Per una politica dei sistemi agricoli e alimentari dell'UE

Per una politica dei sistemi agricoli e alimentari dell'UE
a Università di Perugia, Dipartimento di Scienze Agrarie Alimentari e Ambientali
b Centro per lo Sviluppo Agricolo e Rurale (CeSAR)
c Università Politecnica delle Marche (UNIVPM), Dipartimento di Scienze Economiche e Sociali
d Associazione Alessandro Bartola (AAB)

Premessa

Queste riflessioni e proposte per la riforma della PAC dopo il 2013 e nella prospettiva dell’Unione Europea 2020, sono frutto di una collaborazione con Legacoop Agroalimentare, che ha coinvolto la propria direzione operativa, costituita dai responsabili nazionali dei singoli settori produttivi, attraverso un percorso interno di analisi e valutazione. Un particolare ringraziamento a Mario Campli, consigliere del Comitato Economico e Sociale Europeo. Ogni responsabilità per le opinioni e le tesi espresse è comunque esclusivamente degli autori.

La visione

Questa proposta di riforma parte da due assunti:

  • il primo, è necessario dotare l’Europa di una politica per i sistemi agricoli e alimentari;
  • il secondo, questa politica deve essere rivolta al futuro svolgendo un ruolo pro-attivo nel governare l’evoluzione e nell’orientare i comportamenti degli attori del settore agroalimentare e del mondo rurale.

Affrontare l’agricoltura con un approccio sistemico

Il primo assunto prende le mosse dal riconoscimento della profonda trasformazione, forse addirittura una rivoluzione, in atto in agricoltura e più in generale nelle filiere agroalimentari.
Essa è l’effetto dell’apertura dei mercati a livello globale in cui, al tempo stesso, entrano nuovi potenti concorrenti e, per la prima volta, si affacciano enormi masse di nuovi consumatori (e di vecchi consumatori con nuovi bisogni). Questo sconvolge i tradizionali equilibri competitivi. L’accresciuta turbolenza offre l’occasione per un’intensificazione dell’attività speculativa sulle commodity. La volatilità dei mercati viene ulteriormente alimentata dalle scelte neoprotezioniste di alcuni paesi, in assenza di un governo della sicurezza alimentare globale.
La trasformazione è anche il risultato delle opportunità offerte, oggi e presumibilmente ancora di più nel prossimo futuro, dalle nuove applicazioni tecnologiche. Integrando neuroscienze, nanotecnologie, genetica e TCI, esse offrono la possibilità di produrre su vasta scala (muovendosi tra naturalità, funzionalità e convenienza), una varietà praticamente infinità di prodotti alimentari personalizzati e adattati alle più disparate esigenze del consumatore.
Queste trasformazioni si accompagnano ad una profonda ristrutturazione nell’assetto dei sistemi agro-alimentari nel quale, tanto sul fronte della trasformazione industriale che su quello della distribuzione, operano nuove forme, spesso inedite, di concentrazione oligopolistica. Dalla diversa capacità di controllo lungo le filiere consegue una più squilibrata distribuzione del valore tra i singoli operatori a svantaggio degli agricoltori e dei consumatori.
L’agricoltura in Europa, d’altra parte, vive anch’essa una fase di complessiva ristrutturazione segnata in particolare: dall’ulteriore diminuzione dell’occupazione, dal consistente invecchiamento degli addetti mentre stenta a prodursi il ricambio generazionale, dall’ingresso in forze di manodopera immigrata, specie nelle forme di agricoltura a maggiore intensità di lavoro. Nell’Europa allargata, d’altra parte, coesistono aziende agricole così differenti tra di loro (imprese familiari, imprese capitalistiche classiche, imprese a forte caratterizzazione finanziaria, imprese conto-terziste, aziende part-time a carattere accessorio o di prevalente autoconsumo, subsistence farm, ecc.) da richiedere politiche specifiche che si adattino alle differenti esigenze e potenzialità.
In questo contesto non ha senso una politica agricola isolata dalle altre politiche e che non si integri ad esse investendo contemporaneamente la globalità e la complessità delle interrelazioni sistemiche. In un quadro economico globale, costituito da mercati aperti, nuovi scenari competitivi, innovazioni continue, nuove relazioni con i consumatori e con i cittadini, la politica per l’agricoltura e per le filiere agro-alimentari deve adeguarsi. Una PAC che concentri il suo sostegno sulla singola azienda agricola, indipendentemente dal contesto nel quale si inserisce e con il quale interagisce, è un esercizio di governo parziale e inefficace. E’ come occuparsi dell’albero senza tenere conto della foresta di cui fa parte.
Per questo motivo occorre che si rompa l’isolamento della PAC ed essa si integri in una politica più complessiva per i sistemi agricoli e alimentari dell’Unione europea, nel quadro di tutte le altre politiche europee.

Lo status e i comportamenti

La PAC attuale è prevalentemente una politica rivolta all’indietro, al passato. Essa fornisce il proprio sostegno agli agricoltori non sulla base dei comportamenti futuri che essi si impegnano a mettere in atto, quanto piuttosto sulla base di attributi personali, di “status” (la proprietà o l’uso della terra, la titolarità dell’azienda, il riconoscimento di un diritto acquisito nel passato, altri attributi personali).
Infatti, la PAC attuale è fortemente contraddistinta dal pagamento unico aziendale, che assorbe il 74% di tutta la spesa. Oltretutto il pagamento unico aziendale, sia su base storica che in forma regionalizzata, a parte la blanda eco-condizionalità, non è commisurato a specifici impegni ai quali adempiere. Ma anche altre misure del primo pilastro, così come del secondo pilastro, premiano piuttosto lo “status” anziché i comportamenti che ci si obbliga ad adottare, cioè il progetto che si intende realizzare.
In queste circostanze, la spesa agricola, sia pure disaccoppiata, appare inefficiente e inefficace, mentre contribuisce a costituire inique posizioni di rendita che spesso si traducono in elevati valori d’uso della risorsa terra a danno dell’allargamento delle imprese e del ricambio generazionale.
Una buona politica deve invece essere fondata su precisi impegni contrattuali. Essa deve essere finalizzata (targeted), cioè deve mirare a determinare specifici comportamenti ed essere proporzionata (tailored), commisurata cioè ai costi necessari perché essi siano realizzati. In una nuova politica agricola anche i termini utilizzati contano. Nel futuro della PAC debbono essere abbandonati termini come: “sussidio”, “aiuto”, “premio”, “compensazione”, “contributo”. Essi appartengono ad un passato di dipendenza e marginalità dell’agricoltura e dei sistemi agricoli e alimentari. Quei termini debbono essere sostituiti da “pagamento” e “incentivo” che implicano un approccio contrattualizzato nella relazione tra l’agricoltore e l’Autorità pubblica.

Una politica per far funzionare i mercati

Una buona politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE deve innanzitutto far funzionare i mercati, non sostituendosi ad essi, ma regolandoli in un quadro internazionale guidato da istituzioni autorevoli, norme condivise e un sistema di controlli e sanzioni tempestivo ed efficace contro ogni forma di “free riding” a livello internazionale e contro la speculazione sulle commodity agricole, a tutela dei soggetti più deboli delle filiere: consumatori e produttori agricoli.
Per questo motivo, è importante che l’Unione europea operi attivamente per il rilancio delle istituzioni internazionali, a cominciare dal WTO. E’ questo un obiettivo che non si realizza soltanto attraverso cambiamenti limitati o operazioni di “make up” sulle proprie politiche di sostegno, tali da consentire il loro trasferimento dalle scatole gialla o blu, in quella verde. Si tratta anche, soprattutto, di riconoscere che occorre operare attivamente contro il ritorno di posizioni neo-protezionistiche e per il superamento dell’attuale condizione di stallo del WTO. Spetta all’UE un ruolo attivo in questo contesto, soprattutto nella presente situazione di crisi economico-finanziaria, i cui contraccolpi sulla tenuta dell’euro non si superano nell’isolamento o facendo leva sulla domanda interna, ma aprendosi ai mercati internazionali con strategie di valorizzazione delle produzioni di qualità.
Un’analoga iniziativa regolativa dei mercati è necessaria anche all’interno dell’UE con particolare riferimento alla tutela della sanità e della salvaguardia della qualità delle produzioni agricole e alimentari. Essa deve al tempo stesso garantire i consumatori e i produttori agricoli, assicurando ai primi prodotti controllati e certificati, e un buon rapporto qualità-prezzo, e ai secondi una remunerazione economica adeguata agli sforzi compiuti nel miglioramento qualitativo dell’offerta e nella certificazione delle qualità prodotte. Su questo piano, il ruolo delle OP e, in generale, delle forme di autogestione dei produttori è fondamentale anche in altri comparti oltre a quelli (es.: ortofrutta) nei quali esse sono già presenti.

Una politica contro i fallimenti del mercato

Una volta messo in pratica l’obiettivo di far funzionare i mercati e di assegnare ad essi i compiti di regolazione della domanda e dell’offerta, la politica per i sistemi agricoli e alimentari deve concentrare le sue risorse e limitarsi ad intervenire contro i “fallimenti del mercato”. Questi sono di due tipi e riguardano, in primo luogo, quei beni e servizi per i quali il mercato non esiste (è il caso dei beni pubblici) e, in secondo luogo, tutte le circostanze in cui il mercato c'è, ma presenta attriti o asimmetrie informative tali da non offrire soluzioni accettabili, in tempi accettabili.

Quando il mercato non c’è

Il mercato non si forma in tutti quei casi in cui i beni o servizi prodotti e consumati hanno la caratteristica di essere contemporaneamente “non escludibili” (tutti possono liberamente fruirne) e “non rivali” (la fruizione del bene da parte di qualcuno non ne esclude la fruizione anche da parte di altri). Questa è la condizione generale di tutti i cosiddetti beni (o “mali”) pubblici: beni ambientali e biodiversità, paesaggio, risorse idriche, cambiamento climatico, ecc. In tutti questi casi, in mancanza di regolazione e/o di valorizzazione pubblica (come costo o ricavo), il valore di mercato del bene pubblico è di fatto nullo. Ne consegue che il bene pubblico sarà eccessivamente sfruttato tutte le volte che nei processi produttivi dovesse entrare come input: si pensi alla biodiversità, o all’acqua; mentre non verrebbe preso in considerazione se dovesse rappresentare un output: si pensi ancora all’acqua, o al paesaggio.
Stabilire un valore pubblico ai beni pubblici è dunque la soluzione necessaria perché sia attutito l’impatto delle esternalità negative e contemporaneamente sia stimolata la produzione di beni pubblici. Questa soluzione è particolarmente conveniente in tutti quei casi in cui, come nell’esercizio dell’agricoltura, i benefici pubblici sono ottenuti attraverso processi produttivi multifunzionali. In questi casi la convenienza a produrre si giova della congiunzione tra bene privato, remunerato dal prezzo di mercato, e bene pubblico, remunerato dallo Stato. L’alternativa sarebbe socialmente molto più costosa, in quanto per produrre i suddetti beni pubblici (o per evitare i mali pubblici) dovrebbe essere attivato un programma alternativo all’agricoltura con l’impiego di manutentori professionali del paesaggio, operatori ecologici, protezione civile, vigili del fuoco, impiegati e operai dei parchi, giardinieri, ecc. Una soluzione praticamente impossibile su vasta scala.
Sulla necessità di una politica agricola comune europea volta a “pagare” con remunerazioni pubbliche la produzione di beni e servizi pubblici da parte del settore primario, si registra già in Europa la massima convergenza. D’altra parte, la remunerazione dei beni pubblici è già tra gli obiettivi della PAC fin dalle misure di accompagnamento della riforma MacSharry del 1992. Essa è oggi richiamata a giustificazione dell’intervento pubblico sia del primo pilastro della PAC (eco-condizionalità, art.68), che del secondo pilastro (asse 2: “miglioramento dell'ambiente e dello spazio rurale”). Il problema non è tanto quello di riaffermare la necessità di una tale politica a livello europeo e dei relativi finanziamenti, quanto di rivendicare la necessità di una sua razionalizzazione, al fine di una maggiore efficacia, in termini di obiettivi e di strumenti e, contemporaneamente, di un suo più finalizzato adeguamento sia in termini di obiettivi da perseguire, che di fondi da impegnare.

