OGM e agricoltura: effetti socio-economici nei Paesi in via di sviluppo

OGM e agricoltura: effetti socio-economici nei Paesi in via di sviluppo
a Università di Firenze, Dipartimento di Biologia Evoluzionistica

OGM: innovazione tecnologica di successo?

La discussione sugli OGM, come sta avvenendo da tempo per tutti i prodotti biotecnologici, si é concentrata fino ad ora essenzialmente su temi di rilevanza etica e in particolare sui problemi di bio-sicurezza, affrontati essenzialmente sul piano emotivo e pubblicitario. Non si discute, che poco e male, né di quali siano gli OGM realmente in commercio, se siano o meno una utile innovazione tecnologica, né tantomeno della gigantesca operazione economica di trasformazione delle agriculture di cui sono la bandiera e il motore pricipale in particolare nei paesi in via di sviluppo (Pvs).
Innanzitutto è utile precisare che la tecnologia della “ingegneria genetica” introdotta nei primi anni Settanta da genetisti e biologi molecolari batterici, é una tecnica allora concettualmente innovativa basata sul trasferimento artificiale di geni e quindi di nuove funzioni da un organismo ad un altro, generalmente appartenenti a specie distanti dal punto di vista evolutivo. Operazione quindi ben diversa dal miglioramento genetico “tradizionale” basato invece sull’incrocio fra individui della stessa specie che, é bene chiarirlo ai non addetti, hanno tutti gli stessi geni con le stesse funzioni anche se in varianti (“alleli”) diversi. La messa a punto del primo metodo di trasformazione delle piante é del 1981, quando per la prima volta M.D. Chilton ha utilizzato la capacità naturale del batterio Agrobacterium tumefaciens di inserire frammenti di DNA nelle piante infettate. Fu poi nel 1983 che Chaleff presentò una pianta di tabacco in cui erano stati inseriti geni di Bacillus Thuringensis che conferivano la resistenza agli insetti. Il primo prodotto immesso in commercio fu, nel 1994, il pomodoro Flavr Savr, dotato di un gene che impediva la marcescenza, che fu però ritirato dato il suo scarsissimo successo sul mercato e, nel 1996, fu autorizzata la commercializzazione di piante resistenti ad insetti e a diserbanti. Da allora nessun nuovo carattere é stato inserito con reale successo di mercato e solo quattro piante così modificate sono ampiamente coltivate. Le specie sono il mais, il cotone, la soia, il colza anche se sono in corso tentativi di introdurre sul mercato riso e grano anch’essi resistenti a insetti e diserbanti. Probabilmente migliaia di piante sono state geneticamente modificate per altri caratteri ma, per ora, sono rimaste nei laboratori e nei campi sperimentali, nonostante che molte di esse siano state oggetto di scoop giornalistici e di intense discussioni. La ragione di questo fallimento sta nel fatto che, come sanno tutti i ricercatori del campo, le interazioni fra i geni introdotti e la pianta non sono di tipo additivo e portano ad un altissimo livello di imprevedibilità del risultato, sempre in qualche modo diverso da quello atteso. Quando si effettua una trasformazione, infatti, non siamo in grado di prevedere a priori il numero di copie del frammento di DNA che si inseriranno nel corredo genetico dell’ospite, dove questi frammenti andranno ad inserirsi provocando possibili danni, se saranno rimaneggiati dalla pianta o no, se potranno esprimersi e quanto, ecc. Non si sa poi che effetto avranno le proteine “nuove” prodotte, come si inseriranno i nuovi metaboliti nella rete pre-esistente, frutto di milioni e milioni di anni di co-evoluzione, e infine come interagirà la pianta geneticamente modificata con l’agro-ecosistema in cui é stata introdotta. Nonostante tuttavia che la “innovazione” sia vecchia di più di venti anni, la soia, il mais, il cotone, il colza resistenti a insetti e diserbanti hanno avuto grande fortuna, tanto che nel 2009 ben 134 milioni di ettari erano coltivati nel mondo con piante geneticamente modificate (PGM). Di questi, 64 erano negli Stati Uniti, 21,4 in Brasile, 21,3 in Argentina, 8,4 in India, 8,2 in Canada. Altri paesi: Cina, Paraguay e Sud Africa, superavano il milione di ettari di produzione. Gran parte della superfice coltivata ad OGM era costituita da soia resistente a diserbanti e ad insetti seguita dal mais, mentre le altre due piante (cotone e soprattutto colza) hanno avuto meno successo. Questa situazione é ancora più paradossale se si considera che l’utilità di questi prodotti non appare davvero sensazionale. Le piante in commercio, infatti, non producono di più, come chiariscono i dati reperibili dal sito dello USDA (il Dipartimento agricoltura degli Stati Uniti) in cui troviamo che le produzioni unitarie di mais e anche di soia sono andate aumentando costantemente dal 1977 al 2007, ma sempre con la stessa velocità, che non é cambiata dopo la introduzione delle PGM, avvenuta, come si diceva, nel 1996. L’aumento di produzione quindi non é dovuto alle modificazioni genetiche, ma al miglioramento delle tecniche di coltivazione e al lavoro dei miglioratori genetici “tradizionali” che hanno continuato a selezionare i genitori delle piante di mais e di soia modificate. Le trasformazioni non hanno neanche ridotto la quantità di diserbanti e insetticidi consumati. Nel primo caso, non poteva andare diversamente visto che le piante resistenti sono state costruite proprio per poter fare trattamenti di diserbo in tutte le fasi di coltivazione fino alla raccolta. Per quanto rigarda la resistenza ad insetti, é vero che ci sono stati dei miglioramenti, ma ora le cose sono cambiate in peggio. Innanzitutto, in relativamente poco tempo, la presenza delle piante produttrici di insetticida ha provocato la selezione di insetti resistenti della stessa specie che veniva combattuta. Inoltre, la distruzione di questa ha facilitato l’aumento delle popolazioni di altri insetti dannosi e quindi l’uso rinnovato di insetticidi. Qualcosa di simile sta avvenendo, anche se più lentamente, anche per quanto riguarda i diserbanti, in quanto numerosi infestanti hanno sviluppato resistenze specifiche. L’unico vantaggio economico reale, ma solo delle piante resistenti ai diserbanti, sta nella diminuzione del costo della mano d’opera utilizzata per il diserbo, cosa che non é, come vedremo, necessariamente positiva dal punto di vista sociale.

Effetti socio-economici della introduzione di OGM nei Paesi in via di sviluppo

Gli scarsi o inesistenti vantaggi delle PGM nei confronti delle stesse varietà non trasformate e il loro successo fanno dubitare della libertà del mercato. Il dubbio appare confermato dal processo di accumulazione documentato da Ph.H.Howard (2009) che ha portato le prime quattro imprese al controllo del 59% del mercato dei pesticidi e del 56% dei semi attraverso l’aggregazione di produttori complementari che puntano al controllo della intera filiera produttiva agricola fortemente facilitato dalla concentrazione dei brevetti nelle mani di pochi. Lo strumento del brevetto industriale, infatti, é stato esteso, con la nascita della Ingegneria genetica, alle piante e agli animali, sotto forma di brevetto di sbarramento sia di prodotto che di processo che si estende a tutti i “materiali” in cui é contenuto il gene o che sono stati prodotti con un processo. Per questo, il coltivatore deve comprare ogni anno il seme dall’impresa produttrice, invece di produrlo da solo e paga royalties anche se una sola pianta geneticamente modificata viene trovata in un campo “libero da OGM”. Tre imprese dominano attualmente il mercato (Monsanto, Dupont e Syngenta, in ordine di grandezza). Si tratta di imprese chimiche in possesso di brevetti agrochimici che, a partire dagli anni Novanta, ne hanno assorbito altre chimiche, farmaceutiche e soprattutto sementiere. Così Monsanto, produttrice di diserbanti negli anni Sessanta, si é fusa con Pharmacia e Upjohn, ha acquisito le grandi sementiere Cargill, Dekalb Genetics Corporation, Delta e Pine Land, Seminis, Holden Foundation Seeds e controlla oltre duecento sementiere in India, Cina, Brasile. La Dupont, ha acquisito la Pioneer High Bred e combatte una difficile battaglia sui brevetti con la leader mondiale. Più debole é Syngenta che deriva dalla fusione fra Novartis agricoltura e Zeneca e ha acquistato la Wilson Seed allargando la produzione a ormoni vegetali e fungicidi. Queste imprese e in particolare Monsanto trattano da pari a pari con gli Stati nazionali e con l’Unione europea e dispongono di una rete potente di laboratori di ricerca che, pur riducendo progressivamente l’intensità di ricerca (Schimmelpfennig et al., 2004) costituiscono il nucleo fondante per una propaganda aggressiva sui vantaggi delle PGM particolarmente pesante nei PVS, anche attraverso la presenza negli organismi pubblici di controllo e anche negli editorial board di molte riviste internazionali, come risulta da una sintesi critica della letteratura sul cotone resistente ad insetti in Cina, India, Sud Africa, condotta da D.Glover nel 2009 per conto dell’ESRC (Economic and Sicial Research Council) inglese. In molti lavori, anche pubblicati su buone riviste, Glover nota una evidente parzialità che ad esempio porta in Cina a non conteggiare come lavoro quello famigliare nelle piccole aziende, a notare che il vantaggio delle PGM c’é solo in casi di attacco pesante, che l’uso dei pesticidi non si é abbassato, che nuovi insetti sono diventati pericolosi in seguito alla distruzione del boll worm da parte delle PGM, (Wang e co., 2008). Analogamente, l’autore nota dalla letteratura che in India le aziende che hanno un vantaggio economico, lo ricavano da aiuti tecnici e monetari mirati ad esse da parte dello Stato, sono in partenza più ricche delle altre e usufruiscono di sistemi di irrigazione efficienti. Il quadro diventa così ben diverso e supportato anche da lavori non riportati da Glover. In India ad esempio (Ramasundaram et al., 2007 ed altri autori), in alcune regioni come l’Andhra Pradesh e il Maharashtra, per la presenza di ben 150 specie di insetti parassiti a cui le varietà PGM non oppongono nessuna resistenza, si sono dovuti usare più pesticidi, fatto che insieme alla riduzione del prezzo del cotone e agli attacchi virali a cui le varietà locali sono resistenti a differenza dalle PGM, ha portato ad un aumento di suicidi nelle popolazioni locali. Gioca in questo, come in molti altri casi, la pesante riduzione della variabilità genetica delle piante coltivate, iniziata in India già al tempo della rivoluzione verde, ma di gran lunga più pesante nel caso delle poche varietà GM. Fin qui abbiamo discusso solo del cotone resistente al boll worm che ha avuto molto spazio in Cina, India e Sud Africa, tutti paesi in cui la agricoltura industriale in quanto tale ha incontrato in genere molte resistenze. La situazione é molto diversa in America latina e in particolare in Argentina, Brasile, Paraguay in cui la PGM più importante é di gran lunga la soia resistente a diserbanti. In tutti i casi, la diffusione della soia é stata accompagnata da: (a) la distruzione dell’agricoltura di sussistenza; (b) la riduzione pesante del numero delle imprese agricole e l’aumento della dimensione; (c) lo spostamento della produzione dalle piante che provvedono la base alimentare alla soia da esportazione. In Argentina, infatti, l’aumento della produzione di soia dell’11.8% dal 1996 al 2004 ha comportato la riduzione del grano del 2.3%, della patata del 3.3%, del miglio del 19.1%. Contemporaneamente, il numero delle imprese agricole si é quasi dimezzato dal 1966 al 2002 e, mentre sono sparite le imprese famigliari, si sono ingrandite quelle industriali in cui il rapporto capitale/lavoro é praticamente raddoppiato. In sintesi, il tessuto di aziende contadine é stato sostituito da imprese di dimensioni maggiori, spesso unite in reti con un unico direttore, che impiegano braccianti con una riduzione del lavoro che supera il 50% e producono una drastica riduzione della variabilità genetica di piante ed animali. In Brasile, la esplosione delle coltivazioni di soia ha provocato la cacciata spesso violenta dei contadini da parte dei sojeros e dei grileiros (speculatori) che, come quelli argentini si sono spostati nelle favelas abbandonando le loro sementi e perdendo le loro culture, e si é verificato un aumento rapido della deforestazione. Infine, tutti questi fenomeni sono avvenuti in modo più cruento in Paraguay, paese in cui gran parte della terra é gestita da stranieri, tanto che dei 60.000 produttori di soia il 40% é brasiliano, il 36% tedesco o giapponese e solo il 24% paraguaiano.

Considerazioni conclusive

A conclusione di questo breve articolo penso risulti evidente che gli OGM sono ormai il simbolo di una agricoltura non mirata alla soluzione del problema della fame (solo il mais fra le piante in commercio ha un significato da questo punto di vista) ma alla produzione di reddito e al controllo dei mercati mondiali da parte di poche imprese multinazionali facilitate dalle regole del WTO. È per questo che la ricerca di OGM utili pare essersi fermata e tutto é accentrato sulla propaganda, sulla brevettazione, sulla speculazione finanziaria. Questo cambiamento, che sembra preludere all’uso della terra per le energie alternative e per la produzione non alimentare (vedi ad esempio la patata Amflora per produzione di carta), ha già provocato e sta provocando problemi economici e sociali molto più gravi di quelli temuti sul piano della sicurezza alimentare su cui, purtroppo, si accentra la discussione del nostro paese. Una inversione di rotta si potrebbe solo avere se si riprendesse la ricerca di base puntando però non all’aumento di profitto monetario e di controllo ma alla produzione alimentare sicura e ad una vera lotta contro la fame.

Riferimenti bibliografici

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  • Wang, S. (2008) "Bt Cotton and Secondary Pests", International Journal of Biotechnology 10(2-3): 113-21
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