa del Suolo).
Come accennato nella descrizione statistica del campione, molte delle aziende intervistate si avvalgono del lavoro di contoterzisti e questo può determinare a nostro avviso molta parte della scarsa propensione all’AC rilevata dall’indagine. Anche da questo aspetto si deduce una certa disinformazione a riguardo, se si pensa che in quelle stesse regioni del nord, dove le tecniche conservative hanno preso maggiormente piede, molti contoterzisti si sono adeguati, specializzandosi ed offrendo agli agricoltori soluzioni mirate, con macchine e attrezzature modificate in funzione delle esigenze e delle caratteristiche delle singole zone.
Gli agricoltori che hanno manifestato una buona propensione all’agricoltura conservativa hanno invece apportato motivazioni in linea con le finalità del metodo. Le opinioni maggiormente diffuse riguardano la possibilità di ridurre i costi di produzione (20% risposte) e di migliorare le condizioni biofisiche del terreno con conseguente miglioramento della produttività nel lungo periodo (6%). In conclusione, l’indagine rivela una certa riluttanza all’AC (qualcuno dichiara persino che “l’agricoltura convenzionale piace”) che lascia tuttavia trasparire un notevole livello di disinformazione diffusa e/o di informazione contrastante sul tema nella sua complessità.

Considerazioni conclusive

L'agricoltura conservativa può essere, nel lungo periodo, una risposta efficace alla duplice esigenza di aumentare la redditività delle aziende agricole riducendo i costi di produzione e di contribuire alla riduzione del consumo di suolo dovuto all’erosione idrica superficiale.
Capire a livello locale, quali fattori possono portare l’agricoltore a passare dalla mera fase di interesse e conoscenza dell’AC alla scelta di cambiamento e di adozione del metodo innovativo, può rivelarsi fondamentale nel processo di identificazione delle politiche e nella riuscita del programma di promozione di recente introdotto nei Psr. La letteratura internazionale non fornisce risultati univoci in questa direzione, ma riconosce l’esistenza di macro barriere all’adozione di una tale innovazione riconducibili a:

  • disponibilità della tecnologia
  • acquisizione del know- how
  • mentalità diffusa
  • riscontro economico

L’indagine proposta non ha l’ambizione di fornire ai policy maker, almeno in questa prima fase del lavoro, delle indicazioni precise di intervento. Per tale fine sarà necessario estendere l’indagine ad un campione statisticamente rappresentativo anche attraverso l’ampliamento della base informativa dei dati. Il presente studio, strettamente vincolato alla realtà locale delle imprese cerealicole del meridione, può costituire un contributo importante per capire come l’Agricoltura Conservativa venga percepita nei suoi vantaggi e svantaggi ed indicazioni più precise sul livello di conoscenza del metodo, sulle finalità e sui presupposti della sua riuscita agronomica.
Come già rilevato, le politiche di sviluppo rurale possono influenzare notevolmente la scelta dell’agricoltore di produrre con metodi conservativi. Il sistema degli incentivi può agire ad esempio direttamente attraverso l’agevolazione all’acquisto di macchine e seminatrici specifiche qualora il problema principale sia quello del difficile accesso alla  tecnologia, introdurre misure sulla formazione e l’assistenza tecnica nel caso di mancanza del know-how necessario, o di informazione qualora l’ostacolo posto è quello della riluttanza all’innovazione. Infine le politiche possono agire direttamente attraverso l’integrazione del reddito degli agricoltori nel caso di onere economico insostenibile soprattutto per alcuni settori produttivi più penalizzati dal mercato. Probabilmente nella regione oggetto dell’indagine, le politiche possono e devono agire coerentemente su tutte le dimensioni del problema, puntando su un buon programma di informazione e promozione del metodo conservativo e dei vantaggi economici ed ambientali perseguibili nel lungo periodo.

Riferimenti biliografici

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