Quando il mercato non funziona

I fallimenti del mercato si registrano anche in presenza di mercato tutte le volte che, per varie motivazioni (squilibri di mercato, presenza di esternalità, asimmetria informativa), esso produce, o non risolve in tempi e condizioni socialmente accettabili, situazioni di squilibrio. Il rischio è che gli equilibri perversi inneschino effetti indesiderabili a catena, tali da minare i livelli di competitività complessiva dei sistemi agricoli e alimentari e perfino la loro stessa sopravvivenza.
Numerosi sono i casi di fallimento del mercato, per risolvere i quali è fondamentale l’intervento pubblico a livello dell’Unione Europea. Essi comprendono i problemi dell’ammodernamento strutturale delle imprese e del corrispondente adeguamento infrastrutturale e organizzativo dell’ambiente in cui collettivamente operano; le difficoltà del ricambio generazionale in agricoltura; la debolezza strutturale dell’agricoltura e dei rapporti contrattuali squilibrati nelle filiere a danno soprattutto degli agricoltori nella distribuzione del valore e dei consumatori nella determinazione dei prezzi; la struttura atomistica dell’offerta agricola che rende difficile la programmazione delle produzioni; la stagionalità e della variabilità dell’offerta agricola; la lotta alle soluzioni speculative e alle rendite nell’uso della risorsa terra.
L’obiettivo centrale, che riassume e comprende queste forme di fallimento del mercato, è il rilancio della competitività complessiva dei sistemi agricoli e alimentari dell’Unione nel quadro di una strategia che anche nel settore primario e nell’intero sistema agro-alimentare, si ponga il problema di contribuire alla creazione di nuove opportunità occupazionali.
Per alcuni di questi casi di fallimento del mercato, l’attuale PAC prevede già delle forme di incentivo: è il caso dell’ammodernamento strutturale delle imprese e del ricambio generazionale, attraverso l’Asse 1 della politica di sviluppo rurale; è anche il caso dell’azione delle Organizzazioni di Produttori nel settore ortofrutticolo a vantaggio del riequilibrio dei rapporti nelle filiere e della programmazione delle produzioni. Ma è evidente anche, in questa circostanza, che la futura politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE deve e può fare di più, soprattutto favorendo l’aggregazione delle imprese. Sotto questo profilo, la forma cooperativa, nel quadro delle diverse soluzioni associative, si offre come ottima opportunità, anche in prospettiva futura.
Un’altra forma di fallimento del mercato è quella connessa alla volatilità dei prezzi. Il fenomeno è particolarmente presente nei mercati agricoli in ragione della peculiare rigidità delle curve di domanda e offerta, dalla stagionalità delle produzioni; della dipendenza delle produzioni da variabili non controllabili (es.: l’andamento climatico), in alcuni casi dalla deperibilità delle produzioni e, in ogni caso, dai costi di stoccaggio, ecc. La speculazione sulle commodity agricole, con le crescenti incursioni dei capitali finanziari, spesso accentua il problema, come si è osservato dal 2007 ad oggi, prima a danno dei consumatori, specie di quelli a più bassi livelli di reddito per effetto dei prezzi alti e della penuria di offerta e, più di recente, a danno degli agricoltori, per effetto dei prezzi dei prodotti eccessivamente bassi, mentre rimangono sostenuti quelli dei fattori di produzione.
Il rischio è che gli aggiustamenti imposti nel breve periodo alle famiglie e alle imprese siano tali da minarne lo sviluppo o perfino la sopravvivenza nel lungo periodo. La PAC del passato, attraverso l’isolamento del mercato interno e i prezzi garantiti, forniva una soluzione al problema, per quanto perversa per gli effetti collaterali che si producevano (in termini di eccessi di offerta, di creazione di sacche di inefficienza, di prezzi più elevati imposti ai consumatori, di accentuazione degli squilibri di mercato a danno soprattutto delle economie più povere del mondo, ecc.).
Nella PAC di oggi manca una soluzione. Il pagamento unico aziendale, rappresentando un reddito certo e non soggetto ad oscillazioni, contribuisce effettivamente alla stabilizzazione del reddito ma, a parte le considerazioni sulle sue modalità di calcolo e sulla fondatezza della misura, esistono numerose altre soluzioni più efficienti ed efficaci: prezzi minimi di intervento, stoccaggio, assicurazioni pubbliche o private, aiuti alimentari per i meno abbienti, creazione di un fondo di stabilizzazione dei mercati, rafforzamento delle regole all’interno delle filiere per una più equa distribuzione del valore aggiunto complessivo.

Gli obiettivi della politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE

La politica che c'è oggi

L'attuale distribuzione della spesa tra le politiche agricole e di sviluppo rurale è rappresentata in figura 1. I tre quarti circa sono destinati al finanziamento del pagamento unico aziendale. La soluzione è frutto dell’opportuno passaggio dalla precedente politica del sostegno accoppiato ai prezzi di mercato, al disaccoppiamento operato nel 2003 con la riforma Fischler e completato nel 2009 a seguito dell’Health check. Ma, nella prospettiva del dopo 2013, questa politica ha ormai fatto il suo tempo sia per l’inconsistenza delle sue giustificazioni che per l’iniqua distribuzione della spesa che ne risulta. Essa va sostituita, orientando il sostegno all’agricoltura in misura più efficiente, più efficace e più equa, mentre la spesa erogata in base all’art. 68 va integrata in un disegno strategico più ordinato e complessivo.

Figura 1 - L’attuale ripartizione della spesa PAC

Il passaggio dalla politica disaccoppiata ad una diversa politica potrà anche essere graduale, ma sulla necessità di cambiamenti radicali e coraggiosi che investano non soltanto le forme della politica, ma anche la distribuzione delle sue risorse non ci possono essere dubbi.
Il 20% circa della spesa è dedicata alla politica di sviluppo rurale. In figura 1 questa è distribuita in tre differenti politiche: le prime due (Asse 1: competitività e Asse 2: politiche agro-ambientali) hanno caratterizzazione settoriale e raccolgono rispettivamente il 7% e il 9% della spesa complessiva; la terza (Asse 3: diversificazione e qualità della vita e Asse 4 “approccio Leader”) ha prevalentemente carattere territoriale e raccoglie il solo 4% della spesa complessiva.
Anche la politica di sviluppo rurale, ancorché le sue giustificazioni e la distribuzione della sua spesa siano ben più coerenti con gli obiettivi generali dell’UE, va riconsiderata e adeguata nell’ottica di una politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE.
In primo luogo, occorre prendere atto della scarsa riuscita del tentativo di conciliare in un’unica politica obiettivi settoriali e territoriali e della sostanziale separatezza ancora presente nella generalità dei PSR tra i primi due Assi e gli altri due ai quali, anche in termini di risorse, è dedicato un peso residuale. Molto meglio allora concentrarsi esclusivamente sulla politica per i sistemi agricoli e alimentari a caratterizzazione settoriale e affidare il compito della politica a base territoriale alle competenze della politica regionale prevedendo le opportune forme di coordinamento e di integrazione.

Una politica per i sistemi agricoli e alimentari per il dopo 2013

Una politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE è una politica che innanzitutto supera la logica della divisione della PAC in due pilastri e che affronta i fallimenti del mercato con due macro-obiettivi:

  • la valorizzazione, attraverso opportune e proporzionate forme di pagamento, dei beni e servizi pubblici prodotti dall’agricoltura;
  • il rilancio della competitività dei sistemi agricoli e alimentari nell’UE.

A ciascuno di questi obiettivi, riconducibili alle due categorie di fallimenti del mercato sopra individuate, e richiamate nel documento “Strategy Europe-2020” (dove si parla di “promuovere un'economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva”) corrisponde una politica alla quale, come rappresentato in figura 2, può essere destinato in linea di massima un pari volume di finanziamenti.
La politica per i sistemi agricoli e alimentari dell'UE ora soltanto delineata e i cui strumenti sono specificati nel seguito di questo documento, si fonda principalmente sulle risorse fin qui dedicate alla vecchia PAC e ne assume le funzioni di stimolo e guida al settore primario. Ma una politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE non può limitarsi a gestire questa torta. Essa deve opportunamente integrarsi con le altre politiche dell’Unione.

Figura 2 - La spesa della Politica dei sistemi agricoli e alimentari dell’UE

I due obiettivi della competitività e della cura dei beni pubblici non possono essere adeguatamente affrontati se non nel quadro di un’azione trasversale. Una strategia per i beni pubblici è anche competenza della politica per l’ambiente, della politica energetica, della politica per la salute e per i consumatori, della politica della ricerca, della politica regionale. Così una strategia per la competitività dei sistemi agricoli e alimentari è frutto anche della politica della ricerca, della politica per l’occupazione, della politica regionale, della politica per la concorrenza, della politica per la sicurezza alimentare, della politica energetica.
Da questo punto di vista occorre che la politica agricola (Figura 3) esca una volte per tutte dal ghetto della sua specificità, della differenziazione rispetto al complesso di tutte le altre politiche dell’UE, e della sua separatezza (come questione di spettanza delle istituzioni agricole e di esclusivo interesse delle lobby agricole). Essa deve inserirsi nel progetto complessivo della costruzione dell’UE come questione europea che, pur guidata da un Commissario e da una Direzione Generale ad essa preposti, coinvolge tutte le competenze della Commissione che gli Stati membri hanno affidato al livello comunitario.

Figura 3 - Una politica per i sistemi agricoli e alimentari integra la PAAC con tutte le politiche dell’UE

In questo quadro va affrontata e risolta la questione dello sviluppo delle aree rurali. Non si affronta il problema dell’integrazione tra aspetti settoriali e territoriali dello sviluppo agricolo-rurale affidandoli entrambi alla stessa competenza. L’esperienza dimostra che il processo di integrazione perseguito in questo modo resta del tutto squilibrato: sul fronte agricolo, un’effettiva strategia territoriale è penalizzata dallo scarso impegno e da scarse risorse (solo il 4% della spesa complessiva della PAC va agli Assi 3 e 4); mentre, sul fronte delle politiche di sviluppo territoriale, l’impegno e la spesa si orientano verso altre priorità (aree urbane; aree, settori e grandi imprese in crisi; grandi infrastrutture) rispetto a quelle dello sviluppo rurale.
La politica di sviluppo rurale a base territoriale (Assi 3 e 4) ha allora la sua collocazione più appropriata in seno alle competenze più generali della politica regionale, mentre specifica attenzione va riservata al ruolo dell’integrazione tra politiche nelle aree rurali.

Gli strumenti della politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE

La scelta degli strumenti più idonei per il raggiungimento degli obiettivi è un passaggio cruciale. La scarsa efficacia ed efficienza degli strumenti è infatti la prima causa del fallimento della politica.
Gli strumenti di politica agraria si dividono in due grandi tipologie:

  • Interventi diretti dell’Autorità pubblica, volti al controllo delle importazioni, alla stabilizzazione e garanzia dei prezzi agricoli alla produzione, al controllo e gestione degli stock, all’aggiustamento della produzione, al sostegno dei redditi, al pagamento dei beni pubblici;
  • Interventi indiretti, volti a facilitare il protagonismo sia delle imprese agricole e agroalimentari (concentrazione dell’offerta, ammodernamento delle imprese, ricambio generazionale, introduzione delle innovazioni, crescita del capitale umano, miglioramento del rapporto tra produttori e primi acquirenti tramite la cooperazione, l’associazionismo, l’interprofessione), che degli attori del mondo rurale (promozione territoriale, integrazione intersettoriale, qualità delle vita nelle zone rurali, sviluppo delle economie rurali).

Le numerose e successive riforme della PAC hanno portato allo sviluppo di una serie di strumenti ibridi, classificabili in entrambe tipologie, riguardanti temi importanti come la qualità, gli standard ambientali, il sostegno specifico di aree o comparti vulnerabili. L’evoluzione di tali strumenti è avvenuta in modo disordinato e contraddittorio. Tuttavia, l’Unione Europea, fino ad oggi, ha privilegiato nettamente gli strumenti diretti, che nell’attuale PAC raccolgono circa l’88% della spesa, lasciando il 12% restante agli strumenti indiretti (Assi 1 e 3 della politica di sviluppo rurale, sostegno alle Organizzazioni dei Produttori nell’ortofrutta fresca).
Nella nuova PAC è auspicabile un maggiore equilibrio tra strumenti diretti e indiretti. In particolare, gli strumenti diretti (sotto forma di pagamenti contrattualizzati) sono preferibili per l’obiettivo della produzione di beni pubblici, mentre gli strumenti indiretti (sotto forma di incentivi e di servizi) per l’obiettivo della competitività. Gli strumenti indiretti sono più complessi, ma sono in grado di introdurre miglioramenti strutturali nei sistemi agricoli e alimentari dell’UE. Soprattutto l’obiettivo della competitività richiede il coinvolgimento e il protagonismo delle imprese (agricole ed agroalimentari) e degli attori del mondo rurale (imprese rurali, popolazione rurale, istituzioni locali), allo scopo di uscire dalla logica del sussidio e dell’aiuto per passare a quella dell’incentivo.

Strumenti per la Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE

Il progetto di riforma della PAC, che viene qui proposto, si fonda sui seguenti aggiustamenti:

  • il riposizionamento della PAC nell’ambito di una politica per i sistemi agricoli e alimentari;
  • il superamento dell’attuale logica dei due pilastri;
  • la riconversione degli attuali aiuti diretti, “riaccoppiandoli” rispetto a precisi obiettivi, preventivamente dichiarati e scrupolosamente valutati (rilegittimando in questo modo la spesa agricola agli occhi dei contribuenti);
  • la fuoriuscita dalla politica comune per l’agricoltura di interventi che devono essere collocati in nuove politiche comuni (clima, energia, ecc.);
  • la ricollocazione degli interventi da “area rurale” nelle politiche regionali e di coesione territoriale.

Alla luce di queste considerazioni, si ritiene necessaria una riformulazione degli strumenti dell’attuale PAC secondo un nuovo schema “obiettivi-misure-strumenti”, come rappresentato nella tabella 1.

Tabella 1 - Schematizzazione della Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE

Di seguito, si riporta una breve descrizione delle motivazioni che giustificano le varie misure, dei relativi strumenti e dei risultati attesi dalla loro implementazione.

Misura A1: Produzione di beni pubblici europei
I beni ambientali, la biodiversità, il paesaggio, la gestione sostenibile delle risorse idriche, il contrasto ai cambiamenti climatici sono beni pubblici che interessano la collettività dell’UE.
Per la produzione di tali beni pubblici europei è indispensabile la presenza dell’agricoltura anche nei territori più marginali (es. altipiani e colline dell’Italia centro-meridionale, aree siccitose dell’Italia meridionale) ove il mercato non è in grado di garantirne la sussistenza, se non in condizioni di prezzi elevati che generalmente non si rilevano nei mercati. Di contro, nelle aree più fertili (es. pianura padana, pianure dell’Italia centro-meridionale), la diffusione dell’agricoltura intensiva genera esternalità negative per cui il bene pubblico è eccessivamente sfruttato.
Il pagamento disaccoppiato e regionalizzato, associato alla condizionalità, rappresenta il migliore strumento per questo obiettivo. Si tratta dell’adattamento di uno strumento attuale (l’anacronistico e inefficiente PUA storico) con l’obiettivo virtuoso della produzione di beni pubblici europei.
Il pagamento disaccoppiato regionalizzato – erogato per unità di superficie ad un livello relativamente basso ed eventualmente corretto da altri parametri quale, ad esempio, la manodopera utilizzata – diviene, in primo luogo, un corrispettivo per la condizionalità, in particolare per il mantenimento delle Buone condizioni agronomiche e ambientali dei terreni (Bcaa). Garantisce un livello minimo di presidio su tutto il territorio rurale dell’Unione Europea. Tutta la superficie agricola europea sarebbe coltivata e/o mantenuta in buone condizioni agronomiche, a vantaggio del paesaggio e dell’equilibrio idrogeologico, a tutela dall’erosione del suolo, del paesaggio e della biodiversità. In altre parole, la soluzione qui proposta determinerebbe una serie di effetti positivi e desiderabili per la collettività.
Il pagamento disaccoppiato e regionalizzato assume rilevanza diversa in territori diversi: nelle aree marginali si giustifica maggiormente per il mantenimento dei terreni a rischio di abbandono, nelle regioni più fertili per assicurare un’agricoltura meno impattante sull’ambiente. In entrambi i casi, il sostegno favorirebbe la produzione agricola e dunque, in una situazione di aumento della domanda mondiale, l’approvvigionamento di derrate alimentari a prezzi ragionevoli per i consumatori: anche questo è un effetto desiderabile per la collettività.
Il Pua regionalizzato non risponde solamente alla produzione di beni pubblici, ma assolve anche la funzione di sostegno al reddito, che è importante per il mantenimento dell’economia agricola su tutto il territorio dell’UE.

Misura A2: Agricoltura in territori con handicap e squilibri naturali
Il pagamento disaccoppiato e regionalizzato non è sufficiente ad assicurare il mantenimento dell’agricoltura in zone montane, zone svantaggiate, aree con vincoli paesaggistici, aree Natura 2000, parchi nazionali o regionali. Pertanto, è fondamentale compensare gli agricoltori che operano in zone con handicap e squilibri naturali o alto valore ambientale. Lo strumento più efficace ed efficiente è rappresentato da una maggiorazione “graduata” del pagamento disaccoppiato.
La graduazione del pagamento è direttamente proporzionale agli handicap nello svolgimento dell’attività agricola. Lo strumento del pagamento disaccoppiato maggiorato è più efficace ed efficiente dell’attuale “indennità compensativa”, prevista dall’Asse 2 della politica di sviluppo rurale, in quanto garantisce una maggiore semplicità e certezza nell’erogazione. Inoltre la gestione a livello comunitario assicura omogeneità di applicazione su tutto il territorio dell’UE, eliminando l’incertezza e la diversità di trattamento delle diverse scelte nazionali e regionali.

Misura A3: Produzione di beni pubblici differenziati territorialmente
Il Pua disaccoppiato e regionalizzato, anche associato ad una maggiorazione “graduata” per le aree con handicap e squilibri naturali, non è in grado di tener conto delle specificità e delle esigenze locali, che rappresentano la diversità e la ricchezza dei territori e delle agricolture europee. Basti pensare alla grande diversità dell’agricoltura europea e italiana, dalla Lapponia alle Fiandre, dall’isola di Creta al Delta del Po, dagli oliveti secolari della Puglia alla viticoltura montana delle Cinque Terre in Liguria.
La produzione di beni pubblici differenziati territorialmente deve essere compensata con pagamenti agroambientali e silvo-ambientali, contrattati territorialmente, tali da indurre o premiare comportamenti specifici, mirati a soddisfare i fabbisogni territoriali con politiche selettive, nella logica della sussidiarietà.

Misura B1: Produzione di alimenti, adeguamento dell’offerta e promozione di filiere organizzate
Le specificità del settore agricolo, che rendono difficile il rapporto tra l’agricoltore e il mercato, sono numerose: bassa elasticità dell’offerta nel breve periodo e conseguente incapacità di programmare l’offerta in funzione della domanda, con la conseguenza delle frequenti crisi di mercato; struttura atomistica dell’offerta e conseguente sfruttamento da parte degli altri anelli della filiera, dove la domanda è più concentrata; rigidità della domanda al prezzo, che causa fluttuazioni inesistenti in altri settori; rigidità della domanda anche nei confronti del reddito, che penalizza l’agricoltura nello sviluppo economico; stagionalità dei flussi di produzione.
Queste specificità del settore agricolo sono ben comprensibili per la collettività (come confermano i risultati di Eurobarometro) e giustificano una politica agricola nell’interesse sia dei produttori che dei consumatori, al fine di stabilizzare i prezzi agricoli alla produzione e i prezzi alimentari al consumo. L’intervento della politica agraria consente anche di limitare gli effetti negativi della speculazione sulle commodity agricole.
Gli strumenti della vecchia politica di garanzia (prezzi fissati preventivamente, dazi, contingenti, sussidi all’esportazione, tasse all’esportazione, ammasso pubblico, quote, set aside, ecc.) hanno mostrato tutti i loro limiti e non sono più applicabili nella prospettiva dell’UE-2020. Tuttavia l’obiettivo della stabilizzazione dei prezzi e dei mercati rimane ancora attuale, ma richiede nuovi approcci operativi. Anziché la vecchia politica di garanzia, la nuova politica deve favorire gli strumenti di regolazione dei mercati gestiti direttamente dagli operatori economici, sostenendo il protagonismo delle imprese agricole e agroalimentari, attraverso la concentrazione dell’offerta, il miglioramento del rapporto tra produttori e primi acquirenti tramite la cooperazione, l’associazionismo, l’interprofessione.
La Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE promuove le filiere organizzate, in modo da creare relazioni stabili attraverso forme associative dei produttori (imprese agricole aggregate, cooperative di conduzione, cooperative di trasformazione e commercializzazione) e dei consumatori (cooperative di consumo), finalizzate alla stabilizzazione dei prezzi agricoli alla produzione e dei prezzi alimentari al consumo.
A tal fine, uno strumento della Pac finalizzato a premiare gli agricoltori che commercializzano i loro prodotti nell’ambito di una filiera autogestita è in grado di stimolare gli agricoltori che si organizzano per migliorare il funzionamento del mercato e la stabilizzazione dei prezzi agricoli, anche tramite il trasferimento di informazioni ai consumatori su una serie di aspetti quali la qualità, le caratteristiche dei prodotti e i metodi di produzione.
Un esempio di politica che va in tale direzione è quello del cofinanziamento dei Programmi Operativi delle Organizzazioni dei Produttori e delle Imprese agricole aggregate. Questo strumento, attualmente in vigore per il settore degli ortofrutticoli freschi, può essere esteso agli altri settori dell’agricoltura.
Il sostegno della Pac potrebbe essere fissato ad una adeguata percentuale del valore della produzione commercializzata dalle Organizzazioni dei Produttori; l’obiettivo è la concentrazione dell’offerta, finalizzata alla stabilizzazione dei prezzi agricoli, al miglioramento del funzionamento del mercato e delle filiere e alla qualificazione dei prodotti.
Le azioni messe in atto per le suddette finalità potrebbero essere cofinanziate dai produttori, come già avviene oggi per il Fondo di esercizio delle Organizzazioni dei Produttori ortofrutticoli.

Misura B2: Interventi e regolamentazione dei mercati a livello europeo
La gestione della volatilità dei mercati e la protezione contro le crisi di mercato richiedono il mantenimento di alcune politiche di mercato gestite a livello comunitario. Non si tratta del ritorno alla vecchia politica di garanzia, piuttosto il mantenimento di alcune reti di sicurezza e l’introduzione di nuove politiche di gestione dei rischi tramite strumenti assicurativi.
Tra le reti di sicurezza gestite a livello comunitario, conservano la loro utilità il controllo delle importazioni, il mantenimento di alcune forme di intervento in situazioni di crisi grave e la gestione degli stock. Una politica del tipo qui proposto può comportare anche l’introduzione di misure di stabilizzazione da attivarsi soltanto occasionalmente in circostanze eccezionali (una politica questa per la quale la PAC e l’UE non ha esperienza, ma che consentirebbe di impegnare risorse in modo efficiente solo saltuariamente, nelle circostanze specifiche in cui ce ne fosse bisogno).

Misura B3: Ammodernamento, innovazione e capitale umano nei sistemi agroalimentari e rurali
La debolezza strutturale dell’agricoltura, i rapporti contrattuali squilibrati nelle filiere a danno soprattutto degli agricoltori nella distribuzione del valore e dei consumatori nella determinazione dei prezzi, le difficoltà del ricambio generazionale, l’incapacità di generare un flusso autonomo di innovazione e progresso tecnico, sono fenomeni specifici del settore agricolo e dei territori rurali.
Il sostegno alla competitività complessiva dei sistemi agricoli, alimentari e rurali dell’Unione Europea è fondamentale per rimuovere le debolezze specifiche. Una Politica per i sistemi agricoli e alimentari che intenda uscire dalla logica assistenziale deve promuovere lo sviluppo di imprese agricole e agroalimentari sempre più competitive, ovvero capaci di rapportarsi con il mercato. Analogamente per i territori rurali, deve promuovere l’azione degli attori locali che operano nella promozione territoriale, nell’integrazione intersettoriale, nel miglioramento della qualità della vita e nella creazione di imprese nelle aree rurali.
A tal fine, per le imprese agricole e agroalimentari, è necessario un flusso costante e permanente di incentivi selettivi all’ammodernamento, all’introduzione di innovazioni, alla qualificazione delle produzioni, alla crescita del capitale umano e al ricambio generazionale, già presenti attualmente nell’Asse 1 della politica di sviluppo rurale. Analogamente, per le imprese e gli attori dei sistemi rurali, è utile proseguire con la politica di incentivazione alle filiere territoriali e/o contratti collettivi tra gli attori del mondo rurale a livello territoriale, compresa la diversificazione e la creazione di microimprese, già presenti attualmente nell’Asse 3 della politica di sviluppo rurale. Particolare importanza a questo riguardo ha l’introduzione di forme di premialità volte a favorire in ogni forma l’aggregazione delle imprese, nel territorio e nelle filiere.

Politiche e strumenti integrati, flessibili e mirati

La nuova Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE deve possedere congiuntamente tante caratteristiche. Essa deve:

  • essere poliedrica, ovvero capace di rispondere ai molteplici obiettivi assegnati dal mondo agricolo e agroalimentare (stabilizzazione dei redditi e dei mercati, efficienza delle filiere, sviluppo rurale), dai contribuenti (produzione di beni pubblici) e dai consumatori (sicurezza alimentare, prezzi ragionevoli al consumo);
  • fornire una risposta specifica alle diverse tipologie di destinatari: imprese professionali, imprese part-time, imprese di sussistenza;
  • essere capace di adattarsi alle diverse tipologie territoriali, che rappresentano una grande ricchezza dell’Unione Europea;
  • affrontare problemi di natura sia strutturale che congiunturale;
  • integrarsi con le altre politiche comunitarie, in particolare con la politica di coesione, ma anche con la politica della ricerca, la politica ambientale, la politica energetica e così via.

Per queste ragioni gli strumenti devono essere flessibili, mirati, polifunzionali, integrabili, efficienti ed efficaci. Nello stesso tempo, ogni misura va rapportata ad uno specifico obiettivo. È attraverso la somma complessiva dei singoli interventi che si realizza il sostegno complessivo alle imprese, alle filiere e all’intero settore (Figura 4).

Figura 4 - Una Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE che si sviluppa in modalità differenziate sul territorio sul quale si sommano i singoli interventi

Politiche congiunturali e strutturali

La politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE identifica un mix di strumenti che risponde sia alle esigenze di una politica congiunturale che strutturale.
Nel quadro degli obiettivi congiunturali, essa deve rispondere alle esigenze di stabilizzazione dei mercati, soprattutto nei periodi, come l’attuale, caratterizzati forti crisi di mercato. A questo scopo (Tabella 2), sono dedicate, principalmente, le misure B2 - “Interventi e regolamentazione dei mercati a livello europeo” e B3 - “Produzione di alimenti e adeguamento dell’offerta e promozione di filiere organizzate”. Anche il pagamento disaccoppiato della misura A1 – “Produzione di beni pubblici europei”, che risponde agli obiettivi ambientali e sociali, può contribuire alla stabilizzazione dei redditi, che è fondamentale per il mantenimento dell’economia agricola nel breve periodo.

Tabella 2 - Riferimenti temporali per la politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE

Inoltre la Politica per i sistemi agricoli dell’UE deve affrontare i fabbisogni di innovazione, di ricambio generazionale e di ammodernamento delle filiere e deve creare le condizioni per lo sviluppo duraturo delle zone rurali (politica strutturale). A questo scopo, sono dedicate le misure B3 - “Ammodernamento, innovazione e capitale umano nei sistemi agroalimentari e rurali” e tutte le misure A – “Produzione di beni pubblici”. Le prime migliorano il funzionamento dei mercati, favoriscono l’adeguamento infrastrutturale e organizzativo dell’ambiente in cui operano le imprese, rimuovono le difficoltà del ricambio generazionale in agricoltura. Le seconde mirano al mantenimento dei terreni a rischio di abbandono, mentre nelle regioni più fertili assicurano un’agricoltura meno impattante sull’ambiente.
In altre parole, il mix di misure assicura un’agricoltura competitiva e sostenibile nel lungo periodo.

Una politica nel rispetto della sussidiarietà

La Politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE, qui proposta, identifica una serie di strumenti coerenti con il principio di sussidiarietà, in base al quale la definizione e la gestione viene svolta dall'entità territoriale amministrativa più vicina ai cittadini (gli Stati membri e le Regioni), mentre viene esercitata dai livelli amministrativi superiori (Unione Europea) solo se questa può rendere il servizio in maniera più efficace ed efficiente; solo se assicura, in altre parole, un “valore aggiunto europeo”.
Per queste ragioni, alcune misure sono a regia comunitaria, mentre altre sono a regia congiunta: comunitaria, nazionale e/o regionale (Tabella 3).
La misura A1 - Produzione di beni pubblici europei, A2 - Agricoltura in territori con handicap e squilibri naturali e B2 – Interventi e regolamentazione dei mercati a livello europeo sono misure a regia comunitaria, in quanto, secondo il principio della sussidiarietà, gli obiettivi di tali misure non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti, essere realizzati meglio a livello comunitario (come previsto dal Trattato dell’UE).

Tabella 3 - La regia della politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE

Una politica a regia comunitaria non è, tuttavia, in grado di tener conto delle specificità e delle esigenze locali, per cui dovrà essere completata territorialmente con gli interventi a regia mista (comunitaria e nazionale e/o regionale), tali da indurre o premiare comportamenti specifici, mirati a soddisfare i fabbisogni territoriali con misure selettive, nella logica del modello attualmente vigente per la politica di sviluppo rurale. Per questi motivi, le misure B1 - Produzione di alimenti e adeguamento dell’offerta e promozione di filiere organizzate, B3 - Ammodernamento, innovazione e capitale umano nei sistemi agroalimentari e rurali e A3 - Produzione di beni pubblici differenziati territorialmente devono svilupparsi da indirizzi a livello comunitario, ma la loro implementazione e la loro gestione deve prevedere un ampio ruolo degli Stati membri e delle Regioni.

Il finanziamento delle politiche

La questione del finanziamento delle politiche, e quella connessa del cofinanziamento, è una delle questioni aperte nel dibattito sul futuro della Pac. Nell’ipotesi di un superamento della logica dei due pilastri, le competenze, le procedure e il regime di finanziamento possono essere differenziati in relazione ai diversi obiettivi e alle diverse misure.
In linea di principio (Tabella 4), le misure a regia comunitaria sono orizzontali, rispondono a interessi europei e, pertanto, sono finanziate totalmente dall’Unione Europea. All’opposto, le altre politiche sono cofinanziate dagli Stati membri, nel caso della produzione di beni pubblici, e cofinanziate dagli Stati membri e dalle imprese nel caso di politiche finalizzate alla competitività.

Tabella 4 - Il finanziamento della politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE

La figura 5 raccoglie una proposta complessiva di ripartizione delle risorse di bilancio tra i due macro obiettivi e le sei misure proposte in questo documento. Ovviamente si tratta di un tentativo coraggioso di fornire una qualche quantificazione sulla quale imbastire il confronto e con la quale entrare in ulteriori dettagli.

Figura 5 - Una proposta di massima per la distribuzione delle risorse tra i macro obiettivi e misure nella politica per i sistemi agricoli e alimentari dell’UE

Una proposta aperta e coraggiosa

Completata la riforma Fischler con l’Health Check, il dibattito sul futuro della PAC si è arrestato e ha attraversato una lunga fase di stallo in attesa delle elezioni europee, dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e della nomina della nuova Commissione. Dopo la lunga pausa, esso è ripreso recentemente con vigore e notevole impegno. E’ indubbiamente merito del Commissario Ciolos l’aver innescato questa accelerazione, aprendo una breve ma intensissima fase di consultazione e mettendo a calendario una serie di appuntamenti ravvicinati (il più importante, quello del 19-20 luglio a Bruxelles) che consentirà di arrivare in autunno, e comunque prima della fine dell’anno, a delle proposte organiche e massimamente condivise.
La posta in gioco è enorme, anche se spesso non sembra ci sia piena consapevolezza. Se questo processo dovesse ritardare o non concludersi positivamente, sul tavolo parallelo della riforma del bilancio mancherebbe un fondamentale contrappeso alle reiterate richieste di una sostanziale riduzione del bilancio della PAC (oggi il 43% del bilancio complessivo dell’UE). Tante altre politiche, pure necessarie e urgenti in Europa, infatti, chiedono maggiori risorse, anche in relazione alle nuove priorità dettate dalla crisi economica e finanziaria. In tal caso, la riforma della PAC potrebbe essere più dettata dai tagli nel budget, che da una genuina riflessione sul ruolo dell’agricoltura e delle aree rurali nella costruzione europea. In questi tempi di ristrettezze finanziarie e di pesantissime manovre di bilancio a carico dei cittadini, realisticamente si può supporre che il taglio al bilancio della politica agricola possa non esserci (o comunque essere contenuto) se si dispone di una proposta ragionevole e condivisa, ma che esso possa anche raggiungere e superare il -50% nell’ipotesi opposta. È questa la posta in gioco, anche se è difficile fare previsioni.
E’ così che, da relativamente poco tempo, il dibattito sulla riforma della PAC si è riacceso e non passa settimana che nuove analisi e nuove proposte vedano la luce. I contributi alla consultazione voluta dal Commissario Ciolos sono alcune migliaia. Nuovi siti internet favoriscono la comunicazione e la diffusione delle prese di posizione. Si organizzano convegni e giornate di studio. Numerosi economisti si sono pronunciati con proprie considerazioni e nuovi suggerimenti.
Si fa fatica addirittura ad essere aggiornati, tanto rapide e incalzanti sono le novità. E’ difficile così anche tentare un bilancio. Alcune considerazioni comunque sembrano acquisite e attorno ad esse si concentra gran parte dei documenti e le proposte, tanto che, pur nella diversità delle posizioni e degli accenti, si direbbe che i tanti contributi convergano in una direzione che li accomuna: la dotazione di spesa agricola diminuirà certamente; questo influirà soprattutto sui livelli del pagamento unico, riguardo al quale il calcolo su base storica verrà sostituito da qualche forma di regionalizzazione; la politica agricola tenderà a concentrarsi sui beni pubblici (meno chiare sono le modalità e gli strumenti della loro valorizzazione); sarà necessario introdurre alcune forme di intervento volte ad assicurare maggiore stabilità nei mercati. Non molto di più viene detto.
L’impressione complessiva è che, nonostante l’impegno, l’elaborazione muova su strade già battute, proponga soluzioni già sperimentate e manchi uno sforzo rivolto a trovarne di nuove. Il tema della competitività in particolare (nel quadro di una visione sistemica come qui proposto), pur centrale nel documento Strategy EU-2020 e che legherebbe la politica agricola e agro-alimentare alla strategia europea per uscire dalla crisi economica favorendo sviluppo e occupazione, è molto spesso trascurato e trattato riduttivamente senza immaginare, come invece qui si propone di impegnare anche consistenti risorse nella sua direzione.
Il rischio è che, nel tavolo del confronto con le altre politiche dell’UE, la proposta di riforma della PAC sia interpretata come un ulteriore tentativo di muoversi nel senso della conservazione dello status quo per minimizzare i cambiamenti o attenuare l’impatto redistributivo di nuove scelte. Questo atteggiamento non è nuovo. Nel passato ha consentito la conservazione della vecchia PAC oltre ogni più ottimistica previsione. Ma oggi potrebbe essere suicida e aprire uno scontro sul bilancio tra interessi agricoli e non agricoli dal quale l’agricoltura potrebbe uscirne sconfitta. E’ quindi tempo di avanzare proposte coraggiose di una riforma della PAC che non sia soltanto di facciata, ma che ne investa la sostanza.
Siamo consapevoli che la proposta qui ancora soltanto abbozzata rappresenta una cesura con l’attuale PAC e si differenzia sostanzialmente, puntando decisamente, e con pari impegno, su beni pubblici e competitività, rispetto a tante delle proposte finora avanzate. Per queste ragioni essa va correttamente intesa come un contributo alla riflessione e all’ulteriore elaborazione.

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