Alcune riflessioni su possibili strumenti di valorizzazione della biodiversità animale: cenni alla situazione pugliese

Alcune riflessioni su possibili strumenti di valorizzazione della biodiversità animale: cenni alla situazione pugliese

Introduzione

La parola biodiversità indica la diversità biologica di un ambiente, intesa come numero di specie animali e vegetali differenti. La natura della biodiversità, fortemente legata a valori eterogenei (economici, ambientali e socio-culturali), rende tale risorsa funzionale allo sviluppo. Una sua corretta valutazione, tanto dal punto di vista genetico che da quello economico, dovrebbe essere preliminare a qualsiasi progetto di valorizzazione delle risorse genetiche animali nel contesto locale.
In Puglia, ove sono presenti numerose razze autoctone, la biodiversità assume un carattere rilevante e la sua tutela potrà rappresentare un possibile obiettivo delle future programmazioni di sviluppo locale. Le politiche di sostegno, a livello comunitario, nazionale e regionale, favoriscono la salvaguardia delle risorse locali con strumenti sempre più precisi e puntuali. Tuttavia, una corretta progettazione di piani di salvaguardia e sviluppo delle risorse genetiche animali dovrebbe comprendere in prima istanza una valutazione del valore delle risorse in oggetto, e successivamente una stima comparativa dei possibili interventi per verificare la convenienza ad intraprendere lo sforzo per recuperare il patrimonio genetico.

L'importanza della biodiversità

La biodiversità, parola composta dai due termini “diversità biologica”, coinvolge tre livelli di organizzazione: il primo è legato al patrimonio genetico degli organismi, il secondo alla differenza fra gli stessi, ed il terzo all’intero ecosistema. Parallelamente, vi sono diverse definizioni del termine biodiversità: a) totalità di geni, specie, ed ecosistemi di una regione; b) misura della diversità relativa fra organismi presenti in differenti ecosistemi. Risulta chiaro come la biodiversità sia legata a diversi aspetti che influenzano la stabilità di un ecosistema. In particolare, la sua importanza risiede in gran parte nei suoi benefici effetti: consente una maggiore stabilità della popolazione ad eventi perturbativi casuali, una notevole adattabilità a mutate condizioni ambientali, una maggiore resistenza (ovvero resistenza, nei confronti del patogeno, di tipo “orizzontale”), lo sviluppo di resilienza (la coevoluzione di patogeni e animali autoctoni consente a questi ultimi di continuare a produrre pur in presenza di malattia), ed infine, la presenza e conservazione di peculiarità genetiche.
In altri termini, la biodiversità risulta un pilastro fondamentale dello sviluppo sostenibile. Infatti, la conservazione di determinate popolazioni è strettamente correlata al processo evolutivo, che consente un continuo adattamento delle popolazioni alle mutate condizioni dell' “ambiente” in senso più ampio.
Per stimare il valore della biodiversità sarebbe opportuno considerare le varie componenti che compongono il suo valore totale. In particolare, la biodiversità è importante per l'ecologia di un ambiente (influenzando l'equilibrio e la produttività dell’ecosistema), per la sua economia (basti pensare al suo valore d'uso, di eredità e di esistenza), per la sfera etico - culturale (essendo parte del patrimonio culturale dell'uomo). Inoltre, essa assume rilevanza scientifica per le informazioni che può fornire sul processo evolutivo e sugli equilibri degli ecosistemi. In ambito agroalimentare non mancano esempi di valorizzazione della “diversità” mediante marchi o denominazioni di origine. Per le ragioni esposte, è importante valorizzare la biodiversità per uno sviluppo sostenibile del territorio rurale.
D’altra parte, è attualmente in atto un processo di “erosione” delle risorse genetiche, a causa dei cambiamenti sostanziali della società: aumento demografico, dunque, della domanda di risorse alimentari; cambiamento dei processi produttivi (da economie di scala ad economie di scopo, e viceversa) (Di Bernardo, 1997); omogeneizzazione di input e risorse (per la severa selezione delle razze e degli individui e l’importazione di razze esotiche specializzate, nonché per il processo di uniformazione delle tecniche di allevamento); globalizzazione dei mercati; politiche di sostegno alla produzione; esportazione di materiale genetico nei paesi in via di sviluppo; fenomeni genetici naturali di deriva ed aumento della consanguineità (dovuta a tecniche di allevamento sempre più specializzate e semplificate).
In sintesi, i processi che interessano il nostro pianeta inducono a ricercare politiche di gestione per invertire la tendenza di tali cambiamenti. I passi fondamentali di tale processo sono la valutazione economica e genetica della biodiversità e la progettazione di programmi di tutela, salvaguardia o recupero dei pool genici che maggiormente contribuiscono alla variabilità biologica, tenendo anche in debito conto la fattibilità di tale impresa.

Come misurare la biodiversità?

La comprensione dell'importanza della biodiversità passa, inevitabilmente, da una sua misura o stima. L’oggetto di analisi è tuttavia influenzato da due parametri: il numero delle specie (vegetali, animali, o entrambe) e la distanza genetica esistente fra le stesse all'interno dell'ecosistema considerato. Una valutazione corretta potrebbe quindi essere ottenuta mediante diversi indici o modelli matematici quali, ad esempio, l'indice di Shannon e l'approccio di Weitzman. In particolare, l'indice di Shannon , pari alla somma delle proporzioni (pi) di ciascuna specie sul numero totale di esse (S), tiene conto sia della numerosità delle specie sia dell'equità di distribuzione delle stesse, ovvero della loro uniformità di distribuzione. Differentemente, una più spinta modellizzazione matematica della problematica potrebbe risultare un utile strumento di supporto alle politiche di salvaguardia e consentire la valutazione comparativa e ricorsiva delle diverse possibili azioni d'intervento. A tal proposito, l'approccio di Weitzman permette di ottimizzare la spesa nella direzione più efficace per massimizzare la biodiversità.

Valore economico della biodiversità

L'esigenza di valutare le risorse genetiche è nata fondamentalmente in seguito al verificarsi di due circostanze: da un lato l'introduzione di leggi per la tutela della proprietà intellettuale (es. brevetti) che di fatto pongono fine al libero scambio, in ambiti accademici, delle conoscenze acquisite in campo genetico, e dall'altro la sottoscrizione della Convenzione Internazionale sulla Biodiversità, avente come obiettivo internazionale la tutela della biodiversità, regolamentando l'accesso alle risorse genetiche, il trasferimento delle tecnologie, e tenendo conto dei diritti (ovvero i brevetti) su ambedue. Il valore economico della biodiversità riveste importanza soprattutto in tre ambiti: i programmi di miglioramento genetico animale, le politiche di salvaguardia della biodiversità e l'interesse per i benefici dell'eco-sostenibilità.
Valutare la biodiversità può rivelarsi una problematica molto complessa alla luce dei differenti aspetti da considerare: valore d'uso, derivante dal diretto uso della risorsa; valore di esistenza e di lascito, legati rispettivamente all'importanza di preservare una risorsa per la popolazione esistente o per le future generazioni; valore della diversità, per l'intrinseco valore posseduto da fattori produttivi ed output differenti; valore d'opzione, ovvero il valore intrinseco nella possibilità di utilizzare la risorsa in un futuro con mutate condizioni ambientali.

Un approccio dicotomico

Nel valutare le risorse genetiche animali per una loro salvaguardia si dovrebbe da un lato considerare il valore di tale patrimonio per la collettività, dall'altro stimare il compenso da conferire all'allevatore per il mantenimento della razza.
Per quanto concerne il primo aspetto, il principio ispiratore deve essere quello di valutare in termini monetari l'importanza che la comunità attribuisce alla risorsa oggetto di tutela. A tale scopo si potrebbe utilizzare la valutazione di contingenza che stima la disponibilità a pagare (o ad accettare) una somma di denaro per recuperare (o lasciare estinguere) la risorsa, nel nostro caso rappresentata dalla razza da salvaguardare. La valutazione di contingenza è l'unico modo per ricavare direttamente il “valore di non-uso”; inoltre, il processo di indagine permette di ottenere informazioni riguardo al grado di percezione della problematica da parte della popolazione intervistata; infine, la tecnica può essere un surrogato di un indagine referendaria, e dunque può essere di supporto a future scelte decisionali in campo politico, qualora si voglia dare peso all'opinione pubblica (Roosen et al., 2003).
La stima della compensazione da rendere all'allevatore che mantiene una razza di pregio, scelta per un programma sulla biodiversità, potrebbe essere ottenuta determinando l'ammontare del mancato guadagno derivato dall'utilizzo della razza meno produttiva rispetto a quello ottenibile con razze altamente specializzate. La procedura valutativa deve essere ovviamente integrata con la stima dei vantaggi derivanti dall'allevamento della razza tutelata per non incorrere in sovrastime (Roosen et al., 2003). In altri termini, occorre considerare che le razze da salvaguardare non sono delle perdite nette nel bilancio economico dell'azienda agraria, bensì forniscono delle produzioni e delle entrate non irrilevanti e sono anche soggette a differente gestione che talvolta comporta delle spese minori (ad es. le razze autoctone resilienti permettono una minore perdita produttiva in caso di malattia rispetto a quella riscontrabile in allevamenti specializzati condotti con razze esotiche).

Le razze autoctone in Puglia

Le razze autoctone hanno una notevole importanza per le loro peculiarità genetiche che consentono numerosi vantaggi: resistenza a malattie enzootiche (costantemente presenti in una popolazione o in una determinata area geografica); capacità di sopravvivenza in presenza di alimentazione scarsa o di bassa qualità, ovvero in presenza di avverse condizioni ambientali; capacità di percorrere lunghe distanze e di sostenere notevoli sforzi; attitudini particolari alla riproduzione ed allo svezzamento della progenie in condizioni avverse. Tali caratteristiche derivano da processi di selezione naturale e di coevoluzione presenti da secoli e continuamente in corso (Pieragostini, 1998).
In Puglia la zootecnia ha origini remote e ciò ha favorito l'affermarsi di razze autoctone bovine, caprine, ovine ed equine. La situazione attuale della zootecnia autoctona pugliese, comprendente otto razze, è riassumibile nella tavola sinottica della Tabella 1. Una prima valutazione numerica della biodiversità della zootecnia pugliese potrebbe essere ricavata mediante il calcolo dell’indice di Shannon. In tal modo si potrebbe misurare l’entità della risorsa oggetto di analisi e valorizzazione.
Tuttavia, secondo le classificazioni internazionali, riportate in Tabella 2, alcune razze autoctone risultano a rischio estinzione per il numero esiguo di individui e per la disomogeneità nella struttura demografica delle popolazioni. A fronte di tale situazione non sì può tralasciare, nell'analisi delle politiche di salvaguardia attuabili, un'accurata simulazione degli effetti che la pur “migliore” gestione genetica delle popolazioni possa avere su numeri di capi così esigui come quelli di alcune razze (in particolare la razza ovina Altamurana e quella equina dell'asino di Martina Franca). A tal riguardo un valido aiuto potrebbe essere fornito da modellizzazioni matematiche quale, ad esempio, l’approccio di Weitzman. In tale modello la funzione obiettivo tiene conto della distanza genetica fra la razza ed il gruppo dal quale essa è considerata esclusa, fornendo una misura dell'apporto di ciascuna razza alla diversità totale e del contributo parziale della stessa alla diversità totale. In altri termini, l’approccio di Weitzman permette di individuare, iterativamente, le specie la cui salvaguardia consente di ottenere il maggior incremento possibile di biodiversità.

Tabella 1 - La situazione attuale della zootecnia pugliese native breeds, Bari

Fonte: Bramante G., Pieragostini E. (2005) Report on Present Status of Apulian

Tabella 2 - Esempio di Watchlist (femmine adulte registrate)

Fonte: http://www.rbst.org.uk/html/rare_breeds.html

Un'importantissima caratteristica di tutte le razze autoctone pugliesi è il loro carattere di resilienza nei confronti delle malattie trasmesse da zecche (MTZ). A rafforzare il valore di tali razze sono alcune loro produzioni particolari (ad es. il caciocavallo podolico) (Pieragostini, 1998).
Questi aspetti rendono necessaria una valutazione accurata del patrimonio genetico animale delle razze autoctone pugliesi e la realizzazione di programmi per la sua salvaguardia al fine di sfruttare una risorsa dalle elevate potenzialità.

Conclusioni

Dalla breve analisi degli strumenti analitici di supporto alla gestione delle risorse genetiche animali emerge, senza dubbio, la notevole complessità della valutazione e successiva tutela della biodiversità animale. Peraltro, tale obiettivo è ormai inscindibile da quelli a cui mira lo sviluppo sostenibile del territorio rurale.
La presente relazione è quindi uno spunto di riflessione per esperti e policy maker su alcuni dei numerosi aspetti da considerare nella pianificazione dello sviluppo locale. La situazione pugliese è molto esemplificativa per comprendere che la semplice osservazione del numero di capi, o una cieca rincorsa alla salvaguardia di razze “geneticamente già estinte” (quale potrebbe risultare la pecora Altamurana o ancor più l’Asino di Martina Franca), si tradurrebbe in uno sperpero di risorse.
Nonostante questi “pericoli” è doveroso concentrare parte degli sforzi politici in studi volti a comprendere il patrimonio genetico delle razze autoctone e pianificare corretti piani di salvaguardia e tutela realizzabili anzitutto da un punto di vista genetico e successivamente da quello economico-politico.

Riferimenti bibliografici

  • Bramante G., Pieragostini E. (2005) Report on Present Status of Apulian native breeds, Atti del XIII Fe.Me.S.P.Rum International Congress,Valenzano – Bari
  • Di Bernardo B (1997) Le dimensioni d’impresa: scala, scopo e varietà, Franco Angeli, Milano
  • Pieragostini E. (1998) Uomo ed animali domestici nell’ecosistema – parco in “Natura e Montagna”, n°1, Patròn editore, Bologna
  • Roosen J., Fadlaoui A., Bertaglia M. (2003) Economic evaluation and Biodiversity conservation of animal genetic resources, University of Kiel, Department of Food Economics and Consumption Studies, Working papers
Tematiche: 
Rubrica